MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI ALLA II EDIZIONE DI
“LABORDÌ: UN CANTIERE PER GENERARE LAVORO”,
PROMOSSO DALLE ACLI DI ROMA
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Cari amici!
Sono contento di condividere qualche parola con voi sul tema del lavoro. Ho provato a immaginare come voi, giovani della nostra città, vi poniate davanti al mondo del lavoro, quali speranze e paure coltiviate. Mi è venuta in mente un’immagine, quella di un grande cantiere: ce ne sono tanti in questo momento a Roma! È un’immagine che rivela due aspetti contrastanti: da una parte un cantiere, quando non c’è chi vi lavora, offre a chi guarda un senso di vuoto; dall’altra, quando è attivo, mostra la corsa febbrile di tante persone coinvolte. Ecco, vedo così il lavoro oggi: come un bel cantiere aperto per costruire il futuro, all’interno del quale, però, si respira, da una parte, un senso di vuoto e dall’altra un sovraccarico di stress dato da corse febbrili.
Un senso di vuoto: la parola “lavoro” oggi, purtroppo, ne evoca spesso la mancanza, e ciò rappresenta una grave ferita alla dignità di tante persone. Ma la dignità è ferita anche quando il lavoro non è sufficientemente stabile e compromette progetti e scelte di vita, come la creazione di una famiglia e il desiderio dei figli. Questo “vuoto di lavoro” è come un terreno che frana sotto i piedi, costringendo a camminare in equilibrio precario: non succede forse così, tra tirocini, stage, lavori saltuari e interinali? E ancora: com’è possibile entrare degnamente nel cantiere del lavoro, se prima ancora, negli anni dello studio e della specializzazione, si è costretti a lottare per avere diritto a un tetto sotto cui dormire? Davanti a questo senso di vuoto tanti, spesati e demotivati, rinunciano e vanno altrove, ma ciò, oltre a provocare amarezza, costituisce una sconfitta, perché le risorse non mancano e vanno impiegate per realizzare sogni concreti, come quello di un lavoro stabile e duraturo, di una famiglia da formare, di tempo da dedicare gratuitamente agli altri nel volontariato. Occorre soprattutto contrastare la percezione di vuoto che si insidia nel cuore di molti giovani, i quali, mentre il tempo passa, vedono crescere l’impressione di non arrivare da nessuna parte ed ereditano da noi adulti un messaggio nocivo: che nella vita non ci sia nulla di stabile. Contratti a termine, lavori così brevi che impediscono di progettare la vita, bassi redditi e basse tutele sembrano i muri di un labirinto dal quale non si riesce a trovare via d’uscita. Cari giovani, serve come il pane qualcuno che vi prenda per mano e vi aiuti a sconfiggere questa precarietà e questo senso di vuoto, tirandovi fuori dalle sabbie mobili dell’insicurezza: per questo vorrei dirvi che mi sta a cuore la vostra iniziativa!
Essa può aiutarvi a riflettere anche sull’estremo opposto al senso di vuoto: quella corsa febbrile presente oggi nel cantiere del lavoro, dove il tempo sembra non bastare mai e gli imperativi della produttività diventano sempre più esigenti e travolgenti. Se prima vi parlavo di “lavoro che manca”, qua si tratta di “lavoro che schiaccia”: pressione costante, ritmi forzati, stress che provoca ansia, spazio relazionale sempre più sacrificato in nome del profitto a tutti i costi. È il lavoro “mercificato”, che cresce nel nostro contesto, dominato da un mercato che per essere competitivo si fa sempre più accelerato e complesso. Con alcune prospettive cupe in agguato: quella dell’illegalità, via di fuga dalla responsabilità verso il lavoro in nero, che poi finisce per rendere la coscienza dello stesso colore; quella di un lavoro disumanizzato, dove le moderne tecnologie, come l’intelligenza artificiale e la robotica, minacciano di sostituire la presenza dell’uomo; quella, infine, sempre più scandalosa e preoccupante, della mancanza di sicurezza sul lavoro, effetto della corsa febbrile a produrre di più ad ogni costo. Quante vittime ci sono ancora sul posto di lavoro!
Cari amici, anche se il cantiere del lavoro presenta oggi queste situazioni, io vorrei invitarvi a non perdere la speranza, perché il lavoro conserva sempre in sé una vocazione unica e insostituibile, quella alla speranza. La speranza, infatti, non è ottimismo che dipende dalle circostanze, ma fiducia che si ingenera attraverso la costruzione impegnata e partecipe del bene comune. Il lavoro, dunque, è protagonista di speranza, è la via maestra per sentirsi attivi nel bene in quanto servitori della comunità, perché occuparsi degli altri è il miglior modo per non preoccuparsi di cose inutili. Torni il lavoro a essere un cantiere di speranza, un cantiere di sogni! Voi siete insieme per consolidare un progetto, il cui nome mi piace molto: “Il cantiere Generiamo lavoro”. Generare è il verbo della vita ed è bello che il lavoro sia, prima che produttivo, generativo: esso, infatti, non è un accessorio, ma una componente essenziale dell’esistenza, in quanto conferisce dignità e speranza.
Il vostro evento si propone questa visione generativa, motivandovi e facendovi riflettere, e anche promuovendo accompagnamenti concreti, per aiutarvi a comprendere il quadro occupazionale del territorio e coglierne le opportunità, per farvi acquisire capacità e strumenti in modo da entrare con più competenza nell’ambito lavorativo. Apprezzo, in particolare, un aspetto: la volontà di creare un tessuto stabile o, come dite voi, di stabilire connessioni durature: infatti “Labordì” coinvolge la Chiesa, il mondo dell’istruzione, le istituzioni, il terzo settore, i sindacati, le associazioni, gli imprenditori e le aziende, che hanno bisogno di cogliere la ricchezza dei giovani e dei loro sogni. Quanto è importante pensare e progettare insieme il lavoro, senza contrapposizioni ideologiche e isolamenti sterili: non la logica delle tifoserie, ma quella della collaborazione porterà frutto. Lo farà se si guarderà alle persone concrete, non agli interessi di parte. Questo approccio comune oggi è l’unico in grado di affrontare compiutamente le grandi questioni italiane, come la crisi della natalità, la questione ambientale e, appunto, il lavoro.
Auguri, dunque, per questa giornata! Apra cantieri di speranza, che permettano a voi e a tanti altri giovani di abbracciare la bellezza di un lavoro dignitoso. Sono con voi e vi benedico di cuore.
Roma, San Giovanni in Laterano, 1° dicembre 2023
FRANCESCO
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