PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
Suore e preti liberi dall’idolatria
Lunedì, 3 marzo 2014
(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.051, Lun.-Mart. 03-04/03/2014)
Chiedere al Signore di mandare alla sua Chiesa suore e preti liberi «dall’idolatria della vanità, dall’idolatria della superbia, dall’idolatria del potere, dall’idolatria del denaro». Pregare con la consapevolezza che le vocazioni ci sono, ma che occorrono giovani coraggiosi, capaci di rispondere alla chiamata seguendo Gesù «da vicino» e avendo il cuore solo per lui. È questa la «preghiera per le vocazioni» che Papa Francesco ha indicato durante la messa celebrata lunedì mattina, 3 marzo, a Santa Marta.
A dare spunto alla meditazione del Pontefice su questo tema è stato il passo evangelico che racconta l’incontro di Gesù con il giovane ricco (Marco 10, 17-27). È «una storia», ha detto, che «abbiamo sentito tante volte»: un uomo «cerca Gesù e si getta in ginocchio davanti a lui». E lo fa «davanti a tutta la folla» perché «aveva tanta voglia di sentire le parole di Gesù» e «nel suo cuore qualcosa lo spingeva». Così, «in ginocchio davanti a lui» gli chiede cosa debba fare per avere in eredità la vita eterna. A muovere il cuore di quest’uomo, ha notato il Papa, «era lo Spirito Santo». Era infatti «un uomo buono — ha spiegato tracciandone il profilo — perché fin dalla sua giovinezza aveva osservato i comandamenti». Essere «buono» però «non era sufficiente per lui: voleva di più! Lo Spirito Santo lo spingeva!».
Infatti, ha proseguito il Pontefice, «Gesù fissò lo sguardo su di lui, contento di sentire queste cose». Tanto che «il Vangelo dice che lo amò». Dunque «anche Gesù sentiva questo entusiasmo. E gli dà la proposta: vendi tutto e vieni con me a predicare il Vangelo!». Ma, si legge nel racconto dell’evangelista, «l’uomo, sentendo queste parole, si fece scuro in volto e se ne andò rattristato».
Quell’uomo buono «era venuto con speranza, con gioia, a trovare Gesù. Ha fatto la sua domanda. Ha sentito le parole di Gesù. E prende una decisione: andarsene». Così «quella gioia che lo spingeva, la gioia dello Spirito Santo, diviene tristezza». Marco racconta infatti che «se ne andò rattristato perché possedeva tanti beni».
Il problema, ha commentato il Papa, era che il «suo cuore inquieto» per via dello «Spirito Santo, che lo spingeva ad avvicinarsi a Gesù e a seguirlo, era un cuore pieno». Ma «lui non ha avuto il coraggio di svuotarlo. E ha fatto la scelta: i soldi!». Aveva «un cuore pieno di soldi». Eppure non «era un ladro, un reo. Era un uomo buono: mai aveva rubato, mai truffato». I suoi «erano soldi onesti». Ma «il suo cuore era imprigionato lì, era legato ai soldi e non aveva la libertà di scegliere». Così, alla fine, «i soldi hanno scelto per lui».
Il Vangelo di Marco prosegue con il discorso di Gesù sulla ricchezza. Ma il Pontefice si è soffermato in particolare sul discorso della vocazione. E ha rivolto il pensiero a tutti quei giovani che «sentono nel loro cuore questa chiamata ad avvicinarsi a Gesù. E sono entusiasti, non hanno paura di andare davanti a Gesù, non hanno vergogna a inginocchiarsi». Proprio come ha fatto il giovane ricco, con un «segno pubblico», dando «una dimostrazione pubblica della loro fede in Gesù Cristo».
Per Papa Francesco anche oggi sono tanti questi giovani che vogliono seguire Gesù. Ma «quando hanno il cuore pieno di un’altra cosa, e non sono tanto coraggiosi per svuotarlo, tornano indietro». E così «quella gioia diviene tristezza». Quanti giovani, ha constatato, hanno quella gioia della quale parla san Pietro nella prima lettera (1, 3-9) proclamata durante la liturgia: «Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede». Davvero questi giovani sono «tanti, ma c’è qualcosa in mezzo che li ferma».
In realtà, ha rimarcato il Pontefice, «quando noi chiediamo al Signore» di inviare «vocazioni perché annuncino il Vangelo, lui le invia». C’è chi dice sconsolato: «Padre, ma come va male il mondo: non ci sono vocazioni di suore, non ci sono vocazioni di preti, andiamo alla rovina!». Invece, ha sottolineato il Papa, di vocazioni «ce ne sono tante». Ma allora — si è chiesto — «se ce ne sono tante, perché dobbiamo pregare perché il Signore le invii?». La risposta del Papa è stata chiara: «Dobbiamo pregare perché il cuore di questi giovani possa svuotarsi: svuotarsi di altri interessi, di altri amori. Perché il loro cuore divenga libero». Ecco la vera, grande «preghiera per le vocazioni: Signore, mandaci suore, mandaci preti; difendili dall’idolatria della vanità, dall’idolatria della superbia, dall’idolatria del potere, dall’idolatria del denaro». Dunque «la nostra preghiera è per preparare questi cuori per poter seguire da vicino Gesù».
Ritornando al passo evangelico, il Santo Padre non ha nascosto che la figura del giovane ricco suscita una certa partecipazione, che ci porta a dire: «Poveretto, tanto buono e poi tanto infelice, perché non se n’è andato felice» dopo il colloquio con Gesù. E oggi ci sono tanti giovani come lui. Ma — è stata la domanda del Papa — «noi che cosa facciamo per loro?». La prima cosa da fare è pregare: «Aiuta, Signore, questi giovani perché siano liberi e non siano schiavi», in modo «che abbiano il cuore soltanto per te». In questo modo «la chiamata del Signore può venire, può dare frutto».
Papa Francesco ha concluso la sua meditazione invitando a recitare spesso «questa preghiera per le vocazioni». Con la consapevolezza che «le vocazioni ci sono»: sta a noi pregare per fare in modo che «crescano, che il Signore possa entrare in quei cuori e dare questa “gioia indicibile e gloriosa” che ha ogni persona che segue da vicino Gesù».
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