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Nel pomeriggio del 27 luglio scorso, primo giorno del Viaggio Apostolico in Polonia in occasione della XXXI Giornata Mondiale della Gioventù, Papa Francesco ha incontrato i Vescovi della Polonia nella Cattedrale dei Santi Stanislao e Venceslao di Kraków (cfr Boll N. 543).
Nel corso dell’incontro il Papa ha risposto ad alcune domande dei Presuli polacchi. Di seguito riportiamo la trascrizione del dialogo:
Testo in lingua italiana
Papa Francesco:
Prima di incominciare il dialogo, con le domande che voi avete preparato, vorrei compiere un’opera di misericordia con tutti voi e suggerirne un’altra. So che in questi giorni, con la Giornata della gioventù, tanti di voi sono stati indaffarati e non hanno potuto andare alle esequie del caro Mons. Zimowski. E’ un’opera di carità seppellire i morti, e vorrei che tutti insieme, adesso, facessimo una preghiera per mons. Zygmunt Zimowski e che questa sia una vera manifestazione di carità fraterna, seppellire un fratello che è morto. Pater noster… Ave Maria… Gloria Patri… Requiem aeternam…
E poi, l’altra opera di misericordia che vorrei suggerire. Io so che voi siete preoccupati per questo: il nostro caro cardinale Macharski che è tanto malato… Almeno avvicinarsi, perché credo che non si potrà entrare dove lui si trova, privo di conoscenza, ma almeno avvicinarsi alla clinica, all’ospedale, e toccare il muro come dicendo: “Fratello, ti sono vicino”. Visitare gli ammalati è un’altra opera di misericordia. Anch’io ci andrò. Grazie.
E adesso, qualcuno di voi ha preparato le domande, almeno le hanno fatte arrivare. Sono a disposizione.
S.E. Mons. Marek Jędraszewski (Arcivescovo di Łódź):
Santo Padre, sembra che i fedeli della Chiesa cattolica e in genere tutti i cristiani nell’Europa occidentale vengano a trovarsi sempre più in minoranza nell’ambito di una cultura contemporanea ateo-liberale. In Polonia assistiamo a un confronto profondo, a una lotta enorme tra fede in Dio da una parte, e dall’altra un pensiero e degli stili di vita come se Dio non esistesse. Secondo Lei, Santo Padre, che tipo di azioni pastorali dovrebbe intraprendere la Chiesa cattolica nel nostro Paese, affinché il popolo polacco resti fedele alla sua ormai più che millenaria tradizione cristiana? Grazie.
Papa Francesco:
Eccellenza, Lei è vescovo di…?
S.E. Mons. Marek Jędraszewski:
Di Łódź, dove è incominciato il cammino di Santa Faustina; perché proprio lì ha sentito la voce di Cristo per andare a Varsavia e farsi monaca, proprio a Łódź. La storia della sua vita è cominciata nella mia città.
Papa Francesco:
Lei è un privilegiato!
E’ vero, la scristianizzazione, la secolarizzazione del mondo moderno è forte. E’ molto forte. Ma qualcuno dice: Sì, è forte ma si vedono fenomeni di religiosità, come se il senso religioso si svegliasse. E questo può essere anche un pericolo. Credo che noi, in questo mondo così secolarizzato, abbiamo anche l’altro pericolo, della spiritualizzazione gnostica: questa secolarizzazione ci dà la possibilità di far crescere una vita spirituale un po’ gnostica. Ricordiamo che è stata la prima eresia della Chiesa: l’apostolo Giovanni bastona gli gnostici - e come, con che forza! -, dove c’è una spiritualità soggettiva, senza Cristo. Il problema più grave, per me, di questa secolarizzazione è la scristianizzazione: togliere Cristo, togliere il Figlio. Io prego, sento… e niente più. Questo è gnosticismo. C’è un’altra eresia che è pure di moda, in questo momento, ma la lascio da parte perché la sua domanda, Eccellenza, va in questa direzione. C’è anche un pelagianesimo, ma questa lasciamola da parte, per parlarne in un altro momento. Trovare Dio senza Cristo: un Dio senza Cristo, un popolo senza Chiesa. Perché? Perché la Chiesa è la Madre, quella che ti dà la vita, e Cristo è il Fratello maggiore, il Figlio del Padre, che fa riferimento al Padre, che è quello che ti rivela il nome del Padre. Una Chiesa orfana: lo gnosticismo di oggi, poiché è proprio una scristianizzazione, senza Cristo, ci porta a una Chiesa, diciamo meglio, a dei cristiani, a un popolo orfano. E noi dobbiamo far sentire questo al nostro popolo.
Che cosa consiglierei io? Mi viene in mente – ma credo che sia la pratica del Vangelo, dove c’è proprio l’insegnamento del Signore – la vicinanza. Oggi noi, servitori del Signore – vescovi, sacerdoti, consacrati, laici convinti –, dobbiamo essere vicini al popolo di Dio. Senza vicinanza c’è soltanto parola senza carne. Pensiamo – a me piace pensare questo – ai due pilastri del Vangelo. Quali sono i due pilastri del Vangelo? Le Beatitudini, e poi Matteo 25, il “protocollo” con il quale tutti noi saremo giudicati. Concretezza. Vicinanza. Toccare. Le opere di misericordia, sia corporali, sia spirituali. “Ma Lei dice queste cose perché è di moda parlare della misericordia quest’anno…”. No, è il Vangelo! Il Vangelo, opere di misericordia. C’è quell’eretico o miscredente samaritano che si commuove e fa quello che deve fare, e rischia anche i soldi! Toccare. C’è Gesù che era sempre fra la gente o con il Padre. O in preghiera, da solo con il Padre, o fra la gente, lì, con i discepoli. Vicinanza. Toccare. E’ la vita di Gesù... Quando Lui si è commosso, alle porte dalla città di Nain (cfr Lc 7,11-17), si è commosso, è andato e ha toccato la bara dicendo: “Non piangere…”. Vicinanza. E la vicinanza è toccare la carne sofferente di Cristo. E la Chiesa, la gloria della Chiesa, sono i martiri, certamente, ma sono anche tanti uomini e donne che hanno lasciato tutto e hanno passato la loro vita negli ospedali, nelle scuole, con i bambini, con i malati… Ricordo, in Centrafrica, una suorina, aveva 83/84 anni, magra, brava, con una bambina… E’ venuta a salutarmi: “Io non sono di qua, sono dell’altra parte del fiume, del Congo, ma ogni volta, una volta alla settimana, vengo qui a fare le spese perché sono più convenienti”. Mi ha detto l’età: 83/84 anni. “Da 23 anni sono qui: sono infermiera ostetrica, ho fatto nascere due/tre mila bambini …” – “Ah… e viene qui da sola?” – “Sì, sì, prendiamo la canoa…”. A 83 anni! Con la canoa faceva un’oretta e arrivava. Questa donna – e tante come lei – hanno lasciato il loro Paese – è italiana, bresciana – hanno lasciato il loro Paese per toccare la carne di Cristo. Se noi andiamo in questi Paesi di missione, nell’Amazzonia, in America Latina, nei cimiteri troviamo le tombe dei tanti uomini e donne religiosi morti giovani, perché per le malattie di quella terra loro non avevano gli anticorpi, e morivano giovani. Le opere di misericordia: toccare, insegnare, consolare, “perdere il tempo”. Perdere il tempo. Mi è piaciuto tanto, una volta, un signore che è andato a confessarsi ed era in una situazione tale che non poteva ricevere l’assoluzione. E’ andato con un po’ di paura, perché era stato mandato via alcune volte: “No, no… vattene via”. Il prete lo ha ascoltato, gli ha spiegato la situazione, gli ha detto: “Ma tu, tu prega. Dio ti ama. Io ti darò la benedizione, ma tu ritorna, me lo prometti?”. E questo prete “perdeva tempo” per attirare quest’uomo ai sacramenti. Questo si chiama vicinanza. E parlando ai Vescovi di vicinanza, io credo che devo parlare della vicinanza più importante: quella con i sacerdoti. Il vescovo deve essere disponibile per i suoi sacerdoti. Quando ero in Argentina ho sentito di sacerdoti… – tante, tante volte, quando andavo a dare gli Esercizi, a me piaceva dare gli Esercizi –; dicevo: “Parla con il vescovo su questo…” – “Ma no, io l’ho chiamato, la segretaria mi dice: No, è molto, molto impegnato, ma ti riceverà entro tre mesi”. Ma questo sacerdote si sente orfano, senza padre, senza la vicinanza, e incomincia ad andare giù. Un vescovo che vede nel foglio delle chiamate, alla sera, quando torna, la chiamata di un sacerdote, o quella stessa sera o il giorno dopo deve chiamarlo subito. “Sì, sono impegnato, ma è urgente?” – “No, no, ma mettiamoci d’accordo…”. Che il sacerdote senta che ha un padre. Se noi togliamo ai sacerdoti la paternità, non possiamo chiedere a loro che siano padri. E così il senso della paternità di Dio si allontana. L’opera del Figlio è toccare le miserie umane: spirituali e corporali. La vicinanza. L’opera del Padre: essere padre, vescovo-padre.
Poi, i giovani – perché si deve parlare di giovani in questi giorni. I giovani sono “noiosi”! Perché vengono sempre a dire le stesse cose, oppure “io la penso così…”, oppure “la Chiesa dovrebbe…”, e ci vuole pazienza con i giovani. Io ho conosciuto, da ragazzo, alcuni preti: era un tempo in cui il confessionale era più frequentato di adesso, passavano ore ascoltando, o li ricevevano nell’ufficio parrocchiale, ad ascoltare le stesse cose… ma con pazienza. E poi, portare i giovani in campagna, in montagna… Ma pensate a san Giovanni Paolo II, cosa faceva con gli universitari? Sì, faceva scuola, ma poi andava con loro in montagna! Vicinanza. Li ascoltava. Stava con i giovani…
E un’ultima cosa vorrei sottolineare, perché credo che il Signore me lo chieda: i nonni. Voi, che avete sofferto il comunismo, l’ateismo, lo sapete: sono stati i nonni, sono state le nonne a salvare e a trasmettere la fede. I nonni hanno la memoria di un popolo, hanno la memoria della fede, la memoria della Chiesa. Non scartare i nonni! In questa cultura dello scarto, che è appunto scristianizzata, si scarta quello che non serve, che non va. No! I nonni sono la memoria del popolo, sono la memoria della fede. E collegare i giovani con i nonni: anche questo è vicinanza. Essere vicini e creare vicinanza. Risponderei così a questa domanda. Non ci sono ricette, ma dobbiamo scendere in campo. Se aspettiamo che suoni la chiamata o che bussino alla porta… No. Dobbiamo uscire a cercare, come il pastore, che va a cercare gli smarriti. Non so, mi viene questo. Semplicemente.
Mons. Sławoj Leszek Głódź (Arcivescovo di Gdańsk):
Caro Papa Francesco, soprattutto siamo tanto grati che Papa Francesco ha approfondito l’insegnamento sulla misericordia che aveva iniziato San Giovanni Paolo II proprio qui a Cracovia. Tutti sappiamo che viviamo in un mondo dominato dall’ingiustizia: i più ricchi diventano ancora più ricchi, i poveri diventano miseri, c’è il terrorismo, ci sono etica e moralità liberale, senza Dio… E la mia domanda è la seguente: come applicare l’insegnamento della misericordia, e a chi, soprattutto? Il Santo Padre ha promosso una medicina che si chiama “misericordina”, che ho preso con me: grazie per la promozione…
Papa Francesco:
…ma adesso viene la “misericordina plus”: è più forte!
S.E. Mons. Sławoj Leszek Głódź:
…sì, e grazie per questo “plus”. Noi abbiamo anche il programma “plus” promosso anche dal governo per le famiglie numerose. Questo “plus” è di moda. A chi e come, soprattutto? In primo luogo, chi dovrebbe essere oggetto del nostro insegnamento della misericordia? Grazie.
Papa Francesco:
Grazie. Questa della misericordia non è una cosa che è venuta in mente a me. Questo è un processo. Se noi vediamo già il beato Paolo VI, aveva qualche accenno sulla misericordia. Poi, san Giovanni Paolo II è stato il gigante della misericordia, con l’Enciclica Dives in misericordia, la canonizzazione di santa Faustina, e poi l’ottava di Pasqua: è morto alla vigilia di quel giorno. E’ un processo, da anni, nella Chiesa. Si vede che il Signore chiedeva di risvegliare nella Chiesa questo atteggiamento di misericordia tra i fedeli. Lui è il Misericordioso che perdona tutto. A me colpisce tanto un capitello medievale che si trova nella Basilica di Santa Maria Maddalena a Vézelay, in Francia, dove incomincia il Cammino di Santiago. In quel capitello, da una parte c’è Giuda impiccato, con gli occhi aperti, la lingua fuori, e dall’altra parte c’è il Buon Pastore che lo porta con sé. E se guardiamo bene, con attenzione, la faccia del Buon Pastore, le labbra da una parte sono tristi, ma dall’altra parte fanno un sorriso. La misericordia è un mistero, è un mistero. E’ il mistero di Dio. Mi hanno fatto un’intervista, da cui poi è stato tratto un libro intitolato Il nome di Dio è misericordia, ma è una espressione giornalistica, credo che si possa dire che Dio è il Padre misericordioso. Almeno, Gesù nel Vangelo lo fa vedere così. Punisce per convertire. E poi le parabole della misericordia, e il modo come Lui ha voluto salvarci… Quando venne la pienezza dei tempi, fece nascere il Figlio da una donna: con la carne, ci salva con la carne; non a partire dalla paura, ma dalla carne. In questo processo della Chiesa noi riceviamo tante grazie.
E Lei vede questo mondo malato di ingiustizia, di mancanza di amore, di corruzione. Ma questo è vero, questo è vero. Oggi, sull’aereo, parlando di questo sacerdote ultraottantenne che è stato ucciso in Francia: è da tempo che io dico che il mondo è in guerra, che stiamo vivendo la terza guerra mondiale a pezzi. Pensiamo alla Nigeria… Ideologie, sì, ma qual è l’ideologia di oggi, che è proprio al centro e che è la madre delle corruzioni, delle guerre? L’idolatria del denaro. L’uomo e la donna non sono più al culmine della creazione, lì è posto l’idolo denaro, e tutto si compra e si vende per denaro. Al centro il denaro. Si sfrutta la gente. E la tratta delle persone oggi? Sempre è stato così: la crudeltà! Ho parlato di questo sentimento ad un Capo di governo e lei mi ha detto: “C’è sempre stata la crudeltà. Il problema è che noi adesso la guardiamo dalla televisione, si è avvicinata alla nostra vita”. Ma sempre quella crudeltà. Uccidere, per soldi. Sfruttare la gente, sfruttare il creato. Un Capo di governo africano, recentemente eletto, quando è venuto in udienza mi ha detto: “Il primo atto di governo che ho fatto è stato riforestare il Paese, che era stato deforestato e annientato”. Non abbiamo cura del creato! E questo significa più poveri, più corruzione. Ma cosa pensiamo noi quando l’80% – più o meno, cercate bene le statistiche e se non è 80 è 82 o 78 – delle ricchezze sono nelle mani di meno del 20% della gente. “Padre non parli così, che Lei è comunista!”. No, no, sono statistiche! E chi paga questo? Paga la gente, il popolo di Dio: le ragazze sfruttate, i giovani senza lavoro. In Italia, dai 25 anni in giù il 40% è senza lavoro; in Spagna, il 50%; in Croazia, il 47%. Perché? Perché c’è un’economia liquida, che favorisce la corruzione. Mi raccontava scandalizzato un grande cattolico, che è andato da un amico imprenditore: “Io ti farò vedere come guadagno 20 mila dollari senza muovermi da casa”. E con il computer, dalla California, ha fatto un acquisto di non so cosa e lo ha venduto alla Cina: in 20 minuti, in meno di 20 minuti, aveva guadagnato questi 20 mila dollari. E’ liquido tutto! E i giovani non hanno la cultura del lavoro, perché non hanno lavoro! La terra è morta, perché è stata sfruttata senza saggezza. E così andiamo avanti. Il mondo si riscalda, perché? Perché dobbiamo guadagnare. Il guadagno. “Noi siamo caduti nell’idolatria del denaro”: questo me lo ha detto un Ambasciatore quando è venuto per le Credenziali. E’ una idolatria.
La Divina Misericordia è la testimonianza, la testimonianza di tanta gente, di tanti uomini e donne, laici, giovani che fanno opere: in Italia, per esempio, il cooperativismo. Sì, ci sono alcuni che sono troppo furbi, ma sempre si fa del bene, si fanno cose buone. E poi le istituzioni per curare gli ammalati: organizzazioni forti. Andare per quella strada, fare cose perché la dignità umana cresca. Ma è vero quello che Lei dice. Viviamo un analfabetismo religioso, al punto che in alcuni santuari del mondo le cose si confondono: si va a pregare, ci sono negozi in cui si comprano gli oggetti di pietà, le corone… ma ce ne sono alcuni che vendono cose di superstizione, perché si cerca la salvezza nella superstizione, nell’analfabetismo religioso, quel relativismo che confonde una cosa con l’altra. E lì ci vuole la catechesi, la catechesi di vita. La catechesi che non è soltanto dare le nozioni, ma accompagnare il cammino. Accompagnare è uno degli atteggiamenti più importanti! Accompagnare la crescita della fede. E’ un lavoro grande e i giovani aspettano questo! I giovani aspettano… “Ma se io comincio a parlare, si annoiano!”. Ma da’ loro un lavoro da fare. Di’ loro che vadano durante le vacanze, 15 giorni, ad aiutare a costruire abitazioni modeste per i poveri, o a fare qualche altra cosa. Che incomincino a sentire che sono utili. E lì lascia cadere il seme di Dio. Lentamente. Ma solo con le parole la cosa non va!. L’analfabetismo religioso di oggi dobbiamo affrontarlo con i tre linguaggi, con le tre lingue: la lingua della mente, la lingua del cuore e la lingua delle mani. Tutte e tre armonicamente.
Non so… Sto parlando troppo! Sono idee che io vi dico. Voi, con la vostra prudenza, saprete cosa fare. Ma sempre la Chiesa in uscita. Una volta ho osato dire: c’è quel versetto dell’Apocalisse “Io sto alla porta e busso” (3,20); Lui bussa alla porta, ma mi domando quante volte il Signore bussa alla porta da dentro, perché noi gli apriamo e Lui possa uscire con noi a portare il Vangelo fuori. Non chiusi, fuori! Uscire, uscire! Grazie.
S.E. Mons. Leszek Leszkiewicz (Vescovo Ausiliare di Tarnów):
Santo Padre, il nostro impegno pastorale si basa per lo più sul modello tradizionale della comunità parrocchiale, impostata sulla vita sacramentale. Un modello che qui continua a portare frutti. Tuttavia ci rendiamo conto che, anche da noi, le condizioni e le circostanze della vita quotidiana cambiano rapidamente e sollecitano alla Chiesa nuove modalità pastorali. Pastori e fedeli assomigliamo un po’ a quei discepoli che ascoltano, si danno da fare molto, ma non sempre sanno mettere a frutto il dinamismo missionario interiore ed esteriore delle comunità ecclesiali. Santo Padre, Lei, nella Evangelii gaudium, parla dei discepoli missionari che portano con entusiasmo la Buona Novella al mondo di oggi. Cosa suggerisce a noi? In cosa ci incoraggia, perché possiamo edificare nel nostro mondo la comunità della Chiesa in modo fruttuoso, fecondo, con gioia, con dinamismo missionario?
Papa Francesco:
Grazie! Io vorrei sottolineare una cosa: la parrocchia è sempre valida! La parrocchia deve rimanere: è una struttura che non dobbiamo buttare dalla finestra. La parrocchia è proprio la casa del Popolo di Dio, quella in cui vive. Il problema è come imposto la parrocchia! Ci sono parrocchie con segretarie parrocchiali che sembrano “discepole di satana”, che spaventano la gente! Parrocchie con le porte chiuse. Ma ci sono anche parrocchie con le porte aperte, parrocchie dove, quando viene qualcuno a domandare, si dice: “Sì, sì… Si accomodi. Qual è il problema?...”. E si ascolta con pazienza… perché prendersi cura del Popolo di Dio è faticoso, è faticoso! Un bravo professore universitario, un gesuita, che ho conosciuto a Buenos Aires, quando è andato in pensione ha chiesto al Provinciale di andare come parroco in un quartiere per fare questa altra esperienza. Una volta alla settimana veniva alla Facoltà – lui dipendeva da quella comunità – e un giorno mi dice: “Di’ al tuo professore di ecclesiologia che nel suo trattato mancano due tesi” – “Quali?” – “Prima: il Popolo Santo di Dio è essenzialmente stancante. E la seconda: il Popolo Santo di Dio ontologicamente fa quello che gli sembra meglio. E questo stanca!”. Oggi essere parroco è faticoso: portare avanti una parrocchia è faticoso, in questo mondo di oggi con tanti problemi. E il Signore ha chiamato noi perché ci stanchiamo un pochino, per lavorare e non per riposare. La parrocchia è stancante quando è ben impostata. Il rinnovamento della parrocchia è una delle cose che i vescovi devono avere sempre sotto gli occhi: come va questa parrocchia? Cosa fai? Come va la catechesi? Come la insegni? E’ aperta? Tante cose… Penso ad una parrocchia a Buenos Aires; quando i fidanzati arrivavano: “Noi vorremmo sposarci qui…” – “Sì, diceva la segretaria, questi sono i prezzi”. Questo non va, una parrocchia così non va. Come si accolgono le persone? Come si ascoltano? C’è sempre qualcuno al confessionale? Nelle parrocchie – non quelle che sono nei quartieri piccoli, ma nelle parrocchie che sono in centro, nelle grandi vie – se c’è un confessionale con la luce accesa, sempre la gente va. Sempre! Una parrocchia accogliente. Noi vescovi dobbiamo domandare questo ai preti: “Come va la tua parrocchia? E tu esci? Visiti i carcerati, gli ammalati, le vecchiette? E con i bambini cosa fai? Come li fai giocare e come porti avanti l’oratorio? E’ una delle grandi istituzioni parrocchiali, almeno in Italia. L’oratorio: lì i ragazzi giocano e si dà loro una parola, un po’ di catechesi. Tornano a casa stanchi, contenti e con un seme buono. La parrocchia è importante! Qualcuno dice che la parrocchia non va più, perché adesso è l’ora dei movimenti. Questo non è vero! I movimenti aiutano, ma i movimenti non devono essere una alternativa alla parrocchia: devono aiutare nella parrocchia, portare avanti la parrocchia, come c’è la Congregazione Mariana, come c’è l’Azione Cattolica e tante realtà. Cercare la novità e cambiare la struttura parrocchiale? Quello che vi dico potrà sembrare forse un’eresia, ma è come la vivo io: credo che sia una cosa analoga alla struttura episcopale, è differente, ma analoga. La parrocchia non si tocca: deve rimanere come un posto di creatività, di riferimento, di maternità e tutte queste cose. E lì attuare quella capacità inventiva; e quando una parrocchia va avanti così si realizza quello che – a proposito dei discepoli missionari – io chiamo “parrocchia in uscita”. Per esempio, penso ad una parrocchia – un esempio bello che poi è stato imitato da tante – in un paese in cui non era abituale che si battezzassero i bambini, perché non c’erano soldi; ma per la festa patronale si prepara la festa 3-4 mesi prima, con la visita alle case e lì si vede quanti bambini non sono battezzati. Si preparano le famiglie e uno degli atti della festa patronale è il Battesimo di 30-40 bambini che, al contrario, sarebbero rimasti senza Battesimo. Inventare cose del genere. La gente non si sposa in chiesa. Sto pensando ad una riunione di sacerdoti; uno si è alzato e ha detto: “Tu hai pensato perché?”. E ha dato tante ragioni che noi condividiamo: la cultura attuale, e così via. Ma c’è un bel gruppo di gente che non si sposa perché oggi sposarsi costa! Costa per tutto, la festa… E’ un fatto sociale. E questo parroco, che aveva una grande inventiva, ha detto: “Chi vuole sposarsi, io lo aspetto”. Perché in Argentina ci sono due matrimoni: si deve andare sempre al civile e lì si fa il matrimonio civile, e poi se vuoi vai nel tempio della tua religione a sposarti. Qualcuno – tanti! – non vengono a sposarsi perché non hanno soldi per fare una festa grande… Ma i preti che hanno un po’ di ingegno dicono: “No, no! Io ti aspetto!”. In quel giorno, al civile si sposa alle 11.00-12.00-13.00-14.00: quel giorno io non faccio la siesta! Dopo il matrimonio civile vengono in chiesa, si sposano e vanno in pace. Inventare, cercare, uscire, cercare la gente, mettersi nelle difficoltà della gente. Ma una parrocchia-ufficio oggi non va! Perché la gente non è disciplinata. Voi avete un popolo disciplinato, e questa è una grazia di Dio! Ma in genere non è disciplinata. Io penso alla mia terra: la gente, se tu non vai a cercarla, se tu non fai un avvicinamento, non viene. E questo è il discepolo missionario, la parrocchia in uscita. Uscire a cercare, come ha fatto Dio che ha inviato suo Figlio a cercarci.
Non so se sia una risposta semplicistica, ma io non ne ho un’altra. Non sono un pastoralista illuminato, dico quello che mi viene.
S.E. Mons. Krzysztof Zadarko (Vescovo Ausiliare di Koszalin-Kołobrzeg):
Padre Santo, uno dei problemi più angustianti con cui si confronta l’Europa di oggi è la questione dei rifugiati. Come possiamo aiutarli, giacché essi sono così numerosi? E cosa possiamo fare per superare la paura di una loro invasione o aggressione, che paralizza l’intera società?
Papa Francesco
Grazie! Il problema dei rifugiati… Non in tutti i tempi i rifugiati erano come adesso. Diciamo migranti e rifugiati, li consideriamo insieme. Il mio papà è un migrante. E io raccontavo al Presidente [della Polonia] che nella fabbrica dove lui lavorava c’erano tanti migranti polacchi, nel dopoguerra; io ero bambino e ne ho conosciuti tanti. La mia terra è una terra di immigranti, tutti… E lì non c’erano problemi; erano altri tempi, davvero. Oggi, perché c’è tanta migrazione? Non parlo dell’emigrazione dalla propria patria verso l’estero: questa è per mancanza di lavoro. E’ chiaro che vanno a cercare lavoro fuori. Questo è un problema di casa, che anche voi avete un po’… Parlo di quelli che vengono da noi: fuggono dalle guerre, dalla fame. Il problema è là. E perché il problema è là? Perché in quella terra c’è uno sfruttamento della gente, c’è uno sfruttamento della terra, c’è uno sfruttamento per guadagnare più soldi. Parlando con economisti mondiali, che vedono questo problema, dicono: noi dobbiamo fare investimenti in quei Paesi; facendo investimenti avranno lavoro e non avranno bisogno di migrare. Ma c’è la guerra! C’è la guerra delle tribù, alcune guerre ideologiche o alcune guerre artificiali, preparate dai trafficanti di armi che vivono di questo: danno le armi a te che sei contro quelli, e a quelli che sono contro di te. E così vivono loro! Davvero la corruzione è all’origine della migrazione. Come fare? Io credo che ogni Paese debba vedere come e quando: non tutti i Paesi sono uguali; non tutti i Paesi hanno le stesse possibilità. Sì, però hanno la possibilità di essere generosi! Generosi come cristiani. Non possiamo investire là, ma per quelli che vengono... Quanti e come? Non si può dare una risposta universale, perché l’accoglienza dipende dalla situazione di ogni Paese e anche dalla cultura. Ma certo si possono fare tante cose. Per esempio la preghiera: una volta alla settimana l’orazione al Santissimo Sacramento con preghiera per coloro che bussano alla porta dell’Europa e non riescono ad entrare. Alcuni riescono, ma altri no… Poi entra uno e prende una strada che genera paura. Abbiamo Paesi che hanno saputo integrare bene i migranti, da anni! Hanno saputo integrarli bene. In altri, purtroppo, si sono formati come dei ghetti. C’è tutta una riforma che si deve fare, a livello mondiale, su questo impegno, sull’accoglienza. Ma è comunque un aspetto relativo: assoluto è il cuore aperto ad accogliere. Questo è l’assoluto! Con la preghiera, l’intercessione, fare quello che io posso. Relativo è il modo in cui posso farlo: non tutti possono farlo nella stessa maniera. Ma il problema è mondiale! Lo sfruttamento del creato, e lo sfruttamento delle persone. Noi stiamo vivendo un momento di annientamento dell’uomo come immagine di Dio.
E qui vorrei concludere con questo aspetto, perché dietro a questo ci sono le ideologie. In Europa, in America, in America Latina, in Africa, in alcuni Paesi dell’Asia, ci sono vere colonizzazioni ideologiche. E una di queste - lo dico chiaramente con “nome e cognome” - è il gender! Oggi ai bambini – ai bambini! – a scuola si insegna questo: che il sesso ognuno lo può scegliere. E perché insegnano questo? Perché i libri sono quelli delle persone e delle istituzioni che ti danno i soldi. Sono le colonizzazioni ideologiche, sostenute anche da Paesi molto influenti. E questo è terribile. Parlando con Papa Benedetto, che sta bene e ha un pensiero chiaro, mi diceva: “Santità, questa è l’epoca del peccato contro Dio Creatore!”. E’ intelligente! Dio ha creato l’uomo e la donna; Dio ha creato il mondo così, così, così…, e noi stiamo facendo il contrario. Dio ci ha dato uno stato “incolto”, perché noi lo facessimo diventare cultura; e poi, con questa cultura, facciamo cose che ci riportano allo stato “incolto”! Quello che ha detto Papa Benedetto dobbiamo pensarlo: “E’ l’epoca del peccato contro Dio Creatore!”. E questo ci aiuterà.
Ma tu, Cristoforo, mi dirai: “Cosa c’entra questo con i migranti?”. E’ un po’ il contesto, sai? Riguardo ai migranti dirò: il problema è là, nella loro terra. Ma come li accogliamo? Ognuno deve vedere come. Ma tutti possiamo avere il cuore aperto e pensare di fare un’ora nelle parrocchie, un’ora a settimana, di adorazione e di preghiera per i migranti. La preghiera muove le montagne!
Queste erano le quattro domande. Non so… Scusatemi se ho parlato troppo, ma il sangue italiano mi tradisce…
Grazie tante dell’accoglienza e speriamo che questi giorni ci riempiano di gioia: di gioia, di grande gioia. E preghiamo la Madonna, che è Madre e che ci tiene sempre per mano.
Salve Regina…
E non dimenticare i nonni, che sono la memoria di un popolo.
[01265-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Papież Franciszek:
Zanim rozpoczniemy dialog, wraz z przygotowanymi przez was pytaniami, chciałbym wypełnić uczynek miłosierdzia z wami wszystkimi i zaproponować kolejny. Wiem, że w tych dniach związanych ze Światowym Dniem Młodzieży wielu z was było zajętych i nie mogło pojechać na pogrzeb drogiego arcybiskupa. Zimowskiego. Pochowanie umarłych jest uczynkiem miłosierdzia i chciałbym, abyśmy teraz wszyscy razem pomodli się za ks. abpa Zygmunta Zimowskiego, aby ta modlitwa była prawdziwym przejawem miłości braterskiej, pochowaniem brata, który umarł. Ojcze nasz ... Zdrowaś Maryjo ... Chwała Ojcu ... Wieczny odpoczynek racz mu dać Panie ...
Teraz z kolei drugi uczynek miłosierdzia, który chciałbym zaproponować. Wiem, że martwicie się o stan zdrowia naszego drogiego kardynała Franciszka Macharskiego, który jest poważnie chory... Choćby się zbliżyć, bo sądzę, że nie można wejść tam, gdzie on się znajduje nieprzytomny, ale chociaż zbliżyć się do kliniki, szpitala, i dotknąć muru, jakby mówiąc: „Bracie, jestem z tobą”. Odwiedzanie chorych jest kolejnym uczynkiem miłosierdzia. Ja też tam pojadę. Dziękuję.
A teraz niektórzy z was przygotowali pytania, sprawili, że do mnie dotarły. Jestem do dyspozycji.
Abp Marek Jędraszewski:
Ojcze Święty, wydaje się, że wierni Kościoła katolickiego i w ogóle wszyscy chrześcijanie w Europie Zachodniej są coraz bardziej w mniejszości w obrębie liberalno-ateistycznej kultury współczesnej. W Polsce mamy do czynienia z głęboką konfrontacją, ogromną walką między wiarą w Boga, z jednej strony, a myślą i stylem życia tak, jakby Bóg nie istniał, z drugiej. Twoim zdaniem, Ojcze Święty, jakiego rodzaju działania duszpasterskie powinien podejmować Kościół katolicki w naszym kraju, aby naród polski pozostał wierny swojej ponad tysiącletniej tradycji chrześcijańskiej? Dziękuję.
Papież Franciszek:
Ekscelencjo, jakiej diecezji jesteś biskupem...?
Abp Marek Jędraszewski:
Łodzi, gdzie rozpoczęła się droga św. Faustyny; bo właśnie tam usłyszała głos Chrystusa, aby udać się do Warszawy i zostać zakonnicą, właśnie w Łodzi. Historia jej życia rozpoczęła się w moim mieście.
Papież Franciszek:
Jest ksiądz arcybiskup uprzywilejowany!
To prawda, dechrystianizacja, sekularyzacja współczesnego świata jest silna. Wręcz bardzo silna. Niektórzy jednak mówią: Tak, jest silna, ale widać przejawy religijności, jakby budził się zmysł religijny. Ale może to być także zagrożeniem. Myślę, że w tym tak zsekularyzowanym świecie mamy też inne niebezpieczeństwo, uduchowienie gnostyckie: owa sekularyzacja daje możliwość rozwoju nieco gnostyckiego życia duchowego. Przypomnijmy, że była to pierwsza herezja Kościoła: apostoł Jan atakował gnostyków – i to jak, z jaką siłą! – tam, gdzie jest duchowość subiektywna, bez Chrystusa. Moim zdaniem najpoważniejszym problemem owej sekularyzacji jest dechrystianizacja: usunięcie Chrystusa, usunięcie Syna. Modlę się, odczuwam... i nic więcej. To jest gnostycyzm. Istnieje jeszcze inna herezja, która jest również obecnie w modzie, ale odłożę ją na bok, bo pytanie Księdza Arcybiskupa idzie w tym kierunku. Istnieje również pelagianizm, ale zostawmy go na boku, aby porozmawiać o nim w innym czasie. Znajdować Boga bez Chrystusa: Boga, bez Chrystusa, lud bez Kościoła. Dlaczego? Ponieważ Kościół jest Matką, tą, która daje ci życie, a Chrystus jest starszym bratem, Synem Ojca, który odnosi do Ojca, tym który objawia ci imię Ojca. Kościół - sierota: dzisiejszy gnostycyzm, ponieważ jest właśnie dechrystianizacją, bez Chrystusa, prowadzi nas do Kościoła, powiedzmy lepiej do osieroconych chrześcijan, do osieroconego ludu. A my powinniśmy sprawić, aby nasz lud to odczuł.
Co mógłbym doradzić? Przychodzi mi na myśl – ale myślę, że jest to praktyka Ewangelii, gdzie zawarte jest nauczanie Pana – bliskość. Dzisiaj my, słudzy Pana – biskupi, kapłani, zakonnicy, przekonani świeccy – powinniśmy być blisko ludu Bożego. Bez bliskości mamy tylko słowo bez ciała. Pomyślmy – lubię o tym myśleć, o dwóch filarach Ewangelii. Jakie są te dwa filary Ewangelii? Błogosławieństwa oraz 25 rozdział Ewangelii według św. Mateusza, „protokół”, na podstawie którego wszyscy będziemy sądzeni. Konkretność. Bliskość. Dotknięcie. Uczynki miłosierdzia, zarówno co do ciała jak i co do duszy. „Ale mówisz te rzeczy, bo modnie jest w tym roku mówić o miłosierdziu?”. Nie, to jest Ewangelia! Ewangelia, dzieła miłosierdzia. Jest taki heretyk lub niewierny Samarytanin, który się wzrusza i czyni to, co powinien robić, a także ryzykuje pieniądze! Dotknąć. Jest Jezus, który był zawsze wśród ludzi lub z Ojcem. Albo sam na modlitwie z Ojcem, lub między ludźmi, ze swymi uczniami. Bliskość, dotknięcie. Takie jest życie Jezusa... Kiedy się wzruszył przy bramach miasta Nain (por. Łk 7, 11-17), wzruszył się, podszedł i dotknął mar, mówiąc: „Nie płacz...”. Bliskość. A bliskość to dotknięcie ciała cierpiącego Chrystusa. Zaś Kościół, chwała Kościoła, to oczywiście męczennicy, ale także wielu mężczyzn i wiele kobiet, którzy opuścili wszystko i spędzili swoje życie w szpitalach, w szkołach z dziećmi, chorymi... Pamiętam, w Afryce Środkowej pewna zakonnica, miała jakieś 83-84 lata, szczupła, dzielna, z małą dziewczynką... Przybyła, aby mnie pozdrowić: „Nie jestem stąd, jestem z drugiej strony rzeki, z Kongo, ale za każdym razem, raz w tygodniu przybywam tutaj na zakupy, ponieważ są one bardziej korzystne”. Powiedziała mi, że ma 83-84 lata. „Od 23 lat jestem tutaj: jestem pielęgniarką położną, pomagałam przy narodzinach około 2-3 tysięcy dzieci”. „Czy siostra przybyła tutaj sama?” – „Tak, tak, bierzemy kajak...” – W wieku 83 lat! Godzinę płynęła na kajaku i docierała. Ta kobieta – i wiele takich jak ona – opuściły swój kraj – jest ona Włoszką, z Brescii – opuściły swój kraj, aby dotykać Ciała Chrystusa. Jeśli udajemy się do tych krajów misyjnych, do Amazonii, w Ameryce Łacińskiej, to znajdujemy na cmentarzach groby wielu zakonników i zakonnic, którzy zmarli młodo, bo nie mieli przeciwciał na choroby tej ziemi i umierali młodo. Uczynki miłosierdzia: dotknąć, uczyć, pocieszyć, „tracić czas”. Kiedyś bardzo mi się spodobało, jak pewien pan poszedłszy do spowiedzi świętej, będąc w takiej sytuacji, że nie mógł otrzymać rozgrzeszenia, szedł ze strachem, bo kilka razy został odesłany, spotkał księdza, który go wysłuchał, wyjaśnił sytuację i powiedział: „Ale módl się, Bóg ciebie kocha. Dam tobie błogosławieństwo, ale wrócisz, czy możesz mi to obiecać?”. Ów ksiądz „tracił czas”, aby przyciągnąć tego człowieka do sakramentów. To się nazywa bliskość. A mówiąc biskupom o bliskości, sądzę, że muszę wspomnieć o najważniejszej bliskości – wobec księży. Biskup musi być dostępny dla swoich kapłanów. Kiedy byłem w Argentynie, słyszałem od księży... – wiele razy, gdy prowadziłem rekolekcje, a lubiłem to robić – i mówiłem im: porozmawiaj o tym z biskupem. Odpowiadali mi – „Nie da rady, dzwoniłem, ale w sekretariacie mi mówili, że to niemożliwe: jest bardzo zajęty: porozmawia z księdzem, w ciągu trzech miesięcy”. Ale ten kapłan czuje się sierotą, bez ojca, bez bliskości i zaczyna upadać. Biskup, który widzi na karcie połączeń, w godzinach wieczornych, kiedy wróci, telefon od księdza, albo tego wieczoru, albo też następnego dnia, powinien zadzwonić do niego od razu. „Tak, jestem zajęty, ale czy to pilne?” – „Nie, ale umówmy się...”. Niech ksiądz czuje, że ma ojca. Jeśli odbierzemy księżom ojcostwo, to nie możemy ich prosić, by byli ojcami. W ten sposób oddala się poczucie ojcostwa Boga. Dziełem Syna jest dotykanie ludzkiej biedy: duchowej i cielesnej. Bliskość. Dzieło Ojca: być ojcem, biskupem-ojcem.
Z kolei ludzie młodzi – bo w tych dniach trzeba mówić o młodych. Młodzi ludzie są „nudni”! Bo zawsze mówią to samo, albo „ja o tym myślę w następujący sposób”, albo „Kościół powinien...”, a to wymaga cierpliwości z młodymi. Jako chłopiec znałem niektórych kapłanów: był to czas, kiedy konfesjonał był bardziej popularny niż teraz, godzinami słuchali spowiedzi, lub przyjmowali ich w biurze parafialnym, słuchając tych samych rzeczy... ale z cierpliwością. Jeszcze trzeba wspomnieć o zabieraniu młodych na wieś, w góry… Pomyślcie o Janie Pawle II, co robił ze studentami? To prawda nauczał, ale potem szedł z nimi w góry! Bliskość. Wysłuchiwał ich, przebywał z młodymi ...
Chcę jeszcze podkreślić ostatnią rzecz, bo sądzę, że Pan tego ode mnie chce: dziadkowie. Wy, którzy cierpieliście z powodu komunizmu, ateizmu, o tym wiecie: to dziadkowie, babcie zachowywali i przekazywali wiarę. Dziadkowie mają pamięć ludu, mają pamięć wiary, pamięć Kościoła. Nie można odrzucać dziadków! W obecnej kulturze odrzucenia, która jest głęboko zdechrystianizowana, odrzuca się to, co nie jest potrzebne, co nie działa. Nie! Dziadkowie są pamięcią narodu, są pamięcią wiary. Trzeba łączyć młodzież z dziadkami: także to jest bliskością. Być blisko i tworzyć bliskość. Tak bym odpowiedział na to pytanie. Nie ma recept, ale musimy zejść na boisko. Jeśli czekamy, aż zabrzmi dzwonek, czy zapukają… Nie. Musimy wyjść i poszukiwać, jak pasterz, który idzie w poszukiwaniu zgubionych. Nie wiem, tak to rozumiem. Po prostu.
Abp Sławoj Leszek Głódź (metropolita gdański):
Drogi Ojcze Święty, jesteśmy szczególnie wdzięczni, że Papież Franciszek pogłębił bogate nauczanie o miłosierdziu, zainicjowane przez św. Jana Pawła II właśnie tutaj w Krakowie. Wszyscy wiemy, że żyjemy w świecie zdominowanym przez niesprawiedliwość: bogaci się bogacą, biedni stają się nędzarzami, istnieje terroryzm, istnieje etyka i moralność liberalna bez Boga... A moje pytanie brzmi następująco: w jaki sposób należy stosować nauczanie o miłosierdziu i przede wszystkim wobec kogo? Ojciec Święty promował lek, który jest nazywany „misericordyną”, który zabrałem ze sobą: dziękuję za promocję...
Papież Franciszek:
... Ale teraz przychodzi „misericordyna plus”: jest silniejsza!
Abp Sławoj Leszek Głódź:
... Tak, i dziękuję za ten „plus”. Mamy też program „plus” promowany przez rząd dla rodzin wielodzietnych. Ten „plus” stał się modny. Przede wszystkim komu i jak? Kto powinien być w pierwszym rzędzie przedmiotem naszego nauczania miłosierdzia? Dziękuję.
Papież Franciszek:
Dziękuję. Nauczanie o miłosierdziu nie jest czymś, co byłoby moją ideą. Jest to pewien proces. Warto zauważyć, że już błogosławiony Paweł VI miał kilka wskazówek na temat miłosierdzia. Następnie Jan Paweł II był gigantem miłosierdzia, z encykliką Dives in misericordia, kanonizacją siostry Faustyny, a następnie z oktawą Wielkanocy: zmarł w wigilię tego dnia. Jest to proces, toczący się w Kościele przez wiele lat. Widzimy, że Pan chciał, aby obudzić w Kościele tę postawę miłosierdzia wśród wiernych. On jest Miłosierny, przebaczający wszystko. Wielkie wrażenie wywiera na mnie średniowieczny kapitel, który znajduje się w Bazylice św. Marii Magdaleny w Vezelay, we Francji, gdzie rozpoczyna się pielgrzymka do Santiago de Compostela. Na tym kapitelu z jednej strony znajduje się Judasz powieszony z otwartymi oczami, wywieszonym językiem, a z drugiej strony jest Dobry Pasterz, który bierze go ze sobą. A jeśli dobrze, uważnie się przyjrzeć, to twarz Dobrego Pasterza, wargi po jednej stronie są smutne, ale z drugiej strony się uśmiechają. Miłosierdzie jest tajemnicą. Jest tajemnicą Boga. Przeprowadzono ze mną wywiad, który później został przekształcony w książkę zatytułowaną: Miłosierdzie to imię Boga. Jest to termin publicystyczny, ale myślę, że możemy powiedzieć, iż Bóg jest Ojcem miłosiernym. Przynajmniej Jezus w Ewangelii ukazuje Go takim. Karze, aby nawrócić. Następnie przypowieści o miłosierdziu i sposób, w jaki zechciał nas zbawić... Kiedy nadeszła pełnia czasu, sprawił, że Syn narodził się z Niewiasty: z ciałem, zbawia nas poprzez ciało; nie wychodząc od lęku, ale od ciała. W tym procesie Kościoła otrzymujemy wiele łask.
A Ksiądz Arcybiskup widzi ten świat chory na niesprawiedliwość, na brak miłości i korupcję. Ale to prawda. Dzisiaj, w samolocie, rozmawiając o tym ponad osiemdziesięcioletnim księdzu, który zginął we Francji: od dawna mówię, że świat jest w stanie wojny, że przeżywamy trzecią wojnę światową w kawałkach. Pomyślmy o Nigerii... To prawda ideologie, ale któraż to z dzisiejszych ideologii znajduje się w centrum i jest matką korupcji, wojen? Bałwochwalstwo pieniędzy. Mężczyzna i kobieta nie są już na szczycie stworzenia, tam umieszcza się bożka-pieniądz, a wszystko jest kupowane i sprzedawane za pieniądze. W centrum stawia się pieniądze. Ludzie są wyzyskiwani. A dzisiejszy handel ludźmi? Zawsze tak było: okrucieństwo! Rozmawiałem o tym uczuciu z pewnym szefem rządu, a on mi powiedział: „Zawsze było okrucieństwo. Problemem jest to, że dzisiaj widzimy je w telewizji, przybliżyło się do naszego życia”. Zawsze jednak owo okrucieństwo. Zabijać dla pieniędzy. Wyzyskiwać ludzi, wyzyskiwać stworzenie. Pewien niedawno wybrany szef rządu afrykańskiego, przychodząc na audiencję
powiedział mi: „Pierwszym aktem rządu, jakiego dokonałem, było ponowne zalesienie kraju, który został pozbawiony lasów i unicestwiony”. Nie troszczymy się o stworzenie, a to oznacza więcej ubóstwa, więcej korupcji. Ale co myślimy, gdy 80% - mniej więcej, dobrze popatrzcie do statystyk, jeśli to nie jest 80, to może 82 lub 78 - bogactw jest w rękach mniej niż 20% osób. „Ojcze, nie mów tak, jak byś był komunistą!”. Nie, to są statystyki! A kto za to płaci? Płacą ludzie, Lud Boży: wyzyskiwane dziewczyny, młodzi ludzie bez pracy. We Włoszech 40 procent osób poniżej 25 roku życia nie ma pracy, w Hiszpanii – 50 proc., w Chorwacji, 47 proc. Dlaczego? Ponieważ istnieje gospodarka pieniężna, która zachęca do korupcji. Opowiadał mi pewien zgorszony, wspaniały katolik, który udał się do znajomego przedsiębiorcy: „Pokażę ci, jak zarabiam 20 tys. dolarów nie ruszając się z domu”. I za pomocą komputera, z Kalifornii, zrobił zakup nie wiem czego i sprzedał to do Chin: w ciągu 20 minut, w czasie krótszym niż 20 minut, zyskał 20 tys. dolarów. Wszystko jest płynne! A ludzie młodzi nie mają kultury pracy, bo nie mają pracy! Ziemia jest martwa, ponieważ została niemądrze wyzyskana. I tak idziemy dalej. Świat się ociepla, dlaczego? Ponieważ musimy zarobić. Zysk. „Popadliśmy w bałwochwalstwo pieniędzy”: to mi powiedział pewien ambasador, kiedy przyszedł, by złożyć listy uwierzytelniające. To bałwochwalstwo.
Miłosierdzie Boże jest świadectwem, świadectwem wielu ludzi, wielu mężczyzn i kobiet, ludzi świeckich, młodzieży, którzy dokonują dzieł: we Włoszech, na przykład, spółdzielczość. Tak, są tacy, którzy są zbyt sprytni, ale zawsze czyni się dobro, dokonuje się dobrych rzeczy. Następnie instytucje zajmujące się troską o chorych: silne organizacje. Trzeba iść tą drogą, sprawiać aby coraz bardziej wzrastała ludzka godność. Ale prawdą jest to, co mówi Ksiądz Arcybiskup. Przeżywamy religijny analfabetyzm, do tego stopnia, że w niektórych sanktuariach na świecie rzeczy się mieszają: udajemy się, by się modlić, ale są też sklepy, gdzie można kupić dewocjonalia, różańce, a w niektórych sprzedają rzeczy zabobonne, bo poszukuje się zbawienia w przesądach, w analfabetyzmie religijnym, w owym relatywizmie, który myli jedno z drugim. I do tego trzeba katechezy, katechezy życia, katechezy, która daje nie tylko pojęcia, ale towarzyszy w pielgrzymowaniu. Towarzyszenie jest jedną z najważniejszych postaw! Towarzyszenie wzrostowi wiary. Jest to wspaniała praca i młodzi ludzie tego oczekują! Młodzi ludzie czekają... „Ale jeśli zacznę mówić, to się znudzą!”. Ależ trzeba im dać zadanie do wykonania. Powiedz im, aby pojechali w czasie wakacji na 15 dni, aby pomóc budować skromne domy dla ubogich, albo zrobić coś innego. Niech zaczną odczuwać, że są przydatni. I pozwólmy, aby tutaj padło Boże ziarno. Powoli. Ale nie można tego uczynić tylko słowami! Współczesnemu analfabetyzmowi religijnemu musimy stawić czoło za pomocą trzech języków: języka umysłu, języka serca i języka rąk. Wszystkie trzy w harmonijnej jedności.
Nie wiem... Mówię za dużo! Są to pomysły, którymi się z wami dzielę. Z waszą roztropnością będziecie wiedzieli, co robić. Ale zawsze Kościół musi wychodzić. Kiedyś odważyłem się powiedzieć: że jest przecież ten werset w Apokalipsie „Oto stoję u drzwi i kołaczę” (3, 20); On puka do drzwi, ale zastanawiam się, ile razy Pan puka do drzwi od wewnątrz, abyśmy Jemu otworzyli, by mógł On wyjść razem z nami, żeby nieść Ewangelię na zewnątrz. Nie zamknięci, ale skierowani za zewnątrz! Trzeba wychodzić! Dziękuję.
Bp Leszek Leszkiewicz (biskup pomocniczy diecezji tarnowskiej:
Ojcze Święty, nasze zaangażowanie duszpasterskie opiera się głównie na tradycyjnym modelu wspólnoty parafialnej, w oparciu o życie sakramentalne. Jest to model, który tutaj nadal przynosi owoce. Jednak zdajemy sobie sprawę, że również u nas warunki i okoliczności codziennego życia szybko się zmieniają i domagają się od Kościoła nowych metod działania duszpasterskiego. Duszpasterze i wierni podobni są trochę do tych uczniów, którzy słuchają, są bardzo zapracowani, ale nie zawsze wiedzą, jak wykorzystać wewnętrzny i zewnętrzny dynamizm misyjny wspólnot kościelnych. Ojcze Święty, w Evangelii gaudium mówisz o uczniach-misjonarzach, którzy z entuzjazmem przynoszą Dobrą Nowinę dzisiejszemu światu. Co nam proponujesz? Do czego nas zachęcasz, abyśmy mogli budować w naszym świecie wspólnotę Kościoła w sposób owocny, płodny, z radością, z dynamizmem misyjnym?
Papież Franciszek:
Dziękuję! Chciałbym podkreślić jedną rzecz: parafia jest ciągle aktualna! Parafia musi pozostać: jest strukturą, której nie wolno nam wyrzucić przez okno. Parafia jest właśnie domem ludu Bożego, tym domem w którym on mieszka. Problemem jest to, w jaki sposób ustawić parafię! Są parafie z sekretarkami parafialnymi, które wydają się „uczennicami szatana”, straszące ludzi! Parafie z zamkniętymi drzwiami. Ale istnieją też parafie z drzwiami otwartymi, parafie, gdzie, kiedy ktoś przychodzi by zapytać, mówi się: „Proszę bardzo. Proszą spocząć, na czym polega problem?...”. A dana osoba jest cierpliwie wysłuchana... bo troska o lud Boży jest męcząca! Pewien świetny profesor uniwersytetu, jezuita, którego poznałem w Buenos Aires, kiedy poszedł na emeryturę poprosił prowincjała, aby mógł być proboszczem w dzielnicy, aby doświadczyć duszpasterstwa. Raz w tygodniu szedł na Wydział – był członkiem tej wspólnoty – i pewnego dnia powiedział do mnie: „Powiedz twojemu profesorowi eklezjologii, że w jego traktacie brakuje dwóch tez” – „Jakich ?” – „Po pierwsze święty Lud Boży zasadniczo jest męczący. I po drugie: Święty Lud Boży ontologicznie robi to, co wydaje się jemu najlepsze. A to męczy!”. Dziś bycie proboszczem jest męczące: prowadzenie parafii jest męczące, w tym dzisiejszym świecie z wieloma problemami. A Pan nas powołał po to, abyśmy się odrobinę zmęczyli, abyśmy pracowali, a nie odpoczywali. Parafia jest męcząca, kiedy jest dobrze ustawiona. Odnowa parafii jest jedną z rzeczy, którą biskupi powinni zawsze mieć na oku: jak żyje ta parafia? Co robisz? Jak wypada katecheza? Jak jej uczysz? Czy parafia jest otwarta? Wiele rzeczy... Myślę o pewnej parafii w Buenos Aires; gdy narzeczeni przyszli mówiąc: „Chcielibyśmy się tutaj pobrać...” – „Tak, powiedziała sekretarka – oto są ceny”. Tak nie może być, parafia nie może być taka. Jak ludzie są przyjmowani? Jak są wysłuchiwani? Czy zawsze jest ktoś w konfesjonale? W parafiach – nie tych, które są w małych miejscowościach, ale które znajdują się w centrum miasta, na głównych ulicach, jeśli jest konfesjonał z zapalonym światłem, ludzie zawsze przychodzą. Zawsze! Parafia gościnna. My biskupi musimy pytać o to księży: „Jak działa twoja parafia? A czy wychodzisz? Czy odwiedzasz uwięzionych, chorych, staruszki? A co robisz z dziećmi? Jak ich zachęcasz do zabawy i jak rozwijasz oratorium? To jedna z wielkich instytucji parafialnych, przynajmniej we Włoszech. Oratorium: tam dzieci się bawią i tam otrzymują trochę słowa, nieco katechezy. Wracają do domu zmęczone, szczęśliwe i z dobrym ziarnem. Parafia jest ważna! Niektórzy mówią, że parafia się zdezaktualizowała, bo teraz jest czas ruchów. To nieprawda! Ruchy kościelne pomagają, ale nie powinny być alternatywą dla parafii: powinny pomagać w parafii, rozwijać parafię, tak jak Sodalicja Mariańska, podobnie jak Akcja Katolicka i wiele innych. Poszukiwanie nowości i zmienianie struktury parafialnej? To, co mówię może będzie wydawać się herezją, ale tak to przeżywam: myślę, że to jest coś analogicznego do struktury biskupiej, jest to inne, ale podobne. Parafia jest nietykalna: musi pozostać jako miejsce kreatywności, odniesienia, macierzyństwa i tego wszystkiego. Tam należy realizować wszelką zdolność kreatywności; a kiedy parafia rozwija się w ten sposób, to dokonuje się to, o czym mówiłem o uczniach-misjonarzach – nazywam to „parafia wychodząca”. Myślę na przykład o parafii – piękny przykład, który był później naśladowany przez wielu – w kraju, gdzie nie było zwyczaju chrzcić dzieci, bo nie było pieniędzy; ale odpust patronalny przygotowywany jest 3-4 miesiące wcześniej, z odwiedzinami domów, a tam można zobaczyć, jak wiele dzieci nie jest ochrzczonych. Przygotowuje się rodziny i jednym z wydarzeń odpustu patronalnego jest chrzest 30-40 dzieci, które w przeciwnym razie pozostałyby nieochrzczone. Trzeba wymyślać takie rzeczy. Ludzie nie biorą ślubu w kościele. Myślę o pewnym spotkaniu księży; jeden z nich wstał i powiedział: „Czy zastanawiałeś się dlaczego?”. I przytoczył wiele powodów, które podzielamy: kultura współczesna, i tak dalej. Ale jest spora grupa ludzi, którzy się nie pobierają, bo dzisiaj ślub kosztuje! Kosztuje! Kosztuje przede wszystkim wesele... To fakt społeczny. A ten bardzo pomysłowy proboszcz powiedział: „Czekam na tych, którzy chcą się pobrać”. W Argentynie są bowiem dwa śluby: trzeba zawsze iść do urzędu stanu cywilnego, aby zawrzeć związek cywilny, a następnie, jeśli chcesz, możesz pójść do świątyni swojej religii, by zawrzeć małżeństwo. Wielu ludzi nie zawiera sakramentu małżeństwa, ponieważ nie mają pieniędzy, by urządzić wielkie wesele... Ale księża, którzy mają trochę pomysłowości mówią: „Nie, nie! Będę na ciebie czekać”. Tego dnia w urzędzie stanu cywilnego śluby są o 11.00-12.00-13.00-14.00: tego dnia zrezygnuję ze sjesty! Po ślubie cywilnym przychodzą do kościoła, zawierają sakrament i idą w pokoju. Trzeba być pomysłowym, poszukiwać, wychodzić, szukać ludzi, postawić się w trudnościach, jakie przeżywają ludzie. Ale dziś parafia-biuro nie wychodzi! Ludzie nie są bowiem zdyscyplinowani. Macie lud zdyscyplinowany, a to jest łaską od Boga! Ale zazwyczaj nie jest zdyscyplinowany. Myślę o mojej ojczyźnie: ludzie, jeśli nie będziecie ich szukać, jeśli się do nich nie zbliżycie – nie przyjdą. To właśnie jest uczeń-misjonarz, parafia wychodząca. Wychodzić i szukać, tak jak uczynił to Bóg, który posłał swego Syna, aby nas szukał.
Nie wiem, czy nie jest to odpowiedź zbyt uproszczona, ale nie mam innej. Nie jestem wybitnym profesorem teologii pastoralnej, mówię to, co mi przychodzi na myśl.
Bp Krzysztof Zadarko (biskup pomocniczy diecezji koszalińsko-kołobrzeskiej):
Ojcze Święty, jednym z najbardziej niepokojących problemów stojących przed dzisiejszą Europą jest kwestia uchodźców. Jak możemy im pomóc, skoro są tak liczni? I co możemy zrobić, aby przezwyciężyć strach przed ich inwazją lub agresją, który paraliżuje całe społeczeństwo?
Papież Franciszek:
Dziękuję! Problem uchodźców... Nie we wszystkich okresach przybywało tak wielu uchodźców, jak obecnie. Powiedzmy imigranci i uchodźcy, możemy ich rozpatrywać łącznie. Mój ojciec był imigrantem. Opowiedziałem prezydentowi [Polski], że w fabryce, w której pracował mój ojciec, było po wojnie wielu polskich emigrantów. Byłem wtedy dzieckiem i wielu z nich poznałem. Moja ojczyzna jest krajem imigrantów, wszyscy... I nie było żadnych problemów; były to naprawdę inne czasy. Dlaczego jest dzisiaj tak wielka imigracja? Nie mówią o emigracji z ojczyzny do innych krajów: jest ona spowodowana brakiem pracy. To jasne, że udają się w poszukiwaniu pracy za granicą. To jest problem domu, który i wy macie... Mówię o tych, którzy do nas przybywają: uciekają od wojny, głodu. To właśnie jest problemem. A dlaczego problem tkwi w tym? Bo w danym kraju istnieje wyzysk ludzi, eksploatacja ziemi, istnieje wyzysk, by zarobić więcej pieniędzy. Gdy rozmawiałem ze światowymi ekonomistami, widzącymi ten problem, powiedzieli: musimy dokonywać inwestycji w tych krajach; jeśli będą inwestycje, to będą mieli pracę i nie będą musieli emigrować. Ale jest też i wojna! Są wojny plemienne, pewne wojny ideologiczne lub sztuczne, przygotowane przez handlarzy bronią, którzy z tego żyją: dają broń tobie, który jesteś przeciwnikiem jakichś ludzi, a równocześnie tym, którzy są przeciw tobie. I tak sobie żyją! Naprawdę korupcja jest u źródeł imigracji. Co zrobić? Sądzę, że każdy kraj musi zobaczyć, w jaki sposób i kiedy. Nie wszystkie kraje są równe; nie wszystkie kraje mają takie same możliwości. Mają jednak możliwość, by być hojnymi! Szczodrymi jako chrześcijanie. Nie możemy inwestować tam, ale dla tych, którzy przybywają... Ilu i jak? Nie można dać odpowiedzi uniwersalnej, ponieważ gościnność zależy od sytuacji każdego kraju, a także kultury. Ale oczywiście można zrobić wiele rzeczy. Na przykład, modlitwa: cotygodniowe adoracje Najświętszego Sakramentu z modlitwą za tych, którzy pukają do drzwi Europy i nie mogą wejść. Niektórym się udaje, ale innym nie... Poza tym wkracza któryś, i podejmuje drogę, która prowadzi do strachu. Mamy kraje, które potrafią od wielu lat dobrze integrować imigrantów! W innych, niestety, utworzyły się jakby getta. Istnieje cała reforma, którą należy podjąć na poziomie globalnym, odnośnie do tego zaangażowania, przyjęcia imigrantów. Ale jest to kwestia relatywna: absolutne jest serce otwarte na przyjęcie. To jest absolutne! Z modlitwą, wstawiennictwem uczynić to, co mogę. Relatywny jest sposób, w jaki mogę to uczynić: nie wszyscy mogą zrobić to w taki sam sposób. Ale problem ma charakter globalny! Wyzysk stworzenia i wyzysk osób. Przeżywamy wydarzenie unicestwienia człowieka jako obrazu Boga.
I na tym chciałbym zakończyć ten aspekt, ponieważ kryją się też za nim ideologie. W Europie, w Ameryce, w Ameryce Łacińskiej, w Afryce, w niektórych krajach azjatyckich istnieje prawdziwa kolonizacja ideologiczna. Jedną z nich – mówię to jasno z „imienia i nazwiska” – jest gender! Dzisiaj dzieci w szkole – właśnie dzieci! – naucza się w szkole: że każdy może wybrać sobie płeć. A dlaczego tego uczą? Ponieważ podręczniki narzucają te osoby i instytucje, które dają pieniądze. Jest to kolonizacja ideologiczna, popierana również przez bardzo wpływowe kraje. I to jest straszne. Kiedy rozmawiałem z Papieżem Benedyktem, który ma się dobrze i ma jasną myśl, powiedział mi: „Wasza Świątobliwość, to epoka grzechu wobec Boga Stwórcy”. To mądre! Bóg stworzył mężczyznę i kobietę; Bóg stworzył świat, w taki to konkretny sposób, a my czynimy coś przeciwnego. Bóg obdarzył nas stanem „pierwotnym”, abyśmy uczynili go kulturą; a następnie z tą kulturą czynimy rzeczy, które sprowadzają nas do stanu „pierwotnego”. Słowa wypowiedziane przez Benedykta XVI powinny skłonić nas do myślenia: „To epoka grzechu wobec Boga Stwórcy!”. Ta refleksja nam pomoże.
Ale ty, Krzysztofie powiedziesz mi: „Co to ma wspólnego z imigrantami?”. To jest pewien kontekst. W odniesieniu do imigrantów powiem, że problem tkwi tam, w ich ojczyźnie. Ale jak ich przyjmiemy? Każdy musi zobaczyć, jak to zrobić. Ale wszyscy możemy mieć otwarte serce i zastanowić się nad wprowadzeniem godziny modlitwy w parafiach, jednej godziny tygodniowo, adoracji i modlitwy za imigrantów. Modlitwa góry przenosi!
Były to cztery pytania. Nie wiem... Wybaczcie, jeśli mówiłem zbyt wiele, ale zdradza mnie włoska krew...
Dziękuję bardzo za przyjęcie i ufajmy, że te dni napełnią nas radością: radością, wielką radością. Módlmy się też do Dziewicy Maryi, która jest Matką i zawsze trzyma nas za rękę.
Salve Regina ...
I nie zapominajcie o dziadkach, którzy są pamięcią ludu.
[01265-PL.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Pape François :
Avant de commencer le dialogue, avec les questions que vous avez préparées, je voudrais accomplir une œuvre de miséricorde envers vous tous et en suggérer une autre. Je sais qu’en ces jours, avec les Journées de la Jeunesse, beaucoup d’entre vous ont été très pris et qu’ils n’ont pas pu aller aux obsèques du bien-aimé Mgr Zimowski. Enterrer les morts est une œuvre de charité, et je voudrais que tous ensemble, maintenant, nous fassions une prière pour Mgr Zygmund Zimowski et que cette prière soit une vraie manifestation de charité fraternelle, enterrer un frère qui est mort. Pater noster… Ave Maria… Gloria Patri… Requiem aeternam…
Et puis, l’autre œuvre de miséricorde que je voudrais suggérer. Je sais que vous en êtes préoccupés: notre cher cardinal Macharski qui est très malade… Au moins s’approcher, parce que je crois qu’on ne pourra pas entrer là où il se trouve, dans le coma, mais au moins s’approcher de la clinique, de l’hôpital, et toucher le mur comme pour dire: ‘‘Frère, je te suis proche’’. Visiter les malades est une autre œuvre de miséricorde. Moi aussi, j’irai. Merci !
À présent, l’un d’entre vous a préparé les questions, au moins il les fait parvenir. Je suis à [votre] disposition.
S.E. Mgr. Marek Jędraszewski :
Saint-Père, il semble que les fidèles de l’Église catholique, et en général tous les chrétiens en Europe occidentale, en viennent à se trouver toujours davantage en minorité dans le domaine d’une culture contemporaine athée-libérale. En Pologne, nous assistons à une confrontation profonde, à une lutte impressionnante entre la foi en Dieu d’une part, et d’autre part une pensée et des styles de vie tendant à faire croire que Dieu n’existait pas. A votre avis, Saint-Père, quel genre d’actions pastorales l’Église catholique devrait entreprendre dans notre pays, afin que le peuple polonais demeure fidèle à sa tradition chrétienne désormais plus que millénaire? Merci!
Pape François :
Excellence, vous êtes l’Évêque de…?
S.E. Mons. Marek Jędraszewski :
De Łódź, où le cheminement de sainte Faustine a commencé ; parce qu’elle entendu, là-même, l’appel du Christ à aller à Varsovie et à devenir moniale, à Łodź même. L’histoire de sa vie a commencé dans ma ville.
Pape François :
Vous êtes un privilégié !
C’est vrai, la déchristianisation, la sécularisation du monde moderne est forte. Elle est très forte. Mais certains disent: Oui, elle est forte, néanmoins on voit des phénomènes de religiosité, comme si le sens religieux se réveillait. Et cela peut être aussi un danger. Je crois que, dans ce monde si sécularisé, il y a aussi l’autre danger, [celui] de la spiritualisation gnostique: cette sécularisation nous donne la possibilité de faire croître une vie spirituelle un peu gnostique. Souvenons-nous que ce fut la première hérésie de l’Église: l’apôtre Jean fustige les gnostiques – et avec quelle force! -, qui ont une spiritualité subjective, sans le Christ. Le plus grave problème, selon moi, de cette sécularisation est la déchristianisation: enlever le Christ, enlever le Fils. Je prie, je sens… et rien de plus. C’est le gnosticisme. Il y a une autre hérésie également à la mode, en ce moment, mais je la laisse de côté parce que votre question, Excellence, va dans cette direction. Il y a aussi un pélagianisme, mais laissons cela de côté, pour en parler à un autre moment. Trouver Dieu sans le Christ: un Dieu sans le Christ, un peuple sans Église. Pourquoi? Parce que l’Église est la Mère, celle qui te donne la vie, et le Christ est le Frère aîné, le Fils du Père, qui renvoie au Père, qui est celui qui te révèle le nom du Père. Une Église orpheline: le gnosticisme d’aujourd’hui, puisqu’il est précisément une déchristianisation, sans le Christ, nous porte à une Église, mieux, disons, à des chrétiens, à un peuple orphelin. Et nous avons besoin de faire sentir cela à notre peuple.
Qu’est-ce que je conseillerais? Me vient à l’esprit – mais je crois que c’est la pratique de l’Évangile, où il y a l’enseignement-même du Seigneur – la proximité. Aujourd’hui, nous, les serviteurs du Seigneur – évêques, prêtres, consacrés, laïcs convaincus -, nous devons être proches du peuple de Dieu. Sans proximité, il n’y a que parole sans chair. Pensons – j’aime penser à cela – aux deux piliers de l’Évangile. Quels sont les deux piliers de l’Évangile ? Les béatitudes, et puis Matthieu 25, le ‘‘protocole’’ selon lequel nous serons jugés. Être concret. Proximité. Toucher. Les œuvres de miséricorde, soit corporelles, soit spirituelles. ‘‘Mais vous dites ces choses parce que c’est à la mode de parler de la miséricorde cette année…’’. Non, c’est l’Évangile! L’Évangile, œuvres de miséricorde. Il y a cet hérétique ou mécréant samaritain qui s’émeut et qui fait ce qu’il doit faire, et il y investit même de l’argent! Toucher. Il y a Jésus qui était toujours parmi les gens ou avec le Père. Ou en prière, seul à seul avec le Père, ou parmi les gens, là, avec les disciples. Proximité. Toucher. C’est la vie de Jésus… Quand il s’est ému, aux portes de la ville de Naïm (cf. Lc 7, 11-17), il s’est ému, il est allé et a touché le cercueil, en disant: ‘‘Ne pleure pas…’’. Proximité. Et la proximité, c’est de toucher la chair souffrante du Christ. Et l’Église, la gloire de l’Église, ce sont les martyrs, certainement, mais ce sont aussi tant d’hommes et de femmes qui ont tout abandonné et qui ont passé leur vie dans les hôpitaux, dans les écoles, avec les enfants, avec les malades… Je me rappelle, en Centrafrique, une Sœur modeste, elle avait entre 83 et 84 ans, frêle, vaillante, avec un petite fille…. Elle est venue me saluer: ‘‘Je ne suis pas d’ici, je suis de l’autre côté du fleuve, du Congo, mais chaque fois, une fois par semaine, je viens ici faire les emplettes parce que c’est plus avantageux’’. Elle m’a dit son âge: entre 83 et 84 ans. ‘‘Depuis 23 ans, je suis ici: je suis infirmière obstétricienne, j’ai fait naître entre deux et trois mille enfants…’’. – ‘‘Ah… et vous venez seule?’’ – ‘‘Oui, oui, nous prenons un canoë…’’. À 83 ans! Elle faisait une heure de canoë et arrivait. Cette femme – tant d’autres comme elle - ont abandonné leur pays – elle est italienne, de Brescia – elles ont laissé leur pays pour toucher la chair du Christ. Si nous allons dans ces pays de mission, dans l’Amazonie, en Amérique Latine, nous trouvons dans les cimetières les tombes de nombreux hommes et femmes religieux morts jeunes de maladies de ce pays, dont ils n’avaient pas les anticorps, et ils mouraient jeunes. Les œuvres de miséricorde: toucher, enseigner, consoler, ‘‘perdre du temps’’. Perdre du temps. J’aime bien ceci: une fois, un homme est allé se confesser et il était dans une situation telle qu’il ne pouvait pas recevoir l’absolution. Il y est allé un peu craintif, parce qu’il avait parfois été renvoyé: ‘‘Non, non… va-t’en’’. Le prêtre l’a écouté, lui a expliqué la situation, lui a dit: ‘‘Mais toi, tu pries. Dieu t’aime. Je te donnerai la bénédiction, mais reviens, me le promets-tu?’’. Et ce prêtre ‘‘perdait du temps’’ pour attirer cet homme vers les sacrements. Cela s’appelle proximité. Et en parlant de proximité aux évêques, je crois que je dois parler de la proximité la plus importante: celle avec les prêtres. L’évêque doit être disponible pour ses prêtres. Quand j’étais en Argentine, j’ai entendu de la part de prêtres… - tant, tant de fois, quand j’allais prêcher les Exercices spirituels, j’aimais prêcher les Exercices – je disais: ‘‘Parle de cela avec ton évêque…’’ – ‘‘Mais non, je l’ai appelé, la secrétaire me dit: Non, il est très, très pris, mais il te recevra dans trois mois’’. Mais ce prêtre se sent orphelin, sans père, sans la proximité, et il commence à perdre courage. Un évêque qui voit sur la liste des appels, le soir, à son retour, l’appel d’un prêtre, , il doit le rappeler immédiatement, soit ce soir-là même soit le lendemain. ‘‘Oui, je suis pris, mais est-ce urgent?’’ – ‘‘Non, non, mais mettons-nous d’accord…’’. Que le prêtre sente qu’il a un père. Si nous privons les prêtres de paternité, nous ne pouvons pas leur demander d’être des pères. Et ainsi, le sens de la paternité de Dieu s’éloigne. L’œuvre du Fils, c’est de toucher les misères humaines: spirituelles et corporelles. La proximité. L’œuvre du Père: être père, évêque-père.
Puis, les jeunes – parce qu’on doit parler des jeunes ces jours-ci. Les jeunes sont ‘‘ennuyeux’’! Parce qu’ils viennent toujours dire les mêmes choses, ou bien ‘‘je suis de tel avis’’ ou bien ‘‘l’Église devrait…’’, et il faut de la patience avec les jeunes. Quand j’étais enfant, j’ai connu certains prêtres: c’est le temps où le confessionnal était plus fréquenté que maintenant, ils passaient des heures à écouter, ou bien ils recevaient dans le bureau de la paroisse, écoutant les mêmes choses… mais avec patience. Et puis, accompagner les jeunes en campagne, en montagne… Mais pensez à saint Jean-Paul II, que faisait-il avec les universitaires? Oui, il enseignait, mais ensuite il allait avec eux en montagne! Proximité. Il les écoutait. Il était avec les jeunes…
Et une dernière chose que je voudrais souligner, parce que je crois que le Seigneur me le demande : les grands-parents. Vous, qui avez souffert du communisme, de l’athéisme, vous le savez: ce sont les grands-parents, ce sont les grands-mères qui ont sauvé et transmis la foi. Les grands-parents ont la mémoire d’un peuple, ils ont la mémoire de la foi, la mémoire de l’Église. Ne marginalisez pas les grands-parents! Dans cette culture de rebut, qui, justement, est déchristianisée, on écarte ce qui ne sert pas, ce qui ne va pas. Non! Les grands-parents sont la mémoire d’un peuple, ils sont la mémoire de la foi. Et mettre en lien les jeunes avec les grands-parents: cela aussi est proximité. Être proche et créer la proximité. Je répondrais ainsi à cette question. Il n’y a pas de recette, mais nous devons descendre sur le terrain. Si nous attendons qu’il y ait un appel ou qu’on frappe à la porte… Non. Nous devons sortir chercher, comme le pasteur, qui va à la recherche des égarés. Je ne sais pas, voilà ce qui me vient à l’esprit. Simplement.
Mgr Sławoj Leszek Głódź (Archevêque de Gdańsk) :
Cher Pape François, avant tout nous sommes très reconnaissants que le Pape François ait approfondi l’enseignement sur la miséricorde qu’avait initié saint Jean-Paul II ici-même à Cracovie. Nous savons tous que nous vivons dans un monde dominé par l’injustice: les plus riches deviennent encore plus riches, les pauvres deviennent misérables, il y a le terrorisme, il y a une éthique et une morale libérales, sans Dieu… Et ma question est la suivante: comment appliquer l’enseignement sur la miséricorde, et surtout à qui? Le Saint-Père a promis un médicament qui s’appelle ‘‘miséricordine’’, que j’ai sur moi: merci pour la promotion…
Pape François :
…mais maintenant arrive la ‘‘miséricordine plus’’ : elle est plus forte !
S.E. Mgr. Sławoj Leszek Głódź :
…oui, et merci pour ce ‘‘plus’’. Nous avons aussi le programme ‘‘plus’’ promu également par le gouvernement pour les familles nombreuses. Ce ‘‘plus’’ est à la mode. À qui et comment, surtout? En premier lieu, qui devrait être objet de notre enseignement sur la miséricorde ? Merci!
Pape François :
Merci! La miséricorde n’est pas une chose qui m’est venue à l’esprit, à moi. C’est un processus. À y voir de près, le bienheureux Paul VI avait déjà fait quelques développements sur la miséricorde. Ensuite, saint Jean-Paul II a été le géant de la miséricorde, avec l’Encyclique Dives in misericordia, la canonisation de sainte Faustine, et puis l’octave de Pâques: il est mort la veille de ce jour-là. C’est un processus, [en cours] depuis des années, dans l’Église. On voit que le Seigneur demandait de réveiller dans l’Église cette attitude de miséricorde parmi les fidèles. Il est le Miséricordieux qui pardonne tout. Je suis très touché par un chapiteau médiéval qui se trouve dans la Basilique Sainte Marie Madeleine à Vézelay, en France, où commence le Chemin de Saint Jacques. Sur ce chapiteau, d’un côté il y a Judas pendu, les yeux ouverts, la langue dehors, et de l’autre il y a le Bon Pasteur qui l’emmène avec lui. Et si nous regardons bien, attentivement, le visage du Bon Pasteur, les lèvres d’un côté sont tristes, mais de l’autre côté elles arborent un sourie. La miséricorde est un mystère, c’est un mystère. C’est le mystère de Dieu. On m’a fait une interview, dont est issu un livre intitulé: Le nom de Dieu est miséricorde, mais c’est une expression journalistique, je crois qu’on peut dire que Dieu est le Père miséricordieux. Au moins Jésus dans l’Évangile, le révèle ainsi. Il punit pour convertir. Et puis, les paraboles de la miséricorde, et la manière dont il a voulu nous sauver… Quand est venue la plénitude des temps, il a fait naître le Fils d’une femme: avec la chair, il nous sauve avec la chair; non pas à partir de la peur, mais par la chair. Dans ce processus de l’Église, nous recevons tant de grâces!
Et vous voyez ce monde malade d’injustice, de manque d’amour, de corruption. Mais c’est vrai, c’est vrai. Aujourd’hui, dans l’avion, en parlant de ce prêtre de plus de 80 ans qui a été tué en France: depuis longtemps, je dis que le monde est en guerre, que nous vivons la troisième guerre mondiale disséminée. Pensons au Nigéria… Des idéologies, oui, mais quelle est l’idéologie d’aujourd’hui, qui est au centre et qui est la mère des corruptions, des guerres? L’idolâtrie de l’argent. L’homme et la femme ne sont plus au sommet de la création, on y a placé l’idole argent, et tout s’achète et se vend avec de l’argent. Au centre, l’argent. On exploite les gens. Et la traite des personnes aujourd’hui ? Il en a toujours été ainsi : la cruauté! J’ai parlé de ce sentiment à un Chef de gouvernement et il m’a dit: ‘‘Il y a toujours eu de la cruauté. Le problème, c’est que nous la regardons maintenant à la télévision, elle s’est rapprochée de notre vie’’. Mais toujours cette cruauté! Tuer, pour de l’argent. Exploiter les gens, exploiter la création. Un Chef de gouvernement africain, récemment élu, quand il est venu en audience, m’a dit : ‘‘Le premier acte de gouvernement que j’ai posé est de reboiser le pays, qui a été désertifié et anéanti’’. Nous ne prenons pas soin de la création. Et cela signifie: davantage de pauvres, davantage de corruption. Mais que pensons-nous quand 80% - plus ou moins, cherchez bien les statistiques et si ce n’est pas 80, c’est 82 ou 78% – des richesses sont dans les mains de moins de 20% des gens. ‘‘Père, ne parlez plus ainsi; que vous êtes communiste!’’. Non, non, ce sont des statistiques! Et qui paie cela? Ce sont les gens qui paient, le peuple de Dieu : les jeunes filles exploitées, les jeunes sans travail. En Italie, parmi les [jeunes] de moins de 25 ans, 40% sont sans travail; en Espagne, 50%; en Croatie, 47%. Pourquoi? Parce qu’il y a une économie liquide, qui favorise la corruption. Scandalisé, un grand catholique, qui est allé chez un ami entrepreneur, me racontait: ‘‘Je te ferai voir comment je gagne vingt mille dollars sans que je bouge de la maison’’. Et avec l’ordinateur, depuis la Californie, il a fait l’acquisition de je ne sais quoi et l’a vendu à la Chine: en 20 minutes, en moins de 20 minutes, il avait gagné ces vingt mille dollars. Tout est liquide! Et les jeunes n’ont pas la culture du travail, parce qu’ils n’ont pas de travail! La terre est morte, parce qu’elle a été exploitée en dépit du bon sens. Et nous continuons ainsi. Le monde se réchauffe, pourquoi? Parce que nous devons gagner. Le gain. ‘‘Nous sommes tombés dans l’idolâtrie de l’argent’’: cela, un Ambassadeur me l’a dit quand il est venu pour les lettres de créance. C’est une idolâtrie.
La miséricorde divine est le témoignage, le témoignage de tant de gens, de tant d’hommes et de femmes, laïcs, jeunes qui font des œuvres: en Italie, par exemple, les associations. Oui, il y a des gens qui sont très rusés; mais on fait toujours du bien, on fait de bonnes choses. Et puis, les institutions pour soigner les malades: des organisations fortes. Emprunter cette voie, faire des choses pour que la dignité humaine grandisse. Mais ce que vous dites est vrai. Nous vivons un analphabétisme religieux, au point où, dans certains sanctuaires du monde, il y a confusion: on va pour prier, il y a des boutiques où on s’achète des objets de piété, les chapelets; mais il y a quelques-unes qui vendent des objets de superstition, parce qu’on cherche le salut dans la superstition, dans l’analphabétisme religieux, ce relativisme qui confond une chose avec une autre. Et là, il faut de la catéchèse, de la catéchèse de vie. La catéchèse qui n’est pas seulement donner les notions, mais accompagner le cheminement. Accompagner est l’une des attitudes les plus importantes ! Accompagner la croissance de la foi. C’est un grand travail et les jeunes attendent cela ! Les jeunes attendent… ‘‘Mais si je commence à parler, ils s’ennuient!’’. Mais donne-leur un travailà faire ! Dis-leur d’aller durant les vacances, quinze jours, aider à construire des logements modestes pour les pauvres, ou à faire quelque chose d’autre. Qu’ils commencent à sentir qu’ils sont utiles. Et là, vous répandez la semence de Dieu. Lentement. Mais uniquement avec les paroles, la chose ne marche pas ! L’analphabétisme religieux d’aujourd’hui, nous devons l’affronter avec les trois langages, avec les trois langues : la langue de l’esprit, la langue du cœur et la langue des mains. Toutes les trois harmonieusement.
Je ne sais pas… Je parle trop! Ce sont des idées que je vous expose. Vous, avec prudence, vous saurez quoi faire. Mais toujours, l’Église en sortie. Une fois, j’ai osé dire: il y a ce verset de l’Apocalypse: ‘‘Je me tiens à la porte et je frappe’’ (3, 20); il frappe à la porte, mais je me demande que de fois le Seigneur frappe de l’intérieur, pour que nous lui ouvrions et pour qu’il puisse sortir avec nous porter l’Évangile dehors. Pas enfermés, dehors! Sortir, sortir! Merci!
S.E. Mgr Leszek Leszkiewicz (Évêque Auxiliaire de Tarnów) :
Saint-Père, notre engagement pastoral se fonde en majeure partie sur le modèle traditionnel de la communauté paroissiale, axée sur la vie sacramentelle. Un modèle qui continue à porter du fruit. Cependant, nous nous rendons compte que, chez nous également, les conditions et les circonstances de la vie quotidienne changent rapidement et exigent de l’Église de nouvelles modalités pastorales. Pasteurs et fidèles ressemblent un peu à ces disciples qui écoutent, s’activent beaucoup, mais ne savent pas toujours faire fructifier ce dynamisme missionnaire intérieur et extérieur des communautés ecclésiales. Saint-Père, dans Evangelii gaudium, vous parlez des disciples missionnaires qui portent avec enthousiasme la Bonne Nouvelle au monde d’aujourd’hui. Que nous suggérez-vous? En quoi nous encouragez-vous, pour que nous puissions édifier dans notre monde la communauté de l’Église de manière fructueuse, féconde, avec joie, avec dynamisme missionnaire ?
Pape François :
Merci ! Je voudrais souligner une chose : la paroisse est toujours valide! La paroisse doit rester: c’est une structure que nous ne devons pas jeter par la fenêtre. La paroisse est vraiment la maison du Peuple de Dieu, la maison où il vit. Le problème, c’est comment j’organise la paroisse! Il y a des paroisses avec des secrétaires paroissiales qui ont l’air d’être des ‘‘disciples de Satan’’, qui effraient les gens! Des paroisses aux portes fermées. Mais il y a aussi des paroisses aux portes ouvertes, des paroisses où, quand quelqu’un vient pour une demande, on dit: ‘‘Oui, oui… Asseyez-vous. Quel est le problème?’’. Et on écoute avec patience… parce que prendre soin du peuple de Dieu est difficile, c’est difficile! Un bon professeur universitaire, un jésuite, que j’ai connu à Buenos Aires, lorsqu’il est allé à la retraite, a demandé au Provincial à aller comme curé dans un quartier pour faire cette expérience. Une fois par semaine, il venait à la Faculté – il dépendait de cette communauté – et un jour il m’a dit: ‘’Dis à ton professeur d’ecclésiologie qu’il manque deux thèmes dans son traité – ‘‘Lesquels’’ – ‘‘Le premier: Le peuple saint de Dieu est fondamentalement fatigant. Et le deuxième: le peuple saint de Dieu, ontologiquement, fait ce qui lui semble mieux. Et cela fatigue’’. Aujourd’hui, être curé est fatigant : conduire une paroisse est fatigant, dans le monde d’aujourd’hui avec tant de problèmes. Et le Seigneur nous a appelés pour que nous nous fatiguions un peu, pour travailler et non pour nous reposer. La paroisse est fatigante lorsqu’elle est bien structurée. Le renouvellement de la paroisse est une des choses que les évêques doivent toujours avoir à l’œil: comment va cette paroisse? Que fais-tu? Comment va la catéchèse? Comment l’enseignes-tu? Est-elle ouverte? Tant de choses… Je pense à une paroisse à Buenos Aires; lorsque les fiancés venaient: ‘‘Nous voudrions nous marier ici…’’ – ‘‘Oui, disait la Secrétaire, voilà les prix’’. Ça, ça ne va pas, une paroisse de ce genre ne va pas. Comme accueille-t-on les personnes? Comment les écoute-t-on? Y a-t-il toujours quelqu’un au confessionnal? Dans les paroisses – non pas celles qui sont dans les petits quartiers, mais dans les paroisses de centre [ville], aux abords des grandes voies – s’il y a un confessionnal avec de la lumière, les gens y vont toujours. Toujours! Une paroisse accueillante. Nous évêques, nous devons demander ceci aux prêtres : ‘‘Comme va ta paroisse ? Et sors-tu? Tu visites les détenus, les malades, les personnes âgées? Et avec les enfants que fais-tu? Comment les fais-tu jouer et comment organises-tu l’oratoire? C’est l’une des grandes institutions paroissiales, au moins en Italie. L’oratoire: les jeunes y jouent et on leur parle, [on leur fait] un peu de catéchèse.
Ils reviennent fatigués à la maison, heureux et avec une bonne graine. La paroisse est importante! Certains disent que la paroisse ne fonctionne plus, parce qu’on est à l’époque des mouvements. Ce n’est pas vrai! Les mouvements aident, mais les mouvements ne doivent pas être une alternative à la paroisse: ils doivent aider dans la paroisse, promouvoir la paroisse, comme le fait la Légion de Marie, comme le fait l’Action Catholique et tant [d’autres] réalités. Chercher la nouveauté et changer la structure paroissiale? Ce que je vous dis pourra sembler être une hérésie, mais c’est comme moi je le vis: je crois que c’est une chose analogue à la structure épiscopale, c’est différent mais analogue. On ne doit pas toucher à la paroisse: elle doit rester en tant qu’un lieu de créativité, de référence, de maternité et de toutes ces choses. Et là, mettre en œuvre cette capacité inventive; et quand une paroisse va ainsi de l’avant, il se réalise ce que j’appelle – au sujet des disciples missionnaires – une «paroisse en sortie». Par exemple, je pense à une paroisse – c’est un bel exemple qui ensuite a été imité par beaucoup – dans un pays où on n’avait pas l’habitude de baptiser les enfants, parce qu’il n’y avait pas d’argent; mais pour la fête patronale on prépare la fête trois-quatre mois à l’avance, avec la visite des maisons; et là on voit combien d’enfants ne sont pas baptisés. On prépare les familles et l’un des évènements de la fête patronale est le baptême de 30-40 enfants qui, autrement, seraient restés sans baptême. Inventer des choses de ce genre. Les gens ne se marient pas à l’église. Je pense à une réunion de prêtres; l’un d’eux s’est levé et a dit: «Sais-tu pourquoi?» et il a exposé beaucoup de raisons que nous partagions: la culture actuelle et ainsi de suite. Mais il y a bon nombre de personnes qui ne se marient pas parce que se marier coûte! Ça coûte! Ça coûte pour tout, la fête… C’est un fait social. Et ce curé, qui était très inventif, a dit: «Celui qui veut se marier, je l’attends». Parce qu’en Argentine il y a deux mariages: on doit toujours aller à la mairie, et là on fait le mariage civil, et ensuite, si tu le veux, tu vas dans le temple de ta religion pour te marier. Certains - beaucoup – ne se marient pas parce qu’ils n’ont pas d’argent pour faire une grande fête… Mais les prêtres qui ont un peu d’idées disent: «Non! Non! Je t’attends!». Tel jour, à la mairie on marie à 11h, 12h, 13h, 14h: ce jour-là, je ne fais pas la sieste! Après le mariage civil ils viennent à l’église, ils se marient et vont en paix. Inventer, chercher, sortir, chercher les gens, partager les difficultés des gens. Mais une paroisse-bureau, aujourd’hui, ça ne va pas! Parce que les gens ne sont pas disciplinés. Vous avez un peuple discipliné, et c’est une grâce de Dieu! Mais en général, les gens ne sont pas disciplinés. Je pense à mon pays: les gens, si tu ne vas pas les chercher, si tu ne t’approches pas, ils ne viennent pas. Voilà le disciple missionnaire, la paroisse en sortie. Sortir chercher, comme a fait Dieu qui a envoyé son Fils nous chercher. Je ne sais pas si c’est une réponse simpliste, mais je n’en ai pas d’autre. Je ne suis pas un théoricien éclairé de la pastorale, je dis ce qui me vient à l’esprit.
S.E. Mgr Krzysztof Zadarko (Evêque auxiliaire de Koszalin-Kolobrzeg) :
Saint-Père, l’un des problèmes les plus angoissants auquel l’Europe d’aujourd’hui est confrontée est la question des réfugiés. Comment pouvons-nous les aider, étant donné qu’ils sont si nombreux? Et que pouvons-nous faire pour surmonter la peur d’une invasion ou d’une agression de leur part qui paralyse toute la société?
Pape François
Merci! Le problème des réfugiés… Les réfugiés n’ont pas toujours été ainsi. Disons que migrants et réfugiés, nous les mettons ensemble. Mon papa était un migrant. Et je racontais au Président [de la Pologne] que dans l’usine où il travaillait il y avait beaucoup de migrants polonais de l’après-guerre; j’étais enfant et j’en ai connu beaucoup. Mon pays est un pays d’immigrés, tous… Et là, il n’y avait pas de problèmes; c’était une autre époque, vraiment. Aujourd’hui, pourquoi y-a-t-il tant de migrations? Je ne parle pas des migrations de sa propre patrie vers l’extérieur: ça, c’est par manque de travail. Il est clair qu’ils vont chercher du travail ailleurs. C’est un problème interne, que vous avez aussi un peu… Je parle de ceux qui viennent chez nous: ils fuient les guerres, la faim. Le problème est là. Et pourquoi le problème est-il là? Parce qu’il y a, dans le pays concerné, une exploitation des gens, il y a une exploitation du pays, il y a une exploitation pour gagner plus d’argent. En parlant avec des économistes mondiaux, qui voient ce problème, ils disent: nous devons faire des investissements dans ces pays; en faisant des investissements ils auront du travail et ils n’auront pas besoin de migrer. Mais il y a la guerre! Il y a la guerre des tribus, quelques guerres idéologiques ou quelques guerres artificielles, préparées par les trafiquants d’armes qui vivent de cela: ils te donnent les armes à toi qui es contre ceux-là, et à ceux-ci qui sont contre toi. Et c’est ainsi qu’ils vivent, eux! En réalité, c’est la corruption qui est à l’origine de la migration. Que faire? Je crois que chaque pays doit voir comment et quand: les pays ne sont pas tous égaux, les pays n’ont pas tous les mêmes possibilités. Oui, mais ils peuvent être généreux! Généreux en tant que chrétiens. Nous ne pouvons pas investir là-bas, mais pour ceux qui viennent… Combien et comment? On ne peut pas donner une réponse universelle, car l’accueil dépend de la situation de chaque pays et aussi de la culture. Mais on peut certainement faire beaucoup de choses. Par exemple, la prière: une fois par semaine l’adoration devant le Saint Sacrement avec la prière pour ceux qui frappent à la porte de l’Europe et ne parviennent pas à entrer. Certains réussissent, mais d’autres, non… Par la suite, quelqu’un entre et prend un chemin qui suscite de la peur. Nous avons des pays qui ont bien su intégrer les migrants depuis des années. Ils ont bien su intégrer. Dans d’autres pays, malheureusement, se sont formés comme des ghettos. Toute une réforme doit être faite au niveau mondial, sur cet engagement, sur l’accueil. Mais c’est un aspect relatif: ce qui est indispensable, c’est le cœur ouvert pour accueillir. C’est ce qui est indispensable! Par la prière, par l’intercession, faire ce que je peux. La manière dont je peux le faireest relative : tous ne peuvent pas le faire de la même manière. Mais le problème est mondial! L’exploitation de la création, et l’exploitation des personnes. Nous sommes en train de vivre un moment d’anéantissement de l’homme comme image de Dieu.
Et je voudrais ici conclure sur cet aspect, car derrière cela il y a les idéologies. En Europe, en Amérique, en Amérique Latine, en Afrique, dans certains pays d’Asie, il y a de véritables colonisations idéologiques. Et l’une d’entre elles – je le dis clairement avec ‘‘nom et prénom’’ – c’est le gender! Aujourd’hui, à l’école, aux enfants – aux enfants - on enseigne ceci: que chacun peut choisir son sexe. Et pourquoi enseigne-t-on cela? Parce que les livres sont ceux des personnes et des institutions qui te donnent l’argent. Ce sont les colonisations idéologiques, soutenues aussi par des pays très influents. Et ça, c’est terrible! En parlant avec le Pape Benoît - qui va bien et qui a une pensée claire -, il me disait: «Sainteté, c’est le temps du péché contre Dieu Créateur!». C’est intelligent! Dieu a créé l’homme et la femme; Dieu a créé le monde ainsi, ainsi, ainsi…, et nous sommes en train de faire le contraire. Dieu nous a donné un état «inculte», pour que nous le fassions devenir culture; mais ensuite, par cette culture, nous faisons des choses qui nous ramènent à l’état «inculte»! Ce qu’a dit le Pape Benoît, nous devons y penser: «C’est le temps du péché contre Dieu Créateur!» Et cela nous aidera.
Mais toi, Christophe, tu me diras: «Quel est le rapport avec les migrants?» Tu sais? C’est un peu le contexte. Par rapport aux migrants je dirai: le problème est là-bas, dans leur pays. Mais comment les accueillons-nous? Chacun doit voir comment. Mais nous pouvons tous avoir le cœur ouvert et penser à faire une heure dans les paroisses, une heure par semaine d’adoration et de prière pour les migrants. La prière déplace les montagnes!
C’étaient les quatre questions. Je ne sais pas… Pardonnez-moi si j’ai trop parlé, mais le sang italien me trahit…
Merci beaucoup de l’accueil et espérons que ces journées nous rempliront de joie: de joie, de grande joie. Et prions la Vierge, qui est Mère et qui nous tient toujours par la main.
Salve Regina
Et n’oubliez pas les grands parents qui sont la mémoire d’un peuple.
[01265-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Pope Francis:
Before beginning our dialogue, with the questions that you prepared, I would like to perform a work of mercy with all of you and to suggest another. I know that these days, with World Youth Day, many of you have been busy and so you couldn’t go to the funeral of Archbishop Zimowski. It is a work of charity to bury the dead, so I would like us all together to say a prayer for Archbishop Zygmunt Zimowski as a genuine sign of fraternal charity, that of burying a dead brother. Our Father… Hail Mary… Glory be... Requiem aeternam…
Then, the other work of mercy I would suggest. I know that you are concerned about this: our dear Cardinal Macharski is very sick. At least stop by, because I think that you cannot see him, since he is unconscious. But at least stop by the hospital and touch the walls, as if to say: “Brother, I am close to you”. Visiting the sick is another work of mercy. I myself plan to go. Thank you.
Now, someone has prepared the questions or at least sent them to me. I am ready.
Archbishop Marek Jędraszewski (Łódź)
Holy Father, it seems that the faithful of the Catholic Church, and more generally all Christians in Western Europe, increasingly find themselves a minority in the midst of a modern, godless, liberal culture. In Poland, we are witnessing a profound clash, an enormous struggle, between faith in God on the one hand, and on the other a way of thinking and acting as if God did not exist. According to you, Holy Father, what kind of pastoral activity should the Catholic Church in our country undertake, so that the Polish people can remain faithful to its more than 1000-year-old Christian tradition? Thank you.
Pope Francis:
You are the Bishop of…?
Archbishop Jędraszewski:
Łódź, where Saint Faustina began her journey, because there she heard Christ telling her to go to Warsaw to become a nun. The story of her life began in my city.
Pope Francis:
You are very privileged!
True, the dechristianization, the secularization of the modern world is powerful, very powerful. But there are also those who say that while it is powerful, there are also clear indications of religiosity, of a reawakening of the religious sense. This too can be dangerous. I believe that in this highly secularized world we have also the other danger, that of a gnostic spiritualization. Secularization makes it possible for us to indulge in a spiritual life which is a little gnostic. We remember that this was the first heresy in the Church – the apostle John went after the gnostics, relentlessly! – it consists in a subjective spirituality, without Christ. For me the bigger problem with secularization is dechristianization: removing Christ, removing the Son. I pray, I feel… and that is all.
This is gnosticism. There is another heresy fashionable nowdays, pelagianism, but let us for the moment disregard it and return to what I was saying [about dechristianization]. To find God without Christ. God but not Christ, people but not Church. Why? Because the Church is a Mother, who gives you life, and Christ is our older brother, the Son of the Father, completely oriented to the Father, who reveals the Father’s name. A Church of orphans: today’s gnosticism, inasmuch as it is a dechristianization, lacking Christ, leads to a Church, or better, to Christians, becoming a people of orphans. We have to make our people see this.
What would I advise? I would say – but I believe it is in the Gospel, where there is precisely the Lord’s own teaching – closeness. Today we, the Lord’s servants – bishops, priests, consecrated persons and committed laypeople – need to be close to God’s people. Without closeness, there are only disembodied words. Let us think – I like to reflect on this – of the two pillars of the Gospel. What are the two pillars of the Gospel? The Beatitudes and Matthew 25, the “criteria” on which all of us will be judged. Concreteness, closeness, touching, the corporal and spiritual works of mercy.
“But you are saying all this because it is fashionable to speak about mercy this year!” No! This is the Gospel! The Gospel, the works of mercy. It shows us the Samaritan heretic who is moved, does what he has to do, and even risks his money! To touch. Then there is Jesus, who was always with people, with the disciples, or alone with the Father in prayer. Closeness. Touching. This is Jesus’s life… And when he was moved, at the gates of the city of Nain (cf. Lk 7:11-17), he went over to touch the bier saying: “Do not weep…” Closeness. It is closeness to touch the suffering flesh of Christ. The Church, the glory of the Church, is of course the martyrs, but also all those men and women who left everything to spend their lives in hospitals and schools, with children and with the sick…
I remember in Central Africa, an elderly Sister with a little girl came to greet me. “I'm not from here, but from the other part of the river, from Congo, but once a week I come here to shop because it is easier”. She told me that she was 83 or 84 years old. “I’ve been here for 23 years, I’m an obstetric nurse and I have delivered two or three thousand babies…” “And you come here alone?” “Yes, we take the canoe…” At 83 years of age! With the canoe, it took her about an hour to get there. This woman – and many others like her – left home (she was an Italian, from Brescia) to touch the flesh of Christ. If we go to the mission countries in the Amazon region and Latin America, in the cemeteries we see the tombs of so many men and women religious who died young because they lacked antibodies for the diseases in those countries, and died young.
The works of mercy: to touch, to teach, to console, to “waste time”. To waste time. I was very pleased once: a man who went to confession was in a situation where he couldn’t receive absolution. He had gone with a certain apprehension, because he had been sent away several times before: “No, no, go away”. The priest listened to him, explained the man’s situation, and told him: “But you keep praying. God loves you. I will give you my blessing. Do you promise to come back?” This priest “wasted time” in order to draw that man towards the sacraments. That is what closeness means.
Since I am talking to bishops about closeness, I think I have to talk about the most important kind of closeness: your closeness to your priests. A bishop must be available to his priests. When I was in Argentina and I would give the Exercises (I love to give the Exercises), I would say to priests: “Go talk to your bishop about this!” “But no, I called him but his secretary tells me that he is very busy right now, but he can receive you three months from now”. Priests treated like this feel orphaned, without a father, without closeness, and they begin to lose heart. When a bishop sees that a priest has called him, he should call him right back, either that evening or the next day. “Sure, I am busy, but is this important? Let’s see if we can work something out”. The priest can then sense that he has a father. If we don’t show our fatherhood to our priests, how can we ask them to be fathers to others? Thus the sense of God’s fatherhood begins to fade. The work of the Son is to touch human weakness: spiritual and corporal. Closeness. The work of the Father: to be a father, a bishop and a father.
Then too, young people. Because we have to talk about young people during these days. The young are “a bother”! Because they always come and say the same things. “Here is what I think…” or, “the Church should do this or that…” We need to be patient with young people. I knew a few priests when I was young. Those were the days when people went to confession more frequently than now. Those priests spent hours listening to the young, or received them in the parish office to hear the same things over and over, but they did so patiently. And then, to take young people out into the country, to the mountains… Think of Saint John Paul II. What did he do with the university students? Yes, he gave them classes, but he also went with them to the mountains! Closeness. He listened to young people, he spent time with them…
There is one last thing I would emphasize, because I believe that the Lord asks it of me: grandparents, the elderly. You suffered under communism, atheism. You know that it was the elderly who preserved and passed on the faith. The elderly possess the memory of a people; they preserve the memory of the faith, the memory of the Church. Don’t waste the elderly! In this throwaway culture, dechristianized as it is, we discard whatever is not useful or helpful. No! The elderly are the memory of a people; they are the memory of the faith. To connect young people with the elderly: this too is closeness. To be close and to build closeness.
That is how I would respond to the question. There are no easy answers, but we have to get our hands dirty. If we wait for the doorbell to ring, or for people to knock on the door… No, we have to go out and seek, like the shepherd who goes out to seek the lost sheep. Anyway, that’s what I think…
Archbishop Sławoj Leszek Głóź (Gdańsk):
Dear Pope Francis, before all else we are most grateful that you have deepened the teaching of mercy inaugurated by Saint John Paul II right here in Kraków. We all know that we are living in a world dominated by injustice: the rich become richer, and the poor become poorer. There is terrorism, and godless liberal ethics and morality… My question is this: How do we apply the teaching of mercy, and above all, to whom? The Pope has been promoting a medicine called “misericordina”, which I have brought along with me: thanks for promoting this…
Pope Francis:
… now there is “misericordina plus”: even stronger!
Archbishop Głóź:
…, yes, and thank you for this “plus”. We too have a “plus” programme promoted by the Government for large families. “Plus” is fashionable. To whom, and how above all? In the first place, to whom should our teaching on mercy be addressed? Thanks.
Pope Francis:
Thank you. This idea of mercy is not something I came up with. It is a process. We can see that Blessed Paul VI had spoken about mercy. Then Saint John Paul II was the giant of mercy, with his encyclical Dives in Misercordia, the canonization of Saint Faustina and then the Octave of Easter: he died on the eve of that day. It is a process going on for years in the Church. It is clear that the Lord asked for a renewal in the Church of this attitude of mercy among the faithful. He is the Merciful One who forgives everything.
I have always been struck by a medieval capital in the Basilica of Saint Mary Magdalen in Vézelay, France, where the Camino of Saint James begins. On that capital, one side shows Judas hanged, his eyes open, his tongue sticking out, while the other side shows the Good Shepherd who carries him. If we look carefully at the face of the Good Shepherd, the lips on one side are sad but on the other they are smiling. Mercy is a mystery. It is a mystery. It is the mystery of God. I did an interview that later became a book called The Name of God is Mercy, but that is a journalistic expression. I think it can be said that God is the Father of mercy. At least Jesus, in the Gospel, makes us see him that way. God punishes in order to convert. And then there are the parables of mercy, and the way he chose to save us. In the fullness of time, he sent his Son to be born of a woman: in the flesh he saves us, in the flesh. Not on the basis of fear, but in the flesh. In this process which has taken place in the Church we receive so many graces.
You see this world reeling from injustice, lack of love, and corruption. True enough. Today, on the airplane, speaking of that priest in his 80s who was killed in France… for some time I have been saying that the world is at war, that we are in a third world war fought piecemeal. We think of Nigeria… Ideologies, yes. But what is the central ideology of today, the one that is the mother of corruption and war? It is the idolatry of money. Men and women are no longer at the apex of creation, replaced by the idol of money, and everything is bought and sold for money. Money at the centre. People exploited. And the way people are being treated today? The same as ever: with cruelty!
I was speaking about this with a government leader, and he told me: “There is always been cruelty. The problem is that today we watch it on television; it has become part of our lives”. Cruelty. Killing for money. Exploiting people, exploiting creation. A newly-elected government leader from Africa came to see me and told me: “My first official act was to re-forest the country, which had been deforested and destroyed”. We don’t care for creation! And this means more poor people, more corruption. What are we thinking, when 80% – more or less, look up statistics and if it’s not 80%, it is 82 or 75% – of the world’s wealth is in the hands of less than 20% of its people. “Please, Father, don’t talk that way, you are talking like a communist!” Far from it, these are the statistics! And who is paying for it? People are paying, the people of God: exploited girls, young people without employment. In Italy, 40% of young people under 25 are unemployed; it is 50% in Spain and in Croatia 47%... And why? Because of a liquid economy that encourages corruption. A good Catholic told me of his scandal when he went to see a business friend of his: “I’ll show you how I can earn $20,000 without leaving home”. And with the computer, from California, he bought something or other and then sold it in China. In twenty minutes, or even less, he had earned $20,000. Everything is liquid! Young people do not have a culture of work because they have no jobs. The earth is dying, because it has been exploited without wisdom. And so we go on. The world is warming, why? Because we have to make money. Profit. “We have succumbed to the idolatry of money”: so an ambassador told me when he came to present his credentials. It is a form of idolatry.
Divine mercy is the witness, the witness of so many people, so many men and women, lay people, young people: in Italy, for example, cooperatives. Sure, there are always a few people too clever for their own good, but so many good things get done. Then there are the institutions to care for the sick: solid organizations. That is another way to do things, to foster human dignity. But what you are saying is true. We are suffering from religious illiteracy to the point that, in some shrines around the world, things get confused: people go there to pray. There are shops that sell objects of devotion like rosaries. But there are others that sell objects of superstition because people seek salvation in superstition. Religious illiteracy and a relativism that confuses one thing with another. And that is where catechesis is needed, lifelong catechesis, a catechesis that not only imparts ideas but accompanies people on their journey. Accompaniment is one of the most important attitudes, being ready to accompany people’s growth in faith.
This takes a lot of effort, but young people are looking for this! Young people are waiting… “If I start to talk, they’ll be bored!” But give them some work to do. Tell them to go, during their holidays, for two weeks, to help build modest homes for the poor or to do something else. They begin to feel that they are useful. And there let God’s seed fall. Slowly. With words alone, nothing happens! Today’s religious illiteracy has to be countered with three languages, with three tongues: the language of the mind, the language of the heart and the language of the hands. All three together, harmoniously.
Anyway… I am talking too much! These are ideas I’m offering. You, in your good judgment, will know what to do. But we must always be a Church that goes forth. Once I dared to talk about that verse in the Book of Revelation: “I am standing at the door, knocking” (3:20). God is knocking at our door. I asked how many times the Lord knocks on our door from within, asking us to open it and let him go out with us, bringing the Gospel. Not staying inside, but going out. Going out! Thank you.
Bishop Leszek Leszkiewicz (Auxiliary of Tarnow):
Holy Father, our pastoral work is based largely on the traditional model of the parish community, centred on the sacramental life. It is model that is still effective. Nonetheless, we are aware that, in our situation too, the circumstances of daily life are changing rapidly and challenge the Church to come up with new pastoral models. Pastors and faithful are a bit like those disciples who are attentive and active, but do not always know how best to exploit the missionary dynamism, interior and exterior, of the ecclesial communities. Holy Father, in Evangelii Gaudium you speak of missionary disciples who enthusiastically bring the Good News to today’s world. What do you suggest to us? Is there a specific way you can encourage us to build up the Church community in our world fruitfully, joyfully and with a missionary spirit?
Pope Francis:
Thank you! I would like to stress one thing: the parish remains valid! The parish must remain. It is a structure that we must not discard; it is the home of God’s People. The problem is how the parish is organized! There are parishes with ungodly parish secretaries who scare people off. Parishes with closed doors. But there also parishes with open doors, parishes where when someone comes to ask a question, they are told: “Come in, make yourself at home, what can we do for you?” And someone listens to them patiently, because caring for the people of God requires patience; it takes effort! A fine university professor, a Jesuit whom I knew in Buenos Aires, asked the provincial when he retired to be assigned as a parish priest in a city neighbourhood, in order to have that experience. Once a week he would come back to the university – he was a member of that community – and one day he told me: “Tell your professor of ecclesiology that there are two things missing in his course”. “What?” First, the holy people of God essentially wear you out. And second, the holy people of God naturally do whatever they think best. And this wears you out! Today being a parish priest is exhausting: managing a parish takes effort nowadays, with so many problems. The Lord has asked us to get a little tired, to work and not to rest.
A parish is exhausting if it is well organized. The renewal of the parish has to be a constant concern of bishops. How is this parish doing? What is it doing? What is its religious education programme like? How well is catechesis being presented? Is the church open? So many things… I think of one parish in Buenos Aires. Whenever an engaged couple arrived to get married, the secretary would immediately begin by saying: “Here are the prices”. This is wrong, parishes like this are wrong. How do we greet people? How attentive are we to them? Is someone always in the confessional? In parishes – not those in the country but in city parishes and those on the highways – if there is a confessional with the light on, people always come. Always! A welcoming parish. These are the questions we bishops should be asking our priests. “How is your parish doing. Do you go out? Do you visit the imprisoned, the sick, the elderly? What about the children? Do you have a place for them to play? What about the oratory? The oratory is one of the great parish institutions, at least in Italy. There kids play and learn a little catechesis. They come home tired, happy, and a good seed has been sown.
So the parish is important! There are those who say that the parish is no longer relevant because this is the hour of the movements. That is not true! The movements help, but the movements must not be an alternative to the parish. They must help in the parish, contribute to the parish, like the confraternities, Catholic Action and so many other groups. To want to innovate and change the parish structure? What I am saying may seem heretical, but it is how I see things. I believe the parish structure is analogous to the episcopal structure, different but analogous. The parish cannot be touched; it has to remain as a place of creativity, a reference point, a mother, all these things. It is where that inventiveness has to find expression.
When a parish does all this, it becomes – with regard to missionary disciples – what I call a “parish that goes forth”. For example, I think about one parish – a good example that was later imitated by many – in a town where children tended not to be baptized because people didn’t have a lot of money. But they would prepare for the patronal feast three or four months beforehand by visiting homes and seeing how many children were unbaptized. They would then prepare the families and as part of the patronal feast they would baptize thirty or forty children who otherwise would not have been baptized.
Coming up with things of this kind... People don’t get married in Church. I think of a priests meeting where someone got up and said: “Have you considered why?” And he gave all those reasons we know about: the present culture, etc. But there are lots of people who do not get married because it is expensive! It costs money. Everything costs money… the party… it is a big social event. And that priest, who was quite creative, said: “If anyone wants to get married, I will wait for you”. Because in Argentina, we have two weddings: first you get married civilly and then you go to your place of worship and get married. Some – many! – do not come [to the Church] to get married because they don’t have the money for a big party… But the priests who are smart say: “Don’t worry, I’ll wait for you!” “On the days that the civil marriage office is open – from 11 to 12 and from 1-2 – I won’t take my siesta!” So after the civil marriage the couples come to the Church, get married and leave in peace.
To be creative, to try to go out and meet people, to put yourself in people’s shoes. Nowadays parishes that are “offices” don’t work, because people are not disciplined. Your people are disciplined, and this is a grace of God. But people in general are not disciplined – I think of my own country: if you don’t go out to find them, if you don’t approach them, they do not come. This is what it means to be a missionary disciple, a parish that goes forth. To go out and look for people, as God did, when he sent his Son to find us.
I don’t know if this is a simplistic answer, but I don’t have any other. I’m not a brilliant pastoral theologian, I just say whatever comes to mind.
Bishop Krzysztof Zadarko (Auxilary of Koszalin-Kołobrzeg):
Holy Father, one of the most troubling problems facing Europe today is the question of refugees. How can we help them, since they are so numerous? And what can we do to counter fears of an invasion or aggression on their part, which would paralyze society as a whole?
Pope Francis:
Thank you! The problem of refugees… It wasn’t always like this. Let’s speak of migrants and refugees, considering the two together. My father was a migrant. I told the President [of Poland] that in the factory where my father worked, there were many Polish immigrants, in the period after the war. I was a child and I knew many of them. My country is a country of immigrants, everybody… And there were no problems. Other times, really…
Why is there so much migration today? I am not talking about emigration from one's own country to another. This is due to lack of work; it is clear that people leave to seek employment abroad. This is a domestic problem, which you yourselves have to some extent… Here I am speaking of those who come to us, fleeing from wars, from hunger. The problem is back there. Why is the problem there? Because in those countries people are exploited, the earth is being exploited, there is exploitation for the sake of making more money. In talking with world economists who see this problem, they say: “We need to invest in these countries. Investments will lead to employment and then there will be no need to emigrate”. But there is war! There is tribal warfare, ideological wars or other artificial wars created by arms traffickers who make a living from this. They give weapons to you, who are against them, and to them, who are against you. That is how they make a living!
Corruption is really at the origin of migration. What can be done? I believe that every country has to look at times and means. Not all countries are alike; not all countries have the same possibilities. But they do have the possibility of being generous! Generous as Christians. We cannot invest there, but for those who come here…
How many and how? There is no one answer that fits every case. For acceptance depends on the situation of each country and culture. But certainly many things can be done. For example, weekly prayer to the Blessed Sacrament, prayer for those who knock at Europe’s door and are unable to enter. Some do, but others don’t… Then one does enter and takes a path that generates fear. We have countries that for years have done a good job of integrating migrants. They have integrated them well. In others, unfortunately, certain ghettos have formed. A whole reform has to take place, on a worldwide level, with regard to this commitment and acceptance. But that is something relative: what is absolute is a welcoming heart. That is absolute! With prayer and intercession, by doing what I can. What is relative is the way I am able to do it. Not everyone can do it the same way. The problem is worldwide! The exploitation of creation, and the exploitation of persons. We are experiencing a moment of the annihilation of man as the image of God.
I would like to conclude with this aspect, since behind all this there are ideologies. In Europe, America, Latin America, Africa, and in some countries of Asia, there are genuine forms of ideological colonization taking place. And one of these - I will call it clearly by its name – is [the ideology of] “gender”. Today children – children! – are taught in school that everyone can choose his or her sex. Why are they teaching this? Because the books are provided by the persons and institutions that give you money. These forms of ideological colonization are also supported by influential countries. And this terrible!
In a conversation with Pope Benedict, who is in good health and very perceptive, he said to me: “Holiness, this is the age of sin against God the Creator”. He is very perceptive. God created man and woman; God created the world in a certain way… and we are doing the exact opposite. God gave us things in a “raw” state, so that we could shape a culture; and then with this culture, we are shaping things that bring us back to the “raw” state! Pope Benedict’s observation should make us think. “This is the age of sin against God the Creator”. That will help us.
But you will say to me: “What does this have to do with migrants?” It has to do with the overall situation, no? As for migrants, I would say: the problem is there in their native lands… But how do we welcome them? Everyone has to determine how. But all of us can have an open heart and think of spending an hour in the parishes, an hour of adoration and prayer for migrants. Prayer moves mountains!
These are the four questions. Anyway... Pardon me if I’ve talked too much, but my Italian blood betrays me…
Thank you very much for your welcome, and let us hope these days will fill us with great joy. Let us now pray to Our Lady, who is our Mother and who always takes us by the hand.
Salve Regina…
And don’t forget the elderly, who are the memory of a people.
[01265-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
(Papst Franziskus)
Bevor wir mit dem Gespräch beginnen, mit den Fragen, die Sie vorbereitet haben, möchte ich gemeinsam mit Ihnen allen ein Werk der Barmherzigkeit vollbringen und ein weiteres vorschlagen. Ich weiß, dass viele von Ihnen in diesen Tagen mit dem Weltjugendtag äußerst beschäftigt waren und nicht an den Exequien für den lieben Bischof Zimowski teilnehmen konnten. Es ist ein Werk der Barmherzigkeit, die Toten zu begraben. So möchte ich, dass wir jetzt alle gemeinsam ein Gebet für Bischof Zygmund Zimowski sprechen und dass das ein echter Ausdruck der Bruderliebe sei, einen Bruder zu begraben, der gestorben ist. Pater noster… Ave Maria… Gloria Patri… Requiem aeternam…
Und dann das andere Werk der Barmherzigkeit, das ich vorschlagen möchte. Ich weiß, dass Sie darum besorgt sind: Unser lieber Kardinal Macharski ist sehr krank… Wenigstens in seine Nähe kommen, denn ich glaube, dass man dort, wo er bewusstlos liegt, keinen Zugang hat; aber wenigstens zur Klinik, zum Krankenhaus kommen und die Wand berühren, als sagte man: „Bruder, ich bin dir nahe.“ Die Kranken zu besuchen, ist ein weiteres Werk der Barmherzigkeit. Auch ich werde dort hingehen. Danke.
Und nun – jemand von Ihnen hat Fragen vorbereitet; wenigstens sind sie mir zugeschickt worden. Ich stehe zur Verfügung.
(Bischof Marek Jędraszewski)
Heiliger Vater, es scheint, dass die Gläubigen der katholischen Kirche und allgemein alle Christen in Westeuropa sich in dem Umfeld einer zeitgenössischen atheistisch-liberalen Kultur zunehmend in der Minderheit befinden. In Polen erleben wir eine tiefgreifende Konfrontation, einen enormen Kampf zwischen dem Glauben an Gott auf der einen Seite und – auf der anderen Seite – einem Denken und einem Lebensstil, als gebe es Gott nicht. Welche Art pastoraler Aktionen müsste die katholische Kirche in unserem Land unternehmen, damit das polnische Volk seiner bereits über tausendjährigen Tradition treu bleibt? Danke.
(Papst Franziskus)
Exzellenz, Sie sind Bischof von…?
(Bischof Marek Jędraszewski)
Von Łódź, wo der Weg der heiligen Faustina begonnen hat; denn gerade dort hat sie die Stimme Christi gehört, nach Warschau zu gehen und Nonne zu werden, gerade in Łódź. Die Geschichte ihres Lebens hat in meiner Stadt begonnen.
(Papst Franziskus)
Sie können sich glücklich schätzen!
Es stimmt, die Entchristlichung, die Säkularisierung der modernen Welt ist stark. Sie ist sehr stark. Doch mancher sagt: Ja, sie ist stark, aber es sind Erscheinungen von Religiosität zu beobachten, die an ein Erwachen des religiösen Empfindens denken lassen. Und das kann auch eine Gefahr sein. Ich glaube, dass wir in dieser so säkularisierten Welt auch der anderen Gefahr gegenüberstehen: jener der gnostischen Spiritualisierung. Diese Säkularisierung gibt uns die Möglichkeit, ein etwas gnostisches spirituelles Leben entstehen zu lassen. Erinnern wir uns, dass dies die erste Häresie der Kirche war. Der Apostel Johannes schlägt auf die Gnostiker ein – und wie, mit welchem Nachdruck! – überall da, wo eine subjektive Spiritualität herrscht, ohne Christus. Das schwerwiegendste Problem dieser Säkularisierung ist meines Erachtens die Entchristlichung: Christus ausklammern, den Sohn Gottes ausklammern. Ich bete, ich empfinde… und weiter nichts. Das ist Gnostizismus.
Es gibt noch eine andere Häresie, die ebenfalls in diesem Moment in Mode ist, aber die lasse ich beiseite, denn Ihre Frage, Exzellenz, geht in diese Richtung. Es gibt auch einen Pelagianismus, aber das lassen wir beiseite, um zu einem späteren Zeitpunkt darüber zu sprechen.
Gott finden ohne Christus: ein Gott ohne Christus, ein Volk ohne Kirche. Was soll das? Denn die Kirche ist die Mutter, die dir das Leben gibt; und Christus ist der ältere Bruder, der Sohn des Vaters, der sich auf den Vater bezieht und dir den Namen des Vaters offenbart. Eine verwaiste Kirche: Der Gnostizismus von heute ist eine wirkliche Entchristlichung – ohne Christus – und darum führt er uns zu einer Kirche, besser gesagt, zu einem Volk von Christen, die verwaist sind. Und das müssen wir unserem Volk deutlich machen.
Was ich anraten würde? Mir kommt in den Sinn – aber ich glaube, es ist die Praxis des Evangeliums, wo es eigens die Lehre des Herrn ist – die Nähe. Heute müssen wir Diener des Herrn – Bischöfe, Priester, gottgeweihte Personen, überzeugte Laien – dem Gottesvolk nahe sein. Ohne Nähe gibt es nur fleischloses Wort. Denken wir – und mir gefällt dieser Gedanke – an die zwei Pfeiler des Evangeliums. Welches sind die beiden Pfeiler des Evangeliums? Die Seligpreisungen und dann Matthäus 25, das „Protokoll“, nach dem wir alle gerichtet werden. Konkretheit. Nähe. Berührung. Die Werke der Barmherzigkeit, sowohl der leiblichen als auch der geistlichen. – „Aber Sie sagen das, weil es Mode ist, in diesem Jahr von der Barmherzigkeit zu sprechen…“ Nein, es ist das Evangelium! Das Evangelium der Werke der Barmherzigkeit. Da ist dieser häretische oder ungläubige Samariter, der innerlich erschüttert ist und tut, was er tun muss, und sogar sein Geld riskiert! Berühren. Da ist Jesus, der immer unter dem Volk oder beim Vater war: entweder im Gebet allein beim Vater oder unter dem Volk, dort, mit den Jüngern. Nähe. Berühren. Das ist das Leben Jesu… Wenn er sich innerlich erschüttern ließ… Am Stadttor von Naïn war er von Mitleid gerührt, ging hin, berührte die Bahre und sagte: „Weine nicht!“ (vgl. Lk 7,11-17). Nähe. Und die Nähe bedeutet, den leidenden Leib Christi zu berühren. Die Kirche, der Ruhm der Kirche sind die Märtyrer, sicher, aber es sind auch viele Männer und Frauen, die alles verlassen und ihr Leben in den Krankenhäusern, in den Schulen, mit den Kindern, mit den Kranken verbracht haben… Ich erinnere mich an eine kleine Schwester in Zentralafrika, 83/84 Jahre alt, mager, tüchtig, mit einem kleinen Mädchen… Sie kam, um mich zu begrüßen: „Ich bin nicht von hier, ich komme von jenseits des Flusses, aus dem Kongo. Aber einmal pro Woche komme ich hierher, um einzukaufen, denn hier ist es billiger. Seit 23 Jahren bin ich hier; ich bin Krankenschwester, Hebamme; ich habe zwei- bis dreitausend Kinder zur Welt gebracht…“ – „Ah… und Sie kommen allein hierher?“ – „Ja, ja, wir nehmen das Kanu…“. Mit 83 Jahren! Nach einer Stunde mit dem Kanu kam sie an. Diese Frau und viele wie sie haben ihr Land verlassen – sie ist Italienerin, aus Brescia –, um den Leib Christi zu berühren. Wenn wir in diese Missionsländer gehen, ins Amazonas-Gebiet, nach Lateinamerika, finden wir auf den Friedhöfen die Gräber vieler Ordensfrauen und -männer, die jung gestorben sind, weil sie für die Krankheiten jenes Landes keine Antikörper besaßen und ihnen dann in jungen Jahren erlagen… Die Werke der Barmherzigkeit: berühren, lehren, trösten, „Zeit verlieren“…
Zeit verlieren. Da hat mir einmal etwas sehr gefallen: Ein Mann ging zur Beichte, befand sich aber in einer Situation, in der er keine Absolution erhalten konnte. Er war mit einigem Bangen gekommen, denn er war schon einige Male fortgeschickt worden: „Nein, nein… scher dich fort!“. Der Priester hat ihm zugehört, hat ihm die Situation erklärt und ihm gesagt: „Du aber bete! Gott liebt dich. Ich erteile dir den Segen, komm aber wieder. Versprichst du mir das?“ Dieser Priester hat „Zeit verloren“, um den Mann zu den Sakramenten hinzuziehen. Das heißt Nähe.
Und da ich zu Bischöfen über Nähe spreche, glaube ich, dass ich über die wichtigste Nähe sprechen muss: die Nähe zu den Priestern. Der Bischof muss für seine Priester verfügbar sein. Als ich in Argentinien war, habe ich, wenn ich Exerzitien predigte – das habe ich immer gerne getan – und zu den Priestern sagte: „Sprich darüber mit deinem Bischof…“, viele, viele Male gehört: „Aber nein, ich habe ihn angerufen; die Sekretärin hat mir gesagt: Nein, er ist überaus beschäftigt, aber in drei Monaten wird er dich empfangen“. – So ein Priester fühlt sich als Waise, ohne Vater, ohne Nähe und beginnt, sich fallen zu lassen. Ein Bischof, der am Abend, wenn er heimkommt, auf dem Blatt mit den Telefongesprächen den Anruf eines Priesters sieht, muss diesen entweder noch am selben Abend oder am nächsten Tag sofort anrufen. „Ja, ich bin beschäftigt, aber ist es dringend?“ – „Nein, nein, aber machen wir etwas aus…“. Damit der Priester spürt, dass er einen Vater hat. Wenn wir den Priestern die Vaterfigur vorenthalten, können wir von ihnen nicht verlangen, dass sie selbst Vaterfiguren sind. Und so rückt das Empfinden für die Vaterschaft Gottes in die Ferne. Das Werk des Sohnes ist, die menschlichen Erbärmlichkeiten – die geistlichen wie die leiblichen – zu berühren. Die Nähe. Das Werk des Vaters ist, Vater zu sein, ein väterlicher Bischof.
Und dann die Jugendlichen – denn in diesen Tagen muss man von den jungen Menschen sprechen. Die Jugendlichen sind „lästig“! Denn sie kommen immer die gleichen Dinge zu sagen; oder: „Ich sehe das aber so…“ oder: „die Kirche müsste…“, und es braucht Geduld mit den jungen Leuten. Ich habe als Junge mehrere Priester kennengelernt – es war eine Zeit, in der der Beichtstuhl häufiger aufgesucht wurde als jetzt –; sie verbrachten Stunden um Stunden damit, zuzuhören, oder sie empfingen einen im Pfarrbüro, um dieselben Dinge zu hören… aber mit Geduld. Und außerdem, die jungen Leute aufs Land oder in die Berge mitnehmen… Denken Sie an den heiligen Johannes PaulII.: Was machte er mit den Universitätsstudenten? Ja, er hielt die Lektionen, aber dann ging er mit ihnen in die Berge! Nähe. Er hörte ihnen zu. Er war mit den jungen Leuten zusammen…
Und ein Letztes möchte ich unterstreichen, denn ich glaube, dass der Herr es von mir verlangt: die Großeltern. Sie, die Sie unter dem Kommunismus, unter dem Atheismus gelitten haben, wissen, dass es die Großväter und die Großmütter waren, die den Glauben gerettet und weitergegeben haben. Die Großeltern haben das Gedächtnis eines Volkes, haben das Gedächtnis des Glaubens, das Gedächtnis der Kirche. Nicht die Großeltern „ausrangieren“! In dieser Wegwerfkultur, die eben entchristlicht ist, wird ausgesondert, was nicht nützlich ist, was nicht funktioniert. Nein! Die Großeltern sind das Gedächtnis des Volkes, sie sind das Gedächtnis des Glaubens. Und die jungen Menschen mit den Großeltern verbinden – auch das ist Nähe. Nahe sein und Nähe schaffen. So würde ich auf diese Frage antworten. Es gibt keine Rezepte, aber wir müssen uns auf den Kampfplatz begeben. Wenn wir warten, bis sie anrufen oder an die Tür klopfen… Nein. Wir müssen hinausgehen und suchen, wie der Hirte, der sich auf die Suche nach den Verlorenen macht. Ich weiß nicht, das ist es, was mir dazu einfällt. Ganz einfach.
(Bischof Sławoj Leszek Głódź, Erzbischof von Danzig)
Lieber Papst Franziskus, vor allem sind wir sehr dankbar, dass Papst Franziskus die Lehre von der Barmherzigkeit vertieft hat, die der heilige Johannes PaulII. gerade hier in Krakau begonnen hatte. Wir alle wissen, dass wir in einer von Ungerechtigkeit beherrschten Welt leben: Die Reichsten werden immer noch reicher, die Armen verelenden, es gibt den Terrorismus, es gibt liberale Formen von Ethik und Moral, ohne Gott… Und meine Frage lautet: Wie – und vor allem auf wen – soll man die Lehre von der Barmherzigkeit anwenden? Der Heilige Vater hat eine Medizin propagiert, die sich „misericordina“ nennt und die ich hier bei mir habe: Danke für die Kampagne…
(Papst Franziskus)
…aber jetzt kommt die „misericordina plus“: Die ist noch stärker!
(Bischof Sławoj Leszek Głódź)
…ja, und danke für dieses „Plus“. Wir haben hier das auch von der Regierung geförderte „Plus“-Programm für kinderreiche Familien. Dieses „Plus“ ist in Mode. Mir geht es vor allem um das „Für wen?“ und das „Wie?“. An erster Stelle: Wer müsste der Adressat unserer Lehre von der Barmherzigkeit sein? Danke.
(Papst Franziskus)
Danke. Das mit der Barmherzigkeit ist nicht etwas, das mir in den Sinn gekommen ist. Es ist ein Prozess. Wenn wir es recht betrachten, finden wir bereits beim seligen PaulVI. einige Andeutungen über die Barmherzigkeit. Dann war der heilige Johannes PaulII. ein „Gigant“ der Barmherzigkeit, mit der Enzyklika Dives in misericordia, mit der Heiligsprechung der Schwester Faustina und dann mit dem Sonntag nach Ostern – am Vorabend jenes Tages ist er gestorben. Es ist seit Jahren ein Prozess in der Kirche. Man sieht, dass der Herr verlangte, in der Kirche diese Haltung der Barmherzigkeit unter den Gläubigen neu zu erwecken. Er ist der Barmherzige, der alles verzeiht.
Mich beeindruckt sehr ein mittelalterliches Kapitell in der Basilika der heiligen Maria Magdalena zu Vézelay in Frankreich, wo der Jakobsweg beginnt. Auf diesem Kapitell sieht man auf der einen Seite Judas, der sich erhängt hat, mit offenen Augen und herausgestreckter Zunge, und auf der anderen Seite sieht man den Guten Hirten, der ihn mit zu sich nimmt. Und wenn wir genau und ganz aufmerksam hinschauen, bemerken wir, dass das Gesicht des Guten Hirten, seine Lippen auf der einen Seite einen traurigen Ausdruck haben, auf der anderen Seite aber ein Lächeln zeigen. Die Barmherzigkeit ist ein Geheimnis, sie ist ein Geheimnis. Sie ist das Geheimnis Gottes.
Man hat mich interviewt und daraus wurde dann ein Buch gemacht mit dem Titel „Der Name Gottes ist Barmherzigkeit“. Doch das ist ein journalistischer Ausdruck; ich meine, dass man sagen kann, dass Gott der barmherzige Vater ist. Zumindest präsentiert Jesus ihn so im Evangelium. Er straft, um zur Umkehr zu führen. Und außerdem die Gleichnisse von der Barmherzigkeit und die Weise, wie er uns retten wollte… Als die Zeit erfüllt war, ließ er seinen Sohn von einer Frau zur Welt bringen: leiblich, er rettet uns mit dem Leib; nicht aufgrund der Angst, sondern vom Leib ausgehend. In diesem Prozess der Kirche empfangen wir so viele Gnaden.
Und Sie sehen diese Welt, die an Ungerechtigkeit, an fehlender Liebe und an Korruption krankt. Aber das ist wahr, das ist wahr. Heute kam im Flugzeug die Rede auf diesen über achtzig Jahre alten Priester, der in Frankreich getötet wurde: Seit langem sage ich, dass die Welt im Krieg ist, dass wir den stückweise geführten dritten Weltkrieg erleben. Denken wir an Nigeria… Ideologien, ja, aber was ist die heutige Ideologie, die im Mittelpunkt steht und die Mutter der Korruptionen und der Kriege ist? Die Vergötterung des Geldes. Nicht mehr der Mensch ist die Krönung der Schöpfung; an seine Stelle ist der Götze Geld gesetzt worden, und alles wird für Geld gekauft und verkauft. Im Zentrum steht das Geld. Die Menschen werden ausgebeutet. Und der Menschenhandel heute? Immer war es so: die Grausamkeit! Ich habe darüber mit einer Regierungschefin gesprochen und sie hat mir gesagt: „Grausamkeit hat es immer gegeben. Das Problem ist, dass wir sie jetzt im Fernsehen sehen; sie hat sich unserem Leben genähert.“ Aber immer diese Grausamkeit. Töten um des Geldes willen. Die Menschen und die Schöpfung ausbeuten. Ein kürzlich gewählter afrikanischer Regierungschef hat mir in der Audienz gesagt: „Der erste Regierungsakt, den ich unternommen habe, war die Wiederaufforstung des Landes, das entwaldet und zugrunde gerichtet war.“ Wir kümmern uns nicht um die Schöpfung! Und das bedeutet mehr Arme und mehr Korruption.
Aber was denken wir, wenn achtzig Prozent – mehr oder weniger, schauen Sie in den Statistiken nach; wenn nicht achtzig, dann sind es zweiundachtzig oder achtundsiebzig – des Reichtums in den Händen von weniger als zwanzig Prozent der Bevölkerung sind? „Pater, reden Sie nicht so, Sie sind Kommunist!“ Nein, nein, das sind Statistiken! Und wer bezahlt das? Die Leute, das Gottesvolk: die ausgebeuteten Mädchen, die arbeitslosen Jugendlichen. In Italien sind vierzig Prozent der jungen Menschen unter fünfundzwanzig Jahren arbeitslos; in Spanien sind es fünfzig Prozent, in Kroatien siebenundvierzig. Warum? Weil es die „liquid economy“ gibt, die die Korruption begünstigt. Ein bedeutender Katholik erzählte mir schockiert, dass ein Freund ihm sagte: „Ich zeige dir, wie ich zwanzigtausend Dollar verdiene, ohne aus dem Haus zu gehen.“ Und von Kalifornien aus tätigte er mit dem Computer einen Ankauf von ich weiß nicht was und verkaufte das Erworbene weiter nach China. In zwanzig Minuten, in weniger als zwanzig Minuten hatte er diese zwanzigtausend Dollar verdient. Alles ist im Fluss! Und die jungen Leute besitzen keine Kultur der Arbeit, weil sie keine Arbeit haben! Der Boden ist tot, weil er ohne jede Klugheit ausgebeutet worden ist. Und so machen wir weiter. Die Welt erwärmt sich. Warum? Weil wir verdienen müssen. Der Gewinn. „Wir sind in die Vergötterung des Geldes gefallen“, hat mir ein Botschafter bei seiner Vorstellung gesagt. Das ist Götzendienst.
Die göttliche Barmherzigkeit ist das Zeugnis, das Zeugnis vieler Menschen – Männer und Frauen, Jugendliche –, die Werke tun: in Italien zum Beispiel das Genossenschaftswesen. Ja, es gibt einige, die allzu gerissen sind, aber immer wird Gutes getan, werden gute Dinge verwirklicht. Und dann die Einrichtungen für die Pflege der Kranken: leistungsstarke Einrichtungen. Diesen Weg muss man einschlagen, etwas für den Aufbau der Menschenwürde tun.
Doch was Sie sagen, ist wahr. Wir erleben einen religiösen Analphabetismus. Das geht so weit, dass in einigen Heiligtümern der Welt die Dinge durcheinandergebracht werden: Man geht, um zu beten, es gibt Läden mit Devotionalien, Rosenkränzen…, aber in einigen Geschäften werden auch Dinge verkauft, die sich auf Aberglauben beziehen, weil man das Heil im Aberglauben sucht, im religiösen Analphabetismus, diesem Relativismus, der das eine mit dem anderen verwechselt. Und dort ist die Katechese gefragt, die Lebens-Katechese. Die Katechese, die nicht nur darin besteht, Kenntnisse zu vermitteln, sondern darin, den Weg zu begleiten. Das Begleiten ist eine der wichtigsten Haltungen! Das Wachstum des Glaubens begleiten. Es ist eine große Arbeit, und die jungen Leute erwarten das! Die jungen Leute warten… „Aber wenn ich anfange zu reden, langweilen sie sich!“ Aber gib ihnen etwas zu tun! Sag ihnen, sie sollen während der Ferien für zwei Wochen beim Bau von bescheidenen Wohnungen für die Armen helfen oder irgendetwas anderes auf die Beine stellen! Dass sie anfangen zu spüren, dass sie nützlich sind. Und dort lass dann den Samen Gottes fallen. Ganz allmählich. Doch allein mit Worten funktioniert das nicht! Den heutigen religiösen Analphabetismus, den müssen wir mit drei Formen der Sprache angehen: mit der Sprache des Verstands, der Sprache des Herzens und der Sprache der Hände. Alle drei im Einklang miteinander.
Ich weiß nicht… ich rede zu viel! Es sind Gedanken, die ich Ihnen vorlege. Sie werden mit Ihrer Klugheit wissen, was zu tun ist. Doch immer Kirche im Aufbruch! Einmal habe ich im Zusammenhang mit jenem Vers aus der Offenbarung des Johannes: „Ich stehe vor der Tür und klopfe an“ (3,20) zu sagen gewagt: Er klopft an die Tür, aber ich frage mich, wie oft der Herr von innen an die Tür klopft, damit wir ihm öffnen und er zusammen mit uns hinausgehen kann, um das Evangelium nach draußen zu tragen. Nicht eingeschlossen, hinaus! Hinausgehen, hinausgehen! Danke.
(Bischof Leszek Leszkiewicz, Weihbischof von Tarnów)
Heiliger Vater, unser pastoraler Einsatz basiert größtenteils auf dem traditionellen Modell der Pfarrgemeinde, die auf dem sakramentalen Leben aufgebaut ist. Es ist ein Modell, das hier immer noch Früchte trägt. Dennoch wird uns bewusst, dass sich auch bei uns die Bedingungen und die Umstände des täglichen Lebens rasch ändern und von der Kirche neue pastorale Handlungsweisen verlangen. Beide – Hirten wie Gläubige – ähneln wir ein wenig jenen Jüngern, die hören, sich sehr zu schaffen machen, aber nicht immer verstehen, die innere und äußere missionarische Dynamik der kirchlichen Gemeinschaften fruchtbar werden zu lassen. Heiliger Vater, sie sprechen in Ihrem Schreiben Evangelii gaudium von den missionarischen Jüngern, die der Welt von heute voller Begeisterung die Frohe Botschaft bringen. Was empfehlen Sie uns? Worin ermutigen Sie uns, damit wir in unserer Welt die Gemeinschaft der Kirche erfolgreich, fruchtbar, freudig und mit missionarischem Schwung aufbauen können?
(Papst Franziskus)
Danke! Eines möchte ich unterstreichen: Die Pfarrgemeinde ist nach wie vor wertvoll! Die Pfarrei muss bleiben: Sie ist eine Struktur, die wir nicht über Bord werfen dürfen. Die Pfarrei ist ja gerade das Haus des Gottesvolkes, in dem es lebt. Die Frage ist, wie ich die Pfarrei gestalte! Es gibt Pfarreien mit Pfarrsekretärinnen, die „Jüngerinnen Satans“ zu sein scheinen, die die Leute erschrecken. Pfarreien mit geschlossenen Türen. Aber es gibt auch Pfarreien mit offenen Türen, Pfarreien, in denen, wenn jemand mit einer Frage kommt, gesagt wird: „Ja, ja… bitte, nehmen Sie Platz! Was haben Sie auf dem Herzen?“ Und man hört zu, mit Geduld… Denn sich um das Volk Gottes kümmern ist anstrengend, ist anstrengend! Ein tüchtiger Universitätsprofessor, ein Jesuit, den ich in Buenos Aires kennen lernte, bat im Moment seiner Pensionierung den Provinzial, als Pfarrer in ein Stadtviertel gehen zu dürfen, um diese andere Erfahrung zu machen. Einmal pro Woche kam er in die Fakultät – er gehörte zu jener Gemeinschaft – und eines Tages sagte er mir: „Sag deinem Professor für Ekklesiologie, dass in seinem Traktat zwei Thesen fehlen“ – „Welche?“ – „Erstens: Das heilige Volk Gottes ist wesentlich ermüdend. Und zweitens: Das heilige Volk Gottes tut ontologisch das, was ihm besser scheint. Und das macht müde!“ Heute Pfarrer zu sein, ist anstrengend: In dieser heutigen Welt mit so vielen Problemen eine Pfarrei voranzubringen, ist mühsam. Und der Herr hat uns berufen, damit wir uns ein wenig anstrengen; um zu arbeiten und nicht um auszuruhen. Die Pfarrei ist ermüdend, wenn sie einen guten Grundansatz hat.
Die Erneuerung der Pfarrei ist eines der Dinge, die die Bischöfe immer vor Augen haben müssen: Wie geht es dieser Pfarrei? Was tust du? Wie läuft die Katechese? Wie lehrst du sie? Ist sie offen? So viele Dinge… Ich denke an eine Pfarrei in Buenos Aires; wenn die Verlobten kamen: „Wir möchten hier heiraten…“ – „Ja – sagte die Sekretärin – dies sind die Preise.“ Das geht nicht; eine solche Pfarrei ist nicht in Ordnung. Wie werden die Menschen aufgenommen? Wie hört man ihnen zu? Ist immer jemand im Beichtstuhl? Wenn es in den Pfarrkirchen – nicht in den kleinen Quartieren, sondern in denen, die im Zentrum, an den Hauptstraßen liegen – einen Beichtstuhl gibt, in dem das Licht an ist, gehen die Leute immer hin. Immer. Eine einladende Pfarrei. Wir Bischöfe müssen unseren Priestern diese Fragen stellen: „Wie geht es deiner Pfarrei? Und gehst du hinaus? Besuchst du die Gefangenen, die Kranken, die alten Frauen? Und was unternimmst du mit den Kindern? Wie bringst du sie zum Spielen, und wie förderst du das Oratorium? Das ist eine der großen Einrichtungen auf Pfarreiebene, zumindest in Italien. Das Oratorium. Dort spielen die Kinder und man vermittelt ihnen ein Wort, ein wenig Katechese. Müde, zufrieden und mit einem guten Samen im Herzen kehren sie nach Hause zurück. Die Pfarrei ist wichtig! Hier und da wird gesagt, die Pfarrei tauge nichts mehr, weil jetzt die Stunde der Bewegungen ist. Das ist nicht wahr! Die Bewegungen helfen, aber sie dürfen keine Alternative zur Pfarrei darstellen: Sie müssen sich in der Pfarrei nützlich machen und sie fördern, wie die Marianische Kongregation, wie die Katholische Aktion und viele andere.
Die Neuheit suchen und die Pfarrstruktur ändern? Was ich Ihnen sage, mag vielleicht wie eine Häresie erscheinen, aber es ist, wie ich es erlebe: Ich glaube, dass sie etwas Ähnliches wie die bischöfliche Struktur ist, sie ist anders, aber ähnlich. An die Pfarrei darf man nicht rühren: Sie muss bestehen bleiben als ein Ort der Kreativität, als Bezugspunkt, als ein mütterlicher Hort… Und dort diesen Erfindungsgeist walten lassen. Und wenn eine Pfarrei so weitermacht, verwirklicht sich das, was ich – in Bezug auf die missionarischen Jünger – „eine Pfarrei im Aufbruch“ nenne.
So denke ich zum Beispiel an eine Pfarrei – ein schönes Vorbild, das dann von vielen nachgeahmt wurde – in einem Dorf, in dem die Kindertaufe nicht üblich war, weil das Geld fehlte. Aber für das Patronatsfest beginnt man drei bis vier Monate vorher mit den Vorbereitungen, mit Hausbesuchen, und da sieht man, wie viele Kinder nicht getauft sind. Man bereitet die Familien vor, und eine der Feiern beim Patronatsfest ist dann die Taufe von dreißig bis vierzig Kindern, die andernfalls ungetauft geblieben wären. Solche Dinge muss man erfinden. Die Leute heiraten nicht in der Kirche. Ich denke an eine Priesterversammlung. Einer stand auf und fragte: „Hast du überlegt, warum?“ Und er nannte viele Gründe, die wir ebenso sehen: die heutige Kultur und vieles mehr. Aber es gibt eine ansehnliche Gruppe von Menschen, die nicht heiraten, weil das heute teuer ist! Es kostet! Alles kostet, das Fest… Es ist ein gesellschaftliches Faktum. Und dieser Pfarrer, der sehr erfindungsreich war, sagte: „Wenn jemand heiraten will, warte ich auf ihn!“ Denn in Argentinien gibt es zwei Eheschließungen: Man muss immer die zivile Trauung vornehmen und dann, wenn du willst, gehst du zum Gotteshaus deiner Religion, um zu heiraten. Manche – viele! – kommen nicht, weil sie kein Geld für ein großes Fest haben… Aber die Priester, die ein bisschen Erfindungsgeist haben, sagen: „Nein, nein, ich warte auf dich!“ An jenem Tag werden die zivilen Trauungen zwischen 11.00 und 14.00 Uhr vorgenommen; da mache ich keine Siesta! Nach der zivilen Trauung kommen sie in die Kirche, heiraten und gehen in Frieden. Erfinden, suchen, hinausgehen, die Leute aufsuchen, sich in ihre Schwierigkeiten hineinversetzen.
Doch eine „Büro-Pfarrei“ funktioniert heute nicht. Denn die Leute sind nicht diszipliniert. Sie haben ein diszipliniertes Volk, und das ist eine Gnade Gottes! Aber im Allgemeinen sind sie nicht diszipliniert. Ich denke an mein Land: Wenn du nicht auf die Suche nach ihnen gehst, wenn du keine Annäherung herbeiführst, kommen sie nicht. Und das ist der missionarische Jünger, die Pfarrei im Aufbruch. Hinausgehen und suchen, wie Gott es getan hat, der seinen Sohn gesandt hat, um uns zu suchen.
Ich weiß nicht, ob dies eine grob vereinfachende Antwort ist, aber ich habe keine andere. Ich bin kein erleuchteter Pastoralexperte, ich sage das, was mir einfällt.
(Bischof Krzysztof Zadarko, Weihbischof von Koszalin-Kołobrzeg)
Heiliger Vater, eines der beängstigendsten Probleme, mit dem das heutige Europa sich auseinandersetzen muss, ist die Flüchtlingsfrage. Wie können wir ihnen helfen, da es so viele sind? Und was können wir tun, damit die Angst vor ihrer Invasion oder Aggression, die die ganze Gesellschaft lähmt, überwunden wird?
(Papst Franziskus)
Danke! Das Flüchtlingsproblem… Nicht zu allen Zeiten waren die Flüchtlinge wie jetzt. Sagen wir Migranten und Flüchtlinge; wir betrachten sie zusammen. Mein Vater war ein Migrant. Und ich habe dem Präsidenten [von Polen] erzählt, dass es in der Fabrik, in der er arbeitete, viele polnische Migranten gab, in der Nachkriegszeit. Ich war ein Kind und habe viele von ihnen gekannt. Mein Land ist ein Land der Einwanderer, alle… Und dort gab es keine Probleme; es waren andere Zeiten, das stimmt. Und heute, warum gibt es so viel Migration? Ich spreche nicht von der Auswanderung aus der eigenen Heimat ins Ausland; das geschieht aufgrund des Arbeitsmangels. Es ist klar, dass sie draußen Arbeit suchen gehen. Das ist ein heimisches Problem, das auch Sie ein wenig haben… Ich spreche von denen, die zu uns kommen: Sie fliehen vor den Kriegen, vor dem Hunger. Das Problem liegt dort. Und warum liegt das Problem dort? Weil es in jenem Land eine Ausbeutung der Menschen, eine Ausbeutung der Erde, eine Ausbeutung, um noch mehr Geld zu verdienen, gibt. Wenn man mit Wirtschaftswissenschaftlern von Weltrang spricht, die dieses Problem sehen, sagen sie: Wir müssen in diesen Ländern investieren; dadurch werden sie Arbeit bekommen und nicht mehr auswandern müssen. Aber es herrscht Krieg! Es gibt den Stammeskrieg, einige ideologische Kriege oder einige künstliche Kriege, die von den Waffenhändlern vorbereitet werden, die davon leben: Sie geben dir die Waffen, der du gegen die anderen bist, und den anderen, die gegen dich sind. Und so leben sie! Wirklich, die Korruption steht am Ursprung der Migration.
Was tun? Ich glaube, jedes Land muss das Wie und das Wann abwägen. Nicht alle Länder sind gleich; nicht alle Länder haben die gleichen Möglichkeiten. Jawohl. Aber sie haben die Möglichkeit, großherzig zu sein! Großherzig als Christen. Wir können nicht dort investieren, aber für diejenigen, die kommen… Wie viele und wie? Man kann keine allgemeingültige Antwort geben, denn die Aufnahme hängt von der Situation jedes Landes und auch von der Kultur ab. Doch gewiss kann man vieles tun. Zum Beispiel das Gebet: Einmal in der Woche die Anbetung vor dem Allerheiligsten mit einem Gebet für die, welche an die Tür Europas klopfen und nicht hineinkommen können. Einigen gelingt es, aber anderen nicht… Dann kommt einer herein und schlägt einen Weg ein, der Angst macht. Wir haben Länder, die es verstanden haben, die Migranten gut zu integrieren, seit Jahren! Sie haben sie gut zu integrieren verstanden. In anderen hat sich leider eine Art von Gettos gebildet. Da gibt es eine umfassende Reform, die auf Weltebene in Bezug auf diese Verpflichtung der Aufnahme durchzuführen ist. Doch das ist letztlich ein relativer Aspekt; generell notwendig ist das aufnahmebereite, offene Herz. Das ist das Generelle! Mit dem Gebet, mit der Fürbitte das tun, was ich kann. Relativ ist die Art, in der ich es tun kann; nicht alle können es in der gleichen Weise tun. Aber das Problem besteht weltweit! Die Ausbeutung der Schöpfung, die Ausbeutung der Menschen. Wir erleben einen Moment der Vernichtung des Menschen als Ebenbild Gottes.
Und mit diesem Aspekt möchte ich hier schließen, denn hinter diesem Phänomen stehen die Ideologien. In Europa, in Amerika, in Lateinamerika, in Afrika, in einigen Ländern Asiens gibt es einen wahren ideologischen Kolonialismus. Und einer von diesen – ich nenne ihn unverhohlen beim Namen – ist die Gender-Theorie! Heute wird den Kindern – den Kindern! – in der Schule beigebracht, dass jeder sein Geschlecht selber wählen kann. Und warum wird das gelehrt? Weil die Lehrbücher von den Personen und den Institutionen kommen, die dir das Geld geben. Das sind die Formen von ideologischem Kolonialismus, die auch von sehr einflussreichen Ländern unterstützt werden. Und das ist schrecklich. In einem Gespräch mit Benedikt XVI. – dem es übrigens gut geht und der ein ganz klares Denken hat – sagte er mir: „Heiligkeit, dies ist die Zeit der Sünde gegen den Schöpfergott!“ Das ist klug. Gott hat Mann und Frau geschaffen; Gott hat die Welt so und so geschaffen… und wir sind dabei, das Gegenteil zu machen. Gott hat uns einen Zustand der „Wildnis“ anvertraut, damit wir aus ihr Kultur machen; und dann tun wir mit dieser Kultur Dinge, die uns in den Zustand der „Wildnis“ zurückversetzen (vgl. Romano Guardini, Das Ende der Neuzeit, Würzburg 1950, S. 95-96)! Was Benedikt XVI. da gesagt hat, sollten wir bedenken: „Es ist die Zeit der Sünde gegen den Schöpfergott!“ Das wird uns helfen.
Aber du, Krzysztof wirst mich fragen: „Was hat das mit den Migranten zu tun?“ Es ist das ein bisschen der Kontext, weißt du? In Bezug auf die Migranten will ich sagen: Das Problem liegt dort, in ihrem Land. Aber wie nehmen wir sie auf? Jeder muss sehen, wie er es anstellt. Doch alle können wir ein offenes Herz haben und daran denken, in den Pfarreien eine Stunde wöchentlich Anbetung zu halten und für die Migranten zu beten. Das Gebet versetzt Berge!
Das waren die vier Fragen. Ich weiß nicht… Entschuldigen Sie, wenn ich zu viel geredet habe, aber das italienische Blut verrät mich…
Vielen Dank für den Empfang. Hoffen wir, dass diese Tage uns mit Freude erfüllen – mit Freude, mit großer Freude. Und beten wir zu Maria, die Mutter ist und uns immer bei der Hand nimmt.
Salve Regina…
Und vergessen Sie die Großeltern nicht; sie sind das Gedächtnis eines Volkes!
[01265-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Papa Francisco
Antes de comenzar el diálogo con las preguntas que habéis preparado, quisiera cumplir una obra de misericordia con todos vosotros, y sugerir otra. Sé que en estos días, con la Jornada de la Juventud, muchos habéis estado muy ocupados y no habéis podido asistir a las exequias del querido Mons. Zimowski. Dar sepultura a los difuntos es una obra de caridad, y quisiera que ahora, todos juntos, rezáramos una oración por Mons. Zygmund Zimowski, y que esta sea una verdadera manifestación de caridad fraterna: dar sepultura a un hermano que ha muerto. Pater noster… Ave Maria… Gloria Patri… Requiem aeternam…
Y después, quisiera sugerir otra obra de misericordia. Sé que estáis preocupados por esto: nuestro querido cardenal Macharski, que está muy enfermo... Al menos acercarse, porque creo que no se puede entrar donde se encuentra, en estado de inconsciencia, pero al menos acercarse a la clínica, al hospital, y tocar el muro como diciendo: «Hermano, estoy contigo». Visitar a los enfermos es otra obra de misericordia, Yo también iré. Gracias.
Y, ahora, alguno de vosotros ha preparado las preguntas, al menos, las han hecho llegar. Estoy a vuestra disposición.
Mons. Marek Jędraszewski
Santo Padre, parece que los fieles de la Iglesia católica, y en general todos los cristianos en Europa occidental, se van encontrando cada vez más en minoría en el ámbito de una cultura contemporánea ateo-liberal. En Polonia asistimos a una confrontación profunda, a una lucha enorme entre la fe en Dios, por un lado y, por el otro, un pensamiento y unos estilos de vida como si Dios no existiera. Según usted, Santo Padre, ¿qué actuaciones pastorales debería emprender la Iglesia católica en nuestro país para que el pueblo polaco permanezca fiel a su ya más que milenaria tradición cristiana? Gracias.
Papa Francisco
Excelencia, ¿usted es obispo de...?
Mons. Marek Jędraszewski
De Łódź, donde ha comenzado el camino de santa Faustina, porque precisamente allí ha oído la llamada de Cristo para ir a Varsovia y hacerse monja, justamente en Łódź. La historia de su vida comenzó en mi ciudad.
Papa Francisco
Usted es un privilegiado.
Es verdad, la descristianización, la secularización del mundo moderno es fuerte. Muy fuerte. Pero alguno dice: Sí, es fuerte, pero se ven fenómenos de religiosidad, como si el sentido religioso se despertara. Y esto puede ser también un peligro. Creo que nosotros, en este mundo tan secularizado, corremos también otro peligro, el de la espiritualización gnóstica: esta secularización nos da la posibilidad de hacer crecer una vida espiritual un poco gnóstica. Recordemos que ha sido la primera herejía de la Iglesia: El apóstol san Juan ataca a los gnósticos ―y ¡con qué fuerza!en los que hay una espiritualidad subjetiva, sin Cristo. El problema más grave, para mí, de esta secularización es la descristianización: quitar a Cristo, quitar al Hijo. Yo rezo, escucho… y nada más. Esto es gnosticismo. Hay otra herejía también de moda en este momento, pero la dejo de lado porque su pregunta, Excelencia, va en esta dirección. Existe también un pelagianismo, pero esta la dejamos a parte, para hablar sobre ella en otro momento. Encontrar a Dios sin Cristo: un Dios sin Cristo, un pueblo sin Iglesia. ¿Por qué? Porque la Iglesia es la madre, es aquella que te da la vida, y Cristo es el hermano mayor, el Hijo del Padre, que hace referencia al Padre, que es quien te revela el nombre del Padre. Una Iglesia huérfana: el gnosticismo de hoy, puesto que es precisamente una descristianización, sin Cristo, nos lleva a una Iglesia, mejor dicho, a unos cristianos, a un pueblo huérfano. Y no debemos hacer sentir esto a nuestro pueblo.
¿Qué os aconsejaría yo? Me viene a la mente ―pero creo que es la práctica del Evangelio, donde está precisamente la enseñanza del Señor― la cercanía. Hoy, nosotros siervos del Señor ―obispos, sacerdotes, consagrados, laicos convencidos―, debemos ser cercanos al Pueblo de Dios. Sin cercanía hay solamente palabra sin carne. Pensemos ―a mí me gusta pensar esto― a los dos pilares del Evangelio. ¿Cuáles son los dos pilares del Evangelio? Las Bienaventuranzas, y también Mateo 25, el «protocolo» con el cual todos nosotros seremos juzgados. Concreción. Cercanía. Tocar. Las obras de misericordia, bien sean corporales o espirituales. «Pero usted dice estas cosas porque está de moda hablar de la misericordia este año…». No. Es el Evangelio. El Evangelio, obras de misericordia. Está aquel herético, o ateo samaritano que se conmueve y hace lo que debe hacer, incluso arriesgando su dinero. Tocar. Está Jesús que estaba siempre con la gente, allí, con los discípulos. Cercanía. Tocar. Es la vida de Jesús… cuando él se conmovió a las puertas de la ciudad de Naín (cf. Lc 7,11-17), se conmovió, fue y tocó el ataúd diciendo: «No llores…». Cercanía. Y la cercanía es tocar la carne sufriente de Cristo. Y la Iglesia, la gloria de la Iglesia, son los mártires, ciertamente, pero son también muchos hombres y mujeres que han dejado todo y han pasado sus vidas en los hospitales, en las escuelas, con los niños, con los enfermos… Recuerdo que, en Centroáfrica, una religiosa, tenía 83/84 años, delgada, buena, con una niña… vino a saludarme: «Yo no soy de aquí, soy de la otra parte del río, del Congo, pero cada vez, una vez a la semana, vengo aquí a comprar, porque los precios son más convenientes». Me dijo la edad: 83/84 años. «Estoy aquí desde hace 23 años: soy enfermera obstétrica, he ayudado a nacer dos o tres mil niños…» ―«Ah… ¿y viene aquí sola»? ―«Sí, sí, venimos en canoa…». ¡Con 83 años! Con la canoa tardaba una hora y llegaba. Esta mujer ―y como ella tantas otras― han dejado su país ―es italiana, de Brescia― han dejado su país para tocar la carne de Cristo. Si nosotros vamos a estos países de misión, a la Amazonia, a América Latina, en los cementerios encontraremos las tumbas de tantos hombres y mujeres religiosos muertos jóvenes, porque no tenían los anticuerpos para las enfermedades de aquella tierra, y morían jóvenes. Las obras de misericordia: tocar, enseñar, consolar, «perder el tiempo». Perder el tiempo. Me ha gustado mucho, una vez, un señor que fue a confesarse y estaba en una situación que no podía recibir la absolución. Fue con un poco de miedo, porque había sido rechazado algunas veces: «No, no,… vete». El sacerdote lo escuchó, le explicó la situación y le dijo: «Pero tú, tu reza. Dios te ama. Yo te daré la bendición, pero tu regresa, ¿me lo prometes?». Este sacerdote, «perdía el tiempo» para atraer este hombre a los sacramentos. Esto se llama cercanía. Y hablando con los obispos de cercanía, yo creo que debo hablar de la cercanía más importante: cercanía con los sacerdotes. El obispo debe estar siempre disponible para sus sacerdotes. Cuando estaba en Argentina escuché de los sacerdotes… ―muchas, muchas veces, cuando iba a darles ejercicios, a mí me gustaba dar ejercicios―, y les decía: «Habla con tu obispo sobre esto…» ―«Pero no, yo lo he llamado, la secretaria me dice: no, está muy, muy ocupado, pero te recibirá en tres meses». Este sacerdote se siente huérfano, sin padre, sin cercanía, y comienza a venirse abajo. Un obispo que ve en el folio de las llamadas, por la tarde, cuando vuelve, la llamada de un sacerdote, esa tarde o al día siguiente debe llamarle inmediatamente. «Sí, estoy ocupado, ¿pero es urgente?» ―«No, no, pero pongámonos de acuerdo…». Que el sacerdote sienta que tiene un padre. Si nosotros retiramos la paternidad a los sacerdotes, no podemos pedirles que sean padres. Así el sentido de la paternidad de Dios se aleja. La obra del Hijo es tocar las miserias humanas: espirituales y corporales. La cercanía. La obra del Padre: ser padre, ser obispo-padre.
Después, los jóvenes, porque se debe hablar de los jóvenes en estos días. Los jóvenes son «aburridos» porque vienen a decir siempre las mismas cosas, o decir «yo lo pienso así…», o también «la Iglesia debería…», y se necesita paciencia con los jóvenes. Cuando yo era un muchacho, conocí algunos sacerdotes: era en un tiempo en el que el confesionario era más frecuentado que ahora, pasaban horas escuchando, o los recibían en el despacho parroquial, para escuchar las mismas cosas… pero con paciencia. Y después, llevar a los jóvenes al campo, a la montaña… Pero pensad en san Juan Pablo II, ¿qué hacía él con los universitarios? Sí, enseñaba, pero después se iba con ellos a la montaña. Cercanía. Los escuchaba. Estaba con los jóvenes…
Y una última cosa quisiera subrayar, porque creo que el Señor me lo pide: los abuelos. Vosotros, que habéis sufrido el comunismo, el ateísmo, lo sabéis: han sido los abuelos, las abuelas quienes han salvado y transmitido la fe. Los abuelos tienen la memoria de un pueblo, tienen la memoria de la fe, la memoria de la Iglesia. No descartéis a los abuelos. En esta cultura del descarte, que precisamente está descristianizada, se descarta lo que no sirve, lo que no funciona. No, los abuelos son la memoria del pueblo, son la memoria de la fe. Y poner en relación a los jóvenes con los abuelos: también esto es cercanía. Ser cercanos y crear cercanía. Respondería así a esta pregunta. No existen recetas, pero tenemos que bajar a la realidad. Si esperamos que suene la llamada o que llamen a la puerta… No. Debemos salir a buscar, como el pastor que va a buscar a los descarriados. No sé, me viene esto. Simplemente.
Mons. Sławoj Leszek Głódź (Arzobispo de Gdansk)
Querido Papa Francisco, nos sentimos especialmente agradecidos de que el Papa Francisco haya profundizado la enseñanza sobre la misericordia que san Juan Pablo II inició aquí en Cracovia. Todos sabemos que vivimos en un mundo dominado por la injusticia: los más ricos se hacen aún más ricos, y los pobres, más pobres; hay terrorismo, hay una ética y una moralidad liberales, sin Dios… Mi pregunta es: ¿Cómo aplicar la enseñanza sobre la misericordia y, sobre todo, a quién? El Santo Padre ha promovido una medicina que se llama «misericordina», que he adquirido: gracias por haberla promovido…
Papa Francisco
...Pero ahora viene la «misericordina plus»: es más fuerte.
Mons. Sławoj Leszek Głódź
Sí, gracias por ese «plus». Nosotros tenemos el programa «plus», promovido también por el gobierno en favor de las familias numerosas. Este «plus» está de moda, ¿para quién y sobre todo, cómo? ¿Quién tendría que ser en primer lugar objeto de nuestra enseñanza sobre la misericordia? Gracias.
Papa Francisco
Gracias. Esto de la misericordia no es algo que se me haya ocurrido a mí. Es un proceso. Si nos fijamos, ya el beato Pablo VI se refirió a la misericordia. Luego, san Juan Pablo II ha sido el gigante de la misericordia con la Encíclica Dives in misericordia, la canonización de santa Faustina y, después, la octava de Pascua; murió la vigilia de ese día. Es un proceso que lleva años en la Iglesia. Se ve que el Señor pedía un despertar en la Iglesia de esa actitud de misericordia entre los fieles. Él es el Misericordioso que todo perdona. Me llama mucho la atención un capitel medieval que se encuentra en la Basílica de santa María Magdalena de Vézelay, en Francia, dónde inicia el Camino de Santiago. En ese capitel está, en una parte, Judas ahorcado, con los ojos abiertos y la lengua fuera; y, en la otra, el Buen Pastor que lo lleva consigo. Y, si nos fijamos con atención, vemos en el rostro del Buen Pastor que sus labios están tristes en una parte, mientras que en la otra, sonríen. La misericordia es un misterio, es un misterio. Es el misterio de Dios. Me hicieron una entrevista, de la que después salió un libro titulado El nombre de Dios es misericordia, pero es una expresión periodística; creo que se podría decir que Dios es el Padre misericordioso. Al menos, Jesús nos lo muestra así en el Evangelio. Castiga para convertir. Y luego, están las parábolas de la misericordia y el modo en que él quiso salvarnos… Cuando llegó la plenitud de los tiempos, hizo que el Hijo naciera de una mujer: nos salva con la carne, no a partir del miedo, sino de la carne. En este proceso de la Iglesia recibimos muchas gracias.
Y usted ve este mundo enfermo de injusticia, de falta de amor, de corrupción. Esto es verdad, es verdad. Hoy, en el avión, hablando de ese sacerdote octogenario que fue asesinado en Francia, señalaba cómo desde hace tiempo estoy diciendo que el mundo está en guerra, que estamos viviendo la tercera guerra mundial a trozos. Pensemos en Nigeria... Ideologías sí, pero, ¿cuál es la ideología de hoy, la que está justo en el centro y es madre de las corrupciones, de las guerras? La idolatría del dinero. El hombre y la mujer ya no están en la cima de la creación, allí se ha puesto el ídolo dinero; todo se compra y se vende por dinero. En el centro, el dinero. Se explota a la gente. ¿Y la trata de personas hoy? Ha sido siempre así, la crueldad. Hablé de este sentimiento a un Jefe de gobierno, y me dijo: «La crueldad ha existido siempre. El problema es que ahora la vemos en televisión, se ha acercado a nuestra vida». Pero es siempre esa crueldad. Matar por dinero. Explotar a la gente, exprimir la creación. Un Jefe de gobierno africano, elegido hace poco, me dijo en una audiencia conmigo: «Lo primero que hice en el gobierno fue reforestar el país, que había sido deforestado y arrasado». No cuidamos la creación. Y eso significa más pobres, más corrupción. Y qué decir cuando el 80% ―más o menos, mirad bien las estadísticas, y si no es el 80, será el 82 o el 78― de las riquezas está en manos del 20% de la gente. «Padre no hable así, que usted es comunista». No, no, son estadísticas. Y ¿quién paga eso? Lo paga la gente, el Pueblo de Dios: las muchachas explotadas, los jóvenes sin trabajo. En Italia, de los 25 años para abajo, el 40% no tiene trabajo; en España, el 50%; en Croacia, el 47%. ¿Y por qué? Porque hay una economía líquida, que favorece la corrupción. Me comentaba escandalizado un buen católico, que había ido donde un amigo empresario que le dijo: «Te voy a enseñar cómo gano veinte mil dólares sin moverme de mi casa». Con el ordenador, desde California, compró no sé qué cosa, y se la vendió a China. En veinte minutos, en menos de veinte minutos, había ganado esos veinte mil dólares. Todo es líquido. Los jóvenes no tienen la cultura del trabajo, porque no tienen trabajo. La tierra está muerta porque ha sido explotada sin sabiduría. Y así vamos. ¿Por qué se sobrecalienta el mundo? Porque tenemos que ganar. La ganancia. «Hemos caído en la idolatría del dinero». Me lo dijo un Embajador cuando vino a presentar las Credenciales. Es una idolatría.
La Divina Misericordia es el testimonio, el testimonio de mucha gente, de muchos hombres y mujeres, laicos, jóvenes, que se ponen manos a la obra. En Italia, por ejemplo, el cooperativismo. Sí, hay algunos que se pasan de listos; pero se hace siempre el bien, se hacen cosas buenas. Luego, las instituciones para curar a los enfermos, organizaciones fuertes y dinámicas. Ir por ese camino, trabajar para que la dignidad humana crezca. Pero es cierto lo que usted dice. Vivimos un analfabetismo religioso, hasta el punto de que en algunos santuarios del mundo las cosas se confunden: se va para rezar, hay tiendas donde se compran artículos de piedad, rosarios, y algunas venden objetos de superstición, porque se busca la salvación en la superstición, en el analfabetismo religioso, en ese relativismo que confunde una cosa con otra. Y es ahí donde se necesita la catequesis, la catequesis de vida. Catequesis que no consiste sólo en dar nociones, sino en acompañar en el camino. Acompañar es una de las actitudes más importantes. Acompañar el crecimiento de la fe. Es un trabajo grande, y los jóvenes esperan esto. Los jóvenes lo esperan. «Sí, pero si yo comienzo a hablar, se aburren». Entonces, ponles una tarea. Diles que durante sus vacaciones vayan 15 días a ayudar a construir casas sencillas para los pobres, o a hacer cualquier otra cosa. Que comiencen a sentirse útiles. Y deja caer ahí la semilla de Dios. Lentamente. Sólo con palabras, la cosa no funciona. El analfabetismo religioso actual hemos de afrontarlo con tres lenguajes, con tres lenguas: la lengua de la mente, la lengua del corazón y la lengua de las manos. Las tres de modo armónico.
No sé… estoy hablando demasiado. Son ideas que les doy. Ustedes, con su prudencia, sabrán qué hacer. Pero siempre con una Iglesia en salida. Una vez me atreví a decir que en el Apocalipsis está aquel versículo que dice «Estoy de pie a la puerta y llamo» (3,20); el Señor llama a la puerta, pero me pregunto cuántas veces llama él a la puerta, pero desde dentro, para que le abramos y pueda salir con nosotros a llevar el Evangelio afuera. No encerrados, sino afuera. Salir, salir. Gracias.
Mons. Leszek Leskkiewicz (Obispo auxiliar de Tarnów)
Santo Padre, nuestra labor pastoral se basa sobre todo en el modelo tradicional de comunidad parroquial, configurada por la vida sacramental. Un modelo que aquí sigue dando frutos. Sin embargo, nos damos cuenta de que también aquí, entre nosotros, las condiciones y las circunstancias de la vida cotidiana cambian rápidamente y exigen de la Iglesia nuevas formas pastorales. Los Pastores y los fieles se parecen un poco a aquellos discípulos que, escuchando, hacen muchas cosas, pero que no siempre saben aprovechar el dinamismo misionero interior y exterior de las comunidades eclesiales. Santo Padre, usted, en la Evangelii gaudium, habla de discípulos misioneros que llevan con entusiasmo la Buena Noticia al mundo de hoy. ¿En qué nos anima? ¿En qué nos anima para que podamos construir de manera fructífera, fecunda, gozosa y con dinamismo misionero la comunidad de la Iglesia en nuestro mundo?
Papa Francisco
Gracias. Quisiera subrayar una cosa: la parroquia es siempre válida. La parroquia debe permanecer: es una estructura que no debemos tirar por la borda. La parroquia es precisamente la casa del Pueblo de Dios, esa donde vive. El problema está en cómo la oriento. Hay parroquias con secretarias parroquiales que parecen «discípulas de satanás», que espantan a la gente. Parroquias con las puertas cerradas. Pero hay también parroquias con las puertas abiertas, parroquias donde, cuando viene alguien a preguntar, se dice: «Sí, sí…, se acomode. ¿Cuál es el problema?». Y se escucha con paciencia, porque cuidar del Pueblo de Dios es fatigoso, es fatigoso. Un buen profesor universitario, un jesuita que conocí en Buenos Aires, cuando se jubiló pidió al Provincial ir como párroco a un barrio para realizar esta otra experiencia. Una vez a la semana venía a la Facultad —dependía de esa comunidad— y un día me dice: «Di a tu profesor de eclesiología que en su tratado faltan dos tesis» —¿cuáles?— «La primera: el Pueblo santo de Dios es esencialmente cargante. Y la segunda: el Pueblo santo de Dios, ontológicamente, hace lo que le parece mejor. Y esto cansa». Hoy, ser párroco es fatigoso: llevar adelante una parroquia es cansado, en este mundo de hoy con tantos problemas. El Señor nos ha llamado para que nos cansemos un poquito, para trabajar y no para descansar. La parroquia cansa cuando está bien planteada. La renovación de la parroquia es una de las cosas que los obispos deben vigilar siempre: ¿Cómo funciona esta parroquia? ¿Qué haces? ¿Cómo va la catequesis? ¿Cómo la enseñas? ¿Está abierta? Y así muchas cosas. Pienso en una parroquia en Buenos Aires; cuando los novios llegaban: «Nosotros quisiéramos casarnos aquí». «Sí, —decía la secretaria—, estos son los precios». Esto no funciona, así una parroquia no funciona. ¿Cómo se acogen a las personas? ¿Cómo se las escucha? ¿Hay alguien siempre en el confesionario? En las parroquias —no las de barrios pequeños, sino las que están en el centro, en las grandes avenidas—, si hay un confesionario con la luz encendida, la gente va siempre. Siempre. Una parroquia acogedora. Nosotros, obispos, debemos preguntar esto a los sacerdotes: «¿Cómo va tu parroquia? Y tú, ¿sales? ¿Visitas a los encarcelados, a los enfermos, a las ancianas? Y ¿qué haces con los niños? ¿Cómo los haces jugar y cómo llevas adelante el oratorio? Es una de las grandes instituciones parroquiales, al menos en Italia. El oratorio: allí los jóvenes juegan y se habla con ellos, se da un poco de catequesis. Regresan a casa cansados, contentos y con una semilla buena. La parroquia es importante. Alguien dice que la parroquia ya no sirve, porque hoy es la hora de los movimientos. Esto no es verdad. Los movimientos ayudan, pero los movimientos no deben ser una alternativa a la parroquia: deben ayudar en la parroquia, llevar adelante la parroquia, como existe la Congregación Mariana, la Acción Católica y tantas realidades. ¿Buscar la novedad y cambiar la estructura parroquial? Lo que os digo podrá parecer quizás una herejía, pero es como lo vivo: creo que sea una cosa análoga a la estructura episcopal, es diferente, pero análoga. La parroquia no se toca: debe permanecer como un puesto de creatividad, de referencia, de maternidad y todas esas cosas. Y actuar en ella esa capacidad inventiva; cuando una parroquia va adelante así se realiza lo que —a propósito de los discípulos misioneros— llamo «parroquia en salida». Por ejemplo, pienso en una parroquia —un ejemplo bonito que después ha sido imitado por muchos— en un país que no había la costumbre de bautizar a los niños, porque no se tenía dinero; pero ante la fiesta patronal, se inician los preparativos 3 o 4 meses antes, con la visita a las casas y allí se comprueba cuántos niños no están bautizados. Se prepara a las familias y uno de los actos de la fiesta patronal es el bautizo de 30-40 niños que, de otro modo, habrían quedado sin bautizar. Inventar cosas semejantes. La gente no se casa por la Iglesia. Estoy pensando en una reunión de sacerdotes; uno se levantó y dijo: «¿Has pensado porqué? Dio muchas razones que nosotros compartimos: la cultura actual, y así sucesivamente. Pero hay un buen grupo de gente que no se casa porque hoy casarse cuesta. Cuesta. Cuesta por todo, la fiesta… Es un acto social. Y este párroco, que era muy ingenioso, dijo: «Quién quiera casarse, yo lo espero». Porque en Argentina hay dos matrimonios: se debe ir siempre al civil y allí se hace el matrimonio civil, y después si se quiere se va al templo de tu religión para casarte. Alguno —muchos— no vienen para casarse porque no tienen dinero para hacer una fiesta grande. Pero los sacerdotes que tienen un poco de ingenio, dicen: «No, no. Yo te espero». En ese día, en el civil se casa a las 11:00-12:00-13:00-14:00: ese día no echo la siesta. Después del matrimonio civil vienen a la iglesia, se casan y van en paz. Inventar, buscar, salir, buscar a la gente, ponerse en las dificultades de la gente. Pero una parroquia-oficina hoy no funciona. La gente no es disciplinada. Vosotros tenéis un pueblo disciplinado, y esta es una gracia de Dios. Pero en general no es disciplinada. Pienso en mi tierra: la gente, si no vas a buscarla, si no te acercas, no viene. Esto es el discípulo misionero, la parroquia en salida. Salir para buscar, como ha hecho Dios, que ha enviado a su Hijo para buscarnos.
No sé si es una respuesta simplista, pero no tengo otra. No soy un pastoralista iluminado, digo lo que me viene.
Mons. Krzysztof Zadarko (Obispo auxiliar de Koszalin-Kołobrzeg):
Santo Padre, uno de los problemas más angustiosos que afronta la Europa de hoy es la cuestión de los refugiados. ¿Cómo podemos ayudarlos, dado que son muy numerosos? Y ¿qué podemos hacer para superar el miedo de una invasión o agresión, que paraliza a toda la sociedad?
Papa Francisco
Gracias. El problema de los refugiados. No en todos los tiempos los refugiados eran como hoy. Decimos emigrantes y refugiados, los consideramos conjuntamente. Mi papá es un emigrante. Yo decía al Presidente [de Polonia] que, en la empresa donde él trabajaba, había muchos emigrantes polacos, en la postguerra, cuando yo era niño y conocí a muchos. Mi tierra es una tierra de emigrantes, todos. Allí no había problemas; eran ciertamente otros tiempos. Hoy, ¿por qué hay tanta emigración? No hablo de la emigración de la propia patria hacia el extranjero: esta es por falta de trabajo. Está claro que van a buscar trabajo fuera. Esto es un problema de casa, que también vosotros tenéis un poco. Hablo de los que vienen a nosotros: huyen de guerras, del hambre. El problema está allí. Y ¿por qué el problema está allí? Porque en esa tierra hay una explotación de la gente, hay una explotación de la tierra, hay una explotación para ganar más dinero. Hablando con economistas mundiales, que ven este problema, dicen: debemos invertir en esos países; haciendo inversiones tendrán trabajo y no tendrán necesidad de emigrar. Pero también hay guerras. La guerra de las tribus, algunas guerras ideológicas o algunas guerras artificiales, preparadas por los traficantes de armas, que viven de esto: te dan las armas a ti, que estás contra aquellos; y a aquellos que están contra ti. Así viven ellos. La corrupción es verdaderamente el origen de la emigración. ¿Qué hacer? Creo que cada país debe ver cómo y cuándo: no todos los países son iguales; no todos los países tienen las mismas posibilidades. Pero sí tienen la posibilidad de ser generosos. Generosos como cristianos. No podemos invertir allí, pero para los que vienen… ¿Cuántos y cómo? No se puede dar una respuesta universal, porque la acogida depende de la situación de cada País y también de la cultura. Pero ciertamente se pueden hacer muchas cosas. Por ejemplo la oración: una vez por semana, la oración ante el Santísimo Sacramento con una oración para quienes llaman a la puerta de Europa y no logran entrar. Algunos lo logran, pero otros no. Después entra uno y emprende un camino que genera miedo. Hay países que han sabido integrar bien a los emigrantes desde hace años. Han sabido integrarlos bien. En otros, desgraciadamente, se han formado como guetos. Se debe hacer toda una reforma, a nivel mundial, sobre este compromiso, sobre la acogida. De todos modos, es un aspecto relativo: absoluto es el corazón abierto para acoger. Esto es lo absoluto. Con la oración, la intercesión, hacer lo que puedo. Relativo es el modo cómo lo puedo hacer: no todos lo pueden hacer de la misma manera. Pero el problema es mundial. La explotación de la creación, y la explotación de las personas. Estamos viviendo un momento de aniquilación del hombre como imagen de Dios.
Quisiera concluir aquí con este aspecto, porque detrás de esto hay ideologías. En Europa, América, América Latina, África, en algunos países de Asia, hay verdaderas colonizaciones ideológicas. Y una de estas —lo digo claramente con «nombre y apellido»— es el gender. Hoy a los niños —a los niños— en la escuela se enseña esto: que cada uno puede elegir el sexo. ¿Por qué enseñan esto? Porque los libros son los de las personas y de las instituciones que dan el dinero. Son las colonizaciones ideológicas, sostenidas también por países muy influyentes. Y esto es terrible. Hablando con Papa Benedicto, que está bien y tiene un pensamiento claro, me decía: «Santidad, esta es la época del pecado contra Dios creador». Es inteligente. Dios ha creado al hombre y a la mujer; Dios ha creado al mundo así, así, y nosotros estamos haciendo lo contrario. Dios nos dio un estado «inculto» para que nosotros lo transformáramos en cultura; y después, con esta cultura, hacemos cosas que nos devuelven al estado «inculto». Lo que ha dicho el Papa Benedicto tenemos que pensarlo: «Es la época del pecado contra Dios creador». Esto nos ayudará.
Pero tú, Krzysztof, me dirás: «¿Qué tiene que ver esto con los emigrantes?». Está un poco en el contexto. Sobre los emigrantes diré: el problema está allí, en su tierra. Pero, ¿cómo los acogemos? Cada uno debe ver cómo. Pero todos podemos tener el corazón abierto y pensar en hacer una hora en las parroquias, una hora a la semana, de adoración y de oración por los emigrantes. La oración mueve montañas.
Estas eran las cuatro preguntas. No sé. Perdonadme si he hablado mucho, pero la sangre italiana me traiciona.
Muchas gracias por la acogida y esperemos que estos días nos llenen de alegría: de alegría, de gran alegría. Y rezamos a la Virgen, que es Madre y que nos lleva siempre de la mano.
Salve Regina…
Y no olvidar: los abuelos son la memoria de un pueblo.
[01265-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Papa Francisco:
Antes de começar o diálogo – a partir das perguntas que preparastes – quero, juntamente convosco, praticar uma obra de misericórdia e depois sugerir-vos outra. Sei que, nestes dias, muitos de vós estavam ocupados com a Jornada da Juventude e não puderam ir ao funeral do amado D. Zymowski (é uma obra de caridade enterrar os mortos) e gostaria que agora, todos juntos, fizéssemos uma oração por D. Zygmund Zymowski e que esta seja uma verdadeira manifestação do amor fraterno: enterrar um irmão que morreu. Pater noster... Ave Maria... Gloria Patri... Requiem aeternam...
E a outra obra de misericórdia que gostaria de sugerir tem a ver com o nosso amado Cardeal Macharski que está muito doente. Sei que estais preocupados… Penso que não se pode entrar onde ele está, inconsciente, mas pelo menos chegar perto dele, aproximar-se da clínica, do hospital, e tocar a parede como que dizendo: «Irmão, estou contigo». Visitar os doentes é outra obra de misericórdia. Eu também irei. Obrigado.
Um de vós preparou as perguntas; pelo menos fizeram-mas chegar. Agora estou ao vosso dispor.
D. Marek Jędraszewski:
Santo Padre, parece que os fiéis da Igreja Católica e, em geral, todos os cristãos na Europa ocidental se encontram cada vez mais em minoria no seio duma cultura contemporânea ateia-liberal. Na Polónia, assistimos a um conflito profundo, a uma luta enorme entre fé em Deus, dum lado, e, do outro, um pensamento e estilos de vida como se Deus não existisse. Na sua opinião, Santo Padre, que tipo de ação pastoral deveria empreender a Igreja Católica no nosso país para que o povo polaco permaneça fiel à sua mais que milenária tradição cristã? Obrigado.
Papa Francisco:
O senhor é bispo de...?
D. Marek Jędraszewski:
…de Łódź, onde teve início o caminho de Santa Faustina; pois foi lá que ouviu a voz de Cristo dizendo-lhe para ir a Varsóvia e fazer-se monja… precisamente em Łódź. A história da sua vida começou na minha cidade.
Papa Francisco:
O senhor é um privilegiado. É verdade. A descristianização, a secularização do mundo moderno é intensa; é muito grande. Mas há quem diga: Sim, é grande, mas veem-se fenómenos de religiosidade que parecem indicar um despertar do sentido religioso. E isto poderia ser também um perigo. Penso que, neste mundo tão secularizado, temos ainda outro perigo: a espiritualidade gnóstica. Esta secularização torna possível fazer crescer uma vida espiritual um pouco gnóstica. Lembremos que foi a primeira heresia da Igreja: o apóstolo João malha nos gnósticos – e como..., com que força! –, com a sua espiritualidade subjetiva, sem Cristo. A meu ver, o problema mais grave desta secularização é a descristianização: tirar Cristo, tirar o Filho. Eu rezo, sinto... e nada mais: isto é gnosticismo. (E há ainda o pelagianismo, outra heresia que também está na moda hoje, mas não quero falar dela agora, porque a sua pergunta requer que fale do primeiro; falaremos do pelagianismo noutro momento). Encontrar Deus sem Cristo: um Deus sem Cristo, um povo sem Igreja. E porquê? Porque a Igreja é a Mãe, aquela que te dá a vida, e Cristo é o Irmão mais velho, o Filho do Pai, que faz pensar no Pai, é aquele que te revela o nome do Pai. Uma Igreja órfã: o gnosticismo de hoje, como descristianização que é, deixa-nos sem Cristo, leva-nos a uma Igreja, melhor dizendo, a cristãos, a um povo órfão. E nós devemos ajudar o nosso povo a perceber isto.
Que vos recomendaria eu? Vem-me ao pensamento – mas é a recomendação do Evangelho, onde temos precisamente o ensinamento do Senhor – a proximidade. Hoje nós, servidores do Senhor (bispos, sacerdotes, consagrados, leigos convictos), devemos estar próximo do povo de Deus. Sem proximidade, existe apenas palavra sem carne. Pensemos – faz-me bem pensar nisto – nos dois pilares do Evangelho. Quais são os dois pilares do Evangelho? As Bem-aventuranças e, depois, Mateus 25, o «protocolo» segundo o qual todos seremos julgados. Descer ao concreto. Proximidade. Tocar. As obras de misericórdia, tanto corporais como espirituais. «Mas o senhor diz estas coisas porque a moda este ano é falar da misericórdia!» Não; é o Evangelho! O Evangelho, com as obras de misericórdia. Temos lá aquele herege ou descrente de samaritano que se comove e faz o que deve fazer, desembolsando mesmo dinheiro! Tocar. No Evangelho, temos Jesus que estava sempre no meio do povo ou com o Pai: ou em oração, a sós com o Pai, ou entre a multidão com os seus discípulos. Proximidade. Tocar. É a vida de Jesus... Quando Ele Se comoveu às portas da cidade de Naim (cf. Lc 7, 11-17), comoveu-se, foi e tocou no caixão, enquanto dizia à mãe em lágrimas: «Não chores».
Proximidade... E a proximidade é tocar a carne sofredora de Cristo. E a Igreja, a glória da Igreja, são os mártires – sem dúvida –, mas são-no também tantos homens e mulheres que deixaram tudo e passaram a sua vida nos hospitais, nas escolas, com as crianças, com os doentes… Lembro-me duma freirinha, na África Central: tinha 83/84 anos, magra, corajosa, com uma menina... Veio saudar-me: «Eu não sou daqui; sou do outro lado do rio, do Congo, mas de vez em quando, uma vez por semana, venho aqui fazer compras, porque são mais acessíveis». Disse-me a idade: 83/84 anos. «Há 23 anos que estou cá; sou enfermeira obstétrica, fiz nascer duas/três mil crianças» - «Ah! E vem aqui sozinha?» - «Sim, sim; tomamos a canoa». À idade de 83 anos, fazia uma hora de canoa e chegava. Esta mulher e muitas como ela deixaram o seu país – ela é italiana, de Bréscia –, deixaram o seu país para tocar a carne de Cristo. Se formos aos países de missão, na Amazónia, na América Latina, nos cemitérios, encontramos as sepulturas de muitos homens e mulheres consagrados mortos jovens, porque, não tendo os anticorpos para as doenças daquelas terras, morriam jovens. As obras de misericórdia: tocar, ensinar, consolar, «perder tempo». Perder tempo. Recordo com muito prazer um senhor que foi confessar-se, mas vivia numa situação tal que não podia receber a absolvição. Aproximou-se um pouco a medo, porque tinha já sido mandado embora algumas vezes: «Não, e não. Vai embora!» Mas desta teve mais sorte. O padre ouviu-o, explicou-lhe a situação e terminou dizendo-lhe: «Tu nunca deixes de rezar. Deus ama-te. Dar-te-ei a bênção, mas tu volta. Prometes-me?» E este padre «perdia tempo», para atrair este homem aos sacramentos. Isto chama-se proximidade.
E, falando a Bispos de proximidade, penso que devo referir-lhes a proximidade mais importante: a proximidade aos sacerdotes. O bispo deve estar disponível para os seus sacerdotes. Quando estava na Argentina, ouvi muitas e muitas vezes da boca de sacerdotes, quando lhes dava Retiro – eu gostava de dar Retiros – e aconselhava: «Fala com o bispo sobre isso». Respondiam-me: «Não consigo; chamei-o e a secretária disse-me que não pode («está muito, muito ocupado, mas recebe-te dentro de três meses!»). Assim este padre sente-se órfão, sem pai, sem a proximidade e começa a desanimar. Um bispo que à noite, quando regressa, vê no elenco das chamadas a dum sacerdote, imediatamente naquela mesma noite ou no dia seguinte deve chamá-lo. «Sim, estou ocupado! Mas é urgente?» - «Não importa; acertemos uma data». Que o sacerdote sinta que tem um pai. Se nós tiramos aos sacerdotes a paternidade, não podemos pedir-lhes que sejam pais. E, assim, o sentido da paternidade de Deus esmorece. A obra do Filho é tocar as misérias humanas: espirituais e corporais. A proximidade. A obra do Pai: ser pai, bispo-pai.
Depois, os jovens…, porque não podemos deixar de falar dos jovens nestes dias. Os jovens são «chatos»! Porque vêm dizer sempre as mesmas coisas, ou «eu penso assim», ou então «a Igreja deveria...», e é preciso paciência com os jovens. Na minha juventude – era uma época em que o confessionário era mais frequentado do que hoje – conheci alguns sacerdotes que passavam horas ouvindo-os no confessionário, ou recebiam-nos no escritório paroquial para ouvir as mesmas coisas... mas com paciência. E, depois, levar os jovens em excursão pelo campo, pelas montanhas. Pensai em São João Paulo II: que fazia com os universitários? Sim, dava os tempos de aula, mas depois ia com eles para a montanha. Proximidade. Escutava-os. Estava com os jovens.
E quero sublinhar uma última coisa, porque creio que o Senhor mo pede: os avós. Vós que sofrestes o comunismo, o ateísmo, sabeis isto: foram os avôs, foram as avós que salvaram e transmitiram a fé. Os avós têm a memória dum povo, têm a memória da fé, a memória da Igreja. Não descarteis os avós! Nesta cultura do descarte – precisamente porque está descristianizada –, descarta-se aquilo que não é útil, que não produz. Não os descarteis. Os avós são a memória do povo, são a memória da fé. E é preciso fazer com que se encontrem os jovens com os avós: também isto é proximidade.
Estar próximo e criar proximidade: responderia assim a esta pergunta. Não há receitas, mas devemos entrar em campo. Não esperar que chamem ao telefone ou batam à porta... Devemos sair à procura, como o pastor que vai procurar a ovelha extraviada. Não sei [se respondi]; isto foi simplesmente o que me veio ao pensamento.
D. Sławoj Leszek Głódź (Arcebispo de Gdańsk):
Querido Papa Francisco, sentimo-nos muito gratos sobretudo porque o Papa Francisco aprofundou o ensinamento sobre a misericórdia que São João Paulo II tinha começado precisamente aqui em Cracóvia. É sabido que vivemos num mundo dominado pela injustiça: os mais ricos tornam-se ainda mais ricos, os pobres tornam-se miseráveis; há o terrorismo, temos a ética e a moralidade liberal sem Deus... A minha pergunta é esta: Como aplicar o ensinamento da misericórdia e sobretudo a quem? O Santo Padre promoveu um medicamento que se chama «misericordina», que tenho comigo. Obrigado pela promoção!
Papa Francisco:
…mas agora vem a «misericordina plus». É mais forte!
D. Slawoj Leszek Glódz:
É verdade; obrigado por este «plus». Temos também o programa «plus» promovido, inclusivamente pelo governo, para as famílias numerosas. Este «plus» está na moda. A quem… e sobretudo como? Em primeiro lugar, quem deveria ser objeto do nosso ensinamento da misericórdia? Obrigado.
Papa Francisco:
Obrigado. Este ponto da misericórdia não é algo que me veio ao pensamento a mim. É um processo. Se virmos o Beato Paulo VI, já tinha qualquer alusão à misericórdia. Depois, São João Paulo II foi o gigante da misericórdia, com a Encíclica Dives in misericordia, a canonização de Santa Faustina e ainda a oitava de Páscoa [como o domingo da Divina Misericórdia]; morreria na vigília deste domingo. É um processo que dura, há anos, na Igreja. Vê-se que o Senhor pedia à Igreja para despertar esta atitude de misericórdia entre os fiéis. Ele é o Misericordioso que perdoa tudo. Impressiona-me imenso um capitel medieval que está na Basílica de Santa Maria Madalena em Vézelay, na França, onde começa o Caminho de Santiago. Naquele capitel, de um lado, tem Judas enforcado, com os olhos abertos, a língua de fora… e, do outro, tem o Bom Pastor que o leva consigo. E se olharmos bem, com atenção, a face do Bom Pastor, os lábios de um lado estão tristes, mas do outro fazem um sorriso. A misericórdia é um mistério, é um mistério. É o mistério de Deus. Fizeram-me uma entrevista, da qual em seguida nasceu um livro intitulado O nome de Deus é misericórdia, mas é uma expressão jornalística; creio que se possa dizer que Deus é o Pai misericordioso; pelo menos é assim que Jesus no-Lo faz ver no Evangelho. Mesmo quando pune, é para converter. Depois as parábolas da misericórdia e… o modo como Ele nos quis salvar. Quando chegou a plenitude do tempo, fez nascer o Filho de uma mulher: com a carne… salva-nos com a carne; não a partir do medo, mas da carne. Neste processo da Igreja, recebemos muitas graças.
E o senhor vê este mundo doente de injustiça, de falta de amor, de corrupção. É verdade, isto é verdade. Como referia hoje no avião, ao falar daquele sacerdote octogenário que foi morto em França, há tempos que venho dizendo que o mundo está em guerra, que estamos a viver uma III Guerra Mundial aos pedaços. Pensemos na Nigéria... Ideologias, sim! Mas qual é a ideologia central de hoje, que é a mãe das corrupções, das guerras? A idolatria do dinheiro. O homem e a mulher já não estão no vértice da criação; lá puseram o ídolo-dinheiro e, por dinheiro, tudo se compra e vende. No centro, o dinheiro. Explora-se o povo. E o tráfico de pessoas atual? Sempre foi assim: a crueldade! Ao falar deste sentimento com um chefe de governo, este disse-me: «Sempre houve a crueldade. O problema é que agora vemo-la pela televisão, aproximou-se da nossa vida». Mas sempre houve crueldade. Matar por dinheiro. Explorar as pessoas, explorar a criação. Um chefe de governo africano, eleito recentemente, quando me visitou disse-me: «O primeiro ato de governo que fiz foi reflorestar o país, que fora desflorestado e aniquilado». Não cuidamos da criação! E isto significa mais pobres, mais corrupção. Mas que havemos de pensar, quando 80% – mais ou menos, verificai bem as estatísticas e, se não for 80, é 82 ou 78 – das riquezas está nas mãos de menos de 20% da população? «Padre, não fale assim, que chamam-lhe comunista!» Não é comunismo; são estatísticas. E quem paga isto? Pagam as pessoas, o povo de Deus: as jovens exploradas, os jovens sem trabalho. Na Itália, dos 25 anos para baixo, 40% está desempregado; na Espanha, 50%; na Croácia, 47%. E porquê? Porque há uma economia líquida, que favorece a corrupção. Contava-me, escandalizado, um grande católico, que foi ter com um amigo empresário: «Vou mostrar-te como ganho 20.000 dólares sem sair de casa». E da Califórnia, através do computador, fez uma compra de algo que vendeu à China; em 20 minutos, em menos de 20 minutos, ganhara estes 20.000 dólares. Tudo é líquido! E os jovens não possuem a cultura do trabalho, porque não têm trabalho. A terra está morta, porque desfrutada insensatamente. E assim se continua... O mundo aquece, porquê? Porque temos de ganhar. O lucro. «Caímos na idolatria do dinheiro»: isto foi-me dito por um Embaixador ao apresentar as Credenciais. É uma idolatria.
A Divina Misericórdia é o testemunho, o testemunho de tantas pessoas, tantos homens e mulheres, leigos, jovens que praticam obras [de misericórdia]: na Itália, por exemplo, o cooperativismo. Sim, há alguns que são demasiado astutos, mas sempre se faz o bem, fazem-se coisas boas. E depois temos as instituições, organizações fortes, para cuidar dos doentes. Devemos seguir por esta estrada, trabalhar para que a dignidade humana cresça. Mas é verdade o que o senhor diz. Vivemos um analfabetismo religioso tal, que, nalguns santuários do mundo, se confundem as coisas: vai-se rezar, existem lojas onde se compram os objetos de devoção, os terços, mas há também algumas que vendem coisas de superstição, porque se procura a salvação na superstição, no analfabetismo religioso, naquele relativismo que confunde uma coisa com a outra. E, nestes casos, é preciso a catequese, a catequese de vida. A catequese, que não é apenas dar noções, mas acompanhar o caminho. Acompanhar é uma das atitudes mais importantes! Acompanhar o crescimento da fé. É um longo trabalho, e os jovens esperam isto. Os jovens esperam... «mas, se começo a falar-lhes, não tardam a mostrar-se enjoados». E tu dá-lhes um trabalho para fazer. Diz-lhes para irem quinze dias, durante as férias, ajudar a construir casas modestas para os pobres, ou fazer qualquer outra coisa. Importante é que eles comecem a sentir que são úteis. E, ao longo dessas iniciativas, deixa cair a semente de Deus. Lentamente. Mas só com as palavras… não resulta! O analfabetismo religioso atual, devemos enfrentá-lo com três linguagens: a linguagem da mente, a linguagem do coração e a linguagem das mãos. E todas três harmoniosamente.
Não sei [se respondi]! Estou a falar demais? … São ideias que vos deixo. Com a vossa prudência, sabereis o que fazer. Mas a Igreja sempre em saída. Uma vez atrevi-me a dizer: temos aquele versículo do Apocalipse «Eu estou à porta e bato» (3, 20); Ele bate à porta, mas pergunto-me quantas vezes o Senhor bate à porta a partir de dentro, para que nós Lhe abramos e Ele possa sair connosco para levar o Evangelho fora. Não fechados, sair para fora! Sair, sair! Obrigado.
D. Leszek Leszkiewicz (bispo auxiliar de Tarnów):
Santo Padre, o nosso serviço pastoral está baseado principalmente no modelo tradicional da comunidade paroquial, organizada sobre a vida sacramental. Um modelo que, aqui, continua a dar frutos. Todavia damo-nos conta também de que as condições e circunstâncias da vida diária mudam rapidamente e pedem à Igreja novas modalidades pastorais. Pastores e fiéis parecem-se um pouco como aqueles discípulos que ouvem, trabalham muito, mas nem sempre sabem aproveitar o dinamismo missionário interior e exterior das comunidades eclesiais. O Santo Padre, na Evangelii gaudium, fala dos discípulos missionários que levam, com entusiasmo, a Boa Nova ao mundo atual. Que nos sugere? A que nos encoraja para podermos construir no nosso mundo a comunidade da Igreja de modo frutuoso, fecundo, com alegria, com dinamismo missionário?
Papa Francisco:
Obrigado. Quero sublinhar uma coisa: a paróquia é sempre válida! A paróquia deve permanecer: é uma estrutura que não devemos jogar fora da janela. A paróquia é precisamente a casa do Povo de Deus, a casa onde vive. O problema está no modo como organizo a paróquia. Há paróquias com secretárias paroquiais que parecem «discípulas de satanás»: assustam as pessoas. Paróquias com as portas fechadas. Mas existem também paróquias com as portas abertas, paróquias onde, quando chega alguém com uma questão, lhe dizem: «Sim, sim... Sente-se. Qual é o problema?» E escuta-se com paciência... porque cuidar do Povo de Deus é cansativo, é cansativo! Um bom professor universitário, um jesuíta, que conheci em Buenos Aires, quando se aposentou, pediu ao Provincial para ir como pároco para um bairro a fim de fazer esta nova experiência. Uma vez por semana, vinha à Faculdade – dependia daquela comunidade – e um dia disse-me: «Diz ao teu professor de eclesiologia que, no seu tratado, faltam duas teses». - «Quais?» - «Primeira: O Povo Santo de Deus é essencialmente cansativo. E a segunda: o Povo Santo de Deus ontologicamente faz aquilo que lhe parece melhor. E isto cansa!» Hoje ser pároco é cansativo: guiar uma paróquia é cansativo, neste mundo com tantos problemas. Mas o Senhor chamou-nos para que nos cansássemos um pouco: para trabalhar e não para descansar.
A paróquia é cansativa, quando está bem organizada. A renovação da paróquia é uma das coisas que os bispos devem ter sempre sob os olhos: Como está esta paróquia? Que faz? Como está a catequese? Como é ensinada? É aberta? Tantas coisas... Penso numa paróquia de Buenos Aires; quando os noivos chegavam: «Queremos casar-nos aqui». «Está bem – dizia a secretária –; estes são os preços». Isto está errado, uma paróquia assim não serve. Como se acolhem as pessoas? Como se escutam? Há sempre alguém no confessionário? Nas paróquias – não digo naquelas que estão em bairros pequenos, mas nas paróquias que estão no centro, nas grandes avenidas –, se houver um confessionário com a luz acesa, há sempre pessoas que vão. Sempre! Uma paróquia acolhedora. E nós, bispos, devemos interpelar os padres sobre isto: «Como está a tua paróquia? E tu sais? Visitas os presos, os doentes, as velhinhas? E, com as crianças, que fazes? Fá-las jogar, e como organizas o oratório? É uma das grandes instituições paroquiais, pelo menos na Itália. No oratório, os adolescentes jogam e dá-se-lhes uma palavra boa, um pouco de catequese. Regressam a casa cansados, felizes e com uma semente boa.
A paróquia é importante. Alguns dizem que a paróquia está ultrapassada; agora é o tempo dos movimentos. Isto não é verdade! Os movimentos ajudam, mas não devem colocar-se como alternativa à paróquia: devem ajudar na paróquia, fazer caminhar a paróquia, como faz a Congregação Mariana, como faz a Ação Católica e muitas outras realidades. Correr atrás de novidades, pôr de lado a estrutura paroquial? Aquilo que vos digo talvez possa parecer uma heresia, mas é assim como eu a vivo: creio que é uma realidade análoga à estrutura episcopal; diferente, mas análoga. Na paróquia, não se toca: deve permanecer como um local de criatividade, referência, maternidade e o mais que seja; e, dentro disto, exercitar a capacidade inventiva. E quando uma paróquia procede assim, realiza-se aquilo a que chamei – isto a propósito dos discípulos missionários que perguntava – a «paróquia em saída».
Estou a pensar, por exemplo, numa paróquia – uma iniciativa bela, que depois foi imitada por muitos – numa terra onde não era costume batizar crianças, porque não havia dinheiro para o batizado; entretanto aproxima-se o dia do Padroeiro, e a sua festa começa a preparar-se 3/4 meses antes com a visita às casas, vendo-se então o elevado número de crianças que não estão batizadas. Preparam-se as famílias e um dos atos da Festa do Padroeiro é o Batismo de 30/40 crianças que, de outro modo, ficariam sem Batismo. Há que inventar coisas assim. O problema das pessoas não se casarem na Igreja. Recordo uma reunião de sacerdotes… levantou-se um e disse: «Tu já pensaste porquê?» E deu várias razões que compartilhamos: a cultura atual, etc. Mas a realidade é que um bom grupo de pessoas não se casa, porque hoje casar-se fica muito caro! É muito caro! Tudo se paga…, para haver a festa. É um facto social. E este pároco, que possuía uma grande criatividade, disse: «Quem quiser casar-se, saiba que eu estou à sua espera!» Porque, na Argentina, há dois casamentos: é obrigatório sempre ir ao civil e lá faz-se o casamento civil; e, depois se o casal quiser, vai casar-se ao templo da sua própria religião. Há alguns – muitos! – que não vêm casar-se, porque não têm dinheiro para fazer uma festa grande... Mas os padres com um pouco de criatividade dizem: Não é preciso nada! Fico à espera deles. E, naquele dia, casam-se no civil pelas 11, 12, 13, 14 horas… e eu, naquele dia, não faço a sesta! Depois do casamento civil, vêm à Igreja, casam-se e vão em paz.
É preciso inventar, procurar, sair; procurar as pessoas, penetrar nas dificuldades das pessoas. Hoje, uma paróquia-escritório não serve, porque as pessoas não são disciplinadas. Vós tendes um povo disciplinado, e isto é uma graça de Deus. Mas geralmente o povo não é disciplinado. Penso na minha terra: se não vais à procura das pessoas, se não te aproximas, elas não vêm. E isto é o discípulo missionário, paróquia em saída. Sair a procurar, como fez Deus que enviou o seu Filho à nossa procura.
Não sei se é uma resposta simplista, mas não tenho outra. Não sou um pastoralista iluminado, digo aquilo que me vem ao pensamento.
D. Krzysztof Zadarko (Bispo Auxiliar de Koszalin-Kołobrzeg):
Santo Padre, um dos problemas mais angustiantes que enfrenta atualmente a Europa é a questão dos refugiados. Como podemos ajudá-los, dado que são tão numerosos? E que podemos fazer para superar este medo duma invasão ou agressão que paralisa a sociedade inteira?
Papa Francisco:
Obrigado! O problema dos refugiados... Nem sempre os refugiados foram como agora; digamos que, migrantes e refugiados, consideramo-los juntos. O meu pai é um migrante. E contava ao Presidente [da Polónia] que, na fábrica onde ele trabalhava, havia muitos migrantes polacos depois da guerra; eu era criança e conheci muitos. A minha pátria é uma terra de imigrantes, todos... E lá não havia problemas; verdadeiramente eram outros tempos. Hoje, porque há tanta migração? Não falo da emigração da própria pátria para o estrangeiro: esta é por falta de trabalho. É claro que vão fora procurar trabalho. Este é um problema em casa, que também vós sentis um pouco... Falo daqueles que vêm ter connosco: fogem das guerras, da fome. O problema está lá. E porque está lá o problema? Porque, naquela terra, há exploração do povo, há exploração da terra, há exploração para ganhar mais dinheiro. Economistas mundiais, que veem este problema, dizem: deve-se fazer investimentos naqueles países; investindo, terão trabalho e não precisarão de emigrar. Mas há a guerra! Há a guerra das tribos, algumas guerras ideológicas ou algumas guerras artificiais, preparadas pelos traficantes de armas que vivem disso: dão as armas a uns que estão contra outros, e também a estes que são contra aqueles. E assim vivem eles Na verdade a corrupção está na origem da migração.
Como fazer? Penso que cada país deve ver como e quando: nem todos os países são iguais; nem todos os países têm as mesmas possibilidades. É verdade, mas todos podem ser generosos; generosos como cristãos. Não podemos investir lá, mas a favor daqueles que vêm... Quantos e como? Não se pode dar uma resposta universal, porque o acolhimento depende da situação de cada país e também da cultura. Mas é certo que se podem fazer tantas coisas. Por exemplo, a oração: uma vez na semana, adoração ao Santíssimo Sacramento com preces por aqueles que batem à porta da Europa e não conseguem entrar. Alguns conseguem, mas outros não... Ou então entra um que toma uma estrada que gera medo. Temos países que souberam, desde há anos, integrar bem os migrantes. Estes têm conseguido integrar-se bem. Noutros, infelizmente, formaram-se como que guetos. Há toda uma reforma que se deve fazer, a nível mundial, sobre este compromisso, sobre o acolhimento. Mas trata-se, em todo o caso, dum aspeto relativo; absoluto é o coração aberto ao acolhimento. Absoluto é isto! Com a oração, a intercessão, fazer aquilo que posso. Relativo é o modo como o posso fazer: nem todos o podem fazer da mesma maneira. Mas o problema é mundial. A exploração de criação, e a exploração das pessoas. Estamos a viver um momento de aniquilação do homem como imagem de Deus.
E aqui gostaria de concluir com um aspeto concreto, porque por detrás dele estão as ideologias. Na Europa, nos Estados Unidos, na América Latina, na África, nalguns países da Ásia, existem verdadeiras colonizações ideológicas. E uma delas – digo-a claramente por «nome e apelido» - é o gender! Hoje às crianças – às crianças! –, na escola, ensina-se isto: o sexo, cada um pode escolhê-lo. E porque ensinam isto? Porque os livros são os das pessoas e instituições que te dão dinheiro. São as colonizações ideológicas, apoiadas mesmo por países muito influentes. E isto é terrível. Em conversa com o Papa Bento – que está bem e tem um pensamento claro – dizia-me ele: «Santidade, esta é a época do pecado contra Deus Criador». É inteligente! Deus criou o homem e a mulher; Deus criou o mundo assim, assim e assim; e nós estamos a fazer o contrário. Deus deu-nos um estado «inculto» para que o fizéssemos tornar-se cultura; e depois, com esta cultura, fazemos as coisas que nos levam ao estado «inculto»! Devemos pensar naquilo que disse o Papa Bento: «É a época do pecado contra Deus Criador»! E isto ajudar-nos-á.
Mas tu, Cristóvão, dir-me-ás: «E isto que tem a ver com os migrantes?» Trata-se um pouco do contexto, sabes? Quanto aos migrantes, diria: o problema está lá, na terra deles. Mas como os acolhemos? Cada qual deve ver como. Mas todos podemos ter o coração aberto e pensar em fazer uma hora nas paróquias, uma hora por semana, de adoração e oração pelos migrantes. A oração move montanhas!
Estas eram as quatro perguntas. Não sei [se respondi]. Desculpai se falei demasiado, mas o sangue italiano atraiçoa-me... Muito obrigado pelo acolhimento e esperemos que estes dias nos encham de alegria: alegria, muita alegria. E rezemos a Nossa Senhora, que é Mãe e sempre nos leva pela mão: «Salve Regina...»
E não vos esqueçais dos avós, que são a memória dum povo.
[01265-PO.01] [Texto original: Italiano]
[B0568-XX.02]