Signor Cardinale
Cari Concelebranti,
Signori Ambasciatori,
Fratelli e Sorelle nel Signore!
Con profonda gioia ho accettato l'amabile invito del Rettore di questo tempio storico di Roma e sono qui venuto per ringraziare con voi il Signore per il grande dono fatto alla Sua Chiesa, dandole una figura eccezionale di Pastore, quale fu il beato Alojzije Viktor Stepinac, Arcivescovo di Zagabria.
Ero anch'io presente a Marija Bistrica, in quella luminosa giornata del 3 ottobre 1998, allorquando il Papa Giovanni Paolo II proclamava beato questo grande servitore della Chiesa. Sulla spianata antistante quello splendido Santuario Mariano ammiravo anch'io commosso la gioia che traspariva dal volto di migliaia di fedeli, lieti di vedere esaltato anche qui in terra il grande testimone della fede, quale fu il compianto Arcivescovo di Zagabria.
1. La glorificazione di un martire
Numerosi erano stati, nel corso dei secoli, i martiri sbocciati nella terra croata; molti chicchi di frumento erano caduti su quel fertile terreno e, morendo, avevano portato molto frutto.
Ora, esclamava il Papa durante il rito di Beatificazione, la lunga serie di testimoni di Cristo veniva coronata con la beatificazione del Cardinale Stepinac.
"È un momento storico nella vita della Chiesa e della vostra Nazione - diceva testualmente Sua Santità. - Il Cardinale Arcivescovo di Zagabria, una figura di spicco della Chiesa cattolica, dopo aver subito nel proprio corpo e nel proprio spirito le atrocità del sistema comunista, è ora consegnato alla memoria dei suoi connazionali con le fulgide insegne del martirio".
Profonda eco in tutti noi concelebranti, come nel popolo cristiano che devotamente ascoltava, ebbero poi le altre parola del Papa: "Nella persona del nuovo beato, si sintetizza, per così dire, l'intera tragedia che ha colpito le popolazioni croate e l'Europa nel corso di questo secolo, segnato dai tre grandi mali del fascismo, del nazismo e del comunismo".
2. L'eroismo di un Pastore
Il Card. Stepinac seppe però, con la forza che viene dall'alto, affrontare con eroico spirito di fede le drammatiche vicende del suo tempo, offrendo anche a noi una bussola con la quale orientarci nei momenti difficili della vita, e cioè una grande fede nella provvidenza di Dio, accompagnata dalla carità verso tutti, anche verso i nemici.
Con questa sua profonda formazione cristiana, non si abbatté anche quando nell'ottobre del 1946 arrivò la dura condanna a sedici anni di lavori forzati. Per essere fedele alla sua missione di Padre e Pastore del suo popolo, l'Arcivescovo di Zagabria aveva condannato con la celebre lettera pastorale del 20 novembre 1945, l'assassinio di 243 sacerdoti, l'esproprio dei beni ecclesiastici, le gravi restrizioni inflitte all'attività della Chiesa. Parimenti, con il suo profondo senso ecclesiale, aveva respinto tutte le sollecitazioni a dar vita ad una Chiesa nazionale staccata da Roma. Anzi in molte occasioni il venerato Card. Kuharic ha affermato che questo è stato il motivo principale della sua condanna, l'aver cioè rifiutato di dar vita ad una pseudo-Chiesa nazionale Croata. Per questo, secondo l'Arcivescovo emerito di Zagabria, il Card. Stepinac può giustamente essere considerato come un martire dell'unità ecclesiale.
3. La spiritualità dei forti
Fratelli e sorelle nel Signore, le letture che sono state proclamate in questa festa liturgica del beato Alojzije Stepinac ben ci descrivono la spiritualità a cui si sono ispirati i martiri di ogni tempo.
Nella prima lettura l'autore del libro della Sapienza ci parla delle anime dei giusti, che si sentono nelle mani di Dio e per questo vivono in pace, anche fra i tormenti.
Nella seconda lettura san Paolo ricorda non solo a Timoteo ma a tutti noi, che "la parola di Dio non è incatenata" e che deve essere annunziata anche con le catene ai polsi. Quante volte l'Arcivescovo di Zagabria avrà meditato su queste parole dell'Apostolo delle genti: "Verbum Dei non est alligatum!" (2 Tim 2, 9). Con intrepida fortezza, egli si sentiva così animato a continuare la sua missione, così come l'aveva fatto nei primi anni di episcopato, dal 1934 in poi, così come aveva fatto durante l'occupazione nazista, condannando apertamente la violazione dei diritti umani perpetrata contro gli Ebrei, i Rom, i Serbi e gli Sloveni.
Nella terza lettura, abbiamo ascoltato le parole rivolte da Gesù ai suoi discepoli: "Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, temete piuttosto colui che ha il potere di far perire l'anima e il corpo nella Geenna" (Mt 10, 28).
Fedele a questo monito del Signore, il buon Pastore di Zagabria prosegui sereno nel suo cammino, anche se questo era un cammino doloroso. Del resto, egli sapeva bene ciò che aveva detto Gesù ai suoi discepoli: "Il discepolo non è più del maestro. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi" (Gv 15, 20).
Nel mondo avrete molte tribolazioni, ma abbiate fiducia: Io ho vinto il mondo" (Gv 16, 33).
Questa profonda formazione interiore fu quella che gli permise di non spezzarsi di fronte alle bufere della vita. Era davvero la casa costruita sulla roccia, descrittaci dal Maestro come simbolo della solidità interiore del credente: "Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma la casa non cadde, perché era fondata sopra la roccia" (Mt 7, 25).
4. L'esempio dei Santi
Miei fratelli, in questa festa liturgica del beato Alojzije Stepinac ho voluto unirmi a tutti voi nel ringraziare il Signore per aver suscitato nella sua Chiesa questa grande figura di Pastore.
Non mi sono diffuso nel ricordarvi l'itinerario da lui percorso nei ventisei anni di episcopato, prima come Arcivescovo coadiutore di Zagabria, dal 1934 al 1937 e poi come titolare della stessa Archidiocesi. Non vi ho parlato della fortezza con cui sostenne il processo-farsa, durante il quale fu condannato, né ho ricordato la serenità con cui sopportò le prove del carcere di Lepoglava e poi dei severi arresti domiciliari di Krasic, ove egli rendeva la sua bell'anima a Dio, in quel freddo 10 febbraio 1960.
In realtà, voi conoscete meglio di me la vita e le opere di questa gloria della vostra terra, per la quale egli tanto ha lavorato e sofferto. Comunque, noi ci impegneremo tutti a raccogliere il messaggio di fede e di amore che il beato ci ha lasciato.
Nella bella Mostra realizzata recentemente in Vaticano su "Cristianesimo, Cultura ed Arte dei Croati" ho ammirato, fra le varie pubblicazioni, il libro di Marko Marulic, "De institutione bene vivendi per exempla sanctorum", nella bella edizione del 1506. Sappiamo come tale opera ebbe poi varie edizioni nelle diverse lingue europee e come lo stesso s. Ignazio di Loyola l'incluse fra le letture destinate ai membri della Compagnia di Gesù.
Veramente con l'esempio dei santi ("per exempla sanctorum") anche noi oggi possiamo ricevere la formazione a vivere bene, nella fedeltà alla nostra vocazione cristiana.
Sia questo il messaggio che ci lascia la grande figura del beato Alojzije Stepinac, Vescovo e martire per l'unità della Chiesa.