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OMELIA DEL CARDINALE ANGELO SODANO 
IN OCCASIONE DEI 1500 ANNI 
DALL'ARRIVO A SUBIACO DI SAN BENEDETTO

Mercoledì, 21 marzo 2001  

 

È la prima festa di san Benedetto, che celebriamo all'inizio del Terzo Millennio cristiano, dopo il Grande Giubileo del 2000. Risuonano ancora fra di noi i canti gioiosi dei fedeli che inneggiano a Cristo Salvatore: 

"Gloria a Te, Cristo Signore
oggi e sempre Tu regnerai!
Gloria a Te, presto verrai,
sei speranza solo Tu!".

È questo il canto che i pellegrini mille e mille volte hanno fatto risuonare nelle Basiliche Romane, per celebrare il grande mistero dell'Incarnazione.

A conclusione del Giubileo, il Papa Giovanni Paolo II ha poi inviato alla Chiesa la nota Lettera Apostolica "Novo Millennio ineunte", per indicare il cammino da seguire nel nuovo millennio cristiano.

1. Il cammino della santità

Ivi chiaramente il Papa ci dice che il primo itinerario da seguire è quello della santità. Questa è la via che Cristo ha proposto ad ogni suo discepolo. "Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione", ripeteva l'apostolo Paolo ai Tessalonicesi (1 Ts 4,3). Questa è la volontà di Dio, ricorda ancora oggi la Chiesa ad ogni cristiano, proponendo a tutti quella "vocazione cristiana alla santità", sulla quale si era pure ampiamente diffuso il Concilio Ecumenico Vaticano II, nel noto Capitolo V della Costituzione Apostolica "Lumen gentium" sulla Chiesa di Cristo nel mondo contemporaneo.

La riscoperta della Chiesa come "mistero" non poteva, in realtà, non comportare anche la riscoperta della sua "santità", intesa nel senso fondamentale dell'appartenenza a Colui che è per antonomasia il Santo, il "tre volte Santo" (Is 6,3), che vuole partecipare questa sua vita divina ad ogni cristiano, membro del suo Corpo mistico.

2. L'esempio di san Benedetto

Venendo oggi fra voi, a Subiaco, per ricordare i 1500 anni della presenza benedettina in questo luogo santo, pensavo fra me come in realtà il richiamo alla santità della vita sia quello che ci hanno lasciato tanti uomini e donne di fede che hanno reso grande la nostra Comunità cristiana. E San Benedetto è fra questi. Da 1500 anni egli ci ricorda che "una sola cosa è necessaria" e che "nulla deve essere anteposto al servizio di Dio". Da Norcia il giovane Benedetto venne fra queste rupi solitarie, per potersi dedicare interamente alla contemplazione di Dio. E pur a distanza di 1500 anni egli continua a ricordarci il dovere fondamentale della nostra esistenza:  amare Dio sopra ogni cosa.

Con grande gioia interiore sono venuto stasera a Subiaco, per chiedere al Signore che conceda oggi anche a noi quello spirito di santità che concesse un giorno al suo servo Benedetto.
In questo clima profondo di preghiera, mi sento vicino a tutti voi qui convenuti nella festa del Santo. Ringrazio in modo particolare il caro Padre Abate, Dom Mauro Meacci, e la Comunità monastica per l'invito rivoltomi a presiedere quest'Eucaristia. Un saluto cordiale va anche al venerato Vescovo Mons. Stanislao Andreotti, ai Parroci del luogo come a tutte le autorità qui convenute per l'occasione.

3. L'attualità di una parabola

Fratelli e sorelle nel Signore, il Vangelo di oggi ci ha ricordato che il segreto della santità cristiana sta nell'intima unione con Cristo. È una lezione facile da ritenere quella che ci viene proposta dalla nota parabola della vite e dei tralci.

"Rimanete in me ed io in voi - ci dice il Maestro -. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite e voi i tralci.  Chi rimane in me ed io in lui, fa  molto  frutto"  (Gv 15, 1-6).

Questo è il segreto delle grandi opere compiute dai Santi:  la grazia che viene da  Cristo  li  ha  vivificati  e  li  ha portati a produrre frutti abbondanti di bene, a gloria di Dio e per il bene dell'umanità.

Questa è la spiegazione di tanta fioritura di opere buone che possiamo contemplare sull'albero della famiglia benedettina, oggi sparsa nel mondo intero.

4. I frutti abbondanti

Qui 1500 anni fa il giovane Benedetto dava inizio alla famiglia benedettina, a quella "scuola del servizio divino" (schola dominici servitii), com'egli usava dire, per condurre, nel corso dei secoli, una schiera innumerevole di uomini e di donne ad una più intima unione con Cristo, sotto la guida del Vangelo, "per ducatum Evangelii".

Nella Lettera inviata all'Ordine Benedettino, in occasione dell'apertura delle celebrazioni del XV centenario della venuta a Subiaco del nostro Santo, il Papa Giovanni Paolo II così scriveva: 
"Da Norcia a Roma, da Affile a Subiaco, il cammino spirituale di Benedetto fu guidato dall'unico desiderio di piacere a Cristo".

Quest'anelito si consolidò e si accrebbe nei tre anni vissuti nella grotta del Sacro Speco e portò poi il giovane monaco. a fondare qui il primo monastero benedettino. La vite iniziava a dare i suoi frutti. Qui in un clima di semplicità evangelica e di carità operosa si formarono san Placido e san Mauro, primi splendidi frutti della famiglia monastica sublacense. Per tutte queste meraviglie della grazia divina, noi oggi vogliamo rendere grazie al Signore!

5. Il primato di Dio

Dall'esperienza monastica di san Benedetto viene, infine, un monito severo anche per gli uomini del terzo millennio cristiano:  è il richiamo a costruire l'unità della propria vita intorno al primato di Dio.
In fondo, è questo il senso del primo dei 10 Comandamenti:  "Adorerai il Signore, Dio tuo, e lo servirai". "Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai". "Non avrai altri dei di fronte a me".

Cosciente d'aver ricevuto tutto da Dio, l'uomo è portato ad adorarlo, come suo Signore. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, commentando il primo Comandamento, giustamente scrive:  "L'adorazione del Dio Unico libera l'uomo dal ripiegamento su se stesso, dalla schiavitù del peccato e dall'idolatria del mondo" (Ibidem, n. 2097).

6. Una scuola di preghiera

Da questo profondo senso di dipendenza da Dio nasce, quindi, come logica conseguenza, una profonda vita di preghiera. Preghiera di lode e di rendimento di grazie, preghiera d'intercessione e di domanda.

È questo il messaggio che ogni monastero benedettino rivolge anche agli uomini di oggi. Nella preghiera che scandisce le varie ore della giornata, le molteplici attività del monaco trovano la loro unità. Esse non vengono mortificate, ma continuamente ricondotte al loro centro. Così sia anche per ognuno di noi!

Nei monasteri, poi, l'orazione comporta anche un costante ascolto della parola di Dio; diventa inoltre silenzio adorante, o "silenzioso amore".

Questa "curvatura" dell'esistenza verso la trascendenza deve diventare anche per ogni discepolo di Cristo il segreto della sua gioia interiore, nel cammino verso la casa del Padre.

7. Conclusione

Cari amici, vorrei concludere queste mie parole ricordando a voi ciò che dissi a Montecassino, il 21 marzo di due anni fa, commemorando il vostro grande Santo.

"Oggi non ci è dato di presagire quale figura di società si affermerà nel terzo millennio. Ma a questa nuova società, con i suoi progetti ed i suoi fallimenti, i figli di san Benedetto sono chiamati a ricordare che tutto è guadagnato mettendo Dio al primo posto e tutto rischia di essere perduto, quando si perde il senso di Dio".

È questo l'accorato messaggio che ancor oggi il Padre del monachesimo occidentale rivolge al mondo intero, all'alba del terzo millennio cristiano.

                       

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