ORDINAZIONE EPISCOPALE DI S.E. MONS. GIUSEPPE SCIACCA E OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE, Basilica Vaticana di San Pietro
Venerati Fratelli nell’episcopato, Nel Vangelo di questa XXVIII domenica del Tempo Ordinario, Gesù parla di Dio e del suo Regno raccontando la parabola del banchetto nuziale, che ha un unico protagonista, un re che sta per celebrare uno dei giorni più importanti della sua vita: il matrimonio del figlio. Il racconto ha due parti ben definite: la prima narra i preparativi immediati; la seconda, la celebrazione del banchetto. Si apre con la “lista di invitati” già completa: il re non sa tenere la propria gioia per pochi, i suoi più intimi, ma invita tutti quelli che crede suoi buoni sudditi. Ma, a questo punto, accade qualcosa di inaspettato e inaudito: tutti gli invitati, quasi come di comune accordo, rifiutano di prendere parte ad una festa preparata per loro, poiché considerano più urgenti altre attività. Naturalmente, questo provoca la reazione sdegnata del re, adirato per la disubbidienza e più ancora per le scuse portate da quanti declinavano l’invito, rifiutando di unirsi alla gioia del loro signore. Per il re, infatti, niente è più importante della gioia di vedere sposato suo figlio: ogni altra occupazione doveva essere ritardata. I messaggeri sono allora inviati agli incroci delle strade in cerca di nuovi commensali tra i poveri, gli infermi, i diseredati; questo rende ancora più gratuito l’invito, e più insolito lo scenario di quel solenne banchetto nuziale. Che il re desideri condividere con tutti la sua festa, lo porta a non mettere troppe condizioni previe. Ma l’essere stati invitati senza meritarlo, non significa che non abbia conseguenze: il partecipare impone cambiamenti. Pertanto, è forte la reazione del re quando, salutando i commensali, si imbatte in uno di essi che non indossa l’abito da festa. Questo abito è il simbolo della carità che deriva da un cuore puro; come afferma Sant’Ambrogio: “Non è sufficiente venire quando si è chiamati, se poi non si ha la veste nuziale, cioè la fede e la carità. Perciò, se uno non porta in offerta sugli altari di Cristo la pace e la carità, sarà gettato nelle tenebre di fuori”. Ed è proprio la sentenza finale pronunciata dal re che dà la chiave di interpretazione: “Molti sono chiamati, ma pochi eletti” (Mt 22,14). Riflettendo su questa parabola, noi che siamo riuniti attorno a questo altare prendiamo consapevolezza di trovarci al cospetto del Signore che ci ha invitati ad uno ad uno ad una singolare festa di nozze: l’Ordinazione episcopale di due Presbiteri. Saremo dei veri amici del re, veri compagni di mensa, se la nostra presenza qui ed ora sarà ricca di una fede che si esprime in preghiera e in desiderio profondo e sincero di una carità collaborativa verso questi due fratelli chiamati ad esercitare gravose responsabilità nella Chiesa. Monsignor Giuseppe Sciacca e Monsignor Barthélemy Adoukonou, sono stati fatti oggetto dalla fiducia del Santo Padre a diventare Successori degli Apostoli ed eletti all’episcopato. Mediante la preghiera e l’imposizione delle mani lo Spirito Santo prenderà possesso, in modo unico e definitivo, della persona e dell’anima di “questi eletti” – espressione che ricorre nel Rito di Ordinazione. Ne farà dei segni, dei testimoni, degli strumenti per l’edificazione della sua santa Chiesa. Nel corso del loro fecondo ministero sacerdotale, svolto dapprima nelle rispettive Diocesi di origine e poi al servizio della Santa Sede, si sono sforzati di amare Dio sopra ogni cosa e di essere segni del suo amore misericordioso, esercitando la carità pastorale verso i fratelli. Per carità pastorale non si intende una virtù che opera in senso moralistico, ma in senso teologico: la carità pastorale è un modo di realizzare l'evento salvifico dell'Amore di Cristo. Per il sacerdote è l’abito nuziale che indossa per raggiungere nella propria persona quell’unità di mente e di cuore che suscita ardore, generosità ed equilibrio; che rende colui che la possiede generoso, ricco di benevolenza verso tutti e dispensatore di gioia. Questa carità pastorale proviene dal Cuore di Cristo buon Pastore ed è la manifestazione concreta del suo Mistero, della sua Comunione, della sua Missione. Fra poco la Chiesa Cattolica avrà, dunque, due nuovi Vescovi. Ad essi le Diocesi di Acireale e di Abomey, da cui provengono, la Curia Romana, al cui servizio essi lavorano, i familiari e gli amici augurano in coro di essere Pastori secondo il cuore di Cristo. In effetti, essi saranno chiamati d’ora innanzi ad essere ancora più uniti e conformi a Cristo, Sacerdote, Maestro e Re, per la santificazione degli uomini e per l’edificazione della Chiesa. Santificazione e edificazione che si attuano sulla solida roccia della Parola di Dio, fondamento dell’intero deposito della fede, tramandata dalla sana tradizione e continuamente rinvigorita dallo Spirito Santo che scruta i segni dei tempi. I due nuovi Vescovi, che si sono formati rispettivamente nelle scienze giuridiche e teologiche, acquisendo in esse sapienza ed elevata esperienza, messe al servizio della Chiesa, sono chiamati ora più che mai a trasmettere la luce della dottrina rivelata, per divino mandato e ministero. In questo grave compito siano loro di conforto e di sprone le parole del Salmo responsoriale poc’anzi proclamato: “bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni” (Sal 22,6). Cari fratelli Giuseppe e Barthélemy, nell’adempimento del quotidiano ministero ecclesiale ponete tutta la vostra fiducia nella grazia di Dio onnipotente; come l’Apostolo Paolo anche voi non stancatevi di ripetere: “Tutto posso in colui che mi dà la forza” (Fil 4,13). Per concludere vorrei rimarcare un ulteriore motivo di gioia che ci coglie, per il fatto che l’odierna Ordinazione episcopale ha luogo in questa Basilica Vaticana, tanto cara ai nuovi Vescovi, poiché edificata sulla tomba del Principe degli Apostoli, al cui attuale Successore, il Papa Benedetto XVI, entrambi sono legati da sentimenti di filiale devozione e profondo affetto. Mi piace inoltre sottolineare che questo sacro Rito si compie nel mese di ottobre, intonato a speciale devozione per la Beata Vergine del Santo Rosario, di cui ieri abbiamo fatto memoria. A Lei, che veneriamo anche quale Regina degli Apostoli, affidiamo oggi Mons. Giuseppe Sciacca e Mons. Barthelemy Adoukonou e il loro ministero. Nel Cenacolo, la Madre del Signore impetrò con la sua preghiera l’abbondanza dei doni dello Spirito Santo sul Collegio Apostolico. Ella ottenga ora anche su questi nuovi Successori degli Apostoli abbondanti lingue di fuoco, che li trasformino e li rendano pronti ad essere annunciatori ardenti del Regno di Dio, generosi servitori della Chiesa, fedeli collaboratori del Vicario di Cristo.
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