MESSA DI RINGRAZIAMENTO PER LA CANONIZZAZIONE OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE, Basilica Vaticana di San Pietro
Carissimi fratelli e sorelle! All’indomani della Canonizzazione di Don Luigi Guanella, ci ritroviamo con gioia nella Basilica di San Pietro per elevare a Dio il nostro rendimento di grazie. In questa Eucaristia noi prolunghiamo la lode di ieri e anticipiamo quella delle generazioni che verranno, e che troveranno nel calendario liturgico della Chiesa, alla data odierna, il nome di San Luigi Guanella. Saluto con affetto i membri degli Istituti fondati dal nuovo Santo: le Figlie di Santa Maria della Provvidenza, i Servi della Carità e i Cooperatori Guanelliani. Saluto con riconoscenza le Autorità civili presenti e tutti voi, cari fedeli! L’Eucaristia è al tempo stesso la cornice e il quadro attraverso cui guardare la figura di San Luigi Guanella. Egli chiamava l’Eucaristia “il nostro Paradiso in terra”, e si lasciò guidare per tutta la vita dal mistero del Cenacolo, dalle parole di Cristo rivolte ai suoi discepoli: “Fate questo in memoria di me”. Sì, egli concepì la vita come “memoria di Gesù”, celebrata e realizzata, nel santo Sacrificio dell’altare e nella lavanda dei piedi dei fratelli più poveri. In questo momento ci rivolgiamo spiritualmente al Santuario del Sacro Cuore in Como, Casa Madre delle opere di San Luigi, dove sono esposte le sue spoglie alla venerazione dei fedeli. Là, una delle immagini che rimangono impresse nella mente dei visitatori è la finestrella della sua camera da letto, che si affaccia sul Tabernacolo: una postazione scelta e privilegiata, dalla quale tenere gli occhi e il cuore fissi su Gesù. Quello era il suo segreto, il punto di forza che lo rese abitualmente dedito a Cristo e ai suoi fratelli più piccoli, facendo di lui un uomo di Dio il cui unico vanto era: «vivo di fede». E in effetti, la canonizzazione di un membro del Popolo di Dio proprio questo sottolinea: una consegna di sé costante, abituale, mai smentita; non l’episodio di un atto eroico occasionale, ma la continuità dell’amore nella fede e nella paziente speranza. Davvero intense e indimenticabili sono le ore che sta vivendo la Famiglia guanelliana sparsa nel mondo, in oltre 20 nazioni, all’interno del gaudio che è di tutta la Chiesa, sulla terra e nel Cielo. Per la seconda volta, nella sua storia millenaria, la Basilica Vaticana ha sentito risuonare solennemente il nome di Luigi Guanella, presentando al nostro sguardo l’avventura singolare che ha condotto un semplice montanaro alla gloria di Dio. Così si intitola uno dei libri da lui scritti: Il montanaro. Con pagine di sapore autobiografico, egli vi traccia la linea di tutta la sua vita, il filo rosso della sua vocazione sacerdotale, fino a sentirlo esclamare: «Sono felice con Dio». Un’inondazione aveva colpito la Valtellina ed egli, rimasto sconvolto per le condizioni di necessità e precarietà cui dovette far fronte la sua gente, voleva porgere conforto e fare in modo che non se ne perdesse la memoria. E così fu sempre: interiormente interpellato dal dolore altrui, che si trattasse del colera a Napoli, o della guerra, del terremoto di Messina o di Avezzano, del vecchio abbandonato e del disabile, dei fanciulli orfani o di gente povera defraudata dei propri diritti, dei preti ammalati o con una storia triste… Ogni situazione diventa per don Luigi momento buono per aiutare il fratello a ritrovare nella fragilità della natura umana la tenerezza di Dio che «osserva l'uomo con sospiri di amore […] e se ne prende cura come se non avesse che a provvedere a lui solo». Ogni persona umana può dire: io sono «l'unico pensiero» di Dio. Verità che consola ogni cuore e principio vitale che ha ispirato a San Luigi Guanella il ministero dolcissimo della carità e ogni sua e nostra opera di bene. Cari fratelli e sorelle, il Salmo 33, che abbiamo pregato poco fa, contiene questa espressione: “Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato”. Così brilla la santità di Don Guanella: con la scelta del farsi prossimo e della vicinanza senza riserve a tutte le persone lacerate nel cuore, divenne un seminatore di speranza. C’è qualcuno che sta male ed è solo? E’ Dio che mi chiama – sentiva il Santo dentro di sé – a fare un po’ di bene. Il Vangelo della Messa di San Luigi Guanella non cessa di comunicarci una sana inquietudine: ogni volta che avrete fatto queste cose – dato da mangiare e da bere al bisognoso, ospitato il forestiero, vestito l’ignudo, visitato il malato e il carcerato – l’avrete fatto a me – dice il Signore –; e ogni volta che non avrete fatto le stesse cose a questi fratelli, non le avrete fatte a me (cfr Mt 25,31-46). Cioè tutta la vostra vita è un confrontarvi con me, dice Cristo; un “sì” o un “no” detto a me. Non c’è parola o azione, pensiero o omissione che sfugga alla relazione con Cristo. San Luigi lo ripeteva spesso ai suoi figli: “Un cuore cristiano che vede e che sente, non può passare innanzi alle miserie del povero senza soccorrerlo”. Don Guanella sa che i poveri prestano il loro volto a Cristo. Di fronte alla mole considerevole delle opere di Don Guanella e alla loro estensione, emerge la necessità di sottrarle a qualche semplificazione improvvida. Non fu vittoria, non fu successo, non fu realizzazione di sé. Chi conosce la sua biografia sa che le prove di una amara incomprensione e del sospetto lo accompagnarono costantemente: deriso, fatto oggetto di contraddizione, oltraggiato ed emarginato, schernito e calunniato – come del resto il suo Maestro e Signore – visse in prima persona la sfida della carità, che è amare col cuore di Cristo, come ci ricordava la Prima Lettera ai Corinzi: “La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (13, 4-6). E per don Guanella la carità «fu un fuoco santo che sempre arse nel suo cuore», come testimoniarono coloro che gli vissero vicino. La passione di San Luigi Guanella era quella per il “mezzo passo in più”, per il piccolo miglioramento, per il lento aprirsi dei poveri alla fiducia e alla speranza: il suo popolo non era certo di quelli che potessero procurare molta gloria a chi se ne prendeva cura. Né spesso egli poteva aspettarsi grandi miglioramenti: poco, a volte pochissimo poteva sperare da certe vite ormai in declino; ma egli sapeva che la vita al tramonto ha dei colori di una bellezza rara come l’autunno spesso è la più colorata delle stagioni, o il sole che «sul tramonto è più bello», come amava dire. San Luigi sapeva rinunciare al suo piatto quando qualcuno era senza cibo, o al suo letto quando qualcuno non sapeva dove coricarsi; e questo ha lasciato in eredità a tutti voi, suoi figli e figlie di ieri, di oggi e di domani. Chiaro il suo testamento: non fate torto alla carità e alla provvidenza «non mettete all'ultimo posto di casa chi deve stare al primo, il più povero, la persona più abbietta e abbandonata». Quindi un forte richiamo all'impegno affinché nessuno sia lasciato indietro nella vita. San Luigi Guanella aveva già presentito la musica del Paradiso nelle parole di Isaia che abbiamo ascoltato: “Se toglierai di mezzo a te l’oppressione… se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio. Ti guiderà sempre il Signore” (58,9-11). Sì, questo è il Paradiso già in terra: vivere nell’amore di Dio e condividerlo gratuitamente con i fratelli. Mentre guardiamo a questo cielo che tutti i santi hanno trapiantato sulla terra, il mio pensiero, in quanto salesiano, va al legame «duraturo nel tempo» di amicizia e d'intesa profonda tra don Guanella e don Bosco, «l'uno accanto all'altro», in molti così li hanno da sempre pensati. E i salesiani si uniscono alla voce di chi nel momento della morte di don Guanella scrisse: «il nome di questo uomo[…] passa glorioso alla storia come quello di un nuovo apostolo della carità, e noi ci dichiariamo orgogliosi di averlo avuto nell'elenco dei nostri confratelli». Insieme alla famiglia guanelliana radunata dai quattro continenti vogliamo pregarlo: San Luigi Guanella, servo di coloro che spesso sono dimenticati e lasciati indietro nella vita, ricordaci che servire è una grazia, e indicaci sempre il Sacramento della Carità, dove Dio si fa vicino perché anche noi ci facciamo prossimi ai fratelli, nella gioia. Aiutaci a «vivere di fede come Maria» e ottienici di celebrare e testimoniare con il cuore e le opere una fede viva e sincera nel Signore Gesù. Amen
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