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RADUNO DEGLI EX ALLIEVI/E SALESIANI
DELLA VALLE DI SCALVE (BERGAMO)

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO DEL SANTO PADRE

Domenica, 12 luglio 2009

    

Cari confratelli salesiani,
Cari ex allievi ed ex allieve
Cari amici,

Sono particolarmente lieto di celebrare l’Eucaristia insieme a voi salesiani ed ex allievi della Valle di Scalve. E’ un incontro che desideravo da tempo e che, finalmente, in questa domenica estiva, mi è stato possibile realizzare. Porto con me, per tutti voi, il saluto del Santo Padre Benedetto XVI, che benedice di cuore questo vostro raduno.

Come ben sapete, a questa Valle io stesso sono particolarmente affezionato, e mi fa piacere scorgere fra voi alcuni che negli anni passati, sono stati miei alunni quando insegnavo nelle case di San Benigno Canavese e di Fossano.

In questa terra di antichissima tradizione cristiana, risalente a ben prima dell'anno 1000, numerose sono state le chiamate alla sequela di Cristo, ed oggi non possiamo tralasciare di ricordare coloro che hanno abbracciato la vocazione salesiana.

La liturgia di questa XV domenica del tempo ordinario, propone proprio il tema della chiamata del Signore: “Il Signore mi prese, mi chiamò mentre seguivo il gregge”, racconta il profeta Amos; “Dio ci ha scelti prima della creazione del mondo”, scrive Paolo agli Efesini; “In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici…”, leggiamo nel Vangelo di Marco.

Riguardo al profeta Amos, possiamo immaginare che cosa passasse nella sua anima quando lo colse la voce del cielo, mentre custodiva le pecore presso Tecna a sud-est di Betlem, sui pendii del deserto di Giuda. Egli, che era un semplice mandriano e viveva nella quiete profonda della campagna, da quel momento in poi sarà proprietà e strumento dello Spirito per proclamare il Dio della vita, giusto e misericordioso, in mezzo a popoli crudeli e idolatri. Amos, il cui nome significa “fatica di Dio”, si mise a risvegliare nei potenti il senso della giustizia di Dio e a proclamare il diritto dei popoli. Giustizia che, nella comprensione più vera, vuol dire scoprire l’amore e la misericordia di Dio verso tutti. Infatti, noi non cessiamo di chiedere, come abbiamo fatto nel salmo responsoriale: “Mostraci, Signore, la tua misericordia”.

Anche Paolo, nello splendido inizio della sua lettera agli Efesini, ci ricorda che la chiamata di Dio ci precede sempre. Si, c’è un amore che sta prima della nostra risposta. Prima della creazione del mondo l’uomo è stato scelto per essere conforme a Gesù Cristo. E’ un disegno, una scelta elargita per una grazia inaudita e misteriosa di Dio, che dispone un mondo tutto ricondotto a Cristo, dove l’uomo partecipa della sua gloria.

Infine, Marco mette l’accento sulla chiamata in vista della missione: Gesù chiama e invia. In questi due verbi: chiamare e inviare, viene affermata con chiarezza la missione della Chiesa. Il cristiano è chiamato, convocato (“Gesù chiamò a sé i Dodici”), e inviato ad annunciare il Vangelo, con le parole e con la vita, sino agli ultimi confini della terra. Prima della missione c’è la confidenza con Cristo, che rende “suoi”. Solo così nella predicazione agisce la potenza di Cristo, e agisce anche il suo giudizio. Albert Schweitzer, il celebre medico dei lebbrosi in Africa, premio Nobel per la pace nel 1952, disse: “La povertà degli inviati che si mettono in viaggio senza provviste, senza denaro infilato nelle larghe cinture e senza un vestito di ricambio, è segno di una vita come quella degli uccelli e dei gigli, che non confida nei propri mezzi…Gli inviati che confidano maggiormente nel loro equipaggiamento (materiale e spirituale) piuttosto che attendere l’irruzione decisiva di colui che predicano, non sono attendibili”.

Tutte le chiamate del Signore sono un invito ad andare oltre se stessi, oltre i confini che ciascuno traccia per la propria vita. L’orizzonte di Gesù è il mondo intero e i discepoli di Gesù devono essere liberi nello spirito e universali nel cuore. Come non riconoscere in questo la figura di Don Bosco, inviato da Cristo senza mezzi, senza oro né argento, per liberare i giovani dai lacci del peccato, cui erano costretti dalla miseria e dall’ignoranza?

Noi salesiani, ed anche gli ex allievi e le ex allieve, possiamo considerare Don Bosco come l’apripista, il depositario di una “profezia”, che ci ha condotto a rispondere in maniera autentica e singolare alla chiamata di Dio ad amarlo, a seguirlo e ad essergli testimoni.

La Parola di Dio di questa celebrazione eucaristica ci porta ad essere riconoscenti per il dono che abbiamo avuto della chiamata ad essere discepoli di Cristo, ma anche ad essere riconoscenti per tanti buoni pastori e di tanti saggi educatori che abbiamo incontrato nella nostra vita e che ci hanno condotto, con passione, per sentieri di giustizia e di carità, per farci diventare, come diceva don Bosco, "buoni cristiani e bravi cittadini".

Ringraziamo il Signore perché questa splendida Valle di Sclave, ha dato ben 17 salesiani: 6 coadiutori (tutti missionari!), una Figlia di Maria Ausiliatrice, 9 sacerdoti e un Vescovo (Mons. Francesco Panfilo, Vescovo di Alotau in Papua Nuova Guinea). E’ da notare che il primo salesiano scalvino, il Coadiutore Pietro Tagliaferri di Pezzolo, ha fatto la sua professione religiosa a Torino nel lontano 1892, a soli quattro anni dalla morte di don Bosco.

Di questi salesiani scalvini mi è particolarmente caro ricordare, tra gli scomparsi, don Nino Raineri di Ronco, don Francesco Spada di Vilmaggiore, don Ettore Bonaldi di Schilpario, e tra i viventi don Francesco Mai, don Piero Andreoletti e, naturalmente, il Vescovo Mons. Francesco Panfilo.

Ma oggi è anche la festa degli ex-allievi. Sono tanti anche quelli, e voi li rappresentate tutti, anche coloro che ci hanno preceduto nella patria celeste. Non sono da dimenticare i numerosi cooperatori, che cercano di condurre la loro vita familiare e professionale secondo lo spirito salesiano. Basti un esempio: Roberto Panfilo, padre di quattro sacerdoti, di cui tre salesiani, e di cinque ex-allievi. Non si stancava di inculcare nei figli, ma anche in coloro che incontrava, l'entusiasmo, la gioia, l'impegno per la crescita dei giovani nella fede come è contemplato nel progetto educativo di don Bosco. Egli soleva dire ai suoi numerosi amici una frase che fa riflettere: «Saremo sempre in crisi se non ritorneremo a cantare "Don Bosco ritorna"». Con ciò intendeva dire: se non ci manterremo fortemente legati allo spirito salesiano delle origini.

A voi ex allievi, a voi parrocchiani di Vilminore, a voi tutti fedeli cristiani della Valle di Scalve, voglio raccomandare la stessa cosa: ritornate sempre alle sorgenti del carisma salesiano, ma soprattutto alle sorgenti della fede cristiana. Badate bene, soprattutto voi giovani, che la fede in Cristo e l’impegno del cristiano verso i fratelli non rende triste la vita. No, la chiamata dei Signore è una chiamata alla gioia. Papa Bendetto XVI lo ripete spesso: “Gesù Cristo, che è la pienezza della verità, attira a sé il cuore di ogni uomo, lo dilata e lo colma di gioia. Solo la verità è infatti capace di invadere la mente e di farla gioire compiutamente. E’ questa gioia che allarga le dimensioni dell'animo umano, risollevandolo dalle angustie dell'egoismo e rendendolo capace di amore autentico. E’ l'esperienza di questa gioia che commuove, che attira l'uomo ad una libera adorazione, non ad un prostrarsi servile, ma ad inchinare il cuore di fronte alla Verità che ha incontrato” (Discorso ai partecipanti all'assemblea plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, 10 febbraio 2006).

Voi, cari ex allievi, che siete frutto dell’accoglienza gioiosa e della premura educativa salesiana, lo potete testimoniare, con la vostra personalità, con la posizione che avete raggiunto, con le vostre realizzazioni e le vostre speranze.

Con animo pieno di riconoscenza per quello che abbiamo ricevuto dagli altri nella vita, impegniamoci anche noi per spargere nelle famiglie e nella società il buon seme della fede, avendo sempre nel cuore il motto “da mihi animas coetera tolle”, caratteristico dell’identità carismatica e della passione apostolica di Don Bosco.

Concludo proponendo anche a voi la preghiera che ho espresso davanti all’Urna di Don Bosco nel suo passaggio alle Catacombe di San Callisto a Roma:

Don Bosco, rimani in mezzo a noi e aiutaci ad essere capaci di trasmettere efficacemente la Buona Novella ai giovani e ai bisognosi. Proprio come te vogliamo “consacrare ogni nostra fatica alla maggior gloria di Dio ed a vantaggio delle anime”.

Aiutaci ad essere quegli strumenti utili di cui si serve la Provvidenza Divina, proprio come lo eri tu ai tuoi tempi.

Aiutaci ad avere quella “dolcezza e carità” che ti caratterizzava; ad esprimere quella gioia che tu sapevi tanto bene trasmettere ai ragazzi.

Aiutaci ad essere noi stessi un giorno, insieme a te e alla moltitudine dei “buoni cittadini” che il tuo spirito ha formato sulla terra, dei “degni abitatori del cielo”.

Maria Ausiliatrice, aiutaci tu ad essere autentici salesiani di Don Bosco.

 

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