LETTERA APOSTOLICA
IN FORMA DI «MOTU PROPRIO»
DEL SOMMO PONTEFICE
FRANCESCO
MITIS ET MISERICORS IESUS
SULLA RIFORMA DEL PROCESSO CANONICO PER LE CAUSE DI DICHIARAZIONE DI NULLITÀ DEL MATRIMONIO
NEL CODICE DEI CANONI DELLE CHIESE ORIENTALI
Francesco P.P.
Gesù, clemente e misericordioso Pastore e Giudice delle nostre anime, ha affidato all’Apostolo Pietro e ai suoi Successori il potere delle chiavi per compiere nella Chiesa l’opera di giustizia e verità. Questa suprema e universale potestà, di legare e di sciogliere qui in terra, afferma, corrobora e rivendica quella dei Pastori delle Chiese particolari, in forza della quale essi hanno il sacro diritto e davanti al Signore il dovere di giudicare i propri sudditi.[1]
Il mio venerato predecessore, il santo pontefice Giovanni Paolo II, promulgando il Codice dei canoni della Chiese orientali, ebbe a sottolineare: “Fin dall’inizio della codificazione canonica delle chiese orientali, la stessa costante volontà dei romani pontefici di promulgare due codici, uno per la chiesa latina e l’altro per le chiese orientali cattoliche, dimostra molto chiaramente che essi volevano conservare ciò che è avvenuto per provvidenza divina nella chiesa, cioè che essa, riunita da un unico Spirito, deve respirare come con i due polmoni dell’Oriente e dell’Occidente e ardere nella carità di Cristo come con un solo cuore composto da due ventricoli”.[2]
Seguendo anch’io la stessa scia, e tenendo conto del peculiare ordinamento ecclesiale e disciplinare delle Chiese orientali, ho deciso di emanare con un motu proprio distinto le norme per riformare la disciplina dei processi matrimoniali nel Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.
Nel volgere dei secoli la Chiesa in materia matrimoniale, acquisendo coscienza più chiara delle parole di Cristo, ha inteso ed esposto più approfonditamente la dottrina dell’indissolubilità del sacro vincolo del coniugio, ha elaborato il sistema delle nullità del consenso matrimoniale e ha disciplinato più adeguatamente il processo giudiziale in materia, di modo che la disciplina ecclesiastica fosse sempre più coerente con la verità di fede compresa fino in fondo. Tutto ciò è stato sempre fatto avendo come guida la legge suprema della salvezza delle anime.
In questa prospettiva, importantissimo è il ministero del Vescovo, il quale, secondo l’insegnamento dei Padri orientali, è giudice e medico, poiché l’uomo, ferito e caduto (peptokόs) a causa del peccato originale e dei propri peccati personali, divenuto infermo, con le medicine della penitenza ottiene da Dio la guarigione e il perdono e viene riconciliato con la Chiesa. Il Vescovo infatti – costituito dallo Spirito Santo come figura di Cristo e al posto di Cristo (“eis typon kai tòpon Christou”) – è anzitutto ministro della divina misericordia; pertanto l’esercizio della potestà giudiziale è il luogo privilegiato in cui, mediante l’applicazione dei principi della “oikonomia” e della “akribeia”, egli porta ai fedeli bisognosi la misericordia risanatrice del Signore.
Tutto ciò che ho stabilito con questo motu proprio, l’ho fatto seguendo le orme dei miei Predecessori, i quali hanno voluto che le cause di nullità del matrimonio vengano trattate per via giudiziale, e non amministrativa, non perché lo imponga la natura della cosa, ma piuttosto lo esiga la necessità di tutelare in massimo grado la verità del sacro vincolo: e ciò è esattamente assicurato dalle garanzie dell’ordine giudiziario.
Si segnalano alcuni criteri fondamentali che hanno guidato l’opera di riforma.
È parso opportuno, anzitutto, che non sia più richiesta una doppia decisione conforme in favore della nullità del matrimonio, affinché le parti siano ammesse a nuove nozze canoniche, ma che sia sufficiente la certezza morale raggiunta dal primo giudice a norma del diritto.
La costituzione del giudice unico, comunque chierico, in primo grado viene rimessa alla responsabilità del Vescovo, che nell’esercizio pastorale della propria potestà giudiziale dovrà assicurare che non si indulga a qualunque lassismo.
Affinché sia finalmente tradotto in pratica l’insegnamento del Concilio Vaticano II in un ambito di grande importanza, si è stabilito di rendere evidente che il Vescovo stesso nella sua Chiesa, di cui è costituito pastore e capo, è per ciò stesso giudice tra i fedeli a lui affidati. Si auspica pertanto che nelle grandi come nelle piccole eparchie lo stesso Vescovo offra un segno della conversione delle strutture ecclesiastiche,[3] e non lasci completamente delegata agli uffici della curia la funzione giudiziaria in materia matrimoniale. Ciò valga specialmente nel processo più breve, che viene stabilito per risolvere i casi di nullità più evidente.
Oltre a rendere più agile il processo matrimoniale, si è disegnata una forma di processo più breve – in aggiunta a quello documentale come attualmente vigente –, da applicarsi nei casi in cui l’accusata nullità del matrimonio è sostenuta da argomenti particolarmente evidenti. Non mi è tuttavia sfuggito quanto un giudizio abbreviato possa mettere a rischio il principio dell’indissolubilità del matrimonio; appunto per questo ho voluto che in tale processo sia costituito giudice lo stesso Vescovo, che in forza del suo ufficio pastorale è con Pietro il maggiore garante dell’unità cattolica nella fede e nella disciplina.
L’appello alla Sede Metropolitana, come ufficio capitale della provincia ecclesiastica, stabile nei secoli, è un segno distintivo della primigenia forma della sinodalità nelle Chiese orientali, che deve essere sostenuto e incoraggiato.
I Sinodi delle Chiese orientali, che devono essere soprattutto spinti dall’ansia apostolica di raggiungere i fedeli dispersi, avvertano fortemente il dovere di condividere la predetta conversione, e rispettino assolutamente il diritto dei Vescovi di organizzare la potestà giudiziale nella propria Chiesa particolare. Il ripristino della vicinanza tra il giudice e i fedeli, infatti, non avrà successo se dai Sinodi non verrà ai singoli Vescovi lo stimolo e insieme l’aiuto a mettere in pratica la riforma del processo matrimoniale.
Insieme con la prossimità del giudice curino per quanto possibile i Sinodi, salva la giusta e dignitosa retribuzione degli operatori dei tribunali, che venga assicurata la gratuità delle procedure, perché la Chiesa, mostrandosi ai fedeli madre generosa, in una materia così strettamente legata alla salvezza delle anime manifesti l’amore gratuito di Cristo dal quale tutti siamo stati salvati.
Conviene finalmente che si mantenga l’appello al Tribunale ordinario della Sede Apostolica, cioè la Rota Romana, nel rispetto di un antichissimo principio giuridico, così che venga rafforzato il vincolo fra la Sede di Pietro e le Chiese particolari, avendo tuttavia cura, nella disciplina di tale appello, di contenere qualunque abuso del diritto, perché non abbia a riceverne danno la salvezza delle anime.
La legge propria della Rota Romana sarà al più presto adeguata alle regole del processo riformato, nei limiti del necessario.
Tutto ciò opportunamente considerato, decreto e statuisco che il Titolo XXVI del Codice dei canoni delle Chiese orientali, Capitolo I, Articolo I Le cause per la dichiarazione della nullità matrimoniale (cann. 1357-1377), dal giorno 8 dicembre 2015 sia integralmente sostituito come segue:
1.° Il foro competente e i tribunali
Can. 1357 § 1. Qualsiasi causa matrimoniale di un battezzato spetta per diritto proprio alla Chiesa.
§ 2. Fermi restando, dove sono vigenti, gli Statuti personali, le cause riguardanti gli effetti meramente civili del matrimonio, se sono trattate in modo principale, spettano al giudice civile; ma se sono trattate in modo incidentale e accessorio, possono essere esaminate e definite di propria autorità anche dal giudice ecclesiastico.
Can. 1358. Nelle cause di nullità del matrimonio, che non siano riservate alla Sede Apostolica, sono competenti: 1° il tribunale del luogo in cui il matrimonio fu celebrato; 2° il tribunale del luogo in cui una o entrambe le parti hanno il domicilio o il quasi-domicilio; 3° il tribunale del luogo in cui di fatto si debba raccogliere la maggior parte delle prove.
Can. 1359 § 1. In ciascuna eparchia il giudice nel primo grado del giudizio per le cause di nullità del matrimonio, per le quali il diritto non faccia espressamente eccezione, è il Vescovo eparchiale, che può esercitare la potestà giudiziale personalmente o per mezzo di altri, a norma del diritto.
§ 2. Il Vescovo costituisca per la sua eparchia il tribunale eparchiale per le cause di nullità del matrimonio, salva la facoltà per lo stesso Vescovo di accedere a un altro viciniore tribunale eparchiale o per diverse eparchie.
§ 3. Le cause di nullità del matrimonio sono riservate a un collegio di tre giudici. Esso deve essere presieduto da un giudice chierico, i rimanenti giudici possono anche essere altri fedeli cristiani.
§ 4. Il Vescovo Moderatore, se non è possibile costituire il tribunale collegiale nell’eparchia o nel vicino tribunale che è stato scelto a norma del § 2, affidi le cause a un unico giudice chierico che, ove sia possibile, si associ due assessori di vita specchiata, esperti in scienze giuridiche o umane, approvati dal Vescovo per questo compito; allo stesso giudice unico competono, salvo che risulti diversamente, le funzioni attribuite al collegio, al preside o al ponente.
§ 5. Il tribunale di secondo grado per la validità deve sempre essere collegiale, secondo il disposto del precedente § 3.
§ 6. Dal tribunale di primo grado si appella al tribunale metropolitano di secondo grado, salvo il disposto dei cann. 1064 e 1067, § 5.
2.° Il diritto di impugnare il matrimonio
Can. 1360 § 1. Sono abili a impugnare il matrimonio: 1° i coniugi; 2° il promotore di giustizia, quando la nullità sia già stata divulgata e il matrimonio non può oppure non conviene che sia convalidato.
§ 2. Il matrimonio che non è stato accusato mentre erano viventi entrambi i coniugi, dopo la morte di uno di loro o di entrambi i coniugi non può essere accusato, a meno che la questione di validità non sia pregiudiziale a un’altra controversia da risolvere sia in foro ecclesiastico sia in foro civile.
§ 3. Se invece un coniuge muore mentre è pendente la causa, si osservi il can. 1199.
3.° L’introduzione e l’istruzione della causa
Can. 1361. Il giudice, prima di accettare la causa, deve avere la certezza che il matrimonio sia irreparabilmente fallito, in modo che sia impossibile ristabilire la convivenza coniugale.
Can. 1362 § 1. Ricevuto il libello, il Vicario giudiziale, se ritiene che esso goda di qualche fondamento, lo ammetta e, con decreto apposto in calce allo stesso libello, ordini che una copia venga notificata al difensore del vincolo e, se il libello non è stato sottoscritto da entrambe le parti, alla parte convenuta, dandole il termine di quindici giorni per esprimere la sua posizione riguardo alla domanda.
§ 2. Trascorso il predetto termine, dopo aver nuovamente ammonito, se e in quanto lo ritenga opportuno, l’altra parte a manifestare la sua posizione, il Vicario giudiziale con proprio decreto determini la formula del dubbio e stabilisca se la causa debba trattarsi con il processo ordinario o con il processo più breve a norma dei cann. 1369-1373. Tale decreto sia subito notificato alle parti e al difensore del vincolo.
§ 3. Se la causa deve essere trattata con il processo ordinario, il Vicario giudiziale, con lo stesso decreto, disponga la costituzione del collegio dei giudici o del giudice unico con i due assessori secondo il can. 1359 § 4.
§ 4. Se invece viene disposto il processo più breve, il Vicario giudiziale proceda a norma del can. 1371.
§ 5. La formula del dubbio non chieda solo se consta della validità del matrimonio nel caso, ma deve definire per quale capo o per quali capi di nullità è impugnata.
Can. 1363 § 1. Il difensore del vincolo, i patroni delle parti, e, se partecipa al giudizio, anche il promotore di giustizia, hanno diritto: 1° di essere presenti all’interrogatorio delle parti, dei testimoni e dei periti, salvo restando il can. 1240; 2° di prendere visione degli atti giudiziari, anche se non ancora pubblicati, e di esaminare i documenti prodotti dalle parti.
§ 2. Le parti non possono assistere all’interrogatorio di cui nel § 1, n.1.
Can. 1364 § 1. Nelle cause di nullità del matrimonio, la confessione giudiziale e le dichiarazioni delle parti, sostenute da eventuali testi sulla credibilità delle stesse, possono avere valore di prova piena, da valutarsi dal giudice considerati tutti gli indizi e gli amminicoli, se non vi siano altri elementi che le confutino.
§ 2. Nelle medesime cause, la deposizione di un solo teste può fare pienamente fede, se si tratta di un teste qualificato che deponga su cose fatte d’ufficio, o le circostanze di fatti e di persone lo suggeriscono.
§ 3. Nelle cause di impotenza o di difetto di consenso per una malattia mentale o per anomalia di natura psichica il giudice si serva dell’opera di uno o più periti, a meno che non appaia dalle circostanze evidentemente inutile; in tutte le altre cause si osservi il can. 1255.
§ 4. Se nell’istruttoria della causa è emerso il dubbio molto probabile che il matrimonio non sia stato consumato, il tribunale, sentite le parti, può sospendere la causa di nullità del matrimonio e completare l’istruttoria per ottenere lo scioglimento del matrimonio sacramentale non consumato; quindi invii gli atti alla Sede Apostolica unitamente alla domanda di questo scioglimento, fatta da l’uno o l’altro o di entrambi i coniugi, e col voto del tribunale e del Vescovo eparchiale.
4.° La sentenza, le sue impugnazioni e la sua esecuzione
Can. 1365. La sentenza che per la prima volta ha dichiarato la nullità del matrimonio, decorsi i termini stabiliti nei cann. 1311-1314, diventa esecutiva.
Can. 1366 § 1. Alla parte, che si ritenga onerata, e parimenti al promotore di giustizia e al difensore del vincolo rimane il diritto di interporre querela di nullità della sentenza o appello contro la medesima sentenza ai sensi dei cann. 1302-1321.
§ 2. Decorsi i termini stabiliti dal diritto per l’appello e la sua prosecuzione, dopo che il tribunale di grado superiore ha ricevuto gli atti giudiziari, si costituisca il collegio dei giudici, si designi il difensore del vincolo e le parti vengano ammonite a presentare le osservazioni entro un termine prestabilito; trascorso tale termine, il tribunale collegiale, se l’appello risulta manifestamente dilatorio, confermi con proprio decreto la sentenza di primo grado.
§ 3. Se l’appello è stato ammesso, si deve procedere allo stesso modo come in primo grado, con i dovuti adattamenti.
§ 4. Se nel grado di appello si adduce un nuovo capo di nullità, il tribunale può ammetterlo come nel primo grado del giudizio e giudicare su di esso.
Can. 1367. Se è stata emanata una sentenza esecutiva, si può ricorrere in qualunque momento al tribunale di terzo grado per la nuova proposizione della causa a norma del can. 1325, adducendo nuovi e gravi prove o argomenti entro il termine perentorio di trenta giorni dalla proposizione dell’impugnazione.
Can. 1368 § 1. Dopo che la sentenza che ha dichiarato la nullità del matrimonio è divenuta esecutiva, le parti il cui matrimonio è stato dichiarato nullo possono contrarre nuove nozze, a meno che non lo proibisca un divieto apposto alla sentenza stessa oppure stabilito dal Gerarca del luogo.
§ 2. Appena la sentenza è diventata esecutiva, il Vicario giudiziale deve notificarla al Gerarca del luogo dove il matrimonio è stato celebrato; questo Gerarca poi deve provvedere perché al più presto si faccia menzione nei libri dei matrimoni e dei battezzati della nullità dichiarata del matrimonio e degli eventuali divieti stabiliti.
5.° Il processo matrimoniale più breve davanti al Vescovo
Can. 1369. Allo stesso Vescovo eparchiale compete giudicare la cause di nullità del matrimonio con il processo più breve ogniqualvolta:
1° la domanda sia proposta da entrambi i coniugi o da uno di essi, col consenso dell’altro;
2° ricorrano circostanze di fatti e di persone, sostenute da testimonianze o documenti, che non richiedano una inchiesta o una istruzione più accurata, e rendano manifesta la nullità.
Can. 1370. Il libello con cui si introduce il processo più breve, oltre agli elementi elencati nel can. 1187, deve: 1° esporre brevemente, integralmente e chiaramente i fatti su cui si fonda la domanda; 2° indicare le prove, che possano essere immediatamente raccolte dal giudice; 3° esibire in allegato i documenti su cui si fonda la domanda.
Can. 1371. Il Vicario giudiziale, nello stesso decreto con cui determina la formula del dubbio nomini l’istruttore e l’assessore e citi per la sessione, da celebrarsi a norma del can. 1372 non oltre trenta giorni, tutti coloro che devono parteciparvi.
Can. 1372. L’istruttore, per quanto possibile, raccolga le prove in una sola sessione e fissi il termine di quindici giorni per la presentazione delle osservazioni in favore del vincolo e delle difese di parte, se ve ne siano.
Can. 1373 § 1. Ricevuti gli atti, il Vescovo eparchiale, consultatosi con l’istruttore e l’assessore, vagliate le osservazioni del difensore del vincolo e, se vi siano, le difese delle parti, se raggiunge la certezza morale sulla nullità del matrimonio, emani la sentenza. Altrimenti rimetta la causa al processo ordinario.
§ 2. Il testo integrale della sentenza, con la motivazione, sia notificato al più presto alle parti.
§ 3. Contro la sentenza del Vescovo si dà appello al Metropolita o alla Rota Romana; se la sentenza è stata emessa dal Metropolita o da altro Vescovo eparchiale che non ha un’autorità superiore sotto il Romano Pontefice, si dà appello al Vescovo da esso designato stabilmente, dopo aver consultato il Patriarca o il Gerarca di cui al can. 175.
§ 4. Se l’appello evidentemente appare meramente dilatorio, il Metropolita o il Vescovo di cui al § 3, o il Decano della Rota Romana, lo rigetti a limine con un suo decreto; se invece l’appello è ammesso, si rimetta la causa all’esame ordinario di secondo grado.
6.° Il processo documentale
Can. 1374. Ricevuta la domanda presentata a norma del can. 1362, il Vescovo eparchiale o il Vicario giudiziale o il Giudice designato, tralasciate le formalità del processo ordinario, citate però le parti e con l’intervento del difensore del vincolo, può dichiarare con sentenza la nullità del matrimonio, se da un documento che non sia soggetto a contraddizione o ad eccezione alcuna, consti con certezza dell’esistenza di un impedimento dirimente o del difetto della forma legittima, purché sia chiaro con eguale sicurezza che non fu concessa la dispensa, oppure del difetto di un mandato valido in capo al procuratore.
Can. 1375 § 1. Il difensore del vincolo, se giudica prudentemente che non sono certi i vizi o la mancanza della dispensa, deve appellare contra la sentenza di cui al can. 1374 al giudice del tribunale di secondo grado, al quale devono essere inviati gli atti e dev’essere avvertito per iscritto che si tratta di un processo documentale.
§ 2. La parte che si sente danneggiata ha pieno diritto di appellare.
Can. 1376. Il giudice di secondo grado, con l’intervento del difensore del vincolo e ascoltate le parti, decida se la sentenza sia da confermare o se piuttosto si debba procedere nella causa secondo la norma ordinaria del diritto; in questo caso la rinvia al tribunale di primo grado.
7.° Norme generali
Can. 1377 § 1. Nella sentenza si ammoniscano le parti sugli obblighi morali o anche civili, a cui eventualmente sono tenute l’una verso l’altra e verso i figli, per assicurare il dovuto sostentamento e l’educazione.
§ 2. Le cause per la dichiarazione di nullità del matrimonio non possono essere trattate con il giudizio contenzioso sommario, di cui nei cann. 1343-1356.
§ 3. In tutte le altre cose che riguardano la procedura si devono applicare, a meno che non si opponga la natura delle cose, i canoni sui giudizi in genere e sul giudizio contenzioso ordinario, osservando le norme speciali sulle cause che riguardano il bene pubblico.
* * *
La disposizione del can. 1365 si applicherà alle sentenze dichiarative della nullità del matrimonio pubblicate a partire dal giorno in cui questo Motu proprio entrerà in vigore.
Al presente documento vengono unite delle regole procedurali, che ho ritenuto necessarie per la corretta e accurata applicazione della legge rinnovata, da osservarsi diligentemente a tutela del bene dei fedeli.
Ciò che è stato da me stabilito con questo Motu proprio, ordino che sia valido ed efficace, nonostante qualsiasi disposizione in contrario, anche se meritevole di specialissima menzione.
Affido con fiducia all’intercessione della gloriosa e benedetta sempre Vergine Maria che con piena verità è chiamata «Theotokos» e che rifulge come Madre eccelsa della Chiesa universale, e dei santi Apostoli Pietro e Paolo, l’operosa esecuzione del nuovo processo matrimoniale.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 15 del mese di agosto, nell’Assunzione della Beata Vergine Maria dell’anno 2015, terzo del mio Pontificato.
Francesco
Regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità matrimoniale
La III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, celebrata nel mese di ottobre 2014, ha constatato la difficoltà dei fedeli di raggiungere i tribunali della Chiesa. Poiché il Vescovo, come il buon Pastore, è tenuto ad andare incontro ai suoi fedeli che hanno bisogno di particolare cura pastorale, unitamente con le norme dettagliate per l’applicazione del processo matrimoniale, è sembrato opportuno, data per certa la collaborazione del Successore di Pietro e dei Vescovi nel diffondere la conoscenza della legge, offrire alcuni strumenti affinché l’operato dei tribunali possa rispondere alle esigenze dei fedeli, che richiedono l’accertamento della verità sull’esistenza o no del vincolo del loro matrimonio fallito.
Art. 1. Il Vescovo eparchiale in forza del can. 192 § 1 è tenuto a seguire con animo apostolico i coniugi separati o divorziati, che per la loro condizione di vita abbiano eventualmente abbandonato la pratica religiosa. Egli quindi condivide con i parroci (cfr. can. 289 § 1) la sollecitudine pastorale verso questi fedeli in difficoltà.
Art. 2. L’indagine pregiudiziale o pastorale, che accoglie nelle strutture parrocchiali o eparchiali i fedeli separati o divorziati che dubitano della validità del proprio matrimonio o sono convinti della nullità del medesimo, è orientata a conoscere la loro condizione e a raccogliere elementi utili per l’eventuale celebrazione del processo giudiziale, ordinario o più breve. Tale indagine si svolgerà nell’ambito della pastorale matrimoniale eparchiale unitaria.
Art. 3. La stessa indagine sarà affidata a persone ritenute idonee dal Gerarca del luogo, dotate di competenze anche se non esclusivamente giuridico-canoniche. Tra di esse vi sono in primo luogo il parroco proprio o quello che ha preparato i coniugi alla celebrazione delle nozze. Questo compito di consulenza può essere affidato anche ad altri chierici, consacrati o laici approvati dal Gerarca del luogo.
La eparchia, o diverse eparchie insieme, secondo gli attuali raggruppamenti, possono costituire una struttura stabile attraverso cui fornire questo servizio e redigere, se del caso, un Vademecum che riporti gli elementi essenziali per il più adeguato svolgimento dell’indagine.
Art. 4. L’indagine pastorale raccoglie gli elementi utili per l’eventuale introduzione della causa da parte dei coniugi o del loro patrono davanti al tribunale competente. Si indaghi se le parti sono d’accordo nel chiedere la nullità.
Art. 5. Raccolti tutti gli elementi, l’indagine si chiude con il libello, da presentare, se del caso, al competente tribunale.
Art. 6. Dal momento che il Codice dei Canoni della Chiese Orientali deve essere applicato sotto tutti gli aspetti, salve le norme speciali, anche ai processi matrimoniali, a mente del can. 1377 § 3, le presenti regole non intendono esporre minutamente l’insieme di tutto il processo, ma soprattutto chiarire le principali innovazioni legislative e, ove occorra, integrarle.
1.° Il foro competente e i tribunali
Art. 7 § 1. I titoli di competenza di cui al can. 1358 sono equivalenti, salvaguardato per quanto possibile il principio di prossimità fra il giudice e le parti.
§ 2. Mediante la cooperazione fra tribunali, poi, a mente del can. 1071, si assicuri che chiunque, parte o teste, possa partecipare al processo col minimo dispendio.
Art. 8 § 1. Nelle eparchie che non hanno un proprio tribunale, il Vescovo si preoccupi di formare quanto prima, anche mediante corsi di formazione permanente e continua, promossi dalle eparchie o dai loro raggruppamenti e dalla Sede Apostolica in comunione di intenti, persone che possano prestare la loro opera nel tribunale da costituirsi per le cause matrimoniali.
§ 2. Il Vescovo può recedere dal tribunale per diverse eparchie costituito a norma del can. 1067, § 1.
2.° Il diritto di impugnare il matrimonio
Art. 9. Se il coniuge muore durante il processo, prima che la causa sia conclusa, l’istanza viene sospesa finché l’altro coniuge o un altro interessato richieda la prosecuzione; in questo caso si deve provare l’interesse legittimo.
3.° L’introduzione e l’istruzione della causa
Art. 10. Il giudice può ammettere la domanda orale ogniqualvolta la parte sia impedita a presentare il libello: tuttavia, egli ordini al notaio di redigere per iscritto un atto che deve essere letto alla parte e da questa approvato, e che tiene luogo del libello scritto dalla parte a tutti gli effetti di legge.
Art. 11 § 1. Il libello sia esibito al tribunale eparchiale o al tribunale per diverse eparchie che è stato scelto a norma del can. 1359, § 2.
§ 2. Si reputa che non si oppone alla domanda la parte convenuta che si rimette alla giustizia del tribunale o, ritualmente citata una seconda volta, non dà alcuna risposta.
4.° La sentenza, le sue impugnazioni e la sua esecuzione
Art. 12. Per conseguire la certezza morale necessaria per legge, non è sufficiente una prevalente importanza delle prove e degli indizi, ma occorre che resti del tutto escluso qualsiasi dubbio prudente positivo di errore, in diritto e in fatto, ancorché non sia esclusa la mera possibilità del contrario.
Art. 13. Se una parte ha dichiarato di rifiutare di ricevere qualsiasi informazione relativa alla causa, si ritiene che abbia rinunciato ad ottenere la copia della sentenza. In tal caso può esserle notificato il solo dispositivo della sentenza.
5.° Il processo matrimoniale più breve davanti al Vescovo
Art. 14 § 1. Tra le circostanze che possono consentire la trattazione della causa di nullità del matrimonio per mezzo del processo più breve secondo i cann. 1369-1373, si annoverano per esempio: quella mancanza di fede che può generare la simulazione del consenso o l’errore che determina la volontà, la brevità della convivenza coniugale, l’aborto procurato per impedire la procreazione, l’ostinata permanenza in una relazione extraconiugale al tempo delle nozze o in un tempo immediatamente successivo, l’occultamento doloso della sterilità o di una grave malattia contagiosa o di figli nati da una precedente relazione o di una carcerazione, la causa del matrimonio del tutto estranea alla vita coniugale o consistente nella gravidanza imprevista della donna, la violenza fisica inferta per estorcere il consenso, la mancanza di uso di ragione comprovata da documenti medici, ecc.
§ 2. Tra i documenti che sostengono la domanda vi sono tutti i documenti medici che possono rendere evidentemente inutile acquisire una perizia d’ufficio.
Art. 15. Se è stato presentato il libello per introdurre un processo ordinario, ma il Vicario giudiziale ritiene che la causa possa essere trattata con il processo più breve, egli, nel notificare il libello a norma del can. 1362, § 1, inviti la parte che non lo abbia sottoscritto a comunicare al tribunale se intenda associarsi alla domanda presentata e partecipare al processo. Egli, ogniqualvolta sia necessario, inviti la parte o le parti che hanno sottoscritto il libello ad integrarlo al più presto a norma del can. 1370.
Art. 16. Il Vicario giudiziale può designare se stesso come istruttore; però per quanto sia possibile nomini un istruttore dalla eparchia di origine della causa.
Art. 17. Nell’emettere la citazione ai sensi del can. 1371, le parti siano informate che, se non fossero stati allegati al libello, possono, almeno tre giorni prima della sessione istruttoria, presentare gli articoli degli argomenti sui quali si chiede l’interrogatorio delle parti o dei testi.
Art. 18. § 1. Le parti e i loro avvocati possono assistere all’escussione delle altre parti e dei testi, a meno che l’istruttore ritenga, per le circostanze di cose e di persone, che si debba procedere diversamente.
§ 2. Le risposte delle parti e dei testi devono essere redatte per iscritto dal notaio, ma sommariamente e soltanto in ciò che si riferisce alla sostanza del matrimonio controverso.
Art. 19. Se la causa viene istruita presso un tribunale per diverse eparchie, il Vescovo che deve pronunziare la sentenza è quello del luogo in base al quale si stabilisce la competenza a mente del can. 1358. Se poi siano più di uno, si osservi per quanto possibile il principio della prossimità tra le parti e il giudice.
Art. 20 § 1. Il Vescovo eparchiale stabilisca secondo la sua prudenza il modo con cui pronunziare la sentenza.
§ 2. La sentenza, comunque sottoscritta dal Vescovo insieme con il notaio, esponga in maniera breve e ordinata i motivi della decisione e ordinariamente sia notificata alle parti entro il termine di un mese dal giorno della decisione.
6.° Il processo documentale
Art. 21. Il Vescovo eparchiale e il Vicario giudiziale competenti si determinano a norma del can. 1358.
[1] Cf. Concilio Oecumenico Vaticano II, Const. dogm. Lumen Gentium, n. 27.
[2] Giovanni Paolo II, Const. ap. Sacri canones, 18 ottobre 1990, Proemio, AAS 82 [1990], p. 1037.
[3] Cf. Francesco, Esortazione Apostolica Evangelii gaudium, n. 27, in AAS 105 (2013), p. 1031.
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