XXIII DOMENICA ORDINARIA - OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE, Romano Canavese
Cari amici, ogni volta che ritorno nel mio paese provo una giovanile energia e una profonda gioia interiore grazie all’affetto con il quale tutti voi mi circondate. Vi ringrazio per le vostre attenzioni, ma soprattutto vi ringrazio di volervi unire a me e ai miei familiari per ricordare mio fratello Paolo del quale, in questa stessa Chiesa parrocchiale, poco più di un mese fa abbiamo celebrato le esequie. Con fede e commozione abbiamo presentato la sua anima al Signore, accompagnandolo con la preghiera al suo ingresso nella Casa del Padre. Il ricordo dei defunti sussiste nella memoria di coloro che li hanno conosciuti e amati, fino al giorno in cui anch’essi saranno soggetti alla morte. “Ma – dice il Cardinale Joseph Ratzinger, ora Benedetto XVI, in un suo denso scritto - Dio non passa mai, e noi tutti esistiamo perché egli ci ama e ci ha concepito nella sua mente creatrice, così che noi siamo stati chiamati a esistere. Nel suo amore si fonda anche la nostra eternità. Chi è amato da Dio non morirà mai più. In lui, nella sua mente e nel suo amore, non sopravvive soltanto un'ombra di noi: in lui, nel suo amore creatore, noi stessi siamo per sempre custoditi e resi immortali in tutto il nostro essere e in ciò che abbiamo di più personale. E’ il suo amore che ci rende immortali” (Dogma e predicazione, pp. 336ss). Questa celebrazione eucaristica è l’occasione più propizia per pregare e ricordare, ancorati con forza nella fede dell’amore eterno di Dio per ogni sua creatura. Pregare e ricordare possono essere le linee direttrici che ci accompagnano in questo giorno in cui Romano Canavese si appresta a festeggiare il Santo Patrono, Prospero, martire insieme agli eroici compagni militari della ben nota legione Tebea. Non si poteva trovare un giorno migliore per celebrare il secondo anniversario della storica visita di Benedetto XVI nel nostro paese, orientando così la gioia della festa verso il Papa che, venendo fra noi quell’indimenticabile 19 luglio 2009, ci ha guardati uno per uno, ha pregato per noi e con noi e ci ha benedetti. La targa commemorativa che abbiamo appena scoperto e che ricorda il fulgido evento, posta all’ingresso di questo sacro edificio, sia il segno perenne della nostra fedele appartenenza alla Chiesa in filiale comunione con il Sommo Pontefice, successore di Pietro, Principe degli Apostoli. A distanza di due anni risuona forte l’eco delle parole del Papa: “Vorrei intrattenermi con voi – ci disse -, ricordando che proprio l’ascolto e l’accoglienza del Vangelo hanno dato vita alla vostra comunità cittadina, il cui nome richiama i legami bimillenari del Canavese con Roma”. Per usare la stessa espressione di Ezechiele, che abbiamo ascoltato nella Prima Lettura, il Papa è stato in mezzo a noi come “sentinella” per avvertire che in questi tempi bui, di crisi economica e occupazionale, occorre impegnarsi tutti, ognuno nel proprio ambito, dal più semplice e familiare, al più vasto e sociale, per “dar vita a una società veramente solidale e fraterna” e per far si che “le istituzioni e l’economia siano permeati di spirito evangelico”. Soprattutto ha esortato “la gioventù [che] è piena di risorse, ma va aiutata a vincere la tentazione di vie facili e illusorie, per trovare la strada della vita vera e piena” (Benedetto XVI, Angelus, 19 luglio 2009). Anche durante l’ultima GMG di Madrid, il Papa non ha mancato di indicare ai giovani la necessità di realizzare un’autentica vita cristiana restando saldamente radicati nel secolare albero della Chiesa. Con l’autorità del Supremo Pastore il Papa ha esercitato il suo compito di ammonire i fedeli (come ricorda la pagina del Vangelo di Matteo che abbiamo ascoltato) ricordando “che seguire Gesù nella fede è camminare con Lui nella comunione della Chiesa. Non si può seguire Gesù da soli. Chi cede alla tentazione di andare «per conto suo» o di vivere la fede secondo la mentalità individualista, che predomina nella società, corre il rischio di non incontrare mai Gesù Cristo, o di finire seguendo un’immagine falsa di Lui” (Omelia, 21 agosto 2011). Coraggio, cari amici e concittadini, lasciamoci ispirare dalle parole del bellissimo Salmo proposto dalla liturgia odierna: “Venite, cantiamo al Signore, acclamiamo la roccia della nostra salvezza”. Lasciamoci convincere dall’Apostolo Paolo che l’autentica legge che dobbiamo seguire è quella dell’amore vicendevole: “Non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole… La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità”. Coltiviamo fra noi rapporti autentici e sinceri come insegna il vangelo di Matteo riguardo alla correzione fraterna. Arriveremo così ad avere quella maturità cristiana, individuale e sociale, per la quale il Signore stesso si renderà garante del nostro benessere e della pace da tutti agognata: “In verità io vi dico: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nel cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”. La Chiesa, in quanto comunità di vita e di fede, con i sui insegnamenti fedelmente trasmessi di generazione in generazione, con i suoi momenti liturgici e con la pratica della carità, non vuole altro che portare l’umanità alla pienezza del bene. I martiri della legione Tebea, di cui faceva parte San Prospero, non esitarono ad affermare, di fronte al tiranno che voleva far loro adorare altri dei e li incitava macchiarsi con le loro armi del sangue dei fratelli cristiani: “Siamo tuoi soldati, ma anche servi di Dio, cosa che noi riconosciamo francamente. A te dobbiamo il servizio militare, a lui l’integrità e la salute, da te abbiamo percepito il salario, da lui il principio della vita [...]. Noi facciamo professione di fede in Dio Padre Creatore di tutte le cose e crediamo che suo Figlio Gesù Cristo sia Dio”. Affidiamo questo nostro desiderio di fedeltà e di autenticità alla Madonna (questa Chiesa parrocchiale è dedicata alla Natività di Maria Ss.ma oltre che ai Santi Pietro e Solutore), amata nelle nostre terre come la buona madre che aiuta tutti nel cammino della vita. A Lei consegnamo i nostri cari defunti, affidiamo i malati e i sofferenti, chiediamo la sua intercessione per coloro che attraversano situazioni difficili e raccomandiamo i nostri giovani e i bambini che sono la nostra più viva speranza. Continuiamo la celebrazione eucaristica sotto il suo materno sguardo per rendere la nostra preghiera e il nostro ricordo degli eventi di grazia di cui siamo stati testimoni, più intensi e profondi.
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