PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
Lo stile cristiano
Giovedì, 6 marzo 2014
(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.054, Ven. 07/03/2014)
La riscoperta della fecondità di una vita secondo lo stile cristiano è la proposta di Papa Francesco per la quaresima. Ne ha parlato questa mattina, giovedì 6 marzo, durante la celebrazione della messa a Santa Marta. Commentando il passo del Vangelo di Luca (9, 22-25) proposto dalla liturgia, il Pontefice lo ha presentato come una riflessione che fa seguito al racconto del giovane ricco, il quale voleva seguire Gesù «ma poi si è allontanato triste perché aveva tanti soldi e lui era troppo attaccato per rinunciarvi». E Gesù parlava poi «del rischio di avere tanti soldi», per finire con un messaggio preciso: «Non si possono servire due padroni, Dio e le ricchezze».
All’inizio della quaresima la Chiesa «ci fa leggere, ci fa sentire questo messaggio» ha notato il Pontefice. Un messaggio che, ha detto, «potremmo intitolare lo stile cristiano: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, cioè essere cristiano, essere mio discepolo, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Perché lui, Gesù, è andato per primo su questo cammino». Il vescovo di Roma ha riproposto le parole del Vangelo di Luca: «Il figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti, e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». Noi — ha quindi specificato — «non possiamo pensare alla vita cristiana fuori da questa strada, da questo cammino che lui ha fatto per primo». È «il cammino dell’umiltà, anche dell’umiliazione, dell’annientamento di se stesso», in quanto «lo stile cristiano senza croce non è affatto cristiano» e «se la croce è una croce senza Gesù, non è cristiana».
Assumere uno stile di vita cristiano dunque significa «prendere la croce con Gesù e andare avanti». Cristo stesso ci ha mostrato questo stile annientando se stesso. Egli, pur essendo uguale a Dio — ha notato il Pontefice — non se ne vantò, non si considerò «un bene irrinunciabile, ma annientò se stesso» e si è fece «servo per tutti noi».
È questo lo stile di vita che «ci salverà, ci darà gioia e ci farà fecondi. Perché questo cammino che porta a rinnegare se stesso, è fatto per dare vita; è il contrario del cammino dell’egoismo», cioè «quello che porta a essere attaccato a tutti i beni solo per sé». Questo invece è un cammino «aperto agli altri, perché è lo stesso fatto da Gesù». Dunque è un cammino «di annientamento per dare vita. Lo stile cristiano è proprio in questo stile di umiltà, di mitezza, di mansuetudine. Chi vuole salvare la propria vita la perderà. Nel Vangelo Gesù ripete questa idea. Ricordate quando parla del chicco di grano: questo seme se non muore non può dare frutto» (cfr. Giovanni, 12, 24).
Si tratta di un cammino da compiere «con gioia, perché — ha spiegato il Papa — è lui stesso che ci dà la gioia. Seguire Gesù è gioia». Ma, ha ripetuto, bisogna seguirlo con il suo stile «e non con lo stile del mondo», facendo ciò che ognuno può: l’importante è farlo «per dare vita agli altri non per dare vita a se stessi. È lo spirito di generosità».
Ecco allora la strada da seguire: «Umiltà, servizio, niente egoismo, non sentirsi importanti o farsi davanti agli altri come una persona importante: sono cristiano...!». A questo proposito Papa Francesco ha citato l’Imitazione di Cristo, che — ha sottolineato — «ci dà un consiglio bellissimo: ama, nesciri et pro nihilo reputari, “ama, non essere conosciuto e essere giudicato come niente”. È l’umiltà cristiana. È quello che ha fatto Gesù prima».
«Pensiamo a Gesù che è davanti a noi — ha proseguito — che ci guida per quella strada. Questa è la nostra gioia e questa è la nostra fecondità: andare con Gesù. Altre gioie non sono feconde, pensano soltanto, come dice il Signore, a guadagnare il mondo intero ma alla fine a perdere e rovinare se stesso».
Perciò «all’inizio della quaresima — è stato il suo invito conclusivo — chiediamo al Signore che ci insegni un po’ questo stile cristiano di servizio, di gioia, di annientamento di noi stessi e di fecondità con lui, come lui la vuole».
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