CELEBRAZIONE EUCARISTICA IN OCCASIONE DELLA OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE, Giovedì, 24 settembre 2009
Carissime Suore Mercedarie, mi unisce a voi una conoscenza e una frequentazione che data ormai da diversi anni e ringrazio il Signore per il dono di una fraternità cristianamente vissuta, sotto lo sguardo della Beata Vergine Nostra Signora della Mercede. Saluto anche il personale medico, infermieristico, ausiliario e tutti voi che partecipate con fede alla preghiera in rendimento di grazie al Signore. Sono lieto di portarvi la benedizione del Santo Padre, che ho incontrato recentemente e al quale ho parlato di voi. Abbiamo appena compiuto il rito della benedizione dei locali del nuovo reparto di radiodiagnostica di questa Casa di Cura. Con la benedizione viene sancita, in certo modo, la relazione con Dio di ogni attività che si svolge dentro queste mura. Come cristiani sappiamo che il lavoro, ogni lavoro, è nel piano di Dio in quanto con esso l’uomo prolunga l’opera del Creatore e dà un contributo personale alla realizzazione del piano provvidenziale di Dio nella storia (cfr Gaudium et spes, 34). Si comprende allora l’importanza di poter offrire un servizio sempre più accurato e competente – e il nuovo reparto è funzionale a questo scopo - soprattutto quando si tratta di curare coloro che hanno bisogno di riacquistare la salute fisica. Tuttavia il cristiano non deve proporsi unicamente di fare un “buon lavoro”, con gli strumenti più moderni che la scienza mette a sua disposizione, ma deve anche praticare la bontà del cuore; quella bontà di cui Gesù stesso ha dato l’esempio chinandosi sulla povertà e la sofferenza di ogni uomo; anzi partecipando egli stesso al mistero della sofferenza. Ma la bontà di cui parliamo non può che crescere nell’orizzonte di un rapporto con Dio, come ha affermato recentemente Benedetto XVI in una sua omelia. Il Papa ha spiegato che “buono in senso pieno è solo Dio. Egli è il Bene, il Buono per eccellenza, la Bontà in persona”. Pertanto, ha continuato dicendo che “in una creatura – nell’uomo – l’essere buono si basa necessariamente su un profondo orientamento interiore verso Dio. La bontà cresce con l’unirsi interiormente al Dio vivente. La bontà presuppone soprattutto una viva comunione con Dio, il Buono, una crescente unione interiore con Lui. E di fatto: da chi altri si potrebbe imparare la vera bontà se non da Colui, che ci ha amato sino alla fine, sino all’estremo (cfr Gv 13, 1)?”. Nel consegue l’invito a sostanziare la bravura umana o la specializzazione tecnica e scientifica che ciascuno può possedere, con un “di più” di bontà, che è dono di Dio e che si acquista mediante il rapporto vivo con Gesù Cristo. Infatti – continua il Santo Padre - “solo se la nostra vita si svolge nel dialogo con Lui” (attraverso momenti di preghiera e di ascolto cosciente della sua Parola); “solo se il suo essere, le sue caratteristiche penetrano in noi e ci plasmano (confrontando e conformando il nostro modo di vivere con le esigenze del Vangelo), “possiamo diventare servi veramente buoni” (cfr Omelia del 12 settembre 2009). A questa bontà possiamo e dobbiamo tendere tutti, giorno dopo giorno, per avere la gioia e il privilegio di cooperare al benessere sociale intorno a noi. Ma voi, care suore Mercedarie, tutto questo lo sapete bene perché fa parte della vostra vocazione religiosa; vocazione che vi spinge a dedicarvi al bene integrale dell’uomo lungo l’intero arco dell’esistenza. Nella sua ultima enciclica Caritas in veritate, il Santo Padre Benedetto XVI ha ampiamente trattato il problema della centralità della persona umana nei processi di sviluppo. Con forza ha ribadito che “il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona, nella sua integrità” (n. 25). La vostra scelta di vita vi chiama a lavorare in questa precisa direzione con un tratto caratteristico: il tratto materno di Maria, la Madre del Signore e vera icona della sua bontà. La vostra fondatrice, Madre Teresa di Gesù Bacq, diceva che la vostra presenza nella Chiesa doveva essere quella di un amore ricco di misericordia (che è l’esaltazione della bontà), così da adoperarvi con tutte le forze alla autentica liberazione dei fratelli da qualsiasi realtà che allontana da Dio (cfr Introduzione alle Costituzioni, pp. 6-7). Il vostro essere, la vostra identità, la specificità del vostro carisma informi il vostro servizio e si rispecchi in in questa Casa di Cura, come testimonianza viva oggi della storia gloriosa della vostra Congregazione, fondata nel 1865 da un’intrepida donna, proposta all’onore degli altari. Rivolgendomi ora a tutti voi qui presenti, vi esorto a partecipare al sacrificio eucaristico con la piena consapevolezza che nell’Eucaristia, il sacrificio di Cristo diviene pure il sacrificio delle membra del suo Corpo, che siamo noi stessi. La nostra lode, la nostra sofferenza, la nostra preghiera, il nostro lavoro uniti a quelli di Cristo, ci ottengano da Dio quei benefici spirituali e temporali dei quali abbiamo bisogno. Lasciamoci dunque permeare dalla forza divina dell’Eucaristia e disponiamoci all’ascolto della Parola di Dio, non senza però la presenza mistica di Maria Santissima, perché non possiamo privarci della sua compagnia! Tanti possono essere i motivi del nostro amore per Lei. Paolo VI diceva che “se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere mariani, cioè dobbiamo riconoscere il rapporto essenziale, vitale, provvidenziale che unisce la Madonna a Gesù, e che apre a noi la via che a Lui conduce” (Discorso del 24 aprile 1970). Maria è quel libro aperto nel quale la Chiesa, a cominciare dagli Apostoli, ha letto le antiche profezie che evocano il Cristo, Colui che le ha compiute. Ma il motivo più vero per cui non vogliano e non possiamo privarci della presenza di Maria ce lo offre la pagina del Vangelo che è stata appena proclamata, che ci presenta la Vergine Santissima ai piedi della croce, nell’ora dell’abbandono e della morte del Redentore; testimone della prova suprema della bontà di suo Figlio in favore dell’umanità. E’ quello il momento in cui Gesù la consegna a Giovanni – nel quale tutti noi siamo raffigurati – come madre. L’evangelista narra che “vedendoli lì vicini – Maria e Giovanni - Gesù li affidò l’uno all’altra: "Donna, ecco il tuo figlio! … Ecco la tua madre" (Gv 19,26-27). "Et ex illa hora accepit eam discipulus in sua – da quel momento il discepolo la prese nella sua casa" (Gv 19,27). L’espressione "la prese nella sua casa" è singolarmente densa: indica la decisione di Giovanni di rendere Maria partecipe della propria vita così da sperimentare che, chi apre il cuore a Maria, in realtà è da Lei accolto e diventa suo. Il popolo cristiano di ogni luogo e in ogni tempo, come Giovanni, ha voluto prendere con sé, nella sua casa, nelle sue Chiese, in tanti e diversi luoghi del suo vivere questa Madre, esperta nel soffrire, ma sicura dispensatrice delle grazie per vincere ogni male e partecipare alla gloria del suo Figlio Gesù. Con Lei possiamo vivere con coraggio e responsabilità la nostra vocazione cristiana, nella libertà che si fa carico di sé e degli altri. Contro l’ideologia del disimpegno che abbatte ogni valore e che legittima la rassegnazione, lo scetticismo e l’indifferenza, Maria è il segno della redenzione avvenuta e operante, e permette alla Chiesa e al mondo di guardare al futuro con speranza. Invochiamola allora con le parole di questa bella preghiera: O Vergine Santissima della Mercede! Tu che conosci l'insufficienza nostra nelle dure lotte contro il comune nemico, accorri in nostro aiuto, rinsalda le nostre vacillanti volontà, donaci la vittoria. Su Te, Madre nostra Santissima, sono riposte le nostre speranze. Da Te ci aspettiamo il trionfo finale per raggiungere il Paradiso e sciogliere un cantico di gloria e di ringraziamento a Te che ne sei la Regina. Amen.
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