OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE, Basilica di San Pietro
Care Guardie Svizzere, Oggi la Guardia Svizzera commemora un avvenimento scritto in caratteri d’oro nella storia della Chiesa di Roma: l’eroico sacrificio dei 147 alabardieri che nel 1527, durante il “sacco di Roma”, non esitarono ad offrire la propria vita in difesa del Papa Clemente VII. Quell’evento ogni anno viene ricordato, con tutto il suo carico di significato e di attualità, in occasione del giuramento delle nuove reclute, per alimentare in ciascuno l’esemplare spirito di fedeltà al Successore di Pietro e quale preziosa consegna ad ogni membro della Guardia Svizzera Pontificia. In questa solenne circostanza, porgo a tutti i presenti il mio cordiale saluto, cominciando dai nuovi alabardieri che oggi pronunceranno in forma ufficiale il proprio giuramento di “servire fedelmente, lealmente e onorevolmente il Sommo Pontefice, sacrificando, ove occorra, anche la vita”. Sono lieto di salutare il Comandante Col. Daniel Rudolf Anring, il Cappellano Mons. Alain de Raemy, gli Ufficiali, i Sottufficiali e tutte le Guardie Svizzere. Un deferente pensiero va alle illustri Personalità, che con la loro presenza onorano questa giornata: i Rappresentanti della Conferenza Episcopale Svizzera, le Autorità del Governo Confederale e dei diversi Cantoni, i Membri del Corpo Diplomatico. Il mio caloroso benvenuto va infine a tutti voi, parenti, conoscenti e amici delle Guardie, che non avete voluto mancare a questo appuntamento così suggestivo e pieno di significato religioso, istituzionale e umano. Siamo raccolti intorno all’Altare del Signore, per vivere insieme questa prima parte della giornata in un clima di preghiera, di ascolto della Parola di Dio e di partecipazione alla Mensa Eucaristica. Vogliamo qui rinnovare i nostri sentimenti di fede, di comunione con tutta la Chiesa e di devozione al Santo Padre; ci aiuta in questo il luogo sacro in cui ci troviamo, simbolo monumentale della Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica, accanto alla tomba di san Pietro. L’imponente Cattedra, opera di Gianlorenzo Bernini, è solenne richiamo al dovere di ascoltare il Magistero pontificio, che per volontà di Cristo conferma i fratelli nella fede e fa giungere a tutte le generazioni cristiane la Buona Novella di Cristo. Il nostro pensiero di devota venerazione è rivolto in questo momento al Santo Padre Benedetto XVI, che avrete la gioia di incontrare e l’alto onore di servire. A Lui, che tutti riconosciamo come roccia su cui si fonda e si edifica la Chiesa, assicuriamo la nostra costante preghiera e la nostra personale adesione al Suo universale Ministero Apostolico. Nello stringerci attorno a voi, care Guardie, vogliamo manifestarvi affetto e gratitudine e ringraziare con voi la Provvidenza divina che vi ha chiamato ad appartenere a questo storico Corpo e a dare continuità al suo operato. Per voi, cari amici, e per i defunti della Guardia Svizzera Pontificia offro in modo speciale questa Eucaristia, facendo mie le vostre intenzioni di preghiera. L’odierna liturgia si colloca nel Tempo di Pasqua, periodo in cui il nostro cuore è invitato a rallegrarsi e a gioire per la Risurrezione di Gesù. Il Cristianesimo non è una religione di ricordi, è la ricerca del Signore nel presente. Nella vita della Chiesa, tutto porta la traccia della presenza viva del Signore Risorto. La nostra stessa vita deve esserne permeata, se vuole rispondere alla sua vera vocazione. E così la Pasqua di Cristo diventa la nostra Pasqua, la Pasqua della Chiesa e del mondo. Il Tempo Pasquale ci pone dinanzi le supreme esigenze morali che sgorgano dalla partecipazione al mistero di Cristo morto e risorto. Esso chiede che inscriviamo nella vita il sacramento che abbiamo ricevuto nella fede, per cercare e gustare “le cose di lassù, non quelle della terra” (Col 3,1-4), superando così i limiti angusti e terrestri, entro cui il mondo tenta di racchiudere il senso dell’esistenza. Chi vive così sente poi il bisogno di proclamare davanti al mondo che Cristo è vivo ed è il Signore della gloria: diventa apostolo come Pietro e gli altri che “hanno visto il Signore”. Infatti la partecipazione alla vita di Cristo è un’autentica esperienza, sia pure nell’oscurità della fede, a cui si può e si deve rendere testimonianza. La prima lettura che è stata proclamata è tratta dagli Atti degli Apostoli e ci presenta la vicenda degli Apostoli stessi chiamati a comparire davanti al Sinedrio. Gamaliele, membro autorevole di questo consesso, esprime un pensiero saggio e ispirato: è una inutile perdita di tempo combattere contro qualcosa che, se non viene da Dio, finirà da sé; d’altro canto, se il movimento dei discepoli di Gesù viene davvero da Dio, niente e nessuno riuscirà a fermarlo. E’ da sottolineare poi l’atteggiamento degli Apostoli, i quali, nonostante l’oltraggio ingiustamente subito, si sentono fieri di aver vissuto anche questa esperienza per amore di Gesù. Questi due modi di comportarsi nei confronti di Gesù e del suo messaggio di salvezza, danno anche a noi, anche a voi care Guardie, delle indicazioni preziose per la vita. Anzitutto, chi compie la volontà di Dio non sbaglia mai, anche se a volte subisce opposizione e incomprensioni. Inoltre, quando le cose si fanno veramente per Lui, che è il Signore della nostra vita, prima o poi le reali e buone intenzioni trovano il modo di venire alla luce. Il bene vince sempre, ma tante volte ci chiede di saper rinunciare alle vittorie effimere di questo mondo, per vincere la buona battaglia della fede. Nel Vangelo abbiamo ascoltato il racconto del segno miracoloso della moltiplicazione dei pani, secondo l’Evangelista Giovanni. Nella difficoltà di provvedere al cibo per migliaia di uomini, Andrea dice a Gesù che un ragazzo ha cinque pani d’orzo e due pesci. A prima vista, potrebbe sembrare un’osservazione ironica, ma probabilmente Andrea ha una profonda intuizione di fede: sa che si tratta di poca cosa, ma sa anche, e lo ha visto altre volte, che a Gesù basta l’offerta di poco per fare dono di molto. Questo gesto dell’Apostolo Andrea suppone però una disponibilità precedente: quella dell’anonimo e silenzioso ragazzino desideroso di offrire a Gesù quel poco che ha, quel piccolo che è. Siamo dinanzi a una situazione di estrema povertà, ma la disponibilità di un ragazzino consente a Gesù di compiere un miracolo. Possiamo dire che quel ragazzino è immagine del vero discepolo e modello del vero servitore del Vangelo. Nella vita di ogni giorno, le grazie che il Signore manifesta nella nostra esistenza scaturiscono sempre dalla preghiera e dall’offerta di qualcuno che spesso non conosciamo, ma che ha sacrificato qualcosa per noi. Del resto, l’avvenimento che ogni anno la Guardia Svizzera commemora è parte di questa ricca storia, e continua a risplendere in modo particolarmente forte e luminoso in tanti gesti eroici compiuti in momenti particolarmente tormentati del secolare cammino della Chiesa; e ancora oggi si esprime nel vostro quotidiano lavoro, quando, nella ferialità ordinaria, esprimete con costanza, lealtà e spirito di sacrificio, il vostro attaccamento alla persona del Sommo Pontefice e la vostra cristallina fedeltà alla missione che vi è stata affidata. Conosciamo bene quanto sia importante e delicato il compito affidato alla Guardia Svizzera Pontificia. Si tratta di un servizio qualificato e di grande responsabilità, che esige in quanti vi sono chiamati doti di coraggio, generosità, umanità e fedeltà. Infatti, voi assistete e accompagnate il Successore dell’Apostolo Pietro nell’esercizio del Suo Ministero, affinché possa svolgersi in un contesto di serenità e di sicurezza, sia quando Egli riceve in Udienza alte Personalità religiose, politiche e culturali, sia quando incontra le migliaia di pellegrini che da ogni parte del mondo convergono a Roma. Il vostro compito, care Guardie, deve pertanto trarre linfa vitale e motivazioni profonde da un forte senso di appartenenza alla Chiesa e da un profondo sentimento di fedeltà al Papa e alla Sede Apostolica. Con il vostro qualificato servizio e la vostra vigile presenza nei Palazzi Apostolici e nelle Ville Pontificie, voi siete anche testimoni privilegiati dell’amore e della fedeltà della vostra cara Nazione Elvetica al Papa e alla Santa Sede. Siate consapevoli e fieri di questo aspetto non secondario della vostra presenza e della vostra attività in Vaticano. Cari amici della Guardia Svizzera, mentre vi esorto ad essere fedeli all’impegno che avete assunto o che state per assumere, invoco dal Signore per voi l’aiuto della sua Grazia, perché possiate perseverare in questo compito così importante e delicato, fino al compimento della vostra missione: può trattarsi infatti di un periodo di servizio più o meno lungo, che per alcuni di voi si protrae sino a diventare una scelta di vita. Al di là però della durata, essere Guardie Svizzere significa aderire senza riserve a Cristo e alla Chiesa, con la disponibilità a spendere ogni giorno la vita per questo. Come ogni discepolo del Signore, anche voi, che fate parte di questo Corpo di Guardia, siete chiamati a vivere la sequela di Gesù, imitando il suo modo di stare in mezzo agli Apostoli: “… chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10,44-45). Questo è lo stile di Gesù, che ciascuno di noi è invitato ad assumere per partecipare pienamente al Regno dei Cieli. Vi accompagni e vi assista l’intercessione dei vostri santi Patroni san Martino, san Sebastiano e san Nicola di Flüe. Maria Santissima, Madre di Cristo e Madre della Chiesa, vi protegga sempre nel quotidiano servizio al Successore dell’Apostolo Pietro.
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