PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
I senza nome
Giovedì, 8 ottobre 2015
(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLV, n.230, 09/10/2015)
Gli accorati «perché» rivolti insistentemente a Dio dagli uomini ritornano anche, nero su bianco, nelle tante lettere che Francesco riceve ogni giorno. Lo ha confidato egli stesso, condividendo i sentimenti di una giovane madre di famiglia di fronte al dramma del tumore e di un’anziana donna che piange il figlio assassinato dalla mafia. Hanno scritto al Papa chiedendo perché i malvagi sembrano essere felici mentre ai giusti le cose vanno sempre nel verso sbagliato. È proprio a questi forti interrogativi che il Pontefice ha risposto celebrando giovedì mattina, 8 ottobre, nella cappella della Casa Santa Marta. E assicurando che Dio non abbandona mai chi si affida a Lui.
Per questa riflessione ha preso le mosse dalle parole del salmo 1 — «Beato l’uomo che confida nel Signore» — che è appunto «come una risposta alle lamentele di tanta gente, a tanti perché che noi diciamo a Dio». E quei «tanti perché» sono espressi proprio nel passo biblico tratto dal libro di Malachia (3, 13-20), proposto dalla liturgia odierna.
«Il Signore — ha affermato Francesco — si lamenta con questa gente, anche Lui si lamenta, e dice così: “Duri sono i vostri discorsi contro di me”». E, ancora, «dice il Signore, voi andate dicendo: “Che cosa abbiamo detto contro di te?”. Avete affermato: “È inutile servire Dio: che vantaggio abbiamo ricevuto dall’aver osservato i suoi comandamenti o dall’aver camminato in lutto davanti al Signore? Dobbiamo invece proclamare beati i superbi che, pur facendo il male, si moltiplicano e, pur provocando Dio, restano impuniti”».
«Quante volte — ha rilanciato il Papa — noi vediamo questa realtà in gente cattiva; gente che fa del male e che sembra che nella vita le vada bene: sono felici, hanno tutto quello che vogliono, non manca loro niente». Di qui la domanda: «Perché Signore?». Sì, ha affermato il Papa, «è uno dei tanti perché: perché a questo che è uno sfacciato, al quale non importa niente di Dio né degli altri, una persona ingiusta pure cattiva, va bene tutto nella vita, ha tutto quello che vuole e noi che vogliamo fare del bene abbiamo tanti problemi?».
A questo proposito, il Papa ha confidato di aver ricevuto proprio ieri «una lettera di una mamma coraggiosa»: quarant’anni, tre figli, il marito e, in casa, il dramma di un tumore, «di quelli brutti». La donna ha scritto a Francesco per chiedergli: «Ma perché mi accade questo?». Inoltre, ha aggiunto il Papa, «alcune settimane fa», in «un’altra lettera, un’anziana, che è rimasta sola perché il figlio è stato assassinato dalla mafia», gli ha domandato un altro «perché?». Aggiungendo: «Io prego». E, ancora, «un altro perché» in un’altra lettera: «Io educo i miei figli, vado avanti con una famiglia che ama Dio: perché?».
«Questi “perché”», ha affermato il Pontefice, in realtà ce li poniamo tutti. E in particolare ci domandiamo «perché i malvagi sembrano essere tanto felici?». A questi interrogativi viene in soccorso la parola di Dio. Nel passo di Malachia, ha ricordato il Papa, si legge appunto: «Il Signore porse l’orecchio e li ascoltò». Infatti «il Signore ascolta i nostri perché, sempre». E, ancora, si legge nel passo odierno di Malachia: «Un libro di memorie fu scritto davanti a lui per coloro che lo temono e che onorano il suo nome. Essi diverranno la mia proprietà particolare nel giorno che io preparo». Dunque, ha proseguito Francesco, «la memoria di Dio per i giusti, per quelli che in questo momento soffrono, che non riescono a spiegarsi la propria situazione». Sì, «la memoria di Dio per quelli che, benché dicano “perché? perché? perché?”, confidano nel Signore».
Ed è proprio l’atteggiamento delineato dal salmo 1: «Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti, ma nella legge del Signore trova la sua gioia. La sua legge medita giorno e notte. È come albero piantato lungo corsi di acqua, che dà frutto al suo tempo».
«Adesso — ha spiegato il Papa — non vediamo i frutti di questa gente che soffre, di questa gente che porta la croce» proprio «come quel Venerdì Santo e quel Sabato Santo non si vedevano i frutti del Figlio di Dio crocifisso, delle sue sofferenze». E «tutto quello che farà, riuscirà bene» recita il salmo 1.
Cosa dice, invece, lo stesso salmo «sui malvagi, su quelli che noi pensiamo vada tutto bene?». Francesco ha riletto quei versi: «Non così, non così malvagi, ma come pula che il vento disperde; poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti, mentre la via dei malvagi va in rovina». Insomma «tu stai bene oggi, hai tutto, non ti importa di Dio, non ti importa degli altri, sfrutti gli altri: sei un ingiusto, soltanto pensi a te stesso, non agli altri».
Ma, ha suggerito il Papa, «c’è una cosa che Gesù ha detto e mi viene sempre in mente: “Dimmi qual è il tuo nome?”». Sì, questa gente non sa neppure come si chiama, «non ha nome». E ha ricordato la parabola del povero Lazzaro «che non aveva da mangiare e i cani leccavano le sue ferite». Mentre «l’uomo ricco, che faceva i banchetti, se la spassava senza guardare ai bisogni degli altri». Ed è curioso, ha notato il Papa, che «di quell’uomo non si dice il nome» ma «è soltanto un aggettivo: è un ricco». Infatti «nel libro della memoria di Dio dei malvagi non c’è nome: è un malvagio, è un truffatore, è uno sfruttatore». Sono persone che «non hanno nome, soltanto hanno aggettivi». Invece, ha rimarcato il Pontefice, «tutti quelli che cercano di andare sulla strada del Signore saranno con suo Figlio, che ha il nome: Gesù Salvatore. Ma un nome difficile da capire, anche inspiegabile per la prova della croce e per tutto quello che Lui ha sofferto per noi».
In conclusione Francesco ha invitato a ripensare proprio alle parole del salmo 1: «Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, ma nella legge del Signore trova la sua gioia». E così, «benché ci siano sofferenze, spera nel Signore». Proprio «come abbiamo pregato nell’orazione colletta, chiede al Signore di aggiungere quello che la sua coscienza “non osa sperare”». Sì, «anche quello chiede: che il Signore gli dia più speranza».
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