PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
Ritorno alla prima Galilea
Venerdì, 7 febbraio 2014
(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.031, Sab. 08/02/2014)
Gesù va annunciato e testimoniato con forza e chiarezza, senza mezze misure, tornando sempre alla sorgente del «primo incontro» con lui e sapendo vivere anche l’esperienza del «buio dell’anima». L’«icona del discepolo» tracciata da Papa Francesco corrisponde ai lineamenti di Giovanni il Battista. Ed è proprio sulla figura del precursore che il Pontefice ha incentrato la meditazione nella messa celebrata venerdì 7 febbraio, nella cappella della Casa Santa Marta in Vaticano.
Prendendo spunto dal racconto della sua predicazione e della sua morte, narrato dal Vangelo di Marco (6, 14-29), il Papa ha detto che Giovanni è «un uomo che ha avuto un tempo breve di vita, un tempo breve per annunciare la parola di Dio». Egli era «l’uomo che Dio ha inviato per preparare la strada a suo Figlio».
Ma «Giovanni finisce male», decapitato per ordine di Erode. Diventa «il prezzo di uno spettacolo per la corte in un banchetto». E, ha commentato il Papa, «quando c’è la corte è possibile fare di tutto: la corruzione, i vizi, i crimini. Le corti favoriscono queste cose».
Il Pontefice ha quindi delineato il profilo di Giovanni il Battista indicando tre caratteristiche fondamentali. «Cosa ha fatto Giovanni? Prima di tutto — ha spiegato — annunciò il Signore. Annunciò che era vicino il Salvatore, il Signore; che era vicino il regno di Dio». Un annuncio che egli «ha fatto con forza: battezzava ed esortava tutti a convertirsi». Giovanni «era un uomo forte e annunciava Gesù Cristo: è stato il profeta più prossimo a Gesù Cristo. Tanto vicino che proprio lui lo ha segnalato» agli altri. E infatti, quando ha visto Gesù, ha esclamato: «È quello!».
La seconda caratteristica della sua testimonianza, ha spiegato il Papa, «è che non s’impadronì della sua autorità morale» nonostante gli sia stata offerta «su un vassoio la possibilità di dire: io sono il messia!». Giovanni infatti «aveva tanta autorità morale, tanta! Tutta la gente andava da lui. Il Vangelo dice che gli scribi» si avvicinavano per domandargli: «Cosa dobbiamo fare?». Lo stesso facevano il popolo, i soldati. «Convertitevi!» era la risposta di Giovanni, e «non truffate!»
Alla «forza» di Giovanni guardavano anche «i farisei, i dottori», riconoscendo in lui «un uomo retto. Per questo sono andati a domandargli: ma sei tu il messia?». Per Giovanni è stato «il momento della tentazione e della vanità». Avrebbe potuto rispondere: «Ma non posso parlare di questo...», finendo per «lasciare la domanda per aria. O poteva dire: ma non so... con falsa umiltà». Invece Giovanni «è stato chiaro» e ha affermato: «No, io non sono! Dopo di me viene uno che è più forte di me, a cui io non sono degno di piegarmi per sciogliere i legacci dei calzari».
Così non è caduto nella tentazione di rubare «il titolo, non si è impadronito del mestiere». Ha detto chiaramente: «Io sono una voce, soltanto quello. La parola viene dopo. Io sono una voce!». E «questa — ha riepilogato il Papa — è la seconda cosa che ha fatto Giovanni: non rubare la dignità». È stato un «uomo di verità».
«La terza cosa che ha fatto Giovanni — ha proseguito il Pontefice — è imitare il Cristo, imitare Gesù. Tanto che, in quei tempi, i farisei e i dottori credevano che lui fosse il messia». Persino «Erode, che lo aveva ucciso, credeva che Gesù fosse Giovanni». Proprio questo mostra fino a che punto il Battista abbia «seguito la strada di Gesù, soprattutto sul cammino dell’abbassarsi».
Infatti «Giovanni si è umiliato, si è abbassato fino alla fine, fino alla morte». Ed è andato incontro allo «stesso stile vergognoso di morte» del Signore: «Gesù come un brigante, come un ladro, come un criminale, sulla croce», e Giovanni vittima di «un uomo debole e lussurioso» che si fa prendere «dall’odio di un’adultera, dal capriccio di una ballerina». Sono due «morti umilianti».
Come Gesù, ha detto ancora il Papa, «anche Giovanni ha avuto il suo orto degli ulivi, la sua angoscia in carcere quando credeva di aver sbagliato». Per questo egli «manda i suoi discepoli a chiedere a Gesù: dimmi, sei tu o ho sbagliato e c’è un altro?». È l’esperienza del «buio dell’anima», del «buio che purifica». E «Gesù ha risposto a Giovanni come il Padre ha risposto a Gesù: confortandolo».
Proprio parlando del «buio dell’uomo di Dio, della donna di Dio», Papa Francesco ha ricordato la testimonianza «della beata Teresa di Calcutta. La donna che tutto il mondo lodava, il premio Nobel! Ma lei sapeva che in un momento della sua vita, lungo, c’era soltanto il buio dentro». Anche «Giovanni è passato per questo buio», ma è stato «annunciatore di Gesù Cristo; non s’impadronì della profezia» divenendo «imitatore di Gesù Cristo».
In Giovanni c’è dunque «l’icona» e «la vocazione di un discepolo». La «sorgente di questo atteggiamento di discepolo» si riconosce già nell’episodio evangelico della visita di Maria a Elisabetta, allorché «Giovanni ballò di gioia nel grembo» di sua madre. Gesù e Giovanni infatti «erano cugini» e «forse si sono trovati dopo». Ma quel primo «incontro ha riempito di gioia, di tanta gioia il cuore di Giovanni. E lo ha trasformato in discepolo», nell’«uomo che annuncia Gesù Cristo, che non si mette al posto di Gesù Cristo e che segue la strada di Gesù Cristo».
In conclusione Papa Francesco ha suggerito un esame di coscienza «sul nostro discepolato» attraverso alcune domande: «Annunciamo Gesù Cristo? Profittiamo o non profittiamo della nostra condizione di cristiani come se fosse un privilegio?». A questo proposito è importante guardare l’esempio di Giovanni che «non s’impadronì della profezia».
E poi ancora un interrogativo: «Andiamo sulla strada di Gesù Cristo, la strada dell’umiliazione, dell’umiltà, dell’abbassamento per il servizio?».
Per il Pontefice se ci accorgiamo di non essere «fermi in questo», è bene «domandarci: ma quando è stato il mio incontro con Gesù Cristo, quell’incontro che mi riempì di gioia?». È un modo per tornare spiritualmente a quel primo incontro con il Signore, «tornare alla prima Galilea dell’incontro: tutti noi ne abbiamo una!». Il segreto, ha detto il Papa, è proprio «tornare là: rincontrarci con il Signore e andare avanti su questa strada tanto bella, nella quale lui deve crescere e noi venire a meno».
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