DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI MEMBRI DELLE FAMIGLIE FRANCESCANE
DEL PRIMO ORDINE E DEL TERZO ORDINE REGOLARE
Sala Clementina
Giovedì, 23 novembre 2017
Cari fratelli,
il “Signor Papa”, come lo chiamava san Francesco, vi accoglie con gioia e in voi accoglie i fratelli francescani che vivono e lavorano in tutto il mondo. Grazie per quello che siete e per quello che fate, specialmente a favore dei più poveri e svantaggiati.
«Tutti allo stesso modo siano chiamati minori», si legge nella Regola non bollata.[1] Con questa espressione san Francesco non parla di qualcosa di facoltativo per i suoi fratelli, ma manifesta un elemento costitutivo della vostra vita e missione.
In effetti, nella vostra forma di vita, l’aggettivo “minore” qualifica il sostantivo “fratello”, dando al vincolo della fraternità una qualità propria e caratteristica: non è la stessa cosa dire “fratello” e dire “fratello minore”. Per questo, parlando di fraternità bisogna tenere ben presente questa caratteristica tipica francescana della relazione fraterna, che esige da voi una relazione di “fratelli minori”.
Da dove è venuta a Francesco l’ispirazione di porre la minorità come elemento essenziale della vostra fraternità?[2]
Essendo Cristo e il Vangelo l’opzione fondamentale della sua vita, con tutta sicurezza possiamo dire che la minorità, pur non mancando di motivazioni ascetiche e sociali, nasce dalla contemplazione dell’incarnazione del Figlio di Dio e la riassume nell’immagine del farsi piccolo, come un seme. E’ la stessa logica del “farsi povero da ricco che era” (cfr 2 Cor 8,9). La logica della “spogliazione”, che Francesco attuò alla lettera quando «si spogliò, fino alla nudità, di tutti i beni terreni, per donarsi interamente a Dio e ai fratelli».[3]
La vita di Francesco è stata segnata dall’incontro con Dio povero, presente in mezzo a noi in Gesù di Nazareth: una presenza umile e nascosta che il Poverello adora e contempla nell’Incarnazione, nella Croce e nell’Eucaristia. D’altra parte, sappiamo che una delle immagini evangeliche che più impressionò Francesco è quella della lavanda dei piedi ai discepoli nell’Ultima Cena.[4]
La minorità francescana si presenta per voi come luogo di incontro e di comunione con Dio; come luogo di incontro e di comunione con i fratelli e con tutti gli uomini e le donne; infine, come luogo di incontro e di comunione con il creato.
La minorità è luogo di incontro con Dio
La minorità caratterizza in modo speciale la vostra relazione con Dio. Per san Francesco l’uomo non ha nulla di suo se non il proprio peccato, e vale quanto vale davanti a Dio e nulla più. Per questo la vostra relazione con Lui dev’essere quella di un bambino: umile e confidente e, come quella del pubblicano del Vangelo, consapevole del suo peccato. E attenzione all’orgoglio spirituale, all’orgoglio farisaico: è la peggiore delle mondanità.
Una caratteristica della vostra spiritualità è quella di essere una spiritualità di restituzione a Dio. Tutto il bene che c’è in noi o che noi possiamo fare è dono di Colui che per san Francesco era il Bene, «tutto il bene, il sommo bene»[5] e tutto va restituito all’ «altissimo, onnipotente e buon Signore».[6] Lo facciamo attraverso la lode, lo facciamo quando viviamo secondo la logica evangelica del dono, che ci porta a uscire da noi stessi per incontrare gli altri e accoglierli nella nostra vita.
La minorità è luogo di incontro con i fratelli e con tutti gli uomini e le donne
La minorità si vive prima di tutto nella relazione con i fratelli che il Signore ci ha donato.[7] Come? Evitando qualsiasi comportamento di superiorità. Questo vuol dire sradicare i giudizi facili sugli altri e il parlare male dei fratelli alle loro spalle - è nelle “Ammonizioni” questo! -;[8] rigettare la tentazione di usare l’autorità per sottomettere gli altri; evitare di “far pagare” i favori che facciamo agli altri mentre quelli degli altri a noi li consideriamo dovuti; allontanare da noi l’ira e il turbamento per il peccato del fratello.[9]
Si vive la minorità come espressione della povertà che avete professato,[10] quando si coltiva uno spirito di non appropriazione nelle relazioni; quando si valorizza il positivo che c’è nell’altro, come dono che viene dal Signore; quando, specialmente i Ministri, esercitano il servizio dell’autorità con misericordia, come esprime magnificamente la Lettera a un Ministro,[11] la migliore spiegazione che ci offre Francesco di ciò che significa essere minore rispetto ai fratelli che gli sono stati affidati. Senza misericordia non c’è né fraternità né minorità.
La necessità di esprimere la vostra fraternità in Cristo fa sì che le vostre relazioni interpersonali seguano il dinamismo della carità, per cui, mentre la giustizia vi porterà a riconoscere i diritti di ciascuno, la carità trascende questi diritti e vi chiama alla comunione fraterna; perché non sono i diritti che voi amate, ma i fratelli, che dovete accogliere con rispetto, comprensione e misericordia. I fratelli sono l’importante, non le strutture.
La minorità va anche vissuta in relazione a tutti gli uomini e le donne con cui vi incontrate nel vostro andare per il mondo, evitando con la massima cura ogni atteggiamento di superiorità che vi possa allontanare dagli altri. San Francesco esprime chiaramente questa istanza nei due capitoli della Regola non bollata dove mette in rapporto la scelta di non appropriarsi di nulla (vivere sine proprio) con l’accoglienza benevola di ogni persona fino alla condivisione della vita con i più disprezzati, con quelli che sono considerati veramente i minori dalla società: «Si guardino i frati, ovunque saranno […], di non appropriarsi di alcun luogo e di non contenderlo ad alcuno. E chiunque verrà da loro, amico o avversario, ladro o brigante, sia ricevuto con bontà».[12] E anche: «E devono essere lieti quando vivono tra persone di poco conto e disprezzate, tra poveri e deboli, tra infermi e lebbrosi, e tra i mendicanti lungo la strada».[13]
Le parole di Francesco spingono a chiedersi come fraternità: Dove stiamo? Con chi stiamo? Con chi siamo in relazione? Chi sono i nostri preferiti? E, dato che la minorità interpella non solo la fraternità ma ciascuno dei suoi componenti, è opportuno che ognuno faccia l’esame di coscienza sul proprio stile di vita; sulle spese, sul vestire, su quello che considera necessario; sulla propria dedizione agli altri, sul fuggire dallo spirito di curare troppo sé stessi, anche la propria fraternità.
E, per favore, quando fate qualche attività per i “più piccoli”, gli esclusi e gli ultimi, non fatelo mai da un piedistallo di superiorità. Pensate piuttosto che tutto quello che fate per loro è un modo di restituire ciò che gratuitamente avete ricevuto. Come ammonisce Francesco nella Lettera a tutto l’Ordine: «Nulla di voi trattenete per voi».[14] Fate uno spazio accogliente e disponibile perché entrino nella vostra vita tutti i minori del vostro tempo: gli emarginati, uomini e donne che vivono per le nostre strade, nei parchi o nelle stazioni; le migliaia di disoccupati, giovani e adulti; tanti malati che non hanno accesso a cure adeguate; tanti anziani abbandonati; le donne maltrattate; i migranti che cercano una vita degna; tutti quelli che vivono nelle periferie esistenziali, privati di dignità e anche della luce del Vangelo.
Aprite i vostri cuori e abbracciate i lebbrosi del nostro tempo, e, dopo aver preso coscienza della misericordia che il Signore vi ha usato,[15] usate con essi misericordia, come la usò il vostro padre san Francesco;[16] e, come lui, imparate a essere «infermo con gli infermi, afflitto con gli afflitti».[17] Tutto questo, lungi dall’essere un sentimento vago, indica una relazione tra persone così profonda che, trasformando il vostro cuore, vi porterà a condividere la loro stessa sorte.
La minorità luogo di incontro con il creato
Per il Santo di Assisi, il creato era «come uno splendido libro nel quale Dio ci parla e ci trasmette qualcosa della sua bellezza».[18] La creazione è «come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia».[19]
Oggi - lo sappiamo - questa sorella e madre si ribella perché si sente maltrattata. Davanti al deteriorarsi globale dell’ambiente, vi chiedo che come figli del Poverello entriate in dialogo con tutto il creato, prestandogli la vostra voce per lodare il Creatore, e, come faceva san Francesco, abbiate per esso una particolare cura, superando qualunque calcolo economico o romanticismo irrazionale. Collaborate con varie iniziative alla cura della casa comune, ricordando sempre la stretta relazione che c’è tra i poveri e la fragilità del pianeta, tra economia, sviluppo, cura del creato e opzione per i poveri.[20]
Cari fratelli, vi rinnovo la richiesta di san Francesco: E siano minori. Dio custodisca e faccia crescere la vostra minorità.
Su tutti voi invoco la benedizione del Signore. E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!
[1] 6,3: FF 23.
[2] Cfr 1Cel 38: FF 386.
[3] Lettera al Vescovo di Assisi per l’inaugurazione del Santuario della Spogliazione, 16 aprile 2017.
[4] Cfr Regola non bollata 6,4: FF 23; Ammonizioni 4,2: FF 152.
[5] Lodi al Dio Altissimo, 3: FF 261.
[6] Cantico di Frate Sole, 1: FF 263.
[7] Cfr Testamento, 14: FF 116.
[8] Cfr Ammonizioni, 25: FF 174.
[9] Cfr ibid., 11: FF 160.
[10] Cfr Regola bollata, 1,1: FF 75; Ammonizioni, 11: FF 160.
[11] Cfr FF 234-237.
[12] 7,13-14: FF 26.
[13] 9,2: FF 30.
[14] 2,29: FF 221.
[15] Cfr 1Cel 26: FF 363.
[16] Cfr Testamento: FF 110-131.
[17] Leggenda dei tre compagni, 59: FF 1470.
[18] Lett. enc. Laudato si’, 12.
[20] Cfr ibid., 15-16.
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