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VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE FRANCESCO
ALLA PARROCCHIA ROMANA SAN PIER DAMIANI AI MONTI DI SAN PAOLO

Domenica, 21 maggio 2017

[Multimedia]


Incontro con i bambini
Incontro con le comunità del Cammino Neocatecumenale
Incontro con i poveri
Omelia durante la Celebrazione Eucaristica


Incontro con i bambini

Domande:

Cosa possiamo fare noi bambini per salvare il mondo?

Come ha fatto a capire la sua vocazione sacerdotale?

Cosa possiamo fare per seguire meglio Gesù?

Papa Francesco, ti volevo chiedere che sport praticavi quando avevi la mia età – io ho 11 anni. Mi piacerebbe anche sapere se giocavi a calcio e che ruolo ricoprivi.

Papa Francesco:

E’ una bella domanda!…

Voi avete fatto quella: “Cosa possiamo fare noi per salvare, per aiutare…”. Avete detto “salvare il mondo”. Ma il mondo è grande! Un bambino – pensate, pensate bene prima di rispondere – un ragazzo, un bambino, una ragazza, una bambina, può aiutare per la salvezza del mondo?... Può o non può?

Bambini:

Non può…

Papa Francesco:

Non può far niente?… Voi non contate niente?... Può o non può?

Bambini:

Può!

Papa Francesco:

Ecco! Un po’ più forte, che non sento…

Bambini:

[gridano] Può!

Papa Francesco:

E io vorrei sentire voi, chi di voi è la più brava o il più bravo a rispondere a questa domanda, pensate bene: come io posso aiutare Gesù a salvare il mondo? Come posso io aiutare Gesù a salvare il mondo? Alzate la mano, quelli che vogliono rispondere… Alzi la mano chi vuole rispondere. [qualcuno dice: “Con la preghiera”] Con la preghiera possiamo aiutare Gesù a salvare il mondo? Possiamo o non possiamo?

Bambini:

Possiamo!

Papa Francesco:

Ma cosa succede? Siete tutti addormentati?

Bambini:

No!

Papa Francesco:

Ah, è il sole, è il sole… Il sole fa dormire… Con la preghiera. Benissimo. Un’altra cosa. Tu…

Bambino

Rispettando le persone.

Papa Francesco:

Rispettando le persone. E le persone, vanno rispettate?

Bambini:

Sì!

Papa Francesco:

Papà, mamma, nonno, nonna: vanno rispettati?

Bambini:

Sì!

Papa Francesco:

E le persone che io non conosco, che abitano nel quartiere, vanno rispettate?

Bambini:

Sì!

Papa Francesco:

E le persone che abitano sulla strada, i barboni, vanni rispettati?

Bambini:

Sì!

Papa Francesco:

Sì. Tutti, tutte le persone vanno rispettate. Lo diciamo insieme?

Papa e bambini:

Tutte le persone vanno rispettate!

Papa Francesco

E quello che non mi vuole bene, io devo rispettarlo?

Bambini:

Sì!

Papa Francesco:

Sicuro?

Bambini:

Si!

Papa Francesco:

Ma non sarebbe meglio dargli uno schiaffo?

Bambini:

No!

Papa Francesco:

Davvero?

Bambini:

Sì.

Papa Francesco:

Ecco: anche quello che non mi vuole bene, va rispettato.

Papa e bambini:

Anche quello che non mi vuole bene, va rispettato.

Papa Francesco:

E quello che mi ha fatto del male, una volta, pensate bene a questo: cosa debbo fare? Se una persona mi ha fatto del male, io posso fare del male a lui?

Bambini:

No!

Papa Francesco:

No. Non è bello. Posso telefonare alla mafia perché faccia qualcosa?

Bambini:

No…

Papa Francesco:

Non siete convinti… Si può fare questo?

Bambini:

No!

Papa Francesco:

Si possono fare accordi con la mafia?

Bambini:

No!

Papa Francesco:

No! Anche quelli [che ci fanno del male] vanno rispettati. Avete risposto bene. Vedete con quante cose possiamo aiutare Gesù a salvare il mondo. E questo è bello, è molto bello! E se io ho fatto i compiti a casa e la mamma mi lascia uscire a giocare con le amiche o con gli amici, o a fare una partita, questo è bello?

Bambini:

Sì!

Papa Francesco:

Giocare – pensate bene – giocare, giocare bene, aiuta Gesù a salvare il mondo?

Bambini:

Sì…

Papa Francesco:

Non siete convinti…

Bambini:

Sì!

Papa Francesco:

Sì! Perché la gioia aiuta Gesù a salvare il mondo. Diciamolo tutti insieme.

Papa e bambini:

La gioia aiuta Gesù a salvare il mondo.

Papa Francesco:

La gioia è una cosa molto bella, molto bella. Voi, oggi, siete gioiosi?

Bambini:

Sì!

Papa Francesco:

Sì? Siete gioiosi?

Bambini:

Sì!

Papa Francesco:

E questo è molto bello.

E credo che con questo ho risposto a “cosa possiamo fare per aiutare Gesù per salvare il mondo”. E voi pensateci, dopo, sempre.

Poi, io quando avevo la tua età giocavo a calcio. Sai, io non ero bravo nel calcio, e da noi, quelli che non sono bravi nel calcio si chiamano “pata dura” (gamba dura). Capito? Io ero un pata dura, e per questo di solito facevo il portiere, per non muovermi: era il mio ruolo… Non è una parolaccia, questa, si può dire, pata dura, non è parolaccia.

E un’altra domanda era: come ho fatto a capire la vocazione. Ognuno di noi ha un posto nella vita. Gesù vuole che uno si sposi, che faccia una famiglia, vuole che un altro faccia il prete, un'altra faccia la suora… Ma ognuno di noi ha una strada, nella vita. E per la maggioranza è che siano come voi, come tutti, come i vostri genitori: fedeli laici che fanno una bella famiglia, che fanno crescere i figli, che fanno crescere la fede… E io ero in famiglia: noi eravamo cinque fratelli, eravamo felici. Papà lavorava, veniva dal lavoro… - in quel tempo c’era, il lavoro - e giocavamo… Una volta – vi farò ridere, ma non fate questo che vi dico! – abbiamo fatto un concorso per giocare ai paracadutisti, e abbiamo preso l’ombrello e siamo andati sul terrazzo e uno dei miei fratelli si è buttato per primo, giù, dal terrazzo. E si è salvato la vita per poco! Sono giochi pericolosi, quelli. Ma eravamo felici. Perché? Perché papà e mamma ci aiutavano ad andare avanti, a scuola, e anche si preoccupavano di noi. E’ molto bello, è molto bello… Sentite bene: è molto bello nella vita essere sposati, è molto bello. E’ molto bello avere una famiglia, un papà e una mamma, avere dei nonni, gli zii… Avete capito questo? E’ molto bello, è una grazia. E ognuno di voi ha genitori, ha i nonni, ha gli zii, ha una famiglia. E perché non li salutiamo adesso? Un applauso a tutti loro, a tutti loro… [applauso] I vostri genitori si sacrificano per voi, per farvi crescere, e questa è una cosa bella, è una bella vocazione: fare una famiglia.

Ma c’è anche l’altra vocazione: fare la suora, fare il prete. E io un giorno ho sentito – ma di colpo – avevo 16 anni e ho sentito che il Signore voleva che io fossi prete. Eccomi! Sono prete. Questa è la risposta. Si sente nel cuore: quando un ragazzo sente nel cuore simpatia e poi quella simpatia va avanti, e sente amore per una ragazza e poi si fidanzano e poi si sposano, così si sente nel cuore quando il Signore ti dice: “Tu devi andare avanti sulla strada per diventare prete”. E così ho sentito io. Come si sentono le cose belle nella vita. Perché è una cosa bella! Capito?

Bene, voi siete stanchi di stare qui, il sole è forte…

Bambini:

No!

Papa Francesco:

Adesso c’è un po’ di venticello, ma…

Io non ricordo: a quello che non mi vuole bene, devo dare uno schiaffo?

Bambini:

No!

Papa Francesco:

Ah! Avevo dimenticato. E devo pregare per le persone che mi odiano?

Bambini:

Sì!

Papa Francesco:

Sì, sì: pregare per quello che non mi vuole bene, per quello… devo pregare. E debbo essere obbediente a mamma e a papà?

Bambini:

Sì!

Papa Francesco:

Io, o il vicino?

Bambini:

Tutti!

Papa Francesco:

Ah, ognuno! Ognuno dica “io”.

Bambini:

Io!

Papa Francesco:

Io devo obbedire a papà e mamma: tutti!

Bambini:

Io devo obbedire a papà e mamma.

Papa Francesco:

E’ molto importante, perché loro si sacrificano per noi. Avete capito?

Bambini:

Sì.

Papa Francesco:

Benissimo. E adesso, che cosa facciamo?

Ecco, facciamo una preghiera. Nella prima domanda abbiamo parlato della preghiera. Adesso facciamo una preghiera gli uni per gli altri. Prendetevi per mano, tutti. Come fratelli, come amici. Prendetevi per mano, tutti. E preghiamo la Madonna, che è la nostra Madre: Ave o Maria,…

E adesso darò a tutti voi la benedizione. In silenzio, ognuno di voi pensi ai genitori, ai parenti, agli amici, pensi anche ai nemici, alla gente che vi odia o che non vi vuole bene. E che questa benedizione scenda anche su di loro, su tutti.

[Benedizione]

Grazie!


Incontro con le comunità del Cammino Neocatecumenale

Parroco:

Santo Padre, benvenuto tra noi. Una breve presentazione. Questo incontro che facciamo così, brevemente, è con la realtà del Cammino Neocatecumenale, che è nata qui, in questa parrocchia, circa 30 anni fa. Ci sono state diverse evangelizzazioni: ci sono cinque comunità più due comunità in missione, che ha mandato il Suo predecessore Benedetto XVI otto anni fa, e li ha inviati qui, in questa periferia di Roma per evangelizzare i lontani. Sono due comunità: una viene da Piazza Bologna, quindi si fanno 50 chilometri per venire qui, ogni mercoledì e sabato; e un’altra da San Leonardo del Murialdo: loro ogni martedì vanno per le case a visitare le famiglie, per pregare con loro, per dare una parola, per ascoltare, e questo ha portato molto frutto. In questa nostra parrocchia non frequentano in molti: Lei vede tante persone, ora, oggi; però quello che vede oggi io penso che sia il frutto di tutto quello che è stato fatto in questi anni, dai miei predecessori prima e anche da queste realtà della nostra parrocchia. Veramente io sono grato al Signore – anche io vengo dal Redemptoris Mater, ho fatto il seminario lì, ho fatto l’itinerante prima; ora da 12 anni sono in questa parrocchia come parroco. Sono contento. Ho avuto difficoltà – tante – ma anche tante gioie. Devo dire che questi fratelli hanno testimoniato – non solo loro, anche altri – la fede, hanno dato la vita e mi hanno rafforzato la vocazione. Quando sono stato in crisi, in questi anni, sono stati loro – mi commuovo – che mi hanno sostenuto, perché io penso che non dovevo essere qua. Quindi ringrazio Dio, sono grato di essere presbitero, di essere prete e di servire la Chiesa di Roma. E l’obbedienza a Lei, come Successore di Pietro, prima di tutto.

Papa Francesco:

Uno di voi mi diceva che se il Cammino è in questa parrocchia, è grazie a questa persona [il parroco]. Ma c’è una cosa bella: lui non ha detto: “se il Cammino o questa parrocchia è forte, se abbiamo tanti bambini, se abbiamo una comunità così e anche missionari è perché abbiamo avuto preti missionari, no. [Ha detto che] Siete stati voi, i missionari. Perché la grazia della missione viene dal Battesimo: è il Battesimo che ci dà la forza per la missione, e i laici, che sono i battezzati, sono quelli che devono essere missionari. Poi noi, i preti, le suore, i vescovi anche, tutti. Ma i laici devono andare avanti. E’ questo che ha detto il parroco: il fatto di visitare le famiglie, ascoltarle... Questo non c’è nel Diritto Canonico, ma è molto importante: l’ “apostolato dell’orecchio”. Ascoltare. “Ma, Padre, si perde tanto tempo…”. No, lo si guadagna! Tu ascolta; poi, a un certo momento dirai una parola e quella parola germoglierà, sarà un seme, andrà avanti. Ma [prima bisogna] ascoltare. Oggi la gente ha bisogno di essere ascoltata. Tutti parlano, si parla di tutto… Ma pensiamo… Vi dico un’esperienza personale – anch’io posso dare una testimonianza personale: a voi piacciono le testimonianze, no? [ride, ridono] –: quante volte ho sentito gente che è venuta da me a chiedere un consiglio, e io sono rimasto zitto, ho lasciato parlare, parlare, parlare… e poi hanno detto: “Sì, è vero: Lei ha ragione”. Io non avevo parlato! Ma era lo Spirito Santo che avevano dentro, che aveva parlato e hanno trovato la strada. Ma avevano bisogno di un orecchio, e tutti voi avete questa esperienza. E se uno incomincia a parlare, non dire: “No, ma questo…”. Non spiegare niente, fino al momento in cui lo Spirito ti dica: “Parla”. Ricordate l’apostolo Filippo: stava battezzando, evangelizzando e lo Spirito gli dice: “Va’ su quella strada…”. E lì ha trovato un carro sul quale c’era un signore, ministro dell’economia della regina dell’Etiopia. Ma era ebreo e leggeva il profeta Isaia. E Filippo non ha detto alcuna parola; soltanto, si è affiancato al carro; quello lo ha guardato e Filippo gli ha chiesto: “Dimmi, tu capisci questo?”. “E come posso capirlo se nessuno me lo spiega?”. E’ stato lui a chiedere. Filippo era in silenzio. L’ha fatto salire sul carro, gli ha spiegato… E lui, quando hanno trovato un po’ d’acqua nel deserto…: “Perché non posso essere battezzato?”. L’ascolto. All’inizio ascoltavano, e poi dicevano una parola. Ma se tu vai in una casa, bussi alla porta e ti aprono la porta e dici: “Vengo ad annunciarti il Vangelo, la salvezza di Cristo”, ti cacceranno via e rovinerai l’opera dello Spirito Santo. Ascoltare. Poi, mentre tu ascolti, la preghiera: “Signore, dammi la parola giusta”. Questo nelle visite alle famiglie fa tanto bene: lasciare cadere la parola giusta. Ma dopo lo sfogo, dopo che loro si sono spiegati bene. E poi andare avanti, in comunità, avvicinare la gente, che si sentano bene… Così si fa la missione. Gesù, una delle immagini più belle che usa per la missione, è quella del seminatore: seminare. Si butta il seme della Parola… E in un passo del Vangelo dice: “Poi, il seminatore va a dormire e non sa cosa succede, ma è il Signore a farlo crescere”. Sempre lavorare con il Signore, sempre. Per favore, non siate proselitisti, ma evangelizzatori. E’ brutto andare in una famiglia per fare un socio in più a questa ditta ecclesiastica: non è questo. Il proselitismo non va. Papa Benedetto ha detto una frase che non dobbiamo dimenticare: “La Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione”, cioè per testimonianza, per servizio. Siate i servitori di tutti e così le cose sono belle.

Poi, ci sono i momenti di crisi – il parroco ha parlato dei suoi, che lui ha avuto. Ma io avrei voglia di chiedervi – non lo farò! –: chi di voi non ha avuto la crisi alzi la mano. Tutti ne abbiamo avuto una. Tutti. E sempre il Signore ha messo accanto a noi qualcuno che ci ha aiutato. E quando sei in crisi, lasciati aiutare. Chiedi aiuto. Non chiuderti, chiedi aiuto. Chiedi l’elemosina della grazia, e questa sempre viene tramite un fratello, una sorella. Sempre. Perché il Vangelo è così. La predica non la fanno gli angeli: gli angeli lodano Dio e custodiscono noi, ma a chi tocca predicare? A noi. A tutti noi. E questo è il cammino.

Vi ringrazio per quello che fate. Voi siete coraggiosi. E anche questi gioielli che sono qui, i vostri figli, sono una promessa per il futuro della Chiesa. Fateli crescere come buoni cristiani. E a me piace come cantate, voi. Prima di darvi la benedizione, potreste cantare un canto alla Madonna… Quando sono entrato, ne cantavate uno… Se ne sapete un altro…

[canto]

Grazie. Adesso vi darò la benedizione

[Benedizione]

Per favore, pregate per me: non dimenticatevi!


Incontro con i poveri

Parroco:

Santo Padre, volevo spiegarLe un po’ come è nata questa iniziativa. E’ nata come un frutto di un convegno diocesano, il cui tema era “L’Eucaristia e la testimonianza alla carità”. Dopo che i nostri collaboratori hanno partecipato a questo convegno, e poi dall’incontro che abbiamo avuto con Lei, è venuto il desiderio da parte della nostra parrocchia – dei parrocchiani – di fare qualcosa di concreto. Qui non c’era niente. L’abbiamo accolta qui dove loro ricevono il pasto. Da un anno, un sabato sì e uno no, ogni 15 giorni, in collaborazione con le altre parrocchie della nostra prefettura. Noi facciamo il sabato, un’altra parrocchia la domenica, in modo che più o meno possiamo coprire la settimana. Loro sono – questo è il frutto – loro sono il frutto, i nostri gioielli, in un certo senso – come Lei li chiama. E veramente siamo orgogliosi di questo, ma non per chissà che cosa, ma perché tante persone partecipano, anche se non vengono in parrocchia. Portano offerte, mi danno offerte, mi portano cibo… Noi ci avvaliamo del nostro “banco alimentare”… E poi, abbiamo 50 famiglie a cui diamo i viveri della nostra parrocchia. Lei vede che la realtà è molto varia. In questi ultimi anni è peggiorata: abbiamo avuto dei papà che hanno perso il lavoro che devono sostenere la famiglia, o divorziati che non possono mantenere la loro famiglie… Sono passate tante persone e ognuna di loro ci ha lasciato una benedizione per tutti noi. E anche qui ci sono quelli che collaborano, che servono: sono circa 15 persone. Qui abbiamo la cucina: cuciniamo qua. L’ho fatta abusivamente, altrimenti non avrei potuto farla, perché che facciamo? E la burocrazia … la presa deve andare in un modo – sì, è fatta bene – però ci siamo buttati, e i parrocchiani mi hanno incoraggiato in questo, e sono contento. E glielo offriamo come un dono, a Lei.

Papa Francesco:

Vi ringrazio. Il parroco ha detto la parola “gioielli”: quelli che hanno bisogno, i più bisognosi, in una parrocchia, sono i gioielli della parrocchia. Qui a Roma, voi conoscete la tradizione del diacono San Lorenzo, quando ai primi tempi delle persecuzioni, le autorità per negoziare gli hanno promesso di salvare la vita a tutti i cristiani e hanno chiesto – perché lui era il tesoriere, l’amministratore – di portare tutti i tesori della diocesi di Roma. Il giorno che doveva portarli, è andato con tutti i poveri della città. I poveri sono il tesoro della Chiesa. E’ una cosa brutta, tante volte si soffre, come ha detto il parroco, quando non c’è da mangiare o mancanza di lavoro o divorzi o tante cose… E la Chiesa deve custodire i poveri perché sono il suo tesoro. Tesoro reale, reale, vivo. E’ vero, la Madonna è il nostro tesoro, ma è in Cielo, ci aiuta; Gesù nell’Eucaristia, nel tabernacolo; e i poveri sono il tesoro vivente della Chiesa. E quando la Chiesa, o una chiesa o una parrocchia o una comunità, si dimentica dei poveri, io direi che celebra male l’Eucaristia o non la celebra davvero. La celebra, ma non capisce quel tesoro dell’Eucaristia se non è capace di capire il tesoro dei poveri. E’ vero che la povertà è una croce, ma Gesù l’ha vissuta: Lui era povero, l’ha vissuta. Lui era povero. Lui conduceva una vita da povero e i primi cristiani, tanti erano poveri, ma avevano la fede in Gesù e seguivano Gesù. E così, siccome i poveri sono il tesoro della Chiesa, Gesù dice anche: “State attenti, perché c’è un altro tesoro: le ricchezze, le troppe ricchezze. E queste rovinano l’anima”. Questo è il Vangelo. Non è per avere rabbia per una persona ricca, no. E’ per pregare per lui. Dobbiamo pregare perché non si corrompa, perché le cose possano andare avanti. Ma il diavolo entra dalle tasche, sempre: corrompe… Il parroco diceva che la cucina l’aveva fatta come ha potuto perché la burocrazia… La burocrazia… Ti dicono: “Sì, sì, dobbiamo fare questo, questo…” – “Ma è troppo complicato, non c’è un altro modo?” – “Sì…” [fa un gesto con le mani] la burocrazia, di solito, si scioglie con le tangenti. Ma vedi? [indica l’ambiente della sala] Questa è una buona via, una buona via… Lui [il parroco] l’ha fatta, come ha voluto, e non ci sono problemi. Ma questo lo dico perché voi siate attenti: è vero, non avere il necessario è una brutta croce. E’ vero. Ma sappiate che il povero è il tesoro della Chiesa, e che la Chiesa, i preti, i vescovi, il Papa devono prendersi cura dei poveri, di quelli che la società scarta. Oggi, quanti perdono il lavoro! Quante persone non possono portare il pane a casa! E quando un uomo, una donna che devono portare il pane a casa non ha lavoro, si sente senza dignità: perché il lavoro ci dà la dignità. La Chiesa dev’essere vicina ai poveri… Gesù non è nato nel palazzo di Erode, è nato in una mangiatoia. E questo dobbiamo saperlo. E dobbiamo anche pregare per i ricchi, per i ricchi che hanno troppo, che non sanno cosa fare con i soldi e vogliono di più. Poveretti. Gesù ci racconta, nel Vangelo, di quel ricco che faceva dei banchetti e delle feste e alla porta aveva un povero e il povero era con i cani, lì, e mangiava le cose che cadevano dalla mensa del ricco. Gesù ci racconta questo. Ma non dobbiamo odiare i ricchi, no: questo non è cristiano. Dobbiamo pregare per loro, perché facciano un buon uso della ricchezza, perché la ricchezza non è loro: è di Dio che l’ha data loro per amministrarla. E i ricchi, quelli che non capiscono questo messaggio, la mettono in tasca: è questo il brutto. Ma ci sono persone che hanno soldi e sono generose, aiutano, amministrano e conducono una vita austera, una vita semplice, una vita di lavoro. Non bisogna odiare, no, no! Pregare per quei ricchi che non hanno capito che la loro ricchezza non è per loro, ma è per darla, per amministrarla. Se non la amministrano loro, la amministra il diavolo contro di loro.

Vi benedico. Vi auguro che il Signore sia vicino a voi, che sia vicino alle vostre sofferenze, che sono tante. Il meglio che voi potete fare è pregare per quelli che possano risolvere la vostra situazione e per egoismo o per incoscienza non sanno farlo o non vogliono farlo.

[Benedizione]

E voi pregate per me!


Omelia durante la Celebrazione Eucaristica

Abbiamo sentito come Gesù si congeda dai suoi nell’Ultima Cena, e chiede loro di osservare i comandamenti, e promette che invierà loro lo Spirito Santo: «Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Paraclito” – “paraclito” significa “avvocato” – “un altro avvocato, perché rimanga con voi per sempre: lo Spirito della Verità” (Gv 14,16-17). E lo Spirito Santo è in noi – in ognuno di noi – e noi lo abbiamo ricevuto nel Battesimo: lo abbiamo ricevuto da Gesù e dal Padre. In un’altra parte [del Nuovo Testamento], l’Apostolo ci dice di custodire lo Spirito Santo, e dice di più: “Non rattristate lo Spirito Santo” (cfr Ef 4,30), come [a dire]: “Siate consci che voi avete dentro Dio stesso, il Dio che ti accompagna, che ti dice quello che devi fare e come lo devi fare; Colui che ti aiuta a non sbagliare, che ti aiuta a non scivolare nella tentazione; l’Avvocato: Colui che ti difende dal maligno”. E questo Spirito è quello che Pietro, nella seconda Lettura, dice che ci aiuterà “ad adorare Cristo nei nostri cuori” (cfr 1 Pt 3,15). E come? Con la preghiera di adorazione e lasciando emergere proprio l’ispirazione dello Spirito Santo. E’ Lui che ci dice: “Questo è buono, questo non è buono, questa è la strada sbagliata, questa è la strada giusta…”: ci porta avanti. E quando la gente ci chiede spiegazioni, sul perché noi cristiani siamo così, Pietro dice: “Siate pronti a rispondere a chiunque vi domandi perché siete così” (cfr 1 Pt 3,15). E questo, come si deve fare? Continua Pietro: «Tuttavia, questo sia fatto con dolcezza e rispetto» (v. 15). E qui voglio fermarmi.

Il linguaggio dei cristiani che custodiscono lo Spirito Santo che ci è stato dato in dono, di coloro che sanno di avere lo Spirito che spiega loro [la verità], questo linguaggio è un linguaggio speciale. Non devono parlare in latino: no, no. E’ un altro linguaggio. E’ il linguaggio della dolcezza e del rispetto. E questo può aiutarci a pensare a come è il nostro atteggiamento di cristiani. E’ un atteggiamento di dolcezza, o di ira? O è amaro? E’ tanto brutto vedere quelle persone che si dicono cristiane ma sono piene di amarezza… Con dolcezza. Il linguaggio dello Spirito Santo è dolce, e la Chiesa lo chiama il “dolce ospite dell’anima”, perché Lui è dolce e ci dà dolcezza. E rispetto. Sempre rispetta gli altri. Ci insegna a rispettare gli altri. E il diavolo, che sa come indebolirci nel servizio di Dio, e anche come indebolirci in questa custodia dello Spirito Santo che è dentro di noi, farà di tutto perché il nostro linguaggio non sia di dolcezza e non sia di rispetto. Anche dentro le comunità cristiane.

Oggi ho detto, all’Angelus [Regina Caeli], e vorrei ripeterlo: quanta gente si avvicina a una parrocchia, per esempio, cercando questa pace, questo rispetto, questa dolcezza e incontra lotte interne tra i fedeli. Invece della dolcezza e del rispetto, incontra le chiacchiere, le maldicenze, le competizioni, le concorrenze, uno contro l’altro…; incontra quell’aria non di incenso, ma di chiacchiericcio… E poi cosa dice? “Se questi sono cristiani, preferisco rimanere pagano”. E se ne va, deluso. Perché questi non sanno custodire lo Spirito, e con questo “linguaggio” di farsi vedere per ambizione, per invidia, per gelosia, tante cose che ci dividono tra noi, allontaniamo la gente. Siamo noi ad allontanarli. E non lasciamo che il lavoro che fa lo Spirito, di attrarre la gente, continui. A me piace tornare su questo argomento sempre, perché vi dico – vi dico con tutta chiarezza! – che questo è il peccato più comune delle nostre comunità cristiane.

Quando incensavo la Madonna, ho abbassato un po’ lo sguardo e ho visto il serpente, il serpente che la Madonna schiaccia, il serpente con la bocca aperta e la lingua che esce. Vi farà bene guardare com’è una comunità cristiana che non custodisce lo Spirito Santo con dolcezza e con rispetto: è come quel serpente, con una lingua lunga così… Un parroco, una volta, mi diceva, parlando di questo argomento: “Nella mia parrocchia ci sono alcuni che possono fare la comunione dalla porta: con la lingua che hanno, arrivano all’altare!”. Qualcuno di voi potrà dire: “Ma Padre, Lei, sempre con lo stesso argomento!…”. Ma è la verità! Questo ci distrugge! E noi dobbiamo custodire lo Spirito Santo…, e non le cose che il serpente – il diavolo – ci insegna.

Scusatemi se torno sempre su questo, ma io credo che questo sia il nemico che distrugge le nostre comunità: il chiacchiericcio. Forse vi farà bene, non oggi – alcuni oggi, alcuni un altro giorno – quando andate a salutare la Madonna, guardare un po’ in giù e vedere quella lingua [del serpente] e dire alla Madonna: “Madonna, salvami: così non voglio essere. Io voglio custodire lo Spirito Santo come tu lo hai custodito”. Lei ha custodito lo Spirito, che poi è venuto e l’ha fatta mamma del Figlio di Dio.

Sorelle e fratelli, davvero: questo a me fa male al cuore; è come se fra di noi ci gettassimo pietre, uno contro l’altro. E il diavolo si diverte: è un carnevale per il diavolo, questo! Chiediamo questa grazia: custodire lo Spirito Santo che è in noi. Non rattristarlo, come dice l’Apostolo Paolo. Non rattristarlo. E che il nostro atteggiamento davanti a tutti – ai cristiani e ai non cristiani – sia un atteggiamento di dolcezza e di rispetto, perché lo Spirito Santo agisce così con noi: con dolcezza e rispetto.

 



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