PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
Martedì, 4 dicembre 2018
(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVIII, n.277, 5/12/2018)
Con lo stile umile degli artigiani «vivere in pace nella nostra anima, a casa con la famiglia, a scuola, nel lavoro, nel quartiere»: ecco l’impegno pratico per l’Avvento — un vero e proprio manuale per costruire la pace nella quotidianità con tanto di esame di coscienza per tutti, bambini compresi — suggerito da Francesco nella messa celebrata martedì 4 dicembre a Santa Marta.
Per questa riflessione sulla pace il Papa ha subito fatto presente che nella prima lettura, tratta da Isaia (11, 1-10), «c’è una promessa, una promessa dei tempi, quando verrà il Signore: il popolo aspettava la venuta del salvatore, del liberatore, del Signore — ha spiegato — e il profeta dice come sarà quel tempo, quando lui verrà». E «dice che tutto sarà in pace, il Signore farà la pace».
In particolare, ha fatto notare Francesco, il profeta «descrive questa pace con immagini che sembrano un po’ bucoliche ma belle: tanta sarà la pace che “il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte”».
Davanti a questo testo, ha proseguito il Papa, ci si chiede se ciò «sarà possibile». In realtà, ha affermato, Isaia «vuol dire che la pace del Signore è capace di trasformare la vita, di trasformare la storia, e Gesù è chiamato proprio principe della pace perché viene a portare questa pace, a offrirci questa pace».
«Questo tempo di Avvento è un tempo per prepararci a questa venuta del principe della pace» ha rilanciato il Pontefice. È, dunque, «un tempo per pacificarsi: prima di tutto, pacificarci con noi stessi, pacificare l’anima», perché «tante volte noi non siamo in pace; siamo in ansia, siamo in angoscia, senza speranza e la domanda che ci fa il Signore è: “Come è la tua anima, oggi, è in pace?” — “Eh, non so” – “Ma, guarda, se non è in pace incomincia questa strada per pacificarla” — “Ma io non posso”». Ma «lui può», ha affermato il Papa, invitando a chiedere «a lui di pacificarti: il principe della pace pacifica l’anima».
Ecco che, ha fatto presente Francesco, «il primo passo di questo tempo di Avvento è pacificare l’anima di ognuno». In realtà, «noi siamo abituati a guardare l’anima altrui: “Ma guarda quello, guarda quella, cosa fa”». Dobbiamo invece guardare la nostra anima e chiedere e a noi stessi: «Come stai? Il tuo cuore cosa sente? È in pace? Sei arrabbiato? Sei arrabbiata? Sei ansioso, ansiosa?». Così, ha insistito il Papa, «chiedi al Signore la grazia di pacificare l’anima, per prepararti all’incontro con lui».
«Poi un’altra cosa da pacificare è la casa» ha detto ancora il Pontefice, suggerendo di domandarci: «a casa come va la pace?». Bisogna sempre «pacificare la famiglia: ci sono tante tristezze nelle famiglie, tante lotte, tante piccole guerre, tanta disunione delle volte». E così «non c’è pace: uno contro l’altro o sfida l’altro». Perciò, ha proposto Francesco, «ognuno si domandi: come è la mia famiglia? È in pace o è in guerra? È unita o c’è la disunione? Ci sono tutti ponti fra noi o ci sono muri che ci separano?». Con l’obiettivo di «pacificare la famiglia».
Occorre anche allargare gli orizzonti per «guardare il mondo — ha invitato il Papa — e vedere che c’è più guerra che pace: c’è tanta guerra, tanta disunione, tanto odio, tanto sfruttamento. Non c’è pace». Ma «cosa faccio io per aiutare la pace nel mondo?». Ci si potrebbe giustificare dicendo che «il mondo è troppo lontano». E allora il Pontefice ha invitato a verificare «cosa faccio io per aiutare la pace nel quartiere, nella scuola, nel posto di lavoro: prendo sempre qualche scusa per entrare in guerra, per odiare, per sparlare degli altri? Questo è fare la guerra! Sono mite? Cerco di fare dei ponti? Non condanno?». È una questione che riguarda anche i bambini, ai quali bisogna chiedere: «A scuola, quando c’è un compagno, una compagna che non ti piace, è un po’ odioso o è debole, tu fai il bullismo o fai la pace, cerchi di fare pace? Perdono tutto?». Lo stile deve essere quello degli «artigiani di pace» e «ci vuole questo tempo di Avvento, di preparazione alla venuta del Signore che è il principe della pace».
«E la pace — ha spiegato Francesco — sempre va avanti, mai è ferma, arriva a un punto e dà un altro passo di pace, un altro passo di pace: è feconda». Di più, «la pace incomincia dall’anima e poi torna all’anima dopo aver fatto tutto questo cammino di pacificazione». Perciò «fare la pace è un po’ imitare Dio quando ha voluto fare la pace con noi e ci ha perdonati, ci ha inviato suo Figlio a fare la pace, a essere il principe della pace».
Tutti sono chiamati a essere artigiani di pace. Forse, ha suggerito il Pontefice, «qualcuno può dire: “padre, io non ho studiato come si fa la pace, non sono una persona colta, non so, sono giovane, non so”». Ma è Gesù stesso, nel passo evangelico di Luca proposto dalla liturgia (10, 21-24), a dirci «quale deve essere l’atteggiamento: “Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”». Magari, ha ripetuto il Papa, «tu non hai studiato, non sei sapiente», ma «fatti piccolo, fatti umile, fatti servitore degli altri: fatti piccolo e il Signore ti darà la capacità di capire come si fa la pace e la forza di farla».
«Vivere in pace nella nostra anima, a casa con la famiglia, a scuola, nel lavoro, nel quartiere, vivere in pace, questa sarà la preghiera di questo tempo di Avvento» ha suggerito Francesco. Si tratta di «pacificare, fare la pace, con umiltà». E «ogni volta che noi vediamo che c’è la possibilità di una piccola guerra, sia a casa sia nel mio cuore sia a scuola, a lavoro, fermarsi e cercare di fare la pace». Soprattutto «mai, mai ferire l’altro, mai». E il primo passo «per non ferire l’altro» è proprio «non sparlare degli altri, non buttare la prima cannonata». Con la certezza che «se tutti noi facessimo solo questo — non sparlare degli altri — la pace andrebbe più avanti».
«Che il Signore ci prepari il cuore per il Natale del principe della pace» ha concluso il Papa. Ma, ha aggiunto, «ci prepari facendo noi del tutto la nostra parte per pacificare: pacificare il mio cuore, la mia anima, pacificare la mia famiglia, la scuola, il quartiere, il posto di lavoro». Ed essere così veramente «uomini e donne di pace».
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