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OMELIA DEL CARDINALE ANGELO SODANO
ALLA SANTA MESSA DI RINGRAZIAMENTO
PER LE BEATIFICAZIONI 

Lunedì 4 Settembre 2000

  

«Padre veramente santo, fonte di ogni santità»: è l'invocazione che rivolgiamo a Dio all'inizio della seconda preghiera eucaristica. Mettendo sulle labbra del celebrante queste parole, la Chiesa ci vuole ricordare che la sorgente di tutto il bene che si compie in questo mondo è Dio stesso, tre volte Santo.

Del resto è anche questo il canto che si eleva dai nostri cuori durante ogni celebrazione eucaristica, quando in coro proclamiamo: «Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell'universo!».

Qui convenuti per ringraziare il Signore per il dono fatto alla Sua Santa Chiesa di cinque nuovi Beati, noi sentiamo oggi il bisogno di cantare la grandezza di Dio, che sempre suscita fra noi forme nuove di santità.

L'Eucaristia che oggi celebriamo tende appunto a dare gloria a Dio: essa è «il sacrificio di lode», «l'oblazione pura e santa» di tutto il Corpo mistico di Cristo, del Capo e delle sue membra.

Oggi noi vogliamo dare gloria a Dio soprattutto per il dono di cinque suoi ministri, che in uffici diversi hanno dato testimonianza eroica di fedeltà alla loro missione. Elevando agli altari dei suoi figli, la Chiesa — ci ricorda il Concilio Ecumenico Vaticano II nella «Lumen Gentium» — riconosce la potenza dello Spirito di santità che è in lei, e sostiene la speranza dei fedeli, offrendo loro i santi quali modelli ed intercessori (Ibidem nn. 40, 48-51).

Ed è appunto per la loro personale santità di vita che la Chiesa ha ieri iscritto nell'albo dei Beati i Papi Pio IX e Giovanni XXIII, l'Arcivescovo Tommaso Reggio, il P. Chaminade e Dom Marmion. Gli storici potranno discutere sui metodi o sull'opportunità delle loro scelte operative, come sull'efficacia dei loro metodi di apostolato.

Gli studiosi potranno illustrarci il contesto storico in cui i nuovi Beati hanno dovuto operare ed i loro condizionamenti sociali. A noi oggi interessa contemplare la loro santità di vita, nella piena fedeltà alla volontà di Dio, là ove Egli li ha chiamati a vivere ed operare. Ed è questa santità di vita che ci spinge a venerare coloro che oggi ci sono additati dalla Chiesa quali stelle luminose sul nostro cammino.

Pio IX si presenta dinanzi a noi come il Pastore mite ed umile di cuore, che cercò di guidare la Santa Chiesa di Dio in un'ora difficile della sua storia. Così apparve nei trentadue anni di Pontificato (1846-1878), come nel periodo anteriore della sua vita sacerdotale ed episcopale, a Spoleto ed a Imola.

Fu questa santità personale che impressionò i contemporanei del Papa Pio IX. Così, ad esempio, scriveva il ministro piemontese Clemente Solaro della Margarita, dopo aver fatto visita al nuovo Papa a fine agosto del 1846: «Fui altamente commosso della bontà con cui mi accolse e compreso di ammirazione per il suo alto sentire, in quanto riguardava il compimento delle sue eccelse funzioni cui Dio l'aveva destinato e vidi essere suo intimo desiderio portare all'amministrazione dello Stato tutti quei rimedi che i tempi esigevano, ma essere risoluto a non lasciarsi trascinare più oltre. Pio IX mi parlò con la serena tranquillità di una retta coscienza della gravità delle circostanze in cui trovavasi l'Italia, e non nascondendo a se stesso gli eventi cui s'andava incontro, si abbandonava in Dio, perché l'assistesse nel tempo della tempesta» (Solaro, Memorandum storico-politico, Torino 1852 [1930] pag. 28 — cfr pure De Mattei, Pio IX, Casale Monferrato 2000, pag. 31-32).

Così ci appare anche il Papa Giovanni XXIII, in altro contesto storico: un Pastore mite e buono, totalmente consacrato a servire la Santa Chiesa, prima con la sua testimonianza personale di vita di ministro del Signore totalmente a lui consacrato e poi con la sua opera apostolica. Così nei suoi cinque anni di Pontificato (1958-1963), come pure a Bergamo, a Roma, in Bulgaria, in Turchia, a Parigi come Nunzio Apostolico o a Venezia come Patriarca.

Nel suo diario pubblicato dopo la morte con il titolo «Il Giornale dell'anima» leggiamo delle profonde annotazioni, dalle quali traspare tutto lo spirito soprannaturale che l'animava. Per lui ogni ministro della Chiesa doveva tendere allo stesso fine e la base di ogni attività apostolica era sempre costituita dalle virtù cristiane.

Molti dei presenti hanno ancora avuto la fortuna di conoscerlo e lo ricordano appunto così, come un Pastore buono e santo, animato dallo Spirito di Cristo. Così anch'io l'ho conosciuto. Mi benedisse allorquando quarant'anni fa iniziai il mio servizio alla Santa Sede, invitandomi a lasciarmi sempre guidare nella vita dalla Provvidenza Divina.

La terza figura di Pastore della Chiesa, che ha offerto la sua vita per la diffusione del Regno di Dio nella difficile situazione italiana del secolo scorso, è Mons. Tommaso Reggio. Prima come sacerdote a Genova, poi come Vescovo a Ventimiglia ed infine come Arcivescovo nella sua stessa amata città, egli ci lasciò l'esempio di un vero Ministro del Signore, annunciatore del Vangelo di Cristo, prima con l'esempio della sua vita intemerata e poi con la forza trascinatrice della sua parola. Così ci appare anche nell'ultima sua biografia, magistralmente tracciata dall'attuale Arcivescovo di Genova, il Card. Dionigi Tettamanzi (cfr Mons. Reggio - Piemme - Casale Monferrato 2000).

Oggi gode la Liguria nel vedere questo suo figlio illustre elevato all'onore degli altari. Oggi gode in particolare la Congregazione delle Suore di S. Marta che egli fondò per le necessità del clero e per le attività pastorali più urgenti, proponendo alle Religiose l'esempio di servizio di Santa Marta nella sua casa di Betania. Nella casa delle Suore di S. Marta in Genova riposano le spoglie mortali del nuovo Beato. Dal cielo egli vegli sulla sua cara terra ligure e sulle benemerite Religiose di S. Marta, che desiderano continuare a vivere ed operare nella fedeltà allo spirito di servizio che egli ha loro lasciato in preziosa eredità.

Fratelli e sorelle nel Signore, il nostro «Te Deum» oggi diventa ancora più corale, quando contempliamo le meraviglie che la grazia di Dio ha operato in due grandi religiosi, il Padre Guglielmo Giuseppe Chaminade e Dom Columba Marmion. Carismi diversi i loro: l'uno è grande per il suo zelo missionario, l'altro per la sua vita monastica esemplare. Unica però è la fonte: è lo Spirito Santo che anima tutta la Chiesa e continua a suscitare in essa fiori diversi di santità.

Gioiscono oggi non solo la Società di Maria e l'Istituto delle Figlie di Maria Immacolata, gioisce oggi non solo l'Ordine di S. Benedetto, ma è tutta la Chiesa che è in festa nel vedere esaltati due suoi figli esemplari.

Diversi furono i sentieri sui quali il Signore li chiamò. Quando Padre Chaminade moriva a Bordeaux il 22 gennaio 1850, egli concludeva una vita tribolata, passata attraverso le prove della Rivoluzione francese e l'esilio in Spagna. L'amore a Cristo e alle anime sempre però lo aveva sostenuto; la devozione a Maria Santissima sempre era stata il segreto della sua vita. E così egli giunse alle vette della santità.

Dom Columba Marmion è stato condotto dal Signore per diversi cammini, dalla sua cara terra irlandese fino a Roma per gli studi teologici, e poi all'abbazia benedettina di Maredsous in Belgio, ove passò la sua vita di totale consacrazione al Signore, fino a quando Egli venne a chiamarlo a sé il 30 Gennaio 1923. I suoi libri «Cristo vita dell'anima», «Cristo ideale del monaco», «Cristo nei suoi misteri» rimangono ancor oggi per noi una fonte preziosa di vita spirituale. «Defunctus adhuc loquitur», potremmo dire con S. Paolo (Hebr. 11, 4),  il  defunto  ci  parla  ancora.

Fratelli e sorelle, per il dono di questi cinque nuovi Beati noi oggi vogliamo rendere gloria a Dio, fonte di ogni santità. A Lui chiediamo poi, per intercessione di questi campioni della fede, di continuare a suscitare nella sua Chiesa uomini e donne che, in ogni condizione sociale, offrano al mondo la testimonianza della santità cristiana. Amen!                      

                    

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