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SOLENNITÀ DELLA SANTISSIMA TRINITÀ

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO DEL SANTO PADRE

Parrocchia dello Spirito Santo a Poggibonsi
Domenica, 7 giugno 2009

 

Carissimi,

sono lieto di essere in mezzo a voi. Anche se vi incontro oggi per la prima volta, mi sembra di conoscervi ormai da tanto tempo, poiché Monsignor Lech Piechota, mio segretario particolare, e anche Don Emanuele, vostro Parroco (attraverso qualche bella telefonata ed ora direttamente), mi hanno parlato della vostra comunità parrocchiale. E’ dunque con animo fraterno che ho accettato di celebrare la festa della SS.ma Trinità in vostra compagnia, e di compiere insieme a voi quel percorso di fede a cui ci conduce la liturgia odierna.

Prima di tutto vi porto il pensiero augurale del Santo Padre Benedetto XVI, che, essendo a conoscenza di questa mia visita, mi ha incaricato di porgervi il Suo cordiale saluto e la Sua apostolica benedizione.

In secondo luogo ringrazio pubblicamente il Parroco, Don Emanuele Iozzi, i sacerdoti e voi tutti per la calorosa accoglienza, e ringrazio le distinte Autorità per la loro gradita presenza.

Eccoci dunque insieme in questa Domenica in cui la Chiesa ci invita a contemplare l’intima natura del nostro Dio, rivelata da Gesù Cristo. Dopo l’annuncio della gioia della Risurrezione, e dopo essere stata corroborata dalla forza soave dello “Spirito di verità”, per essere testimone credibile della realtà e dell’identità del Signore, la Chiesa, in questo giorno, chiede a Dio nella preghiera la grazia di poter professare la vera fede. All’inizio, nell’orazione della colletta, abbiamo infatti chiesto al Padre: “fa’ che nella professione della vera fede riconosciamo la gloria della Trinità e adoriamo l’unico Dio in tre persone”. Non abbiamo chiesto di conoscere la gloria di Dio nel “ragionare” sulla fede, ma anzitutto nel “professare” la vera fede, la fede della Chiesa di sempre. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono sempre presenti nel cuore della vita della Chiesa, al centro della sua preghiera e della sua liturgia, e non come un mistero complicato e lontano, ma come una Presenza e come Dono intimo e continuo.

Benedetto XVI all’Angelus del 22 maggio 2005, (uno dei primi “Angelus” del suo pontificato) ha tratteggiato con poche parole di estrema chiarezza la dottrina sul mistero trinitario: “Gesù ci ha rivelato il mistero di Dio: Lui, il Figlio, ci ha fatto conoscere il Padre che è nei Cieli, e ci ha donato lo Spirito Santo, l’Amore del Padre e del Figlio. La teologia cristiana sintetizza la verità su Dio con questa espressione: un'unica sostanza in tre persone. Dio non è solitudine, ma perfetta comunione. Per questo la persona umana, immagine di Dio, si realizza nell’amore, che è dono sincero di sé”.

Se il mistero della Trinità non potrà mai essere totalmente compreso dalla nostra mente, ciò non toglie che possa essere invece totalmente vissuto, poiché, come abbiamo sentito, la pratica della carità è una manifestazione dell’amore trinitario: “Se vedi la carità, vedi la Trinità” scriveva sant'Agostino. Noi “conosciamo” la Trinità perché in noi, nella nostra umanità, siamo uniti al Figlio – alla sua Parola di salvezza – che ci conduce al Padre e con lui ci elargisce lo Spirito Santo, ossia, quando diviene consuetudine per noi aderire all’amore di Dio che ci apre alla carità verso i fratelli.

Ma soffermiamoci brevemente sulle letture bibliche proposte dalla liturgia odierna. Attraverso di esse vediamo come la Chiesa ci invita a praticare la carità alla luce dei comandamenti di Dio. Dice infatti la Prima Lettura, tratta dal libro del Deuteronomio: “Sappi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n'è altro. Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti do, perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te”. La contemplazione del mistero della SS.ma Trinità fa si che l’intero complesso delle nostre relazioni umane siano inserite nel dinamismo stesso di Dio. I comandamenti – abbiamo imparato dal catechismo – “pongono i fondamenti della vocazione dell’uomo, vietano ciò che è contrario all’amore di Dio e del prossimo, e prescrivono ciò che gli è essenziale” (Compendio CCC, n. 418). La dignità dell’uomo sta proprio nella sua profonda vocazione all’amore; vocazione che ci fa “figli di Dio”, come dice San Paolo: “Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!».

Facciamo un ulteriore passo e consideriamo come la Chiesa, nata dalla comunione trinitaria, si trova ad essere impegnata nel vivo della storia, come lievito di comunione e di amore, anche se essa rimane pur sempre fatta di uomini con tutto il loro strascico di debolezze. La lettura del brano del Vangelo ci ha messo di fronte alla possibilità, che non è affatto remota, che anche coloro che sono considerati bravi cristiani talvolta vacillino e dubitino davanti alla stessa evidenza del Signore risorto, come è successo agli undici discepoli: “Quando lo videro si prostrarono. Essi però dubitarono”. Eppure a questi uomini il Signore ha affidato una Parola di verità che non è la loro, ma di Colui al quale “è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra”.

Fratelli carissimi, senza timore, senza soffermarci sulle umane debolezze, con gioia profonda riaffermiamo la nostra fede nel Dio Uno e Trino; gioia che dobbiamo provare nel sentirci Chiesa, parte viva di questa compagine umana e allo stesso tempo divina, che ci permette di vivere l’esperienza della paternità di Dio. Come diceva il grande vescovo S. Cipriano di Cartagine: “Non può avere Dio come Padre, chi non ha la Chiesa come Madre” (De Eccl. Cath. unitate, 6, 7-8).

Penetrare il senso di questo nome, riferito alla Chiesa di Dio, significa davvero capirla, amarla, significa riconoscerle la sua dignità, la sua missione, la sua bontà, la sua necessità. La Chiesa è Madre perché è la nostra educatrice. Essa ci apre le labbra alla preghiera per parlare con Dio; essa ci raduna in assemblea per celebrare la santa liturgia, per farci sentire fratelli e per farci gustare la presenza di Dio in mezzo a noi. Essa ci istruisce e ci insegna la Sacra Scrittura e il Vangelo infondendo i doni della sapienza nelle nostre menti e abituandole a pensare cose divine; essa ci guida come fanciulli nei sentieri dell'esperienza di questo mondo e ci vuole - come adulti - figli della libertà e della virtù.

Raccolti oggi vicino a questo antico e storico tempio, dove anche le pietre da quasi mille anni gridano al mondo la forza e la bellezza della fede in Dio Uno e Trino, preghiamo e onoriamo la Chiesa, fondamento e radice della nostra identità, nella quale troviamo quotidianamente il nutrimento per tutto il nostro vivere di uomini di oggi. Attorno all'Eucaristia nasce e cresce la Chiesa, la grande famiglia dei cristiani.

Concludo, carissimi, portando nel cuore il grato ricordo di ciascuno di voi, di questa terra, di questa gente e elevo insieme a voi un inno di grazie alla SS.ma Trinità, per la gioia che ci ha donato di essere riuniti oggi come Chiesa, per celebrate il giorno del Signore.

La Vergine Maria, che è stata definita “icona del mistero della Trinità” ci aiuti ad essere pienamente recettivi alla relazione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, nella concretezza storica della nostra umanità.

 

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