SINODO DEI VESCOVI XI ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA
LÂEucaristia:
LINEAMENTA
INDICE Introduzione: Perché un Sinodo sullÂEucaristia Il Sacramento della Nuova ed Eterna Alleanza
LÂEucaristia: un Dono alla Chiesa, sempre da scoprire
LÂEucaristia: Mistero di fede proclamato
La liturgia dellÂEucaristia
La Mistagogia eucaristica per la nuova evangelizzazione
LÂEucaristia: un Dono da adorare
LÂEucaristia: un Dono per la missione
I Padri della Decima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, verso la fine dei lavori nellÂottobre 2001, furono interpellati circa il tema della successiva assemblea e, tra le varie proposte, suggerirono anche lÂargomento eucaristico. LÂabituale consultazione delle Conferenze Episcopali, delle Chiese Orientali sui iuris, dei Dicasteri della Curia Romana e dellÂUnione dei Superiori Generali ha a sua volta indicato, con particolare convergenza di pareri, il tema dellÂEucaristia come prioritario. Anche i membri del Consiglio Ordinario della Segreteria Generale si sono espressi in tal senso. Proprio questo tema il Santo Padre scelse e stabilì di offrire alla meditazione collegiale dei Vescovi riuniti nellÂUndecima Assemblea Generale Ordinaria. La formula, rievocativa della dottrina e del linguaggio conciliare del Concilio Vaticano II, ha questi termini: Eucharistia fons et culmen vitae et missionis Ecclesiae. Fu poi compito del Consiglio della Segreteria Generale dedicare a questo titolo alcune sessioni lavoro, che, con lÂaiuto di esperti, hanno portato al risultato del presente documento dei Lineamenta. Questo, come è ben noto, è il primo passo della consultazione universale, che permetterà a tutte le Chiese particolari sparse nel mondo di entrare nel processo sinodale con la riflessione, la preghiera e i suggerimenti più opportuni per permettere la preparazione dellÂInstrumentum laboris che costituirà lÂordine del giorno dellÂassemblea sinodale. La consultazione per la futura assemblea sinodale registra una novità nella storia del Sinodo dei Vescovi: il tema. Esso, infatti, corrisponde a quello di una recente Enciclica pontificia sulla Eucaristia nel suo rapporto vitale con la Chiesa Ecclesia de Eucharistia. La circostanza merita considerazione a causa del suo influsso diretto sulla consultazione e sui lavori sinodali veri e propri. Non sorprende che un sinodo sia chiamato a trattare di una materia inclusa nel magistero pontificio ordinario. Quello che desta attenzione è la prossimità cronologica e lÂidentità promulgativa: è il medesimo Papa che in stretto nesso di tempo scrive di Eucaristia e affida ad un sinodo lo stesso argomento. Tutto questo ha pregnanza di significato per il Pontefice, per i Vescovi, per la Chiesa. È chiaro che lÂEnciclica manifesta la volontà del Pastore di stimolare i destinatari, la Chiesa universale, a dedicarsi, con nuove energie spirituali e con rinnovato amore, al mistero eucaristico, che è vitale per la Chiesa stessa. In questo atto di magistero ordinario si esprime così la sollecitudine di ripetere al popolo del Signore, con accenti adatti alle condizioni odierne, una verità perenne e necessaria alla sopravvivenza della Chiesa nella storia. LÂassemblea sinodale ha scopi consultivi e questa volta i vescovi non sono convocati dal Papa perché diano suggerimenti in vista di interventi dottrinali. Tuttavia esistono abbondanti motivi di riunire i pastori, perché su un argomento tanto decisivo per la vita e la missione della Chiesa manifestino le esigenze e le implicazioni pastorali dellÂEucaristia nella celebrazione, nel culto, nella predicazione, nella carità, nelle diverse opere in genere. Ma il punto più alto di attenzione è un altro. Stando allÂevidente analogia dei titoli, è inevitabile domandarsi perché il Papa abbia scelto un tema già trattato. La risposta a questo disagio dialettico sta nellÂosservazione aggiornata della vita della Chiesa. Esiste oggi nella Chiesa, innegabilmente, una Âurgenza eucaristicaÂ, che fa capo non più a incertezze di formule, come avveniva nel periodo del Concilio Vaticano II, ma alla prassi eucaristica bisognosa oggi di nuova amorosa attitudine fatta di gesti di fedeltà a Colui che è Presente per coloro che oggi continuano a cercalo: ÂMaestro dove abiti?Â. Si augura pertanto che questi Lineamenta incoraggino le Conferenze Episcopali, le Chiese Orientali sui iuris, i Dicasteri della Curia Romana e lÂUnione dei Superiori Generali alla riflessione e alla verifica pastorale, invitando anche tutte le componenti della Chiesa a offrire il loro contributo, affinché le risposte al questionario dei Lineamenta siano complete e significative per permettere un fruttuoso lavoro sinodale. Per un adeguato svolgimento del processo sinodale sarà necessario che le risposte arrivino a questa Segreteria Generale entro il 31 dicembre 2004. Con queste risposte continua in tutte le Chiese particolari il cammino del Sinodo, nel quale i Vescovi, come Pastori del gregge, in collegialità tra di loro e con il Papa si preparano a riflettere su questo grande Sacramento del quale vive la Chiesa. 25 febbraio 2004 Jan P. Card. Schotte, C.I.C.M.
Perché un Sinodo sullÂEucaristia 1. LÂinvisibile Iddio si è manifestato nel Verbo fatto carne, il Figlio Gesù Cristo; dopo lÂascensione Âquello che era visibile del nostro Redentore è passato nei riti sacramentaliÂ. [1] Per questo ÂNoi vediamo una cosa e ne intendiamo unÂaltra. Noi vediamo un uomo (Gesù), ma crediamo in DioÂ. [2] La Chiesa, sacramento della salvezza di Gesù Cristo per lÂuomo, vive del culto incentrato sul Verbo incarnato, sacramento del Padre; il Canone Romano e lÂanafora di S. Giovanni Crisostomo, definiscono la S.Messa Âoblationem rationabilem e Âlogikèn latreíanÂ, il farsi evento della parola divina, a cui partecipano lo spirito e la ragione. Colui che è la parola, il Verbo, si rivolge allÂuomo e attende una risposta comprensibile, ragionevole (rationabile obsequium). Così la parola umana diventa adorazione, sacrificio e ringraziamento (eucharistia). Questo Âculto spirituale (cf. Rm 12,1) è il cuore della Âpartecipazione attiva e consapevole del popolo di Dio al mistero eucaristico [3] che raggiunge la pienezza con la santa comunione. [4] 2. Il Concilio Vaticano II ha dedicato al Mistero Eucaristico il capitolo III della Costituzione de sacra Liturgia; ma tutto ciò che in questo documento si dice della liturgia, come culmine e fonte dellÂazione della Chiesa, riguarda massimamente la celebrazione dellÂEucaristia, la ÂDivina Liturgia come amano dire gli orientali. Il tema del prossimo Sinodo sarà lÂEucaristia, a cui il popolo di Dio partecipa in forza del battesimo; infatti, essa è il Âculmine dellÂiniziazione cristiana, ma anche dellÂazione apostolica, perché presuppone lÂappartenenza alla comunione della Chiesa; nello stesso tempo è ÂfonteÂ, perché costituisce il nutrimento per la sua vita e la sua missione. [5] Perciò, lÂenciclica di Giovanni Paolo II Ecclesia de Eucharistia, richiamandosi alla Lettera apostolica Novo millennio ineunte in cui aveva esortato a conoscere, amare e imitare, Cristo, ricorda che  un rinnovato slancio della vita cristiana passa attraverso lÂEucaristiaÂ. [6] 3. La VI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi affrontò il tema della Riconciliazione e, nel suo ambito, del Sacramento della Penitenza, mezzo ordinario per ritornare alla comunione con Cristo e con la Chiesa, culminante nellÂEucaristia. La ricca riflessione è confluita nellÂEsortazione apostolica post-sinodale Reconciliatio et Paenitentia. Anche la V Assemblea Generale Ordinaria, trattando della famiglia dette attenzione a quella originaria comunione di sangue e di spirito, che trova la sorgente della sua vitalità proprio in un altro sacramento, il matrimonio, mistero grande, segno dellÂunione tra Cristo e la Chiesa (cf. Ef 5,32). Gli ultimi quattro Sinodi ordinari hanno riflettuto sulle componenti fondamentali della comunione ecclesiale: il laicato, il sacerdozio ministeriale, i consacrati e i vescovi, comunione ecclesiale che lÂEucaristia presuppone per perfezionarla. [7] Appaiono quindi comprensibili le ragioni di unÂassemblea sinodale sul Sacramento che manifesta lÂapostolicità e la cattolicità della Chiesa e ne fa crescere lÂunità e la santità. Questo permetterà che: a. lÂEucaristia sia conservata al centro dellÂattenzione della Chiesa, a livello universale e locale, in particolare nelle parrocchie e comunità, già durante la fase preparatoria del Sinodo; b. la fede nellÂEucaristia riceva un necessario approfondimento; c. ponendo questo tema preminente, lÂassemblea sinodale rivesta particolare importanza allÂinizio del terzo millennio della Cristianità e contribuisca al programma di rinnovamento della vita e della missione cristiana delle persone e delle comunità; d. la speciale attenzione alla S. Eucaristia sempre data dallÂinsegnamento della Chiesa, dal tempo apostolico, ai padri e agli scrittori sacri medievali; dai concili, in particolare quello dei Concili di Trento e del Vaticano II, fino ai principali documenti interdicasteriali e pontifici, richiamati anche dalla recente enciclica di Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, sia nuovamente e più profondamente recepita nella sua totalità. 4. Il tema scelto da Giovanni Paolo II per la XI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi è Eucharistia fons et culmen vitae et missionis Ecclesiae. Tra le questioni che dovranno essere oggetto di approfondimento, si segnalano tre in particolare: a. il Figlio di Dio, Gesù Cristo con i gesti nellÂultima Cena e specialmente con le parole: ÂFate questo in memoria di meÂ, non ha voluto semplicemente un pasto fraterno, ma una liturgia, vero culto di adorazione del Padre Âin spirito e verità (cf. Gv 4,24); b. con la riforma liturgica non è andato distrutto il patrimonio secolare della Chiesa cattolica ma si è inteso promuovere, nella fedeltà alla tradizione cattolica, il rinnovamento della liturgia per favorire la santificazione dei cristiani; c. la presenza reale del Signore nel SS. Sacramento è stata voluta da lui stesso perché il Dio Emmanuele fosse oggi e sempre un Dio vicino allÂuomo, il suo Redentore e Signore. 5. La preparazione alla XI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi e i suoi lavori si collocano allÂinterno di tutto il magistero e della dottrina dellÂEucaristia, in particolare nellÂinsegnamento del Concilio Vaticano II, che ha reso la Chiesa ancora più consapevole che Âil nostro Salvatore nellÂultima Cena, la notte in cui fu tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, onde perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il sacrificio della CroceÂ. [8] Come diletta sposa, la Chiesa sa di dover celebrare Âil memoriale della sua Morte e della sua Risurrezione: sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, lÂanima viene ricolmata di grazia e ci è dato il pegno della gloria futuraÂ. [9] La dottrina eucaristica, con i suoi fondamenti biblici, patristici e teologici, col suo richiamo catechetico e mistagogico, permea tutti i documenti del Concilio Vaticano II e del magistero post-conciliare e vuole condurre nel mistero della S. Eucaristia e allÂadorazione di tale mistero, come è profondamente illustrato dalle tradizioni dÂoriente e dÂoccidente, presenti nellÂunica Chiesa cattolica. Tra i documenti post-conciliari che hanno applicato la Costituzione sulla Sacra Liturgia, resta fondamentale per la comprensione e la celebrazione dellÂEucaristia, lÂenciclica Mysterium fidei di Paolo VI, lÂInstitutio Generalis Missalis Romani, pubblicata nel 1970 e riveduta nel 2000, con le norme da osservare per la S. Messa nel rito romano. In questi testi, oltre che nel Catechismo della Chiesa Cattolica, [10] nei Codici della Chiesa latina [11] e delle Chiese orientali, [12] nellÂIstruzione per lÂapplicazione delle prescrizioni liturgiche del Codice dei Canoni delle Chiese orientali pubblicata nel 1996, vi sono gli approfondimenti dottrinali e le indicazioni pastorali che sono stati ultimamente richiamati dallÂenciclica di Giovanni Paolo II Ecclesia de Eucharistia. [13]
Il Sacramento della Nuova ed Eterna Alleanza LÂEucaristia nella storia della salvezza 6. LÂofferta e il sacrificio fatti a Dio in segno di riconoscenza, domanda, riparazione dei peccati rappresentano nellÂAntico Testamento il contesto preparatorio remoto dellÂultima Cena di Gesù Cristo. Questa è richiamata dalla figura del Servo di Jhwh che si offre in sacrificio, versando il suo sangue per la nuova alleanza (cf. Is 42,1-9; 49,8), in sostituzione e a vantaggio dellÂumanità. Anche i pasti religiosi degli ebrei, in specie quello pasquale memoriale dellÂEsodo e il banchetto sacrificale, servivano ad esprimere il ringraziamento per i benefici ricevuti da Dio e per entrare in comunione con lui grazie alle vittime sacrificali (cf. 1 Cor 10,18-21). Pure lÂEucaristia mette in comunione col sacrificio di Gesù Cristo. Inoltre, nella tradizione e nel culto ebraico la benedizione (berakà) costituiva da un lato la comunicazione della vita di Dio allÂuomo e dallÂaltro il riconoscimento stupito e adorante dellÂopera di Dio da parte dellÂuomo. Questo avveniva mediante il sacrificio nel tempio e il pasto in casa (cf. Gn 1,28; 9,1; 12,2-3; Lc 1,69-79). La benedizione era ad un tempo euloghía, cioè lode a Dio, e eucharistía, cioè rendimento di grazie; questÂultimo aspetto finirà per identificare nel cristianesimo la forma e il contenuto dellÂanafora o preghiera eucaristica. Gli ebrei avevano anche un pasto sacro o sacrificio conviviale (tôdâ) (cf. per es. Sal 22 e 51), in uso al tempo di Gesù, caratterizzato dal ringraziamento e dal sacrificio incruento del pane e del vino. Si può comprendere così un altro aspetto dellÂultima Cena, quello di sacrificio conviviale di ringraziamento. Il rito veterotestamentario del sangue versato in sacrificio fa da sfondo al tema dellÂalleanza che Dio gratuitamente stipula col suo popolo (cf. Gn 24,1-11). Preannunciato dai profeti (cf. Is 55,1-5; Ger 31,31-34; Ez 36,22-28) ed assolutamente necessario per capire lÂultima Cena e tutta la rivelazione di Cristo, questo stesso rito porta un nome (in ebraico berít tradotto in greco diathéke) che indicherà anche il corpo degli scritti neotestamentari. Infatti, il Signore ha sancito nellÂultima Cena lÂalleanza, il suo testamento con i discepoli e tutta la Chiesa. I segni profetici e il memoriale preannunciati nellÂAT (la cena in Egitto, il dono della manna, la celebrazione annuale della Pasqua) si compiono nei sacramenti o misteri della Chiesa. In essi è contenuta la potenza divina santificante, trasformante e divinizzante della morte e risurrezione del Signore, celebrata ogni domenica, anzi quotidianamente, nella Pasqua cristiana. Dice SantÂAmbrogio:ÂOra, fa attenzione se sia più eccellente il pane degli angeli o la carne di Cristo la quale è indubbiamente un corpo che dà la vita QuellÂevento era figura, questo è veritàÂ. [14] LÂunico sacrificio e sacerdozio di Gesù Cristo 7. Il fatto storico dellÂultima Cena è narrato nei vangeli di san Matteo (26,26-28), san Marco (14,22-23), san Luca (22,19-20) e da san Paolo nella prima lettera ai Corinti (11,23-25), che permettono di capire il senso dellÂevento: Gesù Cristo si dona (cf. Gv 13,1) quale nutrimento dellÂuomo, dà il suo corpo e versa il suo sangue per noi. Questa alleanza è nuova perché inaugura una nuova condizione di comunione tra lÂuomo e Dio (cf. Eb 9,12); inoltre è nuova e migliore dellÂantica perché il Figlio sulla croce dona se stesso e a quanti lÂaccolgono dà il potere di diventare figli del Padre (cf. Gv 1, 12; Gal 3,26). Il comando Fate questo in memoria di me indica la fedeltà e la continuità del gesto, che deve permanere fino al ritorno del Signore (cf. 1 Cor 11,26). Compiendo questo gesto, la Chiesa ricorda al mondo che tra Dio e lÂuomo esiste unÂamicizia indistruttibile grazie allÂamore di Cristo che offrendo se stesso ha sconfitto il male. In tal senso lÂEucaristia è forza e luogo di unità del genere umano. Ma la novità e il significato dellÂultima Cena sono immediatamente e direttamente legati allÂatto redentivo della croce e della risurrezione del Signore, Âparola definitiva di Dio allÂuomo e al mondo. In tal modo, Cristo, con il desiderio ardente di fare la Pasqua, di offrire se stesso (cf. Lc 22,14-16) diventa la nostra Pasqua (cf. 1 Cor 5,7): la croce ha inizio nella Cena (cf. 1 Cor 11,26). Ed è la stessa persona, Gesù Cristo, che nella Cena in modo incruento e sulla croce col suo proprio sangue è sacerdote e vittima che si offre al Padre: Âsacrificio che il Padre accettò, ricambiando questa totale donazione di suo Figlio, che si fece Âobbediente fino alla morte (Fil 2,8), con la sua paterna donazione, cioè col dono della nuova vita immortale nella risurrezione, perché il Padre è la prima sorgente e il datore della vita fin dal principioÂ. [15] Per questo non si può disgiungere la morte di Cristo dalla sua risurrezione (cf. Rm 4,24-25), con la vita nuova che ne scaturisce e in cui noi veniamo immersi col battesimo (cf. Rm 6,4). 8. Il vangelo di san Giovanni tratta del mistero eucaristico nel capitolo sesto. Su uno schema simile a quello dellÂultima Cena, è descritto il miracolo dei pochi pani distribuiti ad una folla e nello stesso tempo Gesù parla del pane che dà la vita, cioè la sua carne e il suo sangue che sono vero cibo e vera bevanda; chi ha fede in Gesù Cristo mangia la sua carne e ottiene di vivere in eterno. È difficile capire il discorso sullÂEucaristia: solo chi cerca Gesù e non se stesso può accedervi (cf. Gv 6,14 s.26). Una tale consapevolezza si è espressa, dopo la Pentecoste, con la riunione assidua dei battezzati fedeli allÂinsegnamento apostolico, alla comunione fraterna e alla fractio panis (cf. At 2,42.46; 20,7-11), nella ÂCena del Signore (cf. 1 Cor 11,20). È qui il fondamento della dimensione apostolica dellÂEucaristia. I racconti neotestamentari dell Eucaristia, vissuta come rendimento di grazie e memoria sacramentale, evidenziano il fatto che, riconoscendo il corpo e il sangue del Signore nella comunione al pane e al vino consacrati, si riconosce la sua presenza. In pari tempo viene ritenuto grave, una vera condanna, il confondere la ÂCena del Signore con un pasto qualsiasi (cf. 1 Cor 11,29). Inoltre lÂApostolo dà per conosciuto il fatto che la presenza del Signore nel suo corpo e sangue non dipende dalle condizioni di chi lo riceve e la comunione ad essi forma di tutti un solo corpo, perché da essi fluisce la vita di Cristo; essere un cuor solo e unÂanima sola (cf. At 2,46; 4,32-33), fino a rendere possibile la comunione dei beni, era la caratteristica della Chiesa apostolica che condivideva gioie e sofferenze dei suoi membri, viveva cioè la carità (cf. 1 Cor 12,26-27). Dal quadro biblico emergono i seguenti punti fermi della verità sullÂEucaristia, che fanno del sacramento dellÂaltare unÂunica realtà sacrificale e sacerdotale: lÂazione di grazie e di lode al Padre, il memoriale del Mistero pasquale, la presenza permanente del Signore. [16] LÂazione di grazie e di lode al Padre 9. Nella memoria della Chiesa, al centro della celebrazione eucaristica, vi sono le parole della presenza di Gesù in mezzo a noi. ÂQuesto è il mio corpo, questo è il calice del mio sangueÂ. Gesù offre se stesso come vero e definitivo sacrificio, in cui giungono a compimento tutte le figure dellÂAntico Testamento. In lui si riceve ciò che era stato sempre desiderato e mai era stato raggiunto. Ma Gesù, nella luce della profezia (cf. Is 53, 11s.), soffre per i molti e mostra che in sé si compie lÂattesa del vero sacrificio e del vero culto. Lui stesso è quello che sta davanti a Dio, intercede non per se stesso, ma per tutti. Questa intercessione è il vero sacrificio, la preghiera, la celebrazione riconoscente di Dio, in cui restituiamo noi stessi e il mondo. LÂEucaristia è quindi sacrificio a Dio in Gesù Cristo per ricevere in dono il suo amore. 10. Gesù Cristo è il Vivente e si trova nella gloria, nel santuario del cielo dove è entrato grazie al proprio sangue (cf. Eb 9,12); è nello stato immutabile ed eterno di sommo sacerdote (cf. Eb 8,1-2), Âpossiede un sacerdozio che non tramonta (Eb 7,24s), si offre al Padre e a motivo degli infiniti meriti della sua vita terrena continua ad irradiare la redenzione dellÂuomo e del cosmo che in lui si trasforma e ricapitola (cf. Ef 1,10). Tutto questo significa che il Figlio Gesù Cristo è mediatore della nuova alleanza per coloro che sono stati chiamati allÂeredità eterna (cf. Eb 9,15). Il suo sacrificio permane in eterno nello Spirito Santo, il quale ricorda alla Chiesa tutto ciò che il Signore ha compiuto come sommo ed eterno sacerdote (cf. Gv 14,26; 16,12-15). San Giovanni Crisostomo nota che il vero officiante della divina liturgia è Cristo: colui che ha celebrato lÂEucaristia Âdurante quella cena, anche oggi opera lo stesso miracolo. Noi abbiamo lÂordine di ministri, ma è lui che santifica e trasforma lÂoffertaÂ. [17] Quindi Ânon è unÂimmagine o una figura di sacrificio, ma un sacrificio veroÂ. [18] Dio si è degnato di accettare lÂimmolazione del Figlio quale vittima per il peccato e la Chiesa prega perché il sacrificio giovi alla salvezza del mondo. CÂè una identità piena tra sacrificio e rinnovazione sacramentale istituita nella Cena, che Cristo ha ordinato di celebrare in sua memoria, come sacrificio di lode, dÂazione di grazie, di propiziazione e di espiazione. [19] Dunque, a causa dellÂamore sacrificale del Signore Âla Messa rende presente il sacrificio della Croce, non vi si aggiunge e non lo moltiplicaÂ. [20] Quindi lÂatto prioritario è il sacrificio. Ad esso segue il convito nel quale prendiamo in cibo lÂAgnello immolato sulla Croce. Il memoriale del Mistero pasquale 11. Fare memoria di Cristo significa ricordare tutta la sua vita, perché nella Messa si rendono a loro modo presenti nel corso dellÂanno i misteri della redenzione, ma specialmente, secondo S. Paolo, lÂumiliazione (cf. Fil 2), lÂamore sommo che lo ha reso obbediente fino alla croce. Ogni volta che mangiamo il suo corpo e beviamo il suo sangue annunciamo la sua morte, finché egli venga (cf. 1 Cor 11,26), e anche la sua risurrezione (cf. At 2,32-36; Rm 10,9; 1 Cor 12,3; Fil 2,9-11). Per questo egli è lÂAgnello pasquale immolato (cf. 1 Cor 5,7-8), che sta ritto in piedi perché è risorto (cf. Ap 5,6). LÂistituzione dellÂEucaristia è iniziata nellÂultima Cena: le parole che Gesù vi pronuncia sono unÂanticipazione della sua morte; ma anche questa resterebbe vuota, se il suo amore non fosse più forte della morte, per giungere alla risurrezione. Ecco perché la morte e la risurrezione sono chiamate nella tradizione cristiana mysterium paschale. Vuol dire che lÂEucaristia è molto più di una semplice cena; il suo prezzo è stato una morte che è stata vinta con la risurrezione. Per questo il costato aperto di Cristo è il luogo originario da cui nasce la Chiesa e provengono i sacramenti che la edificano, il battesimo e lÂEucaristia, dono e vincolo di carità (cf. Gv 19,34). Così nellÂEucaristia adoriamo ÂColui che era morto e ora è vivo per sempre (Ap 1,18). Il Canone Romano esprime tutto questo subito dopo la consacrazione: ÂIn questo sacrificio, o Padre, noi tuoi ministri e il tuo popolo santo celebriamo il memoriale della beata passione, della risurrezione dai morti e della gloriosa ascensione al cielo di Cristo tuo Figlio e nostro Signore; e offriamo alla tua maestà divina, tra i doni che ci hai dato, la vittima pura, santa e immacolata, pane santo della vita eterna e calice dellÂeterna salvezzaÂ. Durante la Âcena mistica [21] , nella persona di Gesù Cristo coesistono come passato lÂAntico Testamento, come presente il Nuovo Testamento e come futuro lÂimmolazione imminente. [22] Con lÂEucaristia entriamo in un altro tempo non più soggetto alla nostra misurazione ma in cui il futuro, illuminando il passato, ci viene offerto come stabilmente presente; perciò il mistero di Cristo, alfa e omega, diventa contemporaneo ad ogni uomo in ogni tempo. [23] Il tempo si è fatto breve (cf. 1 Cor 7,29), aspettiamo la risurrezione dei morti e già viviamo nel cielo. ÂQuesto mistero rende cielo la terraÂ. [24] La presenza permanente del Signore 12. In tutti i sacramenti Gesù Cristo agisce attraverso segni sensibili che senza cambiare le apparenze assumono una capacità di santificazione. NellÂEucaristia, egli è presente col suo corpo e sangue, anima e divinità, donando allÂuomo tutta la sua persona e la sua vita. NellÂAntico Testamento Dio, attraverso i suoi inviati, additava la sua presenza nella nube (shekhinà), nel tabernacolo, nel tempio; col Nuovo Testamento, nella pienezza del tempo, egli viene ad abitare tra gli uomini nel Verbo fatto carne (cf. Gv 1,14), diventando realmente Emmanuele (cf. Mt 1,23), parla per mezzo del Figlio, suo erede (cf. Eb 1,1-2). San Paolo, per far comprendere ciò che avviene nella comunione allÂEucaristia afferma: ÂChi si unisce al Signore forma con lui un solo spiritoÂ(1 Cor 6,17), in una nuova vita che proviene dallo Spirito Santo. S. Agostino ha profondamente compreso questo, ma prima di lui Ignazio dÂAntiochia e, dopo, i monaci e molti mistici e teologi. La Divina Liturgia è questa presenza di Cristo Âche raduna (ekklesiázon) tutte le creatureÂ, [25] le convoca attorno al santo altare e Âprovvidenzialmente le unisce sia a se stesso che fra loroÂ. [26] Dice San Giovanni Crisostomo: ÂQuando stai per accostarti alla sacra mensa, credi che lì è presente il Re di tuttiÂ. [27] Per questo lÂadorazione è inscindibile dalla comunione. Grande è il mistero della presenza reale di Gesù Cristo!. [28] Essa ha per il Concilio Vaticano II il medesimo senso della definizione tridentina: con la transustanziazione il Signore si rende presente nel suo corpo e sangue. [29] I padri orientali parlano di metabolismo [30] del pane e del vino in corpo e sangue. Sono due modi significativi di coniugare ragione e mistero, perché, come ha affermato Paolo VI, la presenza eucaristica Âcostituisce nel suo genere il più grande dei miracoliÂ. [31]
LÂEucaristia: un Dono alla Chiesa, sempre da scoprire I Padri e Dottori della Chiesa 13. DallÂultima Cena la Chiesa è passata allÂEucaristia, nome preferito rispetto agli altri: Cena del Signore, Frazione del pane, Santo Sacrificio e oblazione, Assemblea eucaristica, Santa Messa, Cena mistica, Santa e Divina Liturgia, [32] per indicare che essa è soprattutto un rendere grazie (dal greco eucharisteĩn). Questo spiega il fatto che lÂEucaristia comincia a essere celebrata al mattino della domenica da parte dei battezzati, mentre ne sono esclusi i catecumeni e i penitenti. Lo schema celebrativo sembra già delineato nel vangelo di San Luca (cf. 24,25-31): ad Emmaus, la sera di Pasqua, il Signore risorto appare ai discepoli, essi lo ascoltano in modo sempre più profondo, finché non si fa riconoscere nel rendimento di grazie e nella frazione del pane. Nella Traditio Apostolica lÂEucaristia è rivelazione del Padre nel mistero del suo Figlio che redime lÂuomo e ad un tempo ringraziamento della Chiesa per questa redenzione salvifica. [33] In questo testo, considerato una delle più antiche testimonianze dopo lÂetà apostolica, ripetutamente si menziona la Chiesa, a sottolineare il nesso indissolubile con lÂEucaristia, e dopo la consacrazione si invoca la presenza dello Spirito Santo che rende degna la Chiesa di compiere lÂofferta. LÂimpegno a frequentare lÂEucaristia per rafforzare la concordia nella fede onde vincere le divisioni provocate da Satana; a viverla nellÂunità perché una è la carne e il sangue del Signore, uno lÂaltare e il vescovo; a riconoscere in essa la carne di Gesù Cristo che ha sofferto per i peccati ed è risuscitato, è testimoniato da SantÂIgnazio dÂAntiochia. [34] Essa è nutrimento spirituale per la vita eterna, sacrificio universale preannunciato dal profeta Malachia, fonte della vera pace. [35] E celebre in San Giustino la descrizione dellÂEucaristia domenicale, giorno in cui è avvenuta la creazione del mondo e la risurrezione di Gesù Cristo. [36] SantÂIreneo ricorre allÂEucaristia per affermare la realtà dellÂincarnazione, contro lo gnosticismo; sottolinea più volte la presenza reale di Cristo nel corpo e nel sangue e la necessità di nutrirsi di esso perché il nostro corpo risorga. [37] Anche San Cipriano insiste sullÂidentità del pane e del vino col corpo e sangue di Cristo e su due effetti della comunione: la forza dei martiri e lÂunità dei cristiani. [38] 14. Con il riconoscimento ufficiale della Chiesa, prese avvio la prima riflessione teologica che determinerà la futura dottrina eucaristica sulla presenza di Cristo, sul modo in cui si realizza e sulla dimensione sacrificale, come è testimoniato dalle catechesi dei Padri che precedevano, accompagnavano e seguivano lÂiniziazione cristiana. San Gregorio di Nissa, ad esempio, sostiene che con la comunione eucaristica si aderisce al corpo di Cristo, mentre con la fede alla sua anima [39] e si riceve lÂimmortalità. Anche il vescovo San Cirillo di Gerusalemme, richiamandosi a San Pietro, ricorda che con lÂEucaristia siamo fatti partecipi della natura divina. [40] San Giovanni Crisostomo guarda allÂEucaristia nel contesto dellÂiniziazione battesimale come nutrimento della vita ricevuta e suo sostegno nella lotta a Satana. Particolarmente efficace per la tensione escatologica è questa sua spiegazione: ÂQuando vedi il Signore sacrificato e giacente, e il sacerdote che presiede al sacrificio e prega, e tutti arrossati di quel sangue prezioso, credi ancora di essere tra gli uomini e di stare sulla terra? Ma non ti senti subito trasportato nei cieli e spoglio nello spirito di ogni pensiero della carne, con lÂanima nuda e con la mente pura, contempli le cose celesti?Â. [41] Il realismo eucaristico congiuntamente alla virtù santificatrice della passione e risurrezione di Gesù Cristo, nonché lÂepiclesi che porta allÂunità di quanti fanno la comunione eucaristica, caratterizzano la riflessione dottrinale e rituale di Teodoro di Mopsuestia; [42] anche per lui la vita battesimale si nutre mediante lÂEucaristia. Con SantÂAmbrogio lÂEucaristia è posta tra lÂeconomia dellÂAntico Testamento e lÂescatologia; [43] inoltre, le parole di Gesù pronunciate dal sacerdote, attraverso le quali Egli offre ed è offerto al Padre, provano la sua presenza reale. In vari Padri si trova lÂinizio della riflessione sulla trasformazione della sostanza del pane e del vino. In SantÂAgostino a proposito dellÂEucaristia prevalgono le riflessioni sul suo realismo e i suoi simboli, [44] sul nesso con la Chiesa-corpo (Christus Totus) [45] e sulla qualità sacrificale del Sacramento. [46] 15. LÂEucaristia è il sacramento della presenza di Cristo. Questo, dice San Tommaso dÂAquino, lo differenzia dagli altri sacramenti. [47] Il termine repraesentare da lui adoperato sta ad indicare che lÂEucaristia non è un devoto ricordo, ma la presenza effettiva ed efficace del Signore morto e risorto che vuole raggiungere ogni uomo. [48] Il significato del Sacramento è triplice: ÂIl primo riguarda il passato, in quanto commemora la passione del Signore, che è stata un vero sacrificio E per questo si denomina sacrificio. Il secondo riguarda lÂeffetto presente, ossia lÂunità della Chiesa in cui gli uomini sono raccolti per mezzo di questo sacramento Il terzo significato riguarda il futuro: poiché questo sacramento è prefigurativo della beatitudine divina che si realizzerà nella patriaÂ. [49] NellÂufficio del Corpus Domini ci ha lasciato la celebre antifona che ripropone liricamente quel significato: ÂO Sacrum Convivium, in quo Christus sumitur, recolitur memoria passionis eius, mens impletur gratia et futurae gloriae nobis pignus daturÂ. Anche S. Bonaventura ha contribuito alla teologia dellÂEucaristia, insistendo sullo spirito di pietà necessario per comunicarsi a Cristo. Egli ricorda che nellÂEucaristia, oltre alle parole dellÂultima Cena, si realizza la promessa del Signore: ÂIo sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo (Mt 28,20). [50] Nel Sacramento egli è realmente e veramente presente nella Chiesa. Il Sacramento dellÂunità e santità della Chiesa 16. LÂEucaristia rivela anche la natura della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, sia a livello locale che universale. La recente enciclica di Giovanni Paolo II Ecclesia de Eucharistia costituisce un atto di magistero illuminante per la comprensione della relazione tra lÂEucaristia e la Chiesa. La grandezza e la bellezza della Chiesa cattolica consistono proprio nel fatto che essa non rimane ferma ad unÂepoca o ad un millennio, ma cresce, matura, penetra più profondamente il mistero, lo propone nelle verità da credere e nelle liturgie da celebrare. Anche da questo si vede che in essa continua ad esistere lÂunica Chiesa di Cristo. S. Agostino spiegava lÂEucaristia ai neofiti nella notte pasquale così: ÂDeve esservi chiarito che cosÂè che avete ricevuto. Ascoltate quindi brevemente quel che dice lÂApostolo o, meglio, Cristo per mezzo dellÂApostolo, sul sacramento del corpo del Signore: ÂUno solo il pane, noi siamo un solo corpo sebbene in moltiÂ. Ecco: questo è tutto; ve lÂho detto in fretta; ma, voi, non contate le parole, pesatele!Â. [51] In questa frase dellÂApostolo cÂè, secondo il santo vescovo dÂIppona, la sintesi del mistero che essi ricevono. Ma, dalle origini della Chiesa si può rilevare la resistenza a questa realtà da parte di quanti preferivano piuttosto rinchiudersi nella loro cerchia (cf. 1 Cor 11,17-22); eppure, lÂEucaristia, a motivo della sua efficacia unificante [52] aveva il senso permanente di radunare, superare le barriere, condurre gli uomini ad una nuova unità nel Signore. LÂEucaristia è il sacramento con il quale Cristo ci unisce a sé in un solo corpo e rende santa la Chiesa. LÂapostolicità dellÂEucaristia 17. Il Signore ha lasciato i sacramenti agli Apostoli. Così, la Chiesa li ha ricevuti e da duemila anni li trasmette con la stessa fede apostolica. Dal giorno dellÂascensione, la Chiesa mantiene lo sguardo fisso sul Signore che ha detto ÂNessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dellÂuomo che è disceso dal cieloÂ(Gv 3,13). Cristo risuscitato è salito al cielo col suo corpo di carne e glorioso, ma rimane in terra nel suo corpo mistico che è la Chiesa, nelle sue membra (cf. 1 Cor 12,5) e nei sacramenti, specialmente nellÂEucaristia. Egli aveva preannunciato: ÂSe non me ne vado non verrà a voi il ConsolatoreÂ(Gv 16,7), che aveva reso possibile il Corpus Verum nellÂIncarnazione e dà vita al Corpus Mysticum della Chiesa. LÂapostolicità dellÂEucaristia e della Chiesa non è un riferimento meramente storico, ma la manifestazione permanente che Cristo è contemporaneo ad ogni uomo in ogni tempo, [53] e riguarda il nostro mistero di comunione ecclesiale. LÂenciclica Ecclesia de Eucharistia riporta lÂincisiva affermazione di Agostino: Âvoi ricevete quel che è il vostro misteroÂ. [54] Questa presenza, conseguenza dellÂIncarnazione, è perciò il mistero della fede. In esso si rivela anche il mistero della Chiesa, che nella celebrazione eucaristica è pervasa dallo stupore [55] e portata a contemplare: Ave, verum Corpus natum de Maria Virgine. 18. Il Concilio Vaticano II ha affermato che, attraverso lÂopera della redenzione presente nel Sacramento dellÂaltare, cresce la Chiesa. [56] Paolo VI ricorda che nel Messale Romano cÂè la prova della tradizione ininterrotta della Chiesa romana e Âla teologia del mistero eucaristicoÂ. [57] Giovanni Paolo II, dopo aver richiamato il nesso inscindibile tra Eucaristia e Chiesa col noto aforisma ÂlÂEucaristia edifica la Chiesa e la Chiesa fa lÂEucaristiaÂ, afferma che quanto si professa della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica nel Simbolo niceno-costantinopolitano si deve applicare allÂEucaristia e innanzitutto lÂapostolicità [58] Ânon perché non risalga a Cristo ma Âperché viene celebrata conformemente alla fede degli ApostoliÂ. [59] Inoltre ÂLa successione agli Apostoli nella missione pastorale implica necessariamente il sacramento dellÂOrdineÂ. [60] Così vissuta, la nota apostolica della Chiesa è intrinseca alla comunione profonda del corpo mistico e causa di trasformazione interiore. Questo fa comprendere ancora di più il fatto che lÂEucaristia è Âdono e misteroÂ, Âche supera radicalmente il potere dellÂassembleaÂ; [61] non è la comunità a darselo dal suo interno, ma viene alla comunità dallÂalto. Ciò è ben sottolineato dal fatto dellÂordinazione del ministro, che la Chiesa dà a una comunità locale, perché egli possa celebrare. Dunque Ânon bisogna dimenticare che, se la Chiesa fa lÂEucaristia, lÂEucaristia fa la Chiesa al punto da diventare criterio di conferma per la stessa retta dottrinaÂ. [62] Anche per questo lÂEucaristia è un dono da scoprire personalmente come comunione con Cristo, profondità del mistero e verità esistenziale. La cattolicità dellÂEucaristia 19. Non meno importante è la cattolicità dellÂEucaristia, ovvero la sua relazione con la Chiesa universale e locale. La comunione, che Ânon a caso è diventato uno dei nomi specifici di questo eccelso sacramentoÂ, [63] sta ad indicare anche la natura della Chiesa. Se è vero che la Chiesa Âcontinuamente vive e cresce [64] dellÂEucaristia e in essa si esprime, tuttavia la sua celebrazione Ânon può essere il punto di avvio della comunione ecclesiale, che presuppone come esistente, per consolidarla e portarla a perfezioneÂ. [65] Il Concilio Vaticano II ricorda che la comunione cattolica si esprime nei Âvincoli della professione di fede, della dottrina degli Apostoli, dei sacramenti e dellÂordine gerarchico. [66] Essa esige quindi Âun contesto di integrità dei legami anche esterni di comunioneÂ, [67] in special modo il battesimo e lÂordine. LÂEucaristia come sacramento è tra questi vincoli necessari, ma perché sia visibilmente cattolica deve essere celebrata una cum Papa et Episcopo, principi di unità visibile universale e particolare. È una Âesigenza intrinseca della celebrazione del Sacrificio eucaristicoÂ, che Âper il carattere stesso della comunione ecclesiale,  pur celebrandosi sempre in una particolare comunità, non è mai celebrazione di quella sola comunità,  ma immagine e vera presenza della Chiesa una, santa, cattolica e apostolicaÂ. [68] 20. Nei primi secoli di diffusione del cristianesimo si dava massima importanza al fatto che in ogni città vi fosse un solo vescovo, un solo altare, quale espressione dellÂunità dellÂunico Signore. Egli si dà nellÂEucaristia tutto intero in ogni luogo e, per questo, dovunque viene celebrata, essa rende presente pienamente il mistero di Cristo e della Chiesa. Infatti Cristo, che è in ogni luogo un unico corpo con la Chiesa, non può essere ricevuto nella discordia. Proprio perché il Cristo è inseparato e inseparabile dalle sue membra, lÂEucaristia ha senso solo se essa è celebrata con tutta la Chiesa. Paolo VI, nella Costituzione apostolica Missale Romanum del 1969, esprimeva lÂauspicio che il messale, rinnovato a norma del Concilio Vaticano II, fosse accolto come mezzo per testimoniare e affermare lÂunità di tutti ed esprimere, nella varietà delle lingue, Âuna sola e identica preghieraÂ. Qui si trova il senso dellÂosservanza delle norme liturgiche e canoniche riguardanti lÂEucaristia. La Chiesa, quando detta le norme per lÂEucaristia, considera rivolto a se stessa lÂordine dato da Gesù agli Apostoli di preparare la Pasqua (cf. Lc 22,12). Dunque : ÂLÂintimo rapporto esistente tra gli elementi invisibili e gli elementi visibili della comunione ecclesiale è costitutivo della Chiesa come sacramento di salvezza. Solo in questo contesto si ha la legittima celebrazione dellÂEucaristia e la vera partecipazione ad essa. Perciò risulta unÂesigenza intrinseca allÂEucaristia che essa sia celebrata nella comunione, e concretamente, nellÂintegrità dei suoi vincoliÂ.
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LÂEucaristia: Mistero di fede proclamato Il Magistero della Chiesa cattolica 21 . La tradizione apostolica e patristica dÂoriente e dÂoccidente è la fonte primaria a cui ha attinto il magistero conciliare e pontificio della Chiesa cattolica, per precisare la fede nellÂEucaristia e per rispondere alle deviazioni dottrinali e pastorali che di volta in volta si presentavano. Il concilio di Trento in particolare, in tre decreti, ha definito la dottrina eucaristica dopo la Riforma protestante, preoccupandosi particolarmente della presenza vera, reale e sostanziale del Signore Gesù, vero Dio e vero uomo, sotto le specie del pane e del vino. Ha pure affermato che il corpo del Signore è presente non solo nel pane ma anche nel vino, e il suo sangue è presente non solo nel vino ma anche nel pane. Inoltre in entrambe le specie il Signore Gesù Cristo è presente anche con la sua anima e con la sua divinità. Dunque Cristo, Verbo del Padre, vero Dio e vero uomo, è presente tutto intero sotto le due specie e in ciascuna parte di esse. [70] Il medesimo concilio definisce anche la transustanziazione, [71] il modo di ricevere la comunione [72] e il rapporto tra il sacrificio incruento della Messa e quello cruento della croce. [73] Ha pure affermato che sarebbe delittuoso e indegno intendere in modo figurato, tipologico e metaforico le parole dellÂistituzione e il comando di farne memoria. [74] Inoltre lÂistituzione del sacrificio eucaristico rende presente il sacerdozio di Cristo, mentre la forza redentrice della croce ottiene agli uomini il perdono dei peccati per i vivi e per i defunti. [75] La natura sacrificale della Messa, approfondita dalla Mediator Dei di Pio XII, [76] è riaffermata dal Concilio Vaticano II: Cristo è lÂunico sacerdote, i ministri agiscono in suo nome, ripresentano lÂunico sacrificio del Nuovo Testamento nellÂattesa della sua venuta [77] che rigenera continuamente la Chiesa; essi , validamente ordinati, [78] agiscono in persona Christi. [79] La natura dellÂEucaristia. 22. Il Concilio Vaticano II, partendo dalla dottrina tridentina sullÂEucaristia, chiarisce i vari modi della presenza di Cristo, mentre illustra specificamente le differenti caratteristiche della presenza eucaristica. [80] Così, lÂopera della redenzione compiuta una volta per sempre da Gesù Cristo continua ad estendere i suoi effetti ogni volta che sullÂaltare si fa memoria del sacrificio della croce, nel quale Cristo nostra Pasqua è stato immolato. [81] Quanto agli effetti sacramentali, lÂEucaristia completa lÂedificazione della Chiesa, corpo di Cristo, e la fa crescere; [82] ha quindi effetti salvifici sui membri della Chiesa, conferendo ad essi la grazia dellÂunità e della carità, in quanto lÂEucaristia è cibo spirituale dellÂanima, antidoto del peccato, inizio della gloria futura e fonte di santità. Paolo VI ha riaffermato nellÂenciclica Mysterium fidei che la Messa è sempre azione di Cristo e della Chiesa, anche quando è celebrata eccezionalmente in privato, cioè dal solo sacerdote. Cristo non è presente in modo spirituale o simbolico, ma realmente nellÂEucaristia, che è sorgente dellÂunità della Chiesa, suo corpo. [83] Secondo la fede che la Chiesa ha professato dallÂinizio, lÂEucaristia, diversamente dagli altri sacramenti, è Âla carne del nostro salvatore Gesù Cristo che ha patito per i nostri peccati e che il Padre per sua benignità ha risuscitatoÂ. [84] Quanto alla transustanziazione delle specie, oltre che nellÂenciclica, anche nella Professione di fede Paolo VI ne ribadisce il legame causale con la presenza: Cristo si fa presente nellÂEucaristia per una conversione di tutta la sostanza delle due specie. [85] LÂinsegnamento di Paolo VI apporta un approfondimento allÂargomento della transustanziazione in quanto dichiara che dopo questa mutazione sostanziale le due specie Âacquistano nuovo significato e nuovo fine in quanto contengono una nuova realtà che giustamente denominiamo ontologicaÂ. [86] LÂEucaristia e lÂincarnazione del Verbo 23. Gesù è il Figlio di Dio corporeamente presente in mezzo agli uomini. Questo non solo è stato affermato da lui, ma testimoniato concordemente dallo Spirito e dal Padre, soprattutto nel battesimo e nella trasfigurazione. Il Signore ha una presenza quotidiana, Âtutti i giorni fino alla fine del mondo (Mt 28,20), attraverso le epoche storiche. Questa presenza originata dal Padre e continuamente riferita a lui diventa contemporanea ad ogni uomo in ogni tempo, grazie allo Spirito. La pienezza divina del Verbo della vita era nellÂumanità di Gesù di Nazareth. Dopo la sua ascensione (cf. Mc 16,19-20; Lc 24, 50‑53; Atti 1,9-14) resta nel mistero dellÂEucaristia, sacramento massimo della Presenza di Dio all'uomo. LÂascensione, infatti, non significa la scomparsa di Cristo in un cielo chiuso; lÂapertura del cielo sta ad indicare un modo per ritornare: ÂProprio allora il Figlio dellÂUomo fu conosciuto nella maniera più eccelsa e più santa come Figlio di Dio: essendosi infatti ritirato nella gloria della maestà paterna, egli iniziò in modo ineffabile ad essere ancor più presente (praesentior) con la sua divinità benché fosse più lontano con la sua umanità Quando sarò asceso al Padre mio, allora tu potrai toccarmi in maniera più perfetta ed eccelsa Â. [87] Quindi, a partire dall'ascensione Gesù Cristo non è assente dal mondo, ma è presente in modo nuovo. Cristo aveva detto: ÂNon mi vedrete più finché non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore (Mt 23,39). Il calice della benedizione fu ripreso in mano dagli apostoli, dopo che egli ritornò risorto in mezzo a loro; da quel momento la Chiesa, quando si raduna, sempre lo acclama benedetto e nella liturgia, dopo il triplice Santo, aggiunge Benedetto colui che viene nel nome del Signore. 24. Dunque, la fede cristiana non consiste solo nel credere allÂesistenza di Dio o della persona storica di Gesù, ma nel fatto che, in lui, il Verbo di Dio si è fatto carne e continua ad abitare tra noi. AllÂinizio della sua vita terrena con un corpo mortale dalle proprietà legate allo spazio e al tempo, poi con un corpo risorto non più vincolato ad esse. Infatti, il Risorto entra a porte chiuse, supera in un baleno distanze rilevanti, per farsi riconoscere, udire, vedere e toccare dai suoi. Dal momento della risurrezione e dellÂascensione la sua presenza è una realtà nuova. Questo metodo di Dio, che attraversa la storia giungendo ad ogni uomo, sembra apparire nella prima lettera di San Giovanni: ÂQuel che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo di vita,  noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi (1 Gv 1,1‑3). E SantÂAmbrogio commenta:  proviamo la verità del mistero con il mistero stesso della incarnazione. Forse che fu seguito il corso ordinario della natura quando Gesù Signore nacque da Maria? Ebbene, quello che noi ripresentiamo è il corpo nato dalla Vergine .E la vera carne di Cristo che fu crocifissa, che fu sepolta. E dunque veramente il sacramento della sua carneÂ. [88] Per questa ragione, la verità e realtà dellÂincarnazione del Verbo è a fondamento del Corpo eucaristico e del Corpo ecclesiale, [89] della dottrina eucaristica e della teologia sacramentaria. SantÂIlario affermava che  come è vero che il Verbo si è fatto carne (cf. Gv 1,14), così è vero che con il cibo eucaristico noi riceviamo il Verbo fatto carneÂ. [90] Dunque,come Giovanni Paolo II ricorda,ÂLÂEucaristia, mentre rinvia alla passione e alla risurrezione, si pone al tempo stesso in continuità con lÂIncarnazione. Maria concepì nellÂannunciazione il Figlio divino nella verità anche fisica del corpo e del sangue, anticipando in sé ciò che in qualche misura si realizza sacramentalmente in ogni credente che riceve, nel segno del pane e del vino, il corpo e il sangue del SignoreÂ. [91] Luci e ombre nella comprensione del Dono 25. Il magistero del papa e dei vescovi, dopo il Concilio Vaticano II, è puntualmente intervenuto per incoraggiare lÂapplicazione della riforma liturgica e per valutarne gli esiti. NellÂenciclica Ecclesia de Eucharistia Giovanni Paolo II, dopo aver additato tra le luci soprattutto la partecipazione dei fedeli alla liturgia, Âcon profondo dolore indica anche le ombre: in alcuni luoghi il discredito del culto di adorazione eucaristica e gli abusi Âche contribuiscono ad oscurare la retta fede e la dottrina cattolica su questo mirabile SacramentoÂ. [92] Bisogna distinguere la luce dellÂEucaristia come sacramento, dalle ombre che invece sono opera umana. Ad esempio, nella catechesi e nella prassi eucaristiche si notano insistenze unilaterali sul carattere conviviale dellÂEucaristia, sul sacerdozio comune, sullÂannuncio ritenuto per sé solo efficace, su riti eucaristici ecumenici contrari alla fede e alla disciplina della Chiesa. Nel rispetto delle tradizioni rituali, è necessario ricuperare lÂunità complessiva del mistero eucaristico che comprende, la parola di Dio proclamata, la comunità riunita col sacerdote celebrante in persona Christi, il rendimento di grazie a Dio Padre per i suoi doni, la transustanziazione del pane e del vino nel corpo e nel sangue del Signore, la sua presenza sacramentale in forza della parola consacratrice di Gesù, lÂofferta al Padre del sacrificio della croce, la comunione al corpo e al sangue del Signore risorto. Dice il Papa: ÂIl Mistero eucaristico  sacrificio, presenza, banchetto  non consente riduzioni né strumentalizzazioni; va vissuto nella sua integrità Allora la Chiesa viene saldamente edificata e si esprime ciò che essa veramente èÂ. [93] 26. Ancora lÂenciclica chiarisce: ÂLa Chiesa vive continuamente del sacrificio redentore e ad esso accede non soltanto per mezzo di un ricordo pieno di fede, ma anche in un contatto attuale, poiché questo sacrificio ritorna presente, perpetuandosi sacramentalmente, in ogni comunità che lo offre per mano del ministro consacratoÂ. [94] LÂEucaristia contiene lÂenergia dello Spirito che si trasmette allÂuomo nella comunione e nellÂadorazione del Signore realmente presente. La vita di grazia si trasmette attraverso segni sensibili in ogni sacramento, ma con più evidenza nellÂEucaristia. La Chiesa non si dà la vita da sola, non si edifica da se stessa; vive di una realtà che la precede, cioè ÂlÂazione congiunta e inseparabile del Figlio e dello Spirito Santo, che è allÂorigine della Chiesa, del suo costituirsi e del suo permanere, è operante nellÂEucaristiaÂ. [95] Pertanto la Chiesa non nasce dal basso, perché la communio è grazia, dono che viene dallÂalto. ÂLa Chiesa ha ricevuto lÂEucaristia da Cristo suo Signore non come un dono, pur prezioso fra tanti altri, ma come il dono per eccellenza, perché dono di se stesso, della sua persona nella sua santa umanità, nonché della sua opera di salvezza. Questa non rimane confinata nel passato, giacché Âtutto ciò che Cristo è, tutto ciò che ha compiuto e sofferto per tutti gli uomini, partecipa dellÂeternità divina e perciò abbraccia tutti i tempiÂÂ. [96] LÂEucaristia signum unitatis 27. ÂConvenite in unÂunica fede e in Gesù Cristo , dice SantÂIgnazio dÂAntiochia, spezzando un unico pane che è farmaco dÂimmortalitàÂ. [97] Per San Giovanni Crisostomo Âè questa lÂunità della fede: quando tutti siamo una cosa sola, quando tutti insieme riconosciamo ciò che ci legaÂ. [98] LÂunità della fede ricevuta nel battesimo è il presupposto per essere ammessi allÂunità della divina Eucaristia, perché con essa entriamo in comunione con Colui che crediamo consustanziale al Padre, secondo la fede che abbiamo in Lui. Come sarebbe dunque possibile comunicare a Cristo assieme a persone che in ordine a lui hanno un credo diverso? Diventeremmo rei del corpo e sangue del Signore (cf. 1 Cor 11,27). La Chiesa, che è madre, avverte il dolore e lÂamore per ogni uomo, non credente, catecumeno, lontano dalla fede, ma non ha il potere di dare la comunione ai non battezzati, né agli eterodossi e agli immorali. [99] Ricevendo lÂunico Pane, entriamo in questa unica vita e diventiamo così un unico Corpo del Signore. Frutto dellÂEucaristia è lÂunione dei cristiani, prima dispersi, nellÂunità dellÂunico pane e dellÂunico corpo. E per questa stessa ragione essa può essere ricevuta solo nellÂunità con tutta la Chiesa, superando ogni separazione religiosa o morale. [100] 28. In questa prospettiva dovremmo trattare della cosiddetta intercomunione con la dovuta umiltà e pazienza. Invece di certi esperimenti che privano il mistero della sua grandezza, riducendo la Eucaristia a uno strumento nelle nostre mani, è preferibile disporsi, nella preghiera comune e nella speranza, a Ârispettare le esigenze derivanti dal suo essere Sacramento della comunione nella fede e nella successione apostolica Â. [101] Con le Chiese ortodosse condividiamo la stessa fede eucaristica, perché hanno veri sacramenti. [102] Perciò, in certi casi la comunione eucaristica è possibile, [103] tuttavia, resta da considerare attentamente la relazione tra ospitalità eucaristica e proselitismo. Anche comunità ecclesiali della Riforma, soprattutto luterane, credono alla presenza di Cristo durante la celebrazione, ma a causa della mancanza del sacramento dellÂordine non hanno conservato la genuina e integra sostanza del mistero eucaristico. [104] Ci sono avvicinamenti, ma non abbiamo ancora un pieno consenso. Perciò soltanto in casi di bisogno spirituale un membro non cattolico ben preparato, cioè che professi la stessa fede nellÂEucaristia, può accostarvisi; mentre un cattolico può farlo solo se il ministro è validamente ordinato. [105]
La liturgia dellÂEucaristia Il centro della liturgia cosmica 29. LÂincarnazione del Signore e la sua ascensione hanno reso possibile la comunicazione tra cielo e terra, adombrata nella visione della scala di Giacobbe (cf. Gn 28,12) e preannunciata da Cristo stesso (cf. Gv 1,51). LÂApocalisse, con lÂaltare dellÂAgnello al centro di Gerusalemme che scende dal cielo sulla terra, è lÂarchetipo del culto cristiano: esso è adorazione di Dio da parte dellÂuomo e comunione dellÂuomo con Dio. [106] Il Canone Romano nellÂinvocazione Supplices te rogamus menziona ÂlÂaltare del cieloÂ, perché di là scende la grazia di Colui che è il Risorto e il Vivente e si compie il meraviglioso scambio che salva lÂuomo. Cristo è il catholicus Patris sacerdos, [107] attraverso la cui umanità lo Spirito Santo trasmette la vita divina al creato e allÂuomo e la porta a perfezione. La natura umana di Cristo è fonte di salvezza, egli è il sommo liturgo e sacerdote. Secondo gli orientali, la presenza della Trinità conferisce alla sinassi eucaristica la qualità di convegno della terra e del cielo: Âla tenda di Dio con gli uomini (Ap 21,3). Dice San Dionigi lÂAreopagita che Dio Âè chiamato bellezza perché chiama (kaleí) a sé tutte le cose  e tutte le raccoglie (synagheí) insiemeÂ. [108] I termini greci sono sinonimi della convocazione ecclesiale. La presenza di Cristo là dove si riuniscono i fedeli per lÂEucaristia rende la terra cielo: ÂQuesto mistero trasforma per te la terra in cielo Ti mostrerò infatti, sulla terra ciò che nel cielo esiste di più venerabile Ti mostro non gli angeli, non gli arcangeli, ma il loro stesso Signore Â. [109] Dunque si può Âsperimentare fortemente il carattere universale e, per così dire, cosmico. Sì, cosmico! Perché anche quando viene celebrata sul piccolo altare di una chiesa di campagna, lÂEucaristia è sempre celebrata, in certo senso, sullÂaltare del mondo. Essa unisce il cielo e la terra. Comprende e pervade tutto il creatoÂ. [110] Quando lÂEucaristia è validamente celebrata 30. Il sacramento è Âun segno sensibile della realtà sacra e forma visibile della grazia invisibileÂ. [111] Non sembri desueta questa definizione del concilio di Trento, perché serve ancora a ricordare gli elementi di cui si compone necessariamente anche il sacramento eucaristico: il ministro, i riceventi e il gesto sensibile. Quanto agli elementi, il gesto dellÂEucaristia è possibile solo col pane, col vino e alcune gocce dÂacqua che esprimono lÂunione del popolo santo col sacrificio di Cristo, [112] anche se, per la validità del gesto, lÂacqua non è necessaria. [113] Quanto alla formula, per la fede cattolica, sono essenziali e necessarie solo le parole della consacrazione. [114] Il ministro è il sacerdote validamente ordinato. [115] In modo valido possono ricevere lÂEucaristia solo i battezzati, per i quali, secondo la tradizione latina, è richiesto lÂuso di ragione, onde conoscere per quanto è possibile i misteri della fede e accostarvisi con retta intenzione e devozione. È richiesto anche lo stato di grazia, che dopo il peccato mortale, si ottiene con la confessione sacramentale. [116] Da tutto questo si comprende che la liturgia non è una proprietà privata da sottoporre alla propria creatività per le celebrazioni comunitarie come anche per quelle con pochi o senza fedeli. [117] La forma della Messa concelebrata da più ministri, nella quale si manifesta massimamente lÂunità del sacerdozio, del sacrificio e del popolo di Dio, è regolata nel rito romano da norme precise. [118] Nei riti orientali come alta espressione di unità, è sconsigliata Âin particolare quando il numero dei concelebranti sia sproporzionato rispetto a quello dei fedeli laici presentiÂ. [119] 31. Il capitolo I dellÂInstitutio Generalis Missalis Romani, trattando della ÂImportanza e dignità della celebrazione eucaristica, dichiara che essa, in quanto azione di Cristo e del popolo di Dio gerarchicamente ordinato, è il centro di tutta la vita cristiana per la Chiesa universale, per quella locale e per i singoli fedeli. Alcuni principali Âelementi e parti della S. Messa [120] in gran parte comuni a tutti i riti, dÂoriente e dÂoccidente, evidenziano il profondo simbolismo e la dimensione pastorale dellÂEucaristia, che non permettono né le interpretazioni parziali o errate della cosiddetta creatività liturgica, né la critica di ciò che è legittimo. LÂatto penitenziale 32. Proprio del rito romano, questo atto ha lo scopo di disporre ad ascoltare la Parola di Dio e a celebrare degnamente lÂEucaristia. Nei riti bizantino, armeno, siro-antiocheno vi sono orazioni preparatorie del sacerdote, accanto a gesti di purificazione (lavabo, incenso), che sono propri anche dei riti maronita, caldeo e copto. Le formule proposte dal Messale Romano favoriscono il riconoscimento del nostro stato di peccatori, il discernimento per la contrizione del cuore e acuiscono il desiderio del perdono di Dio e dei fratelli. Non si può parlare di esame di coscienza, che richiede tempo e approfondimento personale ed è una condizione della confessione sacramentale. LÂatto penitenziale si conclude con lÂinvocazione della misericordia di Dio. [121] La Parola di Dio e il Simbolo di fede 33. Nella prima parte della Messa, secondo i riti orientali, si vive il mistero dellÂincarnazione del Verbo, che entra nel mondo, per farsi ascoltare e per nutrire lÂuomo. Con il cibo e la bevanda eucaristici, come dice la Didaché, ci viene offerta e riceviamo la conoscenza di Dio. [122] Il Vangelo ha per oggetto la Parola, il Verbo, lÂannuncio gioioso (euaggélion) che Dio è sceso sulla terra per donarci il cibo che non muore. LÂEucaristia ci rende amici di Cristo che è la Sapienza di Dio. E il ÂVangelo della speranzaÂ! [123] In risposta a questÂannuncio, dopo lÂomelia, per i latini e gli armeni, o dopo il trasferimento dei Doni per i bizantini e gli altri orientali, si proclama il Âsimbolo di fedeÂ. [124] Esso non può essere interpolato o mutato: è uno dei vincoli necessari per avvicinarsi allÂEucaristia, perché la mensa della Parola e quella dellÂEucaristia [125] sono una unica mensa dellÂunico Signore, e richiedono Âun solo atto di cultoÂ. [126] La presentazione dei Doni 34. Nel rito romano la liturgia eucaristica incomincia con la preparazione dei doni. In questo momento assumono un ruolo importante i fedeli laici, che portano il pane e il vino fino al presbiterio, dove il sacerdote li riceve per offrili a Dio Padre. È ammessa anche la possibilità di offrire altri doni la cui finalità è di aiutare i poveri o altre chiese. La presentazione del pane e del vino, insieme ai doni destinati alla carità, sottolinea il forte legame tra lÂEucaristia e il comandamento dellÂamore. Tuttavia, la liturgia prevede che il pane e il vino siano collocati direttamente sullÂaltare, mentre gli altri doni non siano deposti sulla mensa eucaristica, ma fuori di essa, in un luogo adatto; e ciò per esprimere la dovuta venerazione per gli elementi che poi si convertiranno nel corpo e nel sangue del Signore. [127] Nella liturgia bizantina si pone sullÂaltare, oltre alle tovaglie, un lino sacro, nel quale è raffigurata la deposizione di Cristo dalla croce; vi vengono posati i Doni, che diverranno il corpo e sangue del Signore, con un gesto che rappresenta la sua passione immacolata e la sua sepoltura. [128] Il sacerdote, per essere degno di offrirli per se stesso e per i peccati del popolo, dopo il ÂGrande Ingresso rivolge al Padre una supplica. Egli deve essere alieno dal peccato (amartía); Ânon per natura, ma per la dignità del sacerdoteÂ. [129] Poi ha luogo lÂincensazione dei santi Doni, prefigurazione della discesa dello Spirito Santo su di essi [130] e della preghiera di adorazione che in Cristo ascende al Padre. La preparazione e presentazione dei Doni non è appena un momento funzionale, ma parte integrante del Sacrificio, altamente simbolica. La Preghiera eucaristica 35. Il sacerdote, o il diacono nei riti orientali, introduce la preghiera eucaristica con lÂinvito: ÂIn alto i nostri cuoriÂ. Nelle Costituzioni Apostoliche si dice: ÂRivolti verso il Signore, con timore e tremore stiamo in piedi ad offrire lÂoblazioneÂ. [131] Il dialogo serve, dice San Giovanni Crisostomo Âperché possiamo presentare eretta  in piedi  la nostra anima davanti a Dio, eliminando la prostrazione indotta dagli affari della vita quotidiana Pensa accanto a chi stai, in compagnia di chi ti accingi ad invocare Dio: in compagnia dei Cherubini Nessuno dunque partecipi a quegli inni sacri e mistici con un fervore rilassato Ma ciascuno, sradicando dal proprio spirito tutto ciò che appartiene alla terra e trasferendosi tutto nel cielo, come se si trovasse accanto al trono stesso della gloria e volasse assieme ai Serafini, offra in questo modo lÂinno santissimo al Dio della gloria e della magnificenza. Ecco perché veniamo esortati a stare composti in quel momento.., ossia a stare con Âterrore e tremore (Fil 2, 12), con unÂanima desta e vigilanteÂ. [132] Proprio questa elevazione è significata nel termine anáfora: lÂazione dei credenti di trasferire in alto i cuori. [133] I Doni non vengono portati appena sullÂaltare terreno, ma sollevati fino allÂaltare celeste e questo deve avvenire in pace, nello spazio della pace imperturbabile del cielo. [134] Inoltre, il sacrificio va offerto con unÂunica finalità, lÂamore e la misericordia. Questo lo rende gradito al Signore. È sacrificio di lode perché esalta lÂamore del Signore. [135] 36. I fedeli si uniscono rispondendo: ÂÈ cosa degna e giustaÂ. Osserva San Giovanni Crisostomo: ÂIl rendere grazie, lÂEucaristia, è un atto comune: non ringrazia infatti il sacerdote soltanto, ma tutto il popolo. Prende per primo la parola il sacerdote; i fedeli esprimono, subito dopo, il loro assenso: E cosa degna e giusta. Solo allora il sacerdote comincia lÂazione di grazie, lÂEucaristiaÂ. [136] Così si esprime la partecipazione del popolo di Dio, il suo avanzamento verso la Chiesa celeste, che culmina nel Sanctus, lÂinno di vittoria (epiníkion), fusione dellÂinno angelico nella visione di Isaia e dellÂacclamazione del popolo di Gerusalemme al Signore che entrava nella Città Santa per la sua volontaria passione. Al termine dellÂanafora i fedeli rispondono con lÂAmen alla dossologia trinitaria e Âcon questa esclamazione si appropriano di tutte le espressioni del sacerdoteÂ. [137] L istituzione dellÂEucaristia 37. Il Signore alla vigilia della sua passione prese il pane, rese grazie, lo spezzò  . e disse. Il comando ÂFate questo in memoria di me rivolto agli Apostoli, che alla Cena mistica rappresentano tutta la Chiesa, a cominciare dai loro successori, si riferisce allÂinsieme dellÂatto eucaristico. Il suo culmine è nella conversione del pane e del vino in corpo e sangue del Signore e nella fede nelle sue parole. Sin dalle origini la Chiesa compie solennemente i gesti del Signore, scomponendoli per meditarli uno ad uno, quasi per istruirsi sempre di nuovo sul loro significato: la presentazione dei Doni, la consacrazione, la frazione e distribuzione della Comunione. [138] Per questo le parole ÂPrendete e mangiate non includono simultaneamente il gesto della frazione dellÂostia; in tal caso dovrebbe esserci subito la comunione. Invece, in questo momento altamente mistico la liturgia indica al celebrante di inchinarsi e proferire le parole con voce chiara, non alta, perché sia favorita la contemplazione, come fa il Vescovo, nel Giovedì Santo, quando alita sul crisma. Il celebrante Ânel modo di comportarsi e di pronunciare le parole divine deve far sentire ai fedeli la presenza viva di CristoÂ. [139] In questo momento, infatti, si compie il Sacrificio sacramentale. [140] LÂepiclesi sui Doni consacrati 38. Nei primi secoli unÂinvocazione accompagnata dal gesto delle mani estese(epíclesi), per la santificazione e la trasformazione del pane e del vino in corpo e sangue del Signore, veniva rivolta al Padre prima della consacrazione, perché inviasse lo Spirito Santo. Il fondamento di tale preghiera si trova nelle parole dette dal Signore dopo aver istituito il mistero: ÂQuando verrà il Consolatore egli mi renderà testimonianza e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto Egli mi glorificherà (Gv 15,26; 14,26; 16,14). A motivo delle controversie sulla divinità dello Spirito Santo, tra IV e V secolo venne posposta, come è testimoniato da alcune tradizioni liturgiche. La gran parte delle anafore la conserva nel suo posto originale, come il Canone Romano che invoca dal Padre lo Spirito, Âla potenza della sua benedizioneÂ. [141] I Padri, che hanno sostenuto lÂimportanza dellÂepíclesi allo Spirito, ritenevano di unirla alle parole dellÂistituzione perché il segno sacramentale avesse compimento. Infatti, le parole del Signore sono spirito e vita (cf. Gv 6,63). Egli opera congiuntamente allo Spirito Santo e resta lÂunico consacratore dellÂEucaristia e il dispensatore dello Spirito. Comunque, il concilio Tridentino ha stabilito che lÂepiclesi non è indispensabile per la validità dellÂEucaristia. [142] Come annota SantÂAmbrogio:  che dire della benedizione fatta da Dio stesso dove agiscono le parole medesime del Signore e Salvatore? Giacché questo sacramento che tu ricevi si compie con la parola di Cristo La parola di Cristo, dunque, che ha potuto creare dal nulla quello che non esisteva, non può cambiare le cose che sono in ciò che non erano? Infatti non è meno difficile dare alle cose unÂesistenza che cambiarle in altre Lo stesso Signore Gesù proclama: ÂQuesto è il mio corpoÂ. Prima della benedizione delle parole celesti la parola indica un particolare elemento. Dopo la consacrazione ormai designa il corpo e il sangue di Cristo. Egli stesso lo chiama suo sangue. Prima della consacrazione lo si chiama con un altro nome. Dopo la consacrazione è detto sangue. E tu dici:ÂAmenÂ, cioè, ÂE cosìÂ. [143] La Chiesa dei santi nellÂEucaristia 39. Nella Divina Liturgia si fa memoria di coloro in cui Cristo vive. San Dionigi Areopagita dice: ÂE presente, inseparabilmente, la schiera dei santi, che dimostra come essi siano indivisibilmente congiunti a lui in unÂunione sopramondana e sacraÂ. [144] Non può esservi quindi contrapposizione tra il culto al Signore e quello ai Santi. QuandÂerano in vita cercavano di fare tutto per la gloria di Dio, ora si rallegrano per il fatto che a causa loro Dio è glorificato. [145] Le Intercessioni esprimono lÂofferta dellÂEucaristia in comunione con tutta la Chiesa, celeste e terrestre, per tutti i suoi membri vivi e defunti. [146] Innanzitutto è invocata la Madre di Dio e sempre Vergine Maria, perché la consacrazione che ella fece di sé al Signore, è analoga alla consegna della nostra vita che si rinnova sempre nel sacrificio eucaristico. Offriamo lÂEucaristia nella memoria dei santi per onorarli e per ringraziare Dio che ce li ha donati come intercessori a nostro favore. Essi stessi, che rappresentano un rendimento di grazie da parte degli uomini per i benefici divini, intercedono e intervengono nelle nostre eucaristie. Cristo comunica se stesso anche ai defunti Âsecondo una modalità  dice Cabasilas - che lui solo conosceÂ; [147] se sono nello stato di purificazione, ricevono una grazia non minore dei vivi, osserva San Giovanni Crisostomo, che ottiene loro la remissione dei peccati. [148] La preparazione alla comunione 40. LÂEucaristia è la presenza vivente di Cristo nella Chiesa. LÂumiliazione del Signore, lo ha portato a trasformarsi in nutrimento per lÂuomo (cf. 1 Cor 10,16; 11,23 s). Uno dei simboli tradizionali di questo mistero è il pesce:  mÂimbandì per cibo il pesce di fonte incontaminato, che la vergine pura prende e ogni giorno porge agli amici perché ne mangino, con vino eccellente che offre mescolato al paneÂ, come riferisce la celebre epigrafe di SantÂAbercio, vescovo del II secolo, la più antica di contenuto eucaristico. Un altro simbolo della donazione di sé è il pellicano: "Pie pellicane Jesu Domine... esclama San Tommaso dÂAquino nellÂinno Adoro te devote. Il mistero dellÂincarnazione del Verbo continua nel Corpo eucaristico, pane dellÂuomo. Gesù lo ha preannunciato nel discorso di Cafarnao: "Io sono il pane disceso dal cielo..." (Gv 6,41). La sua carne è vero cibo, il suo sangue è vera bevanda (cf. Gv 6,55). Nella comunione eucaristica si alimenta la comunione ecclesiale, la comunione dei santi; infatti  poiché cÂè un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo "(1 Cor 10,17). 41. LÂEucaristia è il convito pasquale dellÂAgnello immolato, Cristo Signore. La piena partecipazione dei fedeli alla S. Messa si compie nella santa comunione, ricevuta con le dovute disposizioni esterne ed interne. [149] Quindi, come non è accettabile lÂastensione prolungata per eccesso di scrupolo, così non va incoraggiata la frequenza indiscriminata. LÂesclusione dalla comunione a causa di peccati gravi è attestata dalle parole stesse dellÂistituzione: Âsangue versato in remissione dei peccati (Mt 26,28) e dalle antiche anafore. [150] Ben presto la Chiesa ha richiesto un itinerario per catecumeni e per penitenti; questi ultimi potevano partecipare alla Messa come akoinônetôi (privi di comunione); per i peccati gravi bisognava ricorrere alla penitenza canonica. Il fatto che molti padri insistano sulla necessità dÂessere degni prova che la richiesta della remissione dei peccati, anche nellÂepiclesi postconsacratoria, non è un invito, rivolto ai rei di peccati gravi, ad accostarsi allÂEucaristia senza la previa penitenza. Anche se alla Messa si può partecipare validamente anche senza la comunione, che è parte integrante del sacrificio, ma non essenziale, [151] tuttavia si afferma che la partecipazione piena al corpo di Cristo non avviene senza una buona disposizione. [152] 42. La preparazione personale si perfeziona attraverso i riti di Comunione: - Padre nostro: in esso cÂè la domanda del pane quotidiano, che è anche il pane eucaristico, mentre Âsi implora la purificazione dai peccati, così che realmente i santi Doni vengano dati ai santiÂ. [153] Domandando di essere perdonati, chiediamo di saper perdonare, perché il Regno e la volontà di Dio si compiano in noi e siamo fatti degni di ricevere il Sacramento. - Il rito della pace : lo scambio o saluto della pace, cioè del perdono, che nelle liturgie orientali e in quella ambrosiana si fa prima dellÂanafora, nel rito romano avviene prima della comunione. Il Signore risorto apparve in mezzo ai suoi e offrì la sua pace, approntò, dice San Giovanni Crisostomo, Âla mensa della pace". [154] LÂEucaristia dona la pace e la salvezza delle anime che è Cristo stesso (cf. Ef 2,13-17); egli è stato immolato per pacificare le realtà celesti e terrestri, per vivere in pace con i fratelli. [155] Perciò lÂEucaristia è il vincolo della pace (cf. Ef 4,3): ÂCome la pace stabilisce lÂunità tra il molteplice, così lÂagitazione divide lÂuno in moltiÂ. [156] Infatti Âpace è la Chiesa di CristoÂ. [157] Il cristiano, chiedendo la pace, in realtà chiede Cristo: ÂChi cerca la pace cerca Cristo poiché egli è la paceÂ. [158] La liturgia è il mistero con cui la pace di Cristo giunge di nuovo a tutta la creazione. Le Costituzioni Apostoliche descrivono così il rito del gesto di pace: ÂI membri del clero salutino il vescovo e, tra i laici, gli uomini salutino gli uomini e le donne le donneÂ. [159] Il bacio dei fedeli è unÂazione sacra, esperienza dellÂunità che unisce i fedeli tra loro e con il Verbo. [160] Perciò la pace innanzitutto si implora con una preghiera che chiede anche lÂunità per la Chiesa, per la famiglia umana ed esprime lÂamore vicendevole con un breve dialogo tra sacerdote e fedeli. Il rito, comunque, non obbliga allo scambio del gesto di pace, che si compie secondo lÂopportunità. [161] In tal caso, come nello stile sobrio della liturgia romana e in quello ricco del rito bizantino, ciascuno lo dà a quelli immediatamente vicini, evitando di lasciare il proprio posto e creare distrazione. Sarebbe opportuno, quindi, disciplinare questo rito per il decoro della liturgia. Pace è un nome che i primi cristiani davano allÂEucaristia, perché essa significa radunare, superare le barriere, condurre gli uomini in una nuova unità. Con il raduno eucaristico i cristiani, perdonandosi lÂun lÂaltro prima di fare la comunione, hanno creato condizioni di pace in un mondo senza pace. - Frazione del Pane: questo rito significa che, pur essendo molti, nella comunione del pane spezzato diventiamo un corpo solo. Dice San Giovanni Crisostomo: ÂCiò che Cristo non ha patito sulla croce lo patisce nellÂoblazione a causa tua e accetta di essere spezzato per poter saziare tuttiÂ. [162] Ma il Cristo pur spezzato non si divide. Dopo la frazione ogni particola del santo pane è Cristo intero. [163] Tutti coloro che si accostano alla comunione ricevono tutto il Cristo, che riempie totalmente. Nessuna comunità può ricevere Cristo se non con tutta la Chiesa. - Unione delle specie: un gesto semplice nel rito romano ma dal grande significato, che esalta lÂopera dello Spirito, dallÂincarnazione alla risurrezione del Signore. La liturgia bizantina lo spiega come ÂPienezza di Spirito SantoÂ; poi, nel singolare rito dello zéon, versando acqua calda, si dice: ÂFervore di Spirito SantoÂ. Ora Cristo risuscita! - Preparazione personale: è fatta dal sacerdote con preghiere molto belle recitate sottovoce e anche da qualche attimo di silenzio che anticipa quello più disteso dopo la comunione. È un esempio per aiutare i fedeli nella loro preparazione. La santa comunione 43. Il sacerdote eleva lÂOstia consacrata come il Corpo di Cristo fu elevato sulla croce, [164] dicendo nella liturgia latina: ÂBeati gli invitati alla Cena del Signore. Ecco lÂAgnello di Dio, che toglie i peccati del mondoÂ; nella bizantina : ÂLe cose sante ai santiÂ. Inoltre ÂPoiché la comunione ai misteri non è permessa indifferentemente a tutti, il sacerdote non invita tutti ..invita a comunicarsi quanti sono nella condizione di parteciparvi degnamente: Le cose sante ai santi .Egli qui chiama Âsanti quelli che sono perfetti nella virtù, e anche quanti tendono a quella perfezione, pur mancandone ancora. Nulla infatti impedisce a costoro, partecipando ai santi misteri, di esserne santificatiÂ. [165] LÂEucaristia è il sacramento dei riconciliati, offerto dal Signore a coloro che sono divenuti una cosa sola con lui. Per questo fin dallÂinizio il discernimento precede lÂEucaristia (cf. 1 Cor 11,27 s) sotto pena di sacrilegio. [166] La Didaché riprende questa tradizione apostolica e fa pronunciare al sacerdote, prima della distribuzione del sacramento, queste parole: ÂSe uno è santo, venga; se non lo è, si penta!Â. [167] La liturgia bizantina contiene ancora questÂinvito. Nella liturgia romana il sacerdote rivolge lÂinvito alla comunione e con i fedeli recita la frase evangelica ÂSignore, non sono degno per esprimere sentimenti di umiltà; [168] la risposta è lÂAmen personale di ogni comunicando. 44. Dalle fonti antiche si evince che la comunione non si prende ma si riceve, quale simbolo di ciò che significa, cioè Dono ricevuto in atteggiamento di adorazione. Nei casi previsti di comunione sotto le due specie, nel rito latino,va ricordata la dottrina cattolica riguardo ad essa. [169] Per i riti orientali va osservata la tradizione secondo i canoni. [170] Si raccomanda la vera devozione nellÂaccostarsi a ricevere la comunione. San Francesco dÂAssisi ardeva Âdi amore in tutte le fibre del suo essere, preso da stupore oltre ogni misura per tanta benevola degnazione e generosissima carità. Si comunicava con tanta devozione da rendere devoti anche gli altriÂ. [171] E Cabasilas invita a riflettere che Âmentre comunichiamo ad una carne e ad un sangue umano, riceviamo nellÂanima Dio: corpo di Dio non meno che dÂuomo, sangue e anima di Dio, mente e volontà di Dio non meno che dÂuomoÂ. [172] La realtà del Corpo di Cristo è la sua persona e la sua vita, mistero e verità salvifica da abbracciare, come San Tommaso dÂAquino, con la fede e la ragione. Infine, la preghiera dopo la comunione chiede i frutti del mistero celebrato e ricevuto, poiché al conseguimento di essi la S. Messa è ordinata.
[173]
La Mistagogia eucaristica I Padri 45. Il Signore ha promesso: ÂEcco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondoÂ(Mt 28,20). Non siamo noi a renderlo presente, ma è lui che si fa presente tra noi e permane tutti i giorni. Perché abbiano accesso al mistero della sua presenza permanente, i fedeli vengono istruiti attraverso la catechesi per i catecumeni, intimamente congiunta alla liturgia, e la mistagogia o catechesi postbattesimale per gli iniziati. [174] LÂiniziazione cristiana raggiunse la sua sistemazione teologico-liturgica con gli inizi del V secolo, grazie alle omelie catechetiche. Gli alessandrini, a cominciare da Origene per finire allo Pseudo Dionigi, proponevano una mistagogia allegorica: vedevano la liturgia, come la Scrittura, quale cammino di elevazione dalla lettera allo spirito, dai misteri visibili, i sacramenti, al mistero invisibile. Così la liturgia seguiva la narrazione biblica e proponeva una escatologia morale personale come cammino da questa vita a Dio. La mistagogia degli antiocheni, specialmente San Cirillo di Gerusalemme, San Giovanni Crisostomo e Teodoro di Mopsuestia, consisteva invece nel descrivere attraverso la liturgia gli avvenimenti storici e misterici della salvezza, visti come tipologici. Per loro i sacramenti riproducono imitando (mímesis) o fanno memoria (anámnesis) dei gesti salvifici della vita di Gesù e anticipano la liturgia definitiva, anzi la trasferiscono nellÂoggi a motivo della presenza del Signore risorto tra coloro che si riuniscono per il culto.
LÂodierna negazione del mistero 46. Mentre in alcune parti del mondo il senso del mistero resta veramente forte, in altre invece si nota una mentalità diffusa che non nega formalmente il mistero di Dio, ma la possibilità di riconoscerlo con la ragione e aderirgli liberamente. Un neopaganesimo offre messaggi che spingono a fuggire la realtà e a rifugiarsi nei miti, negli idoli che possono solo per un attimo consolare lÂesistenza. Nello stesso tempo si manifesta largamente anche una esigenza di spiritualità. [175] Inoltre, avanzano tendenze gnostiche che spingono a ricercare il senso della storia presso pochi privilegiati che lo conoscerebbero per presunta rivelazione. La Chiesa vuole aiutare lÂumanità a ritrovare il mistero nascosto nei secoli e manifestato in Gesù Cristo (cf. Ef 3,5-6). Poiché mistagogia significa condurre per una strada che porti al mistero, si comprende perché non basti un itinerario liturgico senza una conversione personale. La mistagogia oggi 47. Il Signore cammina con il suo popolo, accompagna sempre la missione della Chiesa con la sua presenza, che ci trasforma e ci fa entrare nel tempo definitivo (éschaton). Al principio della mistagogia cÂè un incontro di fede col Signore attraverso la sua grazia. L'uso delle Chiese orientali di dare la comunione ai piccoli insieme al battesimo e alla cresima afferma che la grazia dellÂEucaristia viene prima di ogni intervento umano. Come si potrebbe fare mistagogia senza lÂattrattiva di Gesù? Il Vangelo riferisce incontri di Gesù con uomini e donne di diversa condizione. DallÂincontro di Cristo con lÂuomo è partito un itinerario di conoscenza che si sviluppa in esperienza di fede: Âdove abiti? e si fermarono presso di lui (Gv 1,38-39). Così accadde che alcuni lo seguirono. Questa è la mistagogia di Dio verso lÂuomo, a cominciare dal prendere la nostra carne e portarla alla redenzione. La mistagogia odierna dovrà evitare lÂallegorismo, che non di rado risulta indecifrabile e astratto e induce a commenti prolissi; invece, confiderà nella forza dello Spirito che si comunica mediante la sobrietà delle parole e dei gesti sacramentali. La missione dello Spirito Santo è donare lÂintelligenza di ciò che Gesù Cristo ha rivelato. Egli è il mistagogo invisibile. Secondo San Basilio Magno, anche se le singole Persone della Trinità compiono qualcosa di proprio, permane nei tre il disegno di insieme. [176] Dunque, riscoprire la metodologia dei padri è importante per rispondere al bisogno visivo di immagini e simboli, che contraddistingue lÂuomo contemporaneo. Lo stesso contributo dei teologi medievali è utile per rispondere alla esigenza razionale dellÂadesione al mistero. Questo patrimonio è conservato nelle preghiere e nei riti liturgici: dalla loro comprensione dipende non poco la partecipazione al mistero eucaristico. [177] Ma anche la catechesi deve aiutare sacerdoti e fedeli a capire ed attuare le diverse condizioni della celebrazione dellÂEucaristia. [178] Presiedere lÂEucaristia 48. Il metodo della mistagogia è leggere nei riti il mistero di Cristo e contemplare la sottostante realtà invisibile. Perciò il mistagogo nella liturgia non parla nel proprio nome, ma fa eco alla Chiesa che gli ha affidato quanto ha ricevuto. La liturgia non può essere trattata da parte del celebrante e della comunità Âcome proprietà privataÂ. [179] San Giovanni Battista è la figura più emblematica del ministro che si fa piccolo per far crescere il Signore. Questa è la base del potere sacro, exousía nello Spirito Santo, affidato alla Chiesa da Cristo, sacerdozio di Cristo partecipato ai suoi ministri. San Cirillo di Gerusalemme ricorda che la parola ecclesía si incontra per la prima volta nel passo in cui ad Aronne viene assegnato il ministero sacerdotale. Sacerdozio e Chiesa nascono nello stesso momento e sono inseparabile parte lÂuno dellÂaltro. [180] Il Canone Romano dice: ÂAccetta con benevolenza, Signore, lÂofferta che ti presentiamo noi tuoi ministri e tutta la tua famigliaÂ. Rispettando la differenza di funzioni proprie del Corpo, nella Messa il sacerdote compie la funzione di Cristo capo, mentre tutti i fedeli esercitano la funzione delle membra di Cristo. Il sacerdote agisce in persona Christi, nel senso che non è più lui che agisce, ma Cristo in lui (cf. Gal 2,20). 49. LÂEucaristia estende la sua efficacia a tutto lÂagire del ministro, poiché la funzione sacerdotale non include solo la santificazione, ma anche il governo e lÂinsegnamento. Questa è la verità del ministero del vescovo, quando celebra lÂEucaristia. Inoltre con lui si mostra in pienezza la Chiesa sacramento di unità Âcon maggior chiarezzaÂ. [181] La stessa verità è a fondamento del ministero del presbitero Âquando celebra . lÂEucaristia con dignità e umiltàÂ; [182] ma è anche il modello delle funzioni diaconali, dei ministri, in particolare dellÂaccolito, del ministro straordinario della comunione, di tutti i fedeli, che devono Âoffrire se stessi  con profondo senso religioso e carità verso i fratelli. [183] Il decoro della celebrazione eucaristica 50. La mistagogia presuppone il decoro della celebrazione. La liturgia romana, pur così sobria, vuole che  i luoghi sacri e le cose siano davvero degne, belle, segni e simboli delle realtà celestiÂ. [184] Infatti il mistero è posto in luce Âanche dal senso e dallÂespressione esterna di sommo rispetto e di adorazione di cui è fatto oggetto nel corso della liturgia eucaristicaÂ. [185] Per questo, Giovanni Paolo II, parlando del decoro della celebrazione eucaristica, ha richiamato allÂosservanza delle regole liturgiche della Chiesa, alle sue espressioni esterne. [186] Il termine latino ordo, usato per i riti liturgici, nasce dal precetto apostolico paolino (cf. 1 Cor 14,40) che nellÂassemblea liturgica tutto sia regolato dal decoro e dallÂordine gerarchico. [187] Innanzitutto, secondo il profondo spirito della liturgia Âil rivestire una veste particolare per compiere unÂazione sacra indica lÂuscire dalle dimensioni consuete della vita quotidiana per entrare alla presenza di Dio nella celebrazione dei divini MisteriÂ. [188] Rispondono a questa stessa esigenza le norme su tutte le suppellettili sacre. Tutto questo esprime il senso del mistero. San Francesco dÂAssisi esigeva dai frati che i calici, le pissidi e i lini per lÂEucaristia fossero preziosi e trattati con sommo rispetto e venerazione. [189] La dignità del canto e della musica sacra 51. Il canto e la musica devono essere degni del mistero che si celebra, come attestano i salmi, gli inni e i cantici spirituali della S. Scrittura (cf. Col 3,16). Perciò, sin dai primi secoli, la Chiesa ha considerato la musica sacra come parte integrante della liturgia. Pur accogliendo diverse forme musicali, il Magistero della Chiesa ha costantemente ribadito la convenienza che Âqueste diverse forme musicali siano concordi con lo spirito della sacra liturgiaÂ, [190] onde evitare il rischio che il culto del mistero venga contaminato da elementi profani inadeguati. LÂincontro col mistero attraverso lÂarte 52. NellÂincarnazione del Verbo non solo avviene lÂincontro di Dio con lÂuomo che attende la salvezza, ma si rende visibile agli uomini lÂimmagine di Dio (cf. Gv 14,9). A sua volta, con il mistero pasquale di Cristo lÂuomo viene coinvolto in un movimento di ascensione a Dio, che passa necessariamente attraverso la croce, e quindi attraverso la realtà umana (cf. Col 1,15-20). La celebrazione di questi misteri trova una profonda analogia con Âle più nobili attività dellÂingegno umano, tra le quali, a buon diritto, sono annoverate le arti liberali, e soprattutto lÂarte religiosa. Essa, infatti, come la liturgia, porta lo spirito alla contemplazione attraverso la esperienza sensibile, e perciò, è specialmente adatta Âa indirizzare pienamente le menti degli uomini a DioÂ. [191] Non potevano, quindi, mancare nella vita della Chiesa espressioni di fede attraverso un ricco patrimonio artistico. È per questo che ÂlÂarchitettura, la scultura, la pittura, la musica, lasciandosi orientare dal mistero cristiano, hanno trovato proprio nellÂEucaristia, direttamente o indirettamente, un motivo di grande ispirazioneÂ. [192] Così, per il decoro dello spazio sacro destinato alla celebrazione eucaristica sono stati costruiti splendidi monumenti architettonici; per la venerabilità dellÂaltare in occidente e dellÂiconostasi in oriente sono state eseguite meravigliose opere dÂarte e per la dignità del servizio liturgico sono state create pregiate suppellettili sacre. LÂorientamento della preghiera 53. La concezione cosmica della salvezza che viene Âa visitarci dallÂalto (Lc 1,78), ha ispirato la tradizione apostolica dellÂorientamento verso oriente degli edifici cristiani e la posizione dellÂaltare, al fine di celebrare lÂEucaristia verso il Signore, come avviene finora presso gli orientali. ÂNon si tratta in questo caso, come spesso viene ripetuto, di presiedere la celebrazione volgendo le spalle al popolo, ma di guidare il popolo nel pellegrinaggio verso il Regno, invocato nella preghiera sino al ritorno del SignoreÂ. [193] Nel rito romano la collocazione diversa dellÂambone e dellÂaltare provoca una spontanea variazione dello sguardo e anche dellÂattenzione sulle differenti azioni liturgiche che ivi si compiono. Anche nel culto eucaristico fuori della Messa i fedeli, sin da quando entrano in chiesa, volgono gli occhi verso la custodia del Santissimo sacramento.
LÂarea particolarmente sacra del presbiterio o santuario 54. La tradizione neotestamentaria, in continuità con la liturgia giudaica del tempio, ha inteso separare il santuario, luogo santo di Dio (cf. Gn 28,17; Es 3,5), dove i ministri servono i divini misteri, da quello dove prendono posto i fedeli, i catecumeni, i penitenti. E lo spazio sacro del culto divino, che nelle Chiese dÂoriente come nel rito latino Âsi deve distinguere [194] allÂinterno del tempio. LÂaltare, mensa del Signore 55. LÂimmagine biblica e patristica del cielo, che scende sulla terra, si manifesta nellÂEucaristia celebrata sullÂaltare. Non è necessario che lÂaltare sia grande, ma che abbia una forma proporzionata allo spazio presbiterale. Il sacerdote vi sale per i riti offertoriali, mentre nella concelebrazione i sacerdoti si dispongono attorno ad esso al momento dellÂanafora. [195] La speciale raccomandazione che ci sia un altare fisso in ogni chiesa è espressione della venerazione dovuta ad esso, come segno di Gesù Cristo, pietra viva (1 Pt 2,4). [196] Per il medesimo motivo esso è ornato e ricoperto da almeno una degna tovaglia. [197] 56. LÂaltare, è simbolo di Cristo, del Calvario e del Sepolcro da cui il Signore risorge glorioso, [198] è mensa [199] su cui viene apprestato lÂAgnello di Dio, mentre la comunione dei fedeli è distribuita fuori del santuario. Perciò, lÂaltare viene venerato, incensato insieme al libro dei vangeli deposto su di esso. [200] Ecco cosa dice il Catechismo ÂLÂaltare, attorno al quale la Chiesa è riunita nella celebrazione eucaristica, rappresenta i due aspetti di uno stesso mistero: lÂaltare del sacrificio e la mensa del Signore, e questo tanto più in quanto lÂaltare cristiano è il simbolo di Cristo stesso, presente in mezzo allÂassemblea dei suoi fedeli sia come vittima offerta per la nostra riconciliazione, sia come alimento celeste che si dona a noi. ÂChe cosa è lÂaltare di Cristo se non lÂimmagine del Corpo di Cristo?Â, dice S. Ambrogio, e altrove: ÂLÂaltare è lÂimmagine del corpo, e il corpo di Cristo sta sullÂaltare Â. [201] Il tabernacolo, tenda della Presenza 57. LÂadorazione non si contrappone alla comunione e neppure si pone accanto ad essa: la comunione raggiunge la profondità dellÂuomo quando è sostenuta dallÂadorazione. Non cÂè conflitto di segni tra il tabernacolo e lÂaltare della celebrazione eucaristica. La presenza eucaristica non è cronologica, limitata alla Messa. È mistero che perdura nel tempo fino alla parusia del Signore glorioso. Gli orientali, che pure non hanno lÂadorazione eucaristica, sullÂaltare conservano spesso lÂartofòrio, riserva dei Santi Doni per gli infermi e gli assenti, e vi pongono anche il libro dei vangeli. 58. La necessaria proporzione tra altare, tabernacolo e sede è dovuta alla preminenza del Signore rispetto al suo ministro. La centralità del tabernacolo e della croce non deve essere compromessa dalla sede del celebrante, per la quale la liturgia raccomanda che si Âeviti ogni forma di tronoÂ. [202] Se lÂaltare centrale include il tabernacolo, conviene che la sede non sia anteposta, poiché il celebrante deve essere ed apparire umile. Se poi, con lÂaltare al centro del presbiterio, la sede è posta dietro, è necessario cercare soluzioni significative e funzionali per favorisce Âla comunicazione tra sacerdote e assembleaÂ. [203] In conclusione, è bene ricordare che, in occidente come in oriente, Âdisposizione dei luoghi, immagini, vesti liturgiche, suppellettili non sono lasciate al gusto di ciascuno, ma debbono corrispondere ad esigenze intrinseche delle celebrazioni ed essere coerenti tra loroÂ. [204]
LÂEucaristia: un Dono da adorare Lo spirito della liturgia è lÂadorazione 59. San Cirillo di Gerusalemme esorta: ÂDopo che tu avrai comunicato al corpo di Cristo, va anche al calice del suo sangue, non stendendo le mani, ma chinandoti e dicendo Amen in atteggiamento di adorazione e venerazioneÂ. [205] Dalla comunione sacramentale, si può dire che scaturisce lÂadorazione, termine che sta ad indicare un gesto di inclinazione profonda del corpo e dellÂanima. I principali gesti di adorazione, che tra lÂaltro accomunano i cattolici agli ortodossi, sono lÂinchino (proskýnesis) e la genuflessione (gonyklisía). Come lo stare in piedi è significativo della risurrezione, la prostrazione a terra è segno di adorazione di Colui che, risorto, è il Vivente. Nel Nuovo Testamento, in specie nella liturgia dellÂApocalisse, ricorre ripetutamente il termine proskýnesis e quella liturgia celeste è presentata alla Chiesa come modello e criterio per la liturgia terrestre. I gesti di adorazione, che la liturgia chiede di osservare, corrispondono al riconoscimento della maestà del Signore e dellÂappartenenza dellÂuomo a Dio. LÂinginocchiarsi e lo stare in piedi sono due atteggiamenti dellÂunica adorazione, da compiere durante la preghiera eucaristica e la comunione. Inoltre, lÂadorazione devota richiama il mistero presente e ricorda che la Messa non è solo un convivio fraterno. E necessario rafforzare lo spirito della liturgia cristiana come comunione con Cristo, adorazione di Dio e offerta a lui di tutto, della storia, del cosmo, di se stessi. Comunione e adorazione sono inseparabili 60. Comunicarsi significa entrare in comunione con il Signore e con i santi della Chiesa terrestre e celeste. Per questo la comunione e la contemplazione si implicano a vicenda. Non possiamo comunicare sacramentalmente, senza farlo in maniera personale: ÂEcco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me (Ap 3,20). Questa è anche la verità più profonda della pietà eucaristica. Per la Chiesa cattolica lÂatteggiamento di adorazione è riservato non solo alla celebrazione dellÂEucaristia, ma anche al suo culto fuori della Messa, come Âvalore inestimabile destinato alla Âcomunione, sacramentale e spirituale dei fedeli. [206] Nella liturgia bizantina ai riti di comunione si canta ÂAbbiamo visto la LuceÂ, infatti, contemplare lÂEucaristia non è presuntuoso, mentre è abuso cibarsene senza discernimento (Cf. 1 Cor 11,28). Nella Chiesa latina occorre custodire e rafforzare quanto è stato trasmesso dalla fede di due millenni. [207] LÂadorazione dellÂEucaristia inizia nella comunione e si prolunga negli atti della pietà eucaristica, adorando Dio Padre nello Spirito e nella Verità, in Cristo risuscitato e vivente, realmente presente tra noi. Il senso del mistero e gli atteggiamenti che lo esprimono 61. Il sacro è segno dello Spirito Santo. Dice S. Basilio Magno: ÂTutto ciò che ha un carattere sacro è da lui che lo derivaÂ. [208] Malgrado nel tempo della desacralizzazione si sia pensato che il confine tra il sacro e il profano fosse infranto, Dio non si ritira dal mondo per abbandonarlo alla sua mondanità. Finché il mondo non è trasformato e Dio non è ancora tutto in tutti (1 Cor 15,28), si conserva anche la distinzione tra sacro e profano. La nota mistica dellÂEucaristia si coglie anche nelle preghiere preparatorie del sacerdote alla Messa e alla comunione, in quelle di ringraziamento; poi nel silenzio, [209] nei gesti di purificazione, [210] nellÂincensazione, [211] nelle genuflessioni e negli inchini. [212] Questo fa sì che la partecipazione sia soprattutto intima. [213] Siamo resi partecipi di unÂazione che non è nostra, anche se si compie in un discorso umano, perché Egli, che è la Parola, poi si è fatto carne; la vera azione della liturgia è azione di Dio stesso. È questa la novità e la particolarità della liturgia cristiana: è Dio stesso ad agire e a compiere lÂessenziale. Senza la coscienza di essere fatti partecipi, gli atteggiamenti da assumere nella liturgia restano solo esteriori. LÂEucaristia sacramentum pietatis 62. La liturgia è festa per Cristo che è risorto. Per un cristiano questo è il senso della festa e soprattutto della domenica. Quanto alle espressioni di pietà del popolo di Dio, specialmente quelle del culto eucaristico fuori della Messa, hanno con la liturgia eucaristica un originario legame, che necessita di un attento discernimento. Nella liturgia si esercita in modo speciale lÂinculturazione della fede. Si può dire che questa si è realizzata la prima volta proprio nellÂincarnazione, quando la Parola ha assunto la natura umana e si è espressa con la parola dellÂuomo, nel tempo, nel luogo e nella cultura particolari in cui Gesù è vissuto. Il Concilio Vaticano II ha posto in evidenza come da questo evento scaturisce lÂattitudine di portare il vangelo, la liturgia e la dottrina cristiana nelle culture locali, per raggiungere efficacemente i destinatari, in specie i poveri e i semplici di cuore. 63. Dalla liturgia si distingue la pietà popolare, che nellÂunità della fede unisce tra loro grandi spazi e abbraccia culture differenti, ma può essere considerata manifestazione spontanea scaturita dalla liturgia. DallÂambito liturgico, in effetti, sono sorte le forme di adorazione eucaristiche antiche e nuove, come la benedizione del Santissimo, la processione eucaristica, lÂOra santa, le QuarantÂore, lÂAdorazione perpetua, i Congressi eucaristici. [214] Liturgia e pietà popolare sono entrambe espressioni della fede e della vita del popolo cristiano. Mentre ci si preoccupa dellÂinculturazione del cristianesimo in culture non cristiane, ci si deve accorgere e prendere cura delle culture e delle tradizioni religiose popolari fiorite proprio nel cristianesimo. E il medesimo Spirito Santo che suscita la liturgia e, nella fede, anche la pietà popolare. 64. Nel culto reso allÂEucaristia fuori della Messa si colgono le linee di una spiritualità eucaristica, che, Âtende alla comunione, sacramentale e spirituale.( ) LÂEucaristia è un tesoro inestimabile: non solo il celebrarla, ma anche il sostare davanti ad essa fuori della Messa consente di attingere alla sorgente stessa della graziaÂ. [215] La contemplazione e lÂadorazione acuiscono il desiderio dellÂunione totale della creatura col suo Signore e creatore, nello stesso tempo spalancano la coscienza della nostra indegnità. Perciò il Santo Padre ricorda anche la pratica della Âcomunione spiritualeÂ, raccomandata dai maestri di vita spirituale, per quanti non possono comunicarsi sacramentalmente. [216] Dunque, anche al di fuori della S. Messa, il Signore Gesù è vivo cibo spirituale. E lÂarcano mistero del Dio-con-noi che ci accompagna nel nostro cammino.
LÂEucaristia: un Dono per la missione La santificazione e divinizzazione dellÂuomo 65. Il significato personale dellÂEucaristia è messo in evidenza, si può dire, da San Cirillo di Gerusalemme il quale osserva che con il sacramento del corpo e del sangue di Cristo lÂuomo diventa Âun solo corpo(sýssomos) e un solo sangue (sýnaimos) con luiÂ. [217] Mentre San Giovanni Crisostomo sente Cristo che gli dice: ÂSono disceso di nuovo sulla terra, non solo per mescolarmi tra quelli della tua gente, ma anche per abbracciarti: mi lascio mangiare da te e mi lascio sminuzzare in piccole parti, affinché la nostra unione e mescolanza siano veramente perfette. Infatti, mentre gli esseri che si uniscono conservano ben distinta la loro individualità, io invece costituisco un tuttÂuno con te. Del resto non voglio che qualcosa si frapponga tra noi; questo solo io voglio: essere entrambi una cosa solaÂ. [218] Per questo il corpo del fedele diviene dimora del Dio trinitario: ÂHa Cristo dimorante in se stesso, e il Padre di lui, e il ParaclitoÂ. [219] Così, durante la Divina Liturgia bizantina si canta: ÂAbbiamo visto la luce vera, abbiamo ricevuto lo Spirito celeste, abbiamo trovato la vera fede, adorando la Trinità indivisibile: essa infatti ci ha salvati. Quindi la comunione ha efficacia ontologica, in quanto è unione alla vita di Cristo che trasforma la vita dellÂuomo. Per mezzo di essa si stabilisce unÂappartenenza vitale, che perfeziona e compie lÂadozione filiale del battesimo. 66. Un ulteriore aspetto della grazia sacramentale eucaristica è di essere antidoto che libera [220] e preserva dal peccato. [221] LÂEucaristia fortifica la vita soprannaturale del cristiano e la premunisce dalla perdita delle virtù teologali. È un sacramento dei vivi, cioè di coloro che godono dellÂunione con Cristo e con la Chiesa. Il peccato mortale, infatti, provoca la separazione da Dio e dalla Chiesa, impedendo così di accedere allÂEucaristia. Quindi lÂEucaristia è antidoto, medicina efficace per guarire le ferite del peccato mediante la misericordia divina da essa significata ed attuata: ÂIl Signore amante dellÂuomo, vide subito quantÂera successo e la grandezza della piaga e si affrettò a procedere alla cura perché essa, allargandosi, non si convertisse in una ferita inguaribile Nemmeno per un istante cessò, mosso dalla sua bontà, di provvedere allÂuomoÂ. [222] Dunque, lÂEucaristia è un dono che ci interpella personalmente e questo carattere personale del sacramento va riaffermato nella pastorale. LÂEucaristia vinculum caritatis 67. LÂeffetto primario reale dellÂEucaristia è la verità della Carne e del Sangue presenti in esso. Come ha detto in una epistola papa Innocenzo III: ÂLa forma è del pane e del vino, la verità è della carne e del sangue, la potenza è dellÂunità e della caritàÂ. [223] S. Tommaso dÂAquino conferma tale verità dicendo che lÂeffetto immediato è il corpo vero di Cristo, [224] immolato e vivo, presente nel sacramento. Questa presenza sostanziale è attuale per coloro che vi partecipano in un luogo e in un tempo particolari. In loro essa opera quella trasformazione, che è pegno del banchetto celeste. Il Concilio Vaticano II ricorda che  in ogni comunità che partecipa allÂaltare sotto la sacra presidenza del vescovo è offerto il simbolo di quella carità e unità del corpo mistico senza la quale non può esserci salvezzaÂ. [225] LÂunità con Cristo, capo del corpo mistico che è la Chiesa, è il frutto principale dellÂEucaristia, che così esprime il suo significato. LÂappartenenza a Cristo e lÂincorporazione alla Chiesa è lÂeffetto immediato e specifico del battesimo (cf. Rm 6,1-11), che però si perfeziona nellÂEucaristia. Anzi, proprio perché inserito nel corpo di Cristo per il battesimo, il fedele può partecipare allÂEucaristia. Pertanto lÂEucaristia presuppone la comunione ecclesiale ricevuta nel battesimo. [226] In essa si esercita il sacerdozio battesimale e si cresce nel rapporto vitale con Cristo (cf. Gv 6,55-57). Inscindibilmente connessa è poi lÂunità dei fedeli, che testimoniano la carità vicendevole, quali membra dello stesso corpo, unità necessaria perché il mondo creda (cf. Gv 10,9-17; 15,1-11; 17,20-23). Cristo nellÂEucaristia ci spinge alla carità dentro e fuori la Chiesa. Il farmaco del corpo e dello spirito 68. LÂEucaristia, soprattutto nel momento della malattia e della morte, è chiamata viatico per la vita eterna. Con essa è dato il pegno della gloria futura, della visione di Dio come egli è. Il concilio di Trento si riallaccia così alla tradizione patristica, che chiamava lÂEucaristia farmaco dellÂimmortalità dellÂuomo e invitava a cibarsene fino al ritorno del Signore nella gloria, quando, secondo la sua promessa (cf. Gv 6,54), si compirà lÂultimo effetto dellÂEucaristia: la risurrezione della carne. [227] L Eucaristia è il banchetto per vincere la morte [228] e con essa Âsi assimila, per così dire, il segreto della risurrezione [229] per vivere in eterno. La vita eterna non è una lunga durata, né semplicemente un tempo senza fine, ma un altro piano dellÂesistenza. San Giovanni distingue il bíos, come vita transitoria di questo mondo, dalla zoé, come vera vita che entra in noi nellÂincontro col Signore. Questo è il senso della sua promessa: ÂChi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna, è passato dalla morte alla vita (Gv 5,24), ÂIo sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me non morrà in eterno (Gv 11,25). In virtù di questo significato escatologico dellÂEucaristia aspettiamo la risurrezione definitiva, quando Dio sarà tutto in tutti (cf. 1 Cor 15,28). 69. Il cristianesimo non promette solo lÂimmortalità dellÂanima, ma la risurrezione della carne, cioè di tutto lÂessere umano. La grazia trasformante dellÂEucaristia investe lÂintero ambito antropologico, estende la sua influenza agli aspetti esistenziali di ogni uomo, quali la libertà, il senso della vita, della sofferenza, della morte. Se non rispondesse a queste domande fondamentali dellÂuomo, sarebbe molto difficile affidarsi a questo sacramento come strumento di salvezza e di trasformazione dellÂuomo in Cristo. Il significato sociale dellÂEucaristia 70. Nutrendosi dellÂEucaristia i cristiani nutrono la loro anima e diventano anima che sostiene il mondo, [230] dando così alla vita il senso cristiano, [231] che è senso sacramentale. È dal sacramento che scaturisce il dono della carità e della solidarietà, perché il sacramento dellÂaltare non si può scindere dal comandamento nuovo dellÂamore scambievole. LÂEucaristia è la forza che ci trasforma [232] e ci rafforza nelle virtù. ÂEssa dà impulso al nostro cammino storico, ponendo un seme di vivace speranza nella quotidiana dedizione di ciascuno ai propri compiti [233] nella famiglia, nel lavoro, nellÂimpegno politico. Da questa nota sociale dellÂEucaristia, la missione di ciascuno nella Chiesa riceve forza e fiducia. 71. Già dallÂinizio del II secolo SantÂIgnazio dÂAntiochia definiva i cristiani come coloro che Âvivono secondo la domenicaÂ, [234] nella fede della risurrezione del Signore e della sua presenza nella celebrazione eucaristica. [235] San Giustino, invece, evidenzia lÂurgenza etica a conclusione dellÂEucaristia domenicale: ÂColoro poi che sono nellÂabbondanza, e vogliono dare, danno a discrezione quello che ognuno vuole, e quanto è raccolto viene depositato presso colui che presiede; ed egli stesso presta soccorso agli orfani e alle vedove, e a coloro che sono trascurati per malattia o per altra causa, e a quelli che sono in carcere, e a coloro che soggiornano come stranieri: in poche parole,[egli] si fa provveditore per tutti quelli che sono nella necessitàÂ. [236] LÂEucaristia fonda e perfeziona la missio ad gentes. [237] DallÂEucaristia scaturisce il dovere di ogni cristiano di cooperare alla dilatazione del Corpo ecclesiale. [238] LÂattività missionaria infatti Âcon la parola della predicazione, con la celebrazione dei sacramenti, di cui è centro e vertice lÂEucaristia, rende presente quel Cristo, che della salvezza è lÂautoreÂ. [239] Il mandato missionario, che ha implicato non di rado il martirio, subito fino ai nostri giorni da pastori e fedeli proprio durante la celebrazione dellÂEucaristia, tende a far giungere alla moltitudine degli uomini la salvezza donata nel sacramento del pane e del vino. Dunque, la santa comunione porta tutti i suoi frutti: accresce la nostra unione a Cristo, ci separa dal peccato, consolida la comunione ecclesiale, ci impegna nei confronti dei poveri, aumenta la grazia e dona il pegno della vita eterna. [240]
72. Il Signore Gesù ha stabilito lÂEucaristia quale sacramento di comunione e di rivelazione del Padre. A questo metodo ha aderito per prima la Madonna: ÂIn certo senso, Maria ha esercitato la sua fede eucaristica prima ancora che lÂEucaristia fosse istituita, per il fatto stesso di aver offerto il suo grembo verginale per lÂincarnazione del Verbo di Dio CÂè pertanto unÂanalogia profonda tra il fiat pronunciato da Maria alle parole dellÂAngelo e lÂamen che ogni fedele pronuncia quando riceve il corpo del Signore. A Maria fu chiesto di credere che colui che ella concepiva per opera dello Spirito Santo era il Figlio di Dio (cf. Lc 1,30-35). In continuità con la fede della Vergine, nel Mistero eucaristico ci viene chiesto di credere che quello stesso Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria, si rende presente con lÂintero suo essere umano-divino nei segni del pane e del vinoÂ. [241] Dalla prima Pasqua, in cui il Signore Gesù ha compiuto con i suoi discepoli il nuovo e definitivo esodo dalla schiavitù del peccato, non cÂè più il sangue di un agnello, ma pane e vino distribuiti a tutti, corpo e sangue del vero Agnello di Dio. Si compie così la nuova alleanza. Come ricorda il Catechismo della Chiesa cattolica, riprendendo S. Ireneo: ÂLÂEucaristia è il compendio e la somma della nostra fede: ÂIl nostro modo di pensare è conforme allÂEucaristia e lÂEucaristia, a sua volta, si accorda con il nostro modo di pensareÂÂ. [242] 73. Nel Sacramento della presenza reale la fede trova forza e impulso, perché realmente la lex orandi resti nel vincolo della lex credendi e si traduca in lex agendi della vita e della missione della Chiesa. Perciò lÂEucaristia ha anche un dinamismo personale: è dono da celebrare, che immerge in una più profonda conoscenza del mistero della salvezza, porta alla comunione, conduce alla adorazione e finalmente interpella la vita attraverso la missione e il ministero pastorale, dando impulso alla carità dentro e fuori la Chiesa. LÂEucaristia per sua natura resta inscindibilmente legata alle note di unità, santità, apostolicità e cattolicità della Chiesa [243] professate nel Credo. Così, la vita e la missione delle comunità cristiane nel mondo conservano il carattere proprio della Chiesa, quando di essa custodiscono e promuovono lÂintera ricchezza di quei doni. Il tema del Sinodo indica che la Chiesa vive dellÂEucaristia, nel senso che riceve da essa, quale fonte, la vita divina che viene dallÂalto e nella sua missione tende ad essa come culmine del suo mistero di comunione: ÂCosì lÂEucaristia si pone come fonte e insieme come culmine di tutta lÂevangelizzazione, poiché il suo fine è la comunione degli uomini con Cristo e in lui col Padre e con lo Spirito SantoÂ. [244]
1. LÂEucaristia nella vita della Chiesa: Quale importanza viene data, nella vita delle vostre comunità e dei fedeli, alla celebrazione dellÂEucaristia? Come appare la frequenza della partecipazione alla S. Messa nella domenica? nei giorni feriali? in occasione delle grandi feste dellÂanno liturgico? Esistono statistiche - anche approssimative - al riguardo? 2. La dottrina eucaristica e la formazione: Quali sforzi vengono compiuti per trasmettere alle vostre comunità e ai singoli fedeli la dottrina integrale e completa sullÂEucaristia? In particolare, quale uso si fa del Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1322-1419, e dellÂEnciclica ÂEcclesia de EucharistiaÂ, specialmente da parte dei sacerdoti, dei diaconi, delle persone consacrate, dei laici impegnati pastoralmente? Come viene assicurata la formazione della fede nellÂEucaristia: nella catechesi dÂiniziazione? nelle omelie? nei programmi di formazione continua dei sacerdoti, dei diaconi permanenti, dei seminaristi? delle persone consacrate? dei laici? 3. Percezione del mistero eucaristico: Qual è lÂidea predominante sullÂEucaristia tra i sacerdoti e tra i fedeli delle vostre comunità: sacrificio? memoriale del mistero pasquale? precetto dominicale? convito fraterno? atto di adorazione? altre...? Si manifesta nella pratica la prevalenza di una di queste dimensioni? e quali si pensa che siano le motivazioni di tale preferenza? 4. Ombre nella celebrazione dellÂEucaristia: NellÂenciclica Ecclesia de Eucharistia (n. 10) il Papa accenna alle Âombre nella celebrazione eucaristica. Quali sono gli aspetti negativi (abusi, equivoci) che si possono costatare nel culto dellÂEucaristia? Quali elementi o gesti compiuti nella prassi possono oscurare il senso più profondo del Mistero eucaristico? Quali possono essere le ragioni che portano a questa situazione che disorienta i fedeli? 5. Celebrazione eucaristica e norme liturgiche: Si verificano nel modo di celebrare dei sacerdoti alcuni atteggiamenti in esplicita o implicita contraddizione con le norme liturgiche stabilite dalla Chiesa cattolica (Cf. Istruzioni Generali del Messale Romano, cap.IV; Istruzione per lÂApplicazione delle Prescrizioni Liturgiche del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali) per ricerca di personalismo e protagonismo? Quali si crede che possano essere le motivazioni di tali comportamenti? Quali elementi o gesti compiuti durante la celebrazione della S. Messa e anche nel culto eucaristico fuori di essa, secondo le rispettive norme e disposizioni, dovrebbero essere specialmente curati per mettere in rilievo il senso più profondo del grande Mistero della fede nascosto nel dono dellÂEucaristia? 6. I sacramenti dellÂEucaristia e della Riconciliazione: La conversione è la prima condizione per partecipare pienamente alla Comunione eucaristica. Come percepiscono i fedeli il rapporto tra sacramento della riconciliazione ed Eucaristia? La celebrazione della S. Messa è anche la festa per la salvezza dal peccato e dalla morte. Come si risponde a questo ritorno dei peccatori, soprattutto nel Giorno del Signore, perché i fedeli possano accostarsi in tempo al sacramento della Penitenza per partecipare allÂEucaristia? Nella vita delle comunità cristiane, si verifica lÂafflusso indiscriminato dei fedeli alla Comunione oppure lÂastensione ingiustificata dalla medesima? Che cosa si fa per aiutare i fedeli a discernere se essi si trovano nelle dovute disposizioni per accostarsi a questo grande Sacramento? 7. Il senso del sacro nellÂEucaristia: LÂEucaristia è il mistero della presenza reale di Dio tra noi, ma nello stesso tempo è un mistero ineffabile. Come dovrebbe esprimersi il senso del sacro in riferimento allÂEucaristia? Come i sacerdoti e i fedeli lo manifestano nella quotidiana celebrazione della S. Messa, nelle grandi festività e nei tempi liturgici durante lÂanno? Esistono atteggiamenti o pratiche cultuali che oscurano questo senso del sacro? 8. La Santa Messa e la celebrazione della Parola: Per quanto riguarda le celebrazioni della Liturgia della Parola con la distribuzione dellÂEucaristia, spesso guidate da un laico o ministro straordinario, nelle parrocchie in attesa di un sacerdote: qual è lÂampiezza di tale fenomeno nelle vostre parrocchie? quale formazione specifica ricevono i responsabili? I fedeli riescono a capire la differenza tra queste celebrazioni e la Santa Messa? Conoscono adeguatamente la distinzione essenziale tra il ministero ordinato e quello non ordinato? 9. LÂEucaristia e gli altri sacramenti: In quale misura e con quali criteri gli altri sacramenti vengono celebrati durante la Santa Messa? In occasione della celebrazione di sacramenti e sacramentali nel corso della S. Messa (matrimoni, funerali, battesimi, ecc. ) con la presenza di non praticanti, di non cattolici, di non credenti, quali misure vengono prese per evitare la superficialità o la trascuratezza verso lÂEucaristia? 10. La presenza reale di Cristo nellÂEucaristia: I fedeli nelle vostre parrocchie hanno preservato la fede nella presenza reale del Signore nel Sacramento dellÂEucaristia? Percepiscono con chiarezza il dono della Presenza reale del Signore? Si verificano nella liturgia della S. Messa o nel culto eucaristico fenomeni che rischiano di indurre minore considerazione della Presenza Reale? Se tali fenomeni si verificano, quali potrebbero essere le motivazioni? 11. La devozione eucaristica: Il culto del SS. Sacramento occupa il dovuto posto nella vita della parrocchia e delle comunità? Quale importanza viene data dai pastori allÂAdorazione del SS.mo Sacramento? allÂAdorazione perpetua? alla Benedizione del SS.mo Sacramento? alla preghiera personale davanti al Tabernacolo? alla Processione del Corpus Domini? alla devozione eucaristica nelle missioni popolari? 12. La S. Messa e la vita liturgico-devozionale: Riescono i fedeli a cogliere la differenza tra la S. Messa ed altre pratiche devozionali quali la Liturgia delle Ore, la celebrazione dei sacramenti e sacramentali fuori della Messa, la Liturgia della Parola, le processioni, ecc.? Come si manifesta la differenza sostanziale tra la celebrazione eucaristica e le altre celebrazioni liturgiche e para-liturgiche? 13. Il decoro nella celebrazione dellÂEucaristia: Nelle vostre Chiese si pone attenzione al decoro della celebrazione eucaristica? Qual è il contesto artistico-architettonico nel quale si svolgono le liturgie eucaristiche, sia quelle solenni che quelle feriali? Risulta evidente da questa ambientazione che il banchetto eucaristico è veramente un banchetto Âsacro (Ecclesia de Eucharistia, 48)? Con quale frequenza e per quali motivi pastorali viene celebrata la Eucaristia fuori dei luoghi di culto? 14. Eucaristia ed inculturazione: In quale misura bisogna fare spazio allÂinculturazione nella celebrazione del Sacramento dellÂEucaristica, perché sfugga ad una malintesa creatività che insegue mode fantasiose e bizzarre? Quali sono i criteri seguiti nella pratica per una tale inculturazione? Vengono adeguatamente tenuti in considerazione nella Chiesa occidentale le norme proposte dallÂistruzione ÂDe Liturgia Romana et InculturationeÂ? Come viene vissuto il tema dellÂinculturazione dellÂEucaristia nelle Chiese orientali? 15. La nota escatologica dellÂEucaristia: È sufficientemente messa in rilievo la nota escatologica dellÂEucaristia nella catechesi, nella formazione permanente, nellÂomiletica e nella celebrazione liturgica? In quale modo si esprime la tensione escatologica suscitata dallÂEucaristia nella vita pastorale? Come si manifesta nella celebrazione della S. Messa Âla comunione dei santiÂ, che è un anticipo della realtà escatologica? 16. Eucaristia, ecumenismo, dialogo interreligioso e sette: Di fronte alle concezioni dellÂEucaristia propria dei fratelli separati dÂOccidente, alle sfide delle altre religioni e delle sette, come viene preservato e presentato il Mistero del Santissimo Sacramento nella sua integralità, in modo che i fedeli non siano indotti a confusioni ed equivoci, specialmente in occasione dei raduni ecumenici ed interreligiosi? 17. Eucaristia e Âintercomunione ecclesiale: ÂLa celebrazione dellÂEucaristia non può essere il punto dÂavvio della comunioneÂ(Ecclesia de Eucharistia, 35). Come sono applicate le norme della cosiddetta intercomunione (cf. CIC 844)? Conoscono i fedeli la norma secondo la quale un cattolico non può ricevere lÂEucaristia nelle comunità che non hanno il sacramento dellÂOrdine (cf. Ecclesia de Eucharistia 46)? 18. Eucaristia e vita morale: LÂEucaristia fa crescere la vita morale del cristiano. Cosa pensano i fedeli laici circa la necessità della grazia sacramentale per vivere secondo lo Spirito e diventare santi? Cosa pensano i fedeli sul rapporto tra la recezione del sacramento dellÂEucaristia e gli altri aspetti della vita cristiana: la santificazione personale, lÂimpegno morale, la carità fraterna, la costruzione della società terrena, ecc.? 19. Eucaristia e missione: LÂEucaristia è anche un dono per la missione. Sono consapevoli i fedeli che il Sacramento dellÂEucaristia porta alla missione che loro stessi hanno da compiere nel mondo secondo il proprio stato di vita? 20. Ancora sullÂEucaristia: Quali altri aspetti non compresi nelle domande precedenti sarebbero ancora da tener presenti in relazione al Sacramento dellÂEucaristia in vista della preparazione dellÂInstrumentum laboris per la discussione sinodale? [1] S. Leonis Magni, Sermo 2 de Ascensione, 61 (74), 2: SCh 74bis, 278. [2] Origenis, In epistulam ad Romanos, 4, 2: PG 14, 968B. [3] Cf. Conc. Oecum. Vat. II, Const. de sacra Liturgia Sacrosanctum concilium, 14 e 48; II CÂtus Extraordinarii Generalis Synodi Episcoporum (1985), Relationem finalem, II.B.b.1. [4] Cf. Institutionem Generalem Missalis Romani (20.IV.2000), 13; Conc. Oecum. Tridentin., sess. XXII, cap. 6. [5] Cf. Conc. Oecum. Vat. II, Const. de sacra Liturgia Sacrosanctum concilium, 10. [6] Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 60: AAS 95 (2003), 473. [7] Cf. ibidem, 35: AAS 95 (2003), 457. [8] Conc. Oecum. Vat. II, Const. de sacra Liturgia Sacrosanctum concilium, 47. [9] Ibidem. [10] Catechismus Catholicae Ecclesiae, 1322-1419. [11] Codex Iuris Canonici, c. 897-958. [12] Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, c. 698-717. [13] Cf. Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 9: AAS 95 (2003), 438-439. [14] De Mysteriis, 47: SCh 25bis, 182. [15] Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Redemptor hominis (4.III.1979), IV, 20: AAS 71 (1979), 309-316. [16] Cf. Catechismum Catholicae Ecclesiae, 1356-1381. [17] In S.Matthaeum, 82, 5: PG 58, 744. [18] N. Cabasilae, Expositio divinae liturgiae, 32, 10: SCh 4bis, 204. [19] Cf. Institutionem Generalem Missalis Romani (20.IV.2000), 2; Conc. Oecum. Vat. II, Const. de sacra Liturgia Sacrosanctum concilium, 3, 28; Decr. de Presbyterorum ministerio et vita Presbyterorum ordinis, 2,4,5. [20] Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 12: AAS 95 (2003), 441. [21] Questa espressione degli Orientali, molto bella e significativa, sta a indicare lÂultima Cena o ÂCena del SignoreÂ; lÂaggettivo Âultimo deve anche intendersi riferito al desiderio di Cristo di mangiare lÂultima volta la Pasqua secondo il rito giudaico prima di morire, per darle il significato Ânuovo ed eterno e come alleanza mistica. In questo senso può essere ritenuta la Âchiave ermeneutica dellÂEucaristia, non disgiunta dal mistero pasquale,che comprende non solo la morte e risurrezione, ma anche lÂincarnazione. [22] Cf. S. Ioannis Chrysostomi, In S. Matthaeum, 82, 1: PG 58, 737-738. [23] Cf. N. Cabasilae, De vita in Christo, I, 1: SCh 355, 74. [24] S. Ioannis Chrysostomi, In epistula I ad Corinthios, 24, 5: PG 61, 205. [25] S. Gregorii Nisseni, Homilia in Ecclesiastem, III: PG 44, 469. [26] S. Maximi Confessoris, Mystagogia, 1: PG 91, 664. [27] Homilia in Oziam, 6, 4 : PG 56, 140. [28] Cf. Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 15: AAS 95 (2003), 442-443. [29] Cf. Conc. Oecum. Vat. II, Const. de sacra Liturgia Sacrosanctum concilium, 7, 47; Decr. de Presbyterorum ministerio et vita Presbyterorum ordinis, 5,18; Institutionem Generalem Missalis Romani (20.IV.2000), 3. [30] Cf., e.g., S. Cyrilli Ierosolomitani, Catechesin mystagogicam, IV, 2, 1-3; IV, 7,5-6; V, 22, 5: SCh 126bis, 136. 154. 172. [31] Pauli VI, Litt. encycl. Mysterium fidei (3.IX.1965), 26: AAS 57 (1965), 766. [32] Cf. Catechismum Catholicae Ecclesiae, 1328-1332. [33] Cf. VIII: SCh 11, 79. [34] Cf. Ad Ephesios, 13, 1; Ad Philadelphienses, 4; Ad Smyrnenses, 7, 1: Patres Apostolici, F.X. Funk ed., Tübingen 1992, p. 186; 220; 230. [35] Cf. Didachen 9-10. 14: J.P. Audet ed., Parisiis 1958, 235-236; 240. [36] Cf. I Apologiam 67, 1-6; 66, 1-4: Corpus Apologetarum Christianorum Secundi Saeculi, vol. I, pars 1, Wiesbaden 1969, p. 180-182; 184-188. [37] Cf. Adversus Haereses, 4. 17, 5; 18, 5: SCh 100, 592. 610. [38] Cf. Epistulam 63, 13: PL 4, 383-384. [39] Cf. Catechesin magnam 37: SCh 453, 315-325. [40] Cf. Catechesin mystagogicam, 4, 3: SCh 126bis, 136. [41] De Sacerdotio, III, 4: SCh 272, 142-144. [42] Cf. Homilias Catecheticas 15 et 16: R. Tonneau-R.Devresse, ed., ST 145, in Civitate Vaticana 1949, 461-605. [43] Cf. De Sacramentis, 4-5; De Mysteriis, 8-9 : SCh 25bis, 102-137 ; 178-193. [44] Cf. e.g. Sermonem 132: PL 38, 743-737. [45] Cf. Sermonem 227, 1: PL 38, 1099-1101. [46] Cf. De Civitate Dei, X, 5-6: PL 41, 281-284. [47] Cf. Summam Theologiae, III, 73, a.1. [48] Cf. ibidem, 74, a.1; 79, a.1. [49] Ibidem, 73, a.4. [50] Cf. Breviloquium, VI, 9: Opera omnia, Opuscoli Teologici / 2, Romae 1966, 276. [51] Sermo 229,A (Guelferbytanus 7), Tractatus de Dominica Sanctae Paschae, 1; PLS 2, 555; E.D.G. Morin, Miscellanea Agostiniana, I, Romae 1930, 462. [52] Cf. Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 23: AAS 95 (2003), 448-449. [53] Cf. ibidem 59: AAS 95 (2003), 472-473. [54] Ibidem 40: AAS 95 (2003), 460. [55] Cf. ibidem, 5: AAS 95 (2003), 436. [56] Cf. Conc. Oecum. Vat. II, Const. dogm. de Ecclesia Lumen gentium, 3; Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 21: AAS 95 (2003), 447. [57] Pauli VI, Institutio Generalis Missalis Romani (26.III.1970), 8. [58] Cf. Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 26: AAS 95 (2003), 451. [59] Ibidem, 27: AAS 95 (2003), 451. [60] Ibidem, 28: AAS 95 (2003), 451-452. [61] Ibidem, 29: AAS 95 (2003), 452-453. [62] Istruzione per lÂApplicazione delle Prescrizioni Liturgiche del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, 32. [63] Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 34: AAS 95 (2003), 456. [64] Conc. Oecum. Vat. II, Const. dogm. de Ecclesia Lumen gentium, 26. [65] Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 35: AAS 95 (2003), 457. [66] Cf. Conc. Oecum. Vat. II, Const. dogm. de Ecclesia Lumen gentium, 14. [67] Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 38: AAS 95 (2003), 458-459. [68] Ibidem, 39: AAS 95 (2003), 459-460; cf. Congregationis pro Doctrina Fidei, Litt. Communionis notio (28.V.1992), 11: AAS 85 (1993), 844. [69] Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 35: AAS 95 (2003), 457. [70] Cf. Conc. Oecum. Tridentin., Decr. de ss. Eucharistia, sess. XIII, cap. 1, De reali praesentia D.N.I. Christi in ss. Eucharistiae sacramento, cap. 2, De ratione institutionis ss. huius sacramenti: DS 1637-41; Can. 1-5: DS 1651-55. [71] Cf. ibidem, Decr. de ss. Eucharistia, sess. XIII, cap. 4, De Transsubstantiatione: DS 1642. [72] Cf. ibidem, Decr. de communione euch., sess. XXI: DS 1725-1734. [73] Cf. ibidem, Decr. de Missa, sess. XXII: DS 1738-1759. [74] Cf. ibidem, Decr. de ss. Eucharistia, sess. XIII, cap. 1, De reali praesentia D.N.I. Christi in ss. Eucharistiae sacramento: DS 1636-1637, cap. 2, De ratione institutionis ss. huius sacramenti: DS 1638. [75] Cf. ibidem, Decr. de Eucharistia, sess. XIII, cap. 5 - 8: DS 1643-1750; can. 1 - 3: DS 1751-1753. [76] Cf. Pii XII, Litt. encycl. Mediator Dei (20XI.1947), II: AAS 39 (1947), 547-552. [77] Cf. Conc. Oecum. Vat. II, Const. dogm. de Ecclesia Lumen gentium, 28. [78] Cf. Innocentii III, Professionem fidei Waldensibus praescriptam, DS 794; Conc. Oecum. Lateranens. IV, Definitionem contra Albigenses et Catharos: DS 802; Conc. Oecum. Tridentin., Decr. de Missa, sess. XXII, cap. 1, De institutione sacrosancti Missae sacrificii: DS 1740, can. 2: DS 1752. [79] Cf. Ioannis Pauli II, Litt. Ap. Dominicae Cenae (24.II.1980), 8: AAS 72 (1980), 127-130; Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 28-29: AAS 95 (2003), 451-453. [80] Cf. Conc. Oecum. Vat. II, Const. de sacra Liturgia Sacrosanctum concilium, 7; Decr. de activitate missionali Ecclesiae Ad gentes, 14. [81] Cf. Conc. Oecum. Vat. II, Const. dogm. de Ecclesia Lumen gentium, 3; Decr. de presbyterorum ministerio et vita Presbyterorum ordinis, 4-5. [82] Cf. Conc. Oecum. Vat. II, Const. dogm. de Ecclesia Lumen gentium, 17; Decr. de Oecumenismo Unitatis redintegratio, 2,15. [83] Cf. Pauli VI, Litt. encycl. Mysterium fidei (3.IX.1965), 17-25: AAS 57 (1965), 762-766. [84] S. Ignatii Antiocheni, Ad Smyrnenses 7, 1 : Patres Apostolici, F.X. Funk ed., Tübingen 1992, p. 230. [85] Cf. Pauli VI, Sollemnem Professionem fidei (30.VI.1968), 25: AAS (1968), 442-443. [86] Pauli VI, Litt. encycl. Mysterium fidei (3.IX.1965), 27: AAS 57 (1965), 766. [87] S. Leonis Magni, Sermo 2 in Ascensione, 61 (74), 4: SCh 74bis, 280-282. [88] De Mysteriis, 53: SCh 25bis, 186. [89] Cf. Congregationis pro Doctrina Fidei, Declarationem Dominus Jesus (6.VIII.2000), 16: AAS 92 (2000), 756-758. [90] De Trinitate, 8, 13: SCh 448, 396. [91] Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 55: AAS 95 (2003), 470. [92] Ibidem, 10: AAS 95 (2003), 439. [93] Ibidem, 61: AAS 95 (2003), 473-474. [94] Ibidem, 12: AAS 95 (2003), 441. [95] Ibidem, 23: AAS 95 (2003), 448-449. [96] Ibidem, 11: AAS 95 (2003), 440-441. [97] Ad Ephesios, 20, 2: Patres Apostolici, F.X. Funk ed., Tübingen 1992, p. 190. [98] In epistulam ad Ephesios, 11, 3: PG 62, 83. [99] Cf. S. Cyrilli Alexandrini, De adoratione in spiritu et veritate, 11: PG 68, 761D. [100] Cf. Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 30.44-45: AAS 95 (2003), 453-454, 462-463. [101] Ibidem, 61: AAS 95 (2003), 473-474. [102] Cf. Conc. Oecum. Vat. II, Decr. de Oecumenismo Unitatis redintegratio, 15. [103] Cf. Codicem Iuris Canonici, c. 844. [104] Cf. Conc. Oecum. Vat. II, Decr. de Oecumenismo Unitatis redintegratio, 22. [105] Cf. Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 46: AAS 95 (2003), 463-464. [106] Cf. Conc. Oecum. Vat. II, Const. de sacra Liturgia Sacrosanctum concilium, 8; Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 19: AAS 95 (2003), 445-446. [107] Tertulliani, Contra Marcionem, IV, 9, 9: SCh 456,124. [108] De divinis nominibus, 4, 7: PG 3, 701C. [109] S. Ioannis Chrysostomi, In epistulam I ad Corinthios, 24, 5: PG 61, 205s. [110] Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 8: AAS 95 (2003), 437-438. [111] Conc. Oecum. Tridentin., Decr. de Eucharistia, cap. 3, De excellentia ss. Eucharistiae super reliqua sacramenta: DS 1639. [112] Cf. Conc. Florentin., Decr. pro Graecis: DS 1303, Decr. pro Armeniis: DS 1320, Conc. Oecum. Tridentin., Decr. de Eucharistia, sess. XIII, cap. 4, De Transsubstantiatione: DS 1642; etiam Institutionem Generalem Missalis Romani (20.IV.2000), 319-324. [113] Cf. Conc. Oecum. Tridentin., Decr. de Missa, sess. XXII, cap. 7, De aqua in calice offerendo vino miscenda: DS 1748. [114] Cf. Conc. Florentin., Decr. pro Armeniis: DS 1321; Decr. pro Iacobitis: DS 1352; Conc. Oecum. Tridentin., Decr. de Missa, sess. XXII, cap. 1, De institutione sacrosancti Missae sacrificii: DS 1740. [115] Cf. Conc. Oecum. Tridentin., Decr. de Missa, sess. XXII, cap. 1, De institutione sacrosancti Missae sacrificii: DS 1740; can. 2: DS 1752. [116] Cf. ibidem, cap. 7, De praeparatione, quae adhibenda est, ut digne quis s. Eucharistiam percipiat: DS 1646-1647, cap. 8, De usu admirabilis huius sacramenti: DS 1648-1650, can. 11: DS 1661. [117] Cf. Institutionem Generalem Missalis Romani (20.IV.2000) 19; Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 52: AAS 95 (2003), 467-468. [118] Cf. Institutionem Generalem Missalis Romani (20.IV.2000), 199. [119] Istruzione per lÂApplicazione delle Prescrizioni Liturgiche del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, 57. [120] Cf. Institutionem Generalem Missalis Romani (20.IV.2000), cap. II. [121] Cf. ibidem, 51. [122] Cf. IX, 3: Audet, 323. [123] Cf. Ioannis Pauli II, Adhort. Ap. postsynod. Ecclesia in Europa (28.VI.2003), 13: AAS 95 (2003), 657-658. [124] Cf. Institutionem Generalem Missalis Romani (20.IV.2000), 67. [125] Cf. Conc. Oecum. Vat. II, Const. de sacra Liturgia Sacrosanctum concilium, 56. [126] Institutio Generalis Missalis Romani (20.IV.2000), 28. [127] Cf. ibidem, 73. [128] Cf. Theodori Andidensis, De divinae liturgiae symbolis ac mysteriis, 18: PG 140, 441C. [129] De Sacerdotio, VI, 11: SCh 272,340. [130] Cf. S. Germani Costantinopolitani, Historiam Ecclesiasticam et mysticam contemplationem: PG 98, 400C. [131] VIII, 12, 2: F.X.Funk ed., Paderborn 1905, I, 494. [132] De incomprehensibilitate Dei, 4, 5: SCh 28bis, 260. [133] Cf. S. Anastasii Synaitae, Orationem de sacra Synaxi: PG 89, 833BC. [134] Cf. S. Ioannis Chrysostomi, Homiliam in diem natalem Domini nostri Iesu Christi, 7: PG 49, 361. [135] Cf. S. Basilii Magni, Homiliam in psalmum 115: PG 30, 113B. [136] In epistulam II ad Corinthios, 18, 3: PG 61, 527. [137] Cf. N. Cabasilae, Commentarium in divinam liturgiam, 15, 2: SCh 4bis, 125. [138] Cf. Institutionem Generalem Missalis Romani (20.IV.2000), 72. [139] Ibidem, 93; etiam Catechismus Catholicae Ecclesiae, 1348. [140] Cf. Institutionem Generalem Missalis Romani (20.IV.2000), 79 d. [141] Cf. Catechismum Catholicae Ecclesiae, 1353. [142] Cf. Benedicti XII, Lib. ÂCum dudum (VIII.1341): DS 1017; Pii VII, Brev. ÂAdorabile Eucharistiae (8.V.1822): DS 2718; Pii X, Ep. ÂEx quo, nono (26.XII.1910): DS 3556. [143] De Mysteriis, 52.54: SCh 25bis, 188. [144] De ecclesiastica hierarchia, 3, 9: PG 3, 464. [145] Cf. N. Cabasilae, Commentarium in divinam liturgiam, 48, 5: SCh 4bis, 271-273. [146] Cf. Institutionem Generalem Missalis Romani (20.IV.2000), 79g. [147] N. Cabasilae, Commentarium in divinam liturgiam, 42, 3: SCh 4bis, 241. [148] Cf. S. Ioannis Chrysostomi, In epistulam ad Philippenses, 3,4: PG 62, 204. [149] Cf. Catechismum Catholicae Ecclesiae, 1384-1390. [150] Cf. Constitutiones Apostolicas, VIII, 12, 39: F. X. Funk, ed., Paderborn 1905, I, 510, et Anaphoras alexandrinas Marci, Serapionis, Basilii copti. [151] Cf. Conc. Oecum. Tridentin., Decr. de Missa, sess. XXII, cap. 6, De Missa, in qua solus sacerdos communicat: DS, 1747, can. 8: DS, 1758. [152] Cf. Institutionem Generalem Missalis Romani (20.IV.2000), 80. [153] Ibidem, 81. [154] Pseudo Chrysostomi, De proditione Iudae, 1, 6 : PG 49, 381. [155] Cf. ibidem, 381-382. [156] N. Cabasilae, Commentarium divinae liturgiae, 12, 8: SCh 4bis, 111. [157] Constitutiones Apostolicae, II, 20, 10: F.X. Funk ed., Paderborn 1905, I, 77. [158] S. Basilii Magni, Homilia in psalmum, 33, 10: PG 29, 376. [159] VIII, 11, 9-10: F. X. Funk ed., Paderborn 1905, I, 494. [160] Cf. S. Maximi Confessoris, Mystagogiam, 13: PG 91, 691. [161] Cf. Institutionem Generalis Missalis Romani (20.IV.2000), 82. [162] In epistulam I ad Corinthios, 24, 2: PG 61, 200. [163] Cf. S. Germani Costantinopolitani, Historiam ecclesiasticam et mysticam contemplationem: PG 98, 449B. [164] Cf. S. Ioannis Damasceni, In epistulam ad Zachariam ep. de immaculato corpore, 5 : PG 95, 409. [165] N. Cabasilae, Commentarium divinae liturgiae, 36, 1: SCh 4bis, 223. [166] Cf. Catechismum Catholicae Ecclesiae, 2120. [167] X, 6: Audet, 236. [168] Cf. Institutionem Generalis Missalis Romani (20.IV.2000), 84. [169] Cf. ibidem, 282. [170] Cf. Istruzione per lÂApplicazione delle Prescrizioni Liturgiche del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, 59. [171] Thomae a Celano, Vita Seconda, 201(789): Fonti Francescane, Padova 1980, 713. [172] De vita in Christo, IV, 26: SCh 355, 288. [173] Cf. Institutionem Generalis Missalis Romani (20.IV.2000), 17. 89. [174] Cf. Istruzione per lÂApplicazione delle Prescrizioni Liturgiche del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, 30. [175] Cf. Ioannis Pauli II, Ep. Ap. Novo millennio ineunte (6.I.2001), 33: AAS 93 (2001), 289-290. [176] Cf. De Spiritu Sancto, V, 10 : SCh 17bis, 280. [177] Cf. Conc. Oecum. Vat. II, Const. de sacra Liturgia Sacrosanctum concilium, 48. [178] Cf. Catechismum Catholicae Ecclesiae, 1135-1186. [179] Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 52: AAS 95 (2003), 467-468. [180] Cf. Catechesin illuminandorum, 18, 24: PG 33, 1046. [181] Institutio Generalis Missalis Romani (20.IV.2000), 92. [182] Ibidem, 93 ; cf. 84. [183] Cf. ibidem, 95. [184] Ibidem, 288. [185] Ibidem, Prooemium, 3. [186] Cf. Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 49: AAS 95 (2003), 465-466. [187] Cf. Istruzione per lÂApplicazione delle Prescrizioni Liturgiche del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, 34. [188] Ibidem, 66. [189] Cf. Fonti Francescane, I, Testamento, 13: 114; Lettere 208, 224. [190] Ioannis Pauli II, Discorso ai partecipanti al Convegno Internazionale di Musica Sacra (25-27.I.2001): AAS 93 (2001), 351; cf. Lett. Ap. Spiritus et Sponsa (4.XII.2003), 4: LÂOsservatore Romano (7.XII.2003), 7. [191] Conc. Oecum. Vat. II, Const. de sacra Liturgia Sacrosanctum concilium, 122. [192] Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 49: AAS 95 (2003), 465-466. [193] Istruzione per lÂApplicazione delle Prescrizioni Liturgiche del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, 107. [194] Institutio Generalis Missalis Romani (20.IV.2000), 295. [195] Cf. ibidem, 215. [196] Cf. ibidem, 297. [197] Cf. ibidem, 304. [198] Cf. Istruzione per lÂApplicazione delle Prescrizioni Liturgiche del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, 103. [199] Cf. Institutionem Generalem Missalis Romani (20.IV.2000), 296. [200] Cf. ibidem, 273. [201] Catechismus Catholicae Ecclesiae, 1383. [202] Institutio Generalis Missalis Romani (20.IV.2000), 310. [203] Ibidem. [204] Istruzione per lÂApplicazione delle Prescrizioni Liturgiche del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, 108. [205] Catechesis mystagogica, 5, 22: SCh 126bis, 172. [206] Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 25: AAS 95 (2003), 449-450. [207] Per il culto eucaristico rinnovato dopo il Concilio Vaticano II si vedano: Eucharisticum Mysterium, Istruzione della Congregazione dei Riti e del Consilium approvata e confermata da Paolo VI (25 maggio 1967): EV., vol. II, 1084-1153; Eucharistiae Sacramentum, col quale la Congregazione per il Culto divino ha fatto la revisione del Ritus de Sacra Communione et de cultu mysterii eucharistici extra Missam (21 giugno 1973): ibidem, vol. IV, 1624-1659; Inaestimabile Donum, della Congregazione per il Culto divino su Alcune norme relative al culto eucaristico (3 aprile 1980): cf. ibidem, vol. VII 282-303. [208] De Spiritu Sancto, 9, 22: SCh 17bis, 324. [209] Cf. Institutionem Generalem Missalis Romani (20.IV.2000), 45. [210] Cf. ibidem, 76 ; 278-280. [211] Cf. ibidem, 276-277. [212] Cf. ibidem, 274-275. [213] Cf. Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 10: AAS 95 (2003), 439. [214] Cf. Congregationis de Cultu Divino et Disciplina Sacramentorum, Direttorio su pietà popolare e liturgia, ed. Vaticana 2002, n. 160-165. [215] Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 25: AAS 95 (2003), 449-450. [216] Cf. ibidem, 34: AAS 95 (2003), 456. [217] Catechesis mystagogica, 4, 1: SCh 126bis, 134. [218] In epistulam I ad Timotheum, 15, 4: PG 62, 586. [219] Exhortatio ad Theodorum lapsum, 1: PG 47, 278. [220] Cf. Summam Theologiae, III, 79, 1. [221] Cf. Conc. Oecum. Tridentin., Decr. de Eucharistia, sess. XIII, cap. 2, De ratione institutionis ss. huius sacramenti: DS 1638. [222] S. Ioannis Chrysostomi, In Genesin, 17, 2: PG 53, 136. [223] Innocentii III, Ep. ÂCum Marthae circa ad Ioannem quondam archiep. Lugdun. (29.XI.1202): DS 783. [224] Cf. Summam Theologiae, III, 73, 6. [225] Conc. Oecum. Vat. II, Const. dogm. de Ecclesia Lumen gentium, 26. [226] Cf. Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 35: AAS 95 (2003), 457. [227] Cf. Conc. Oecum. Tridentin., Decr. de Eucharistia, sess. XIII, cap. 2, De ratione institutionis ss. huius sacramenti: DS 1638; cap. 8, De usu admirabilis huius sacramenti: DS 1649. [228] Cf. Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 17: AAS 95 (2003), 444-445. [229] Ibidem, 18: AAS 95 (2003), 445. [230] Cf. Ad Diognetum, V, 5.9.11; VI, 1-2.7: Patres Apostolici, F.X. Funk ed., Tübingen 1992, p. 312-314. [231] Cf. Orationem post Communionem I Dominicae Adventus, Missale Romanum, Typis Vaticanis 2002, 121. [232] Cf. Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 62: AAS 95 (2003), 474-475. [233] Ibidem, 20: AAS 95 (2003), 446-447. [234] Ad Magnesios, 9, 1: Patres Apostolici, F.X. Funk ed., Tübingen 1992, 196. [235] Cf. Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 41: AAS 95 (2003), 460-461. [236] I Apologia, 67, 6: Corpus Apologetarum Christianorum Secundi Saeculi, vol. I, pars 1, Wiesbaden 1969, 186-188. [237] Cf. Conc. Oecum. Vat. II, Decr. de activitate missionali ecclesiae Ad gentes, 39. [238] Cf. ibidem, 36. [239] Ibidem, 9. [240] Cf. Catechismum Catholicae Ecclesiae, 1391-1405. [241] Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 55: AAS 95 (2003), 470. [242] Catechismus Catholicae Ecclesiae, 1327. [243] Cf. ibidem, partem II, sess. I, cap. II. [244] Ioannis Pauli II, Litt. encycl. Ecclesia de Eucharistia (17.IV.2003), 22: AAS 95 (2003), 448. *** © Copyright 2004
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