CONSACRAZIONE EPISCOPALE OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE, Casale Monferrato
Eminenza Reverendissima L’odierna assemblea liturgica nella vigilia della III Domenica di Pasqua ha un sapore tutto speciale: fra noi un sacerdote, figlio della Chiesa diocesana di Casale Monferrato, che ha iniziato i suoi passi verso il sacerdozio in questo Seminario Vescovile, riceverà l’ordinazione episcopale. Questo nostro fratello in Cristo è stato chiamato da Sua Santità Benedetto XVI ad assumere l’incarico di Nunzio Apostolico, cioè di rappresentare la Santa Sede, e di manifestare così, con questo suo specifico ministero, la sollecitudine del Papa verso la cara nazione dell’Honduras. Si è preparato per questo compito frequentando la Pontificia Accademia Ecclesiastica a Roma. Ha prestato servizio nelle Nunziature Apostoliche in Italia, Egitto, Argentina, Croazia, Spagna e Andorra, prima come Segretario e poi come Consigliere di Nunziatura. In seguito è stato nominato Osservatore Permanente Aggiunto della Santa Sede presso l’Organizzazione Mondiale del Turismo, la cui sede è a Madrid. Tuttavia, non ha mai disgiunto il lavoro diplomatico da quello pastorale. Lo vediamo perciò attivo fra la comunità cattolica del Cairo; nella Chiesa del Sacro Cuore di Gesù a Buenos Aires; nelle Case delle Suore Serve del Sacro Cuore e delle Suore Ancelle del Divin Cuore di Madrid. Quando la carità è criterio e misura del sacerdozio, ogni azione diventa servizio al regno di Dio; e il tempo di un ministero si riempie di infinite possibilità evangeliche, di molti gesti concreti e solidali. E’ proprio del sacerdote – e tanto più del Vescovo - stare costantemente di fronte alla Chiesa come segno di Cristo pastore. C'è nel sacerdote e nel Vescovo, una sorta di responsabilità nei confronti della comunità, delle persone, del futuro dell’umanità e dell'eterno. In particolare, egli fa sue le attese dei più poveri e degli umili che maggiormente rispecchiamo le beatitudini evangeliche. La popolazione dell'Honduras, che Mons. Luigi Bianco andrà ad incontrare prossimamente, vive in un Paese bellissimo circondato dalle acque (Honduras significa “profondità delle acque”), e discende dell'antico e forte popolo maya, la cui grande civiltà è testimoniata ancor oggi da maestosi monumenti. Ricordiamo che il Paese fu duramente colpito, il 26 ottobre del 1998, dall’uragano Mitch, che causò oltre 5.000 morti e migliaia di senzatetto. Purtroppo, come succede in varie parti del mondo, il problema della povertà, di cui soffre il Paese, provoca un’onda di migrazione dalla campagna verso la città, che spesso destabilizza la famiglia e fomenta la corruzione. La Chiesa da sempre vicina ai bisognosi, è pioniera in Honduras di progetti di educazione e di pastorale sociale. I religiosi dirigono asili, convitti per studenti, dispensari e case di cura. Catechesi e opere sociali sono impegni reali di religiosi e laici cristiani distribuiti nelle vaste zone rurali. Affidiamo a Nostra Signora di Suyapa, Patrona dell’Honduras, la missione diplomatica e pastorale di questo nuovo Nunzio. Giovanni Paolo II, durante il suo viaggio apostolico in Honduras, visitando il Santuario di Nostra Signora di Suyapa a Tegucigalpa, l’8 marzo 1983, ebbe a dire: “Proprio perché [Maria] è la sintesi del Vangelo di Gesù, la si riconosce nei vostri popoli come Madre ed educatrice della fede: la si invoca nelle lotte e fatiche che comporta la fedeltà al messaggio cristiano; è lei la Madre che convoca tutti i figli - al di sopra delle differenze che li possano separare - per farli sentire al sicuro in uno stesso focolare; riuniti attorno alla stessa tavola della Parola e dell’Eucaristia”. Con questa premessa rivolgo ora il mio cordiale saluto ai confratelli Vescovi: dall’Em.mo Cardinale Severino Poletto, Arcivescovo di Torino, ai numerosi Vescovi ordinari ed emeriti delle diocesi piemontesi, ai quali si aggiunge il Vescovo emerito di Terni, e, provenienti da Roma, l’Arcivescovo Presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica, e il Vescovo Vice Presidente dell’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica. Non hanno voluto mancare anche l’Arcivescovo di Saragozza in Spagna, e il Vescovo emerito di Roraima in Brasile. Saluto con deferenza le Autorità civili e militari, e mi piace segnalare che in mezzo a noi si trova anche l’Ambasciatore di Honduras presso la Santa Sede, S.E. il Signor Alejandro Emilio Valladares Lanza. Come non rivolgere uno speciale saluto alla Signora Giustina, mamma del neo-Vescovo. E come non ricordare il papà, Signor Ubaldo, che vigila su di lui dal cielo. Questi genitori hanno saputo instillare la fede cristiana ai propri figli e ne sono una testimonianza anche i fratelli Sergio e Remo, che sono qui con le loro famiglie. In questo giorno di festa non potevano mancare i numerosi parenti, gli amici e i compaesani, che ora circondano Mons. Bianco con il loro affetto. Mi sembra opportuno segnalare che il paese natale di Mons. Luigi Bianco, Montemagno, è anche quello di Mons. Luigi Lasagna, che è stato superiore dei salesiani in Paraguay e in Brasile, divenuto poi Vescovo. Ricordiamo che mentre progettava un sopralluogo missionario nel Nord del Brasile i suoi disegni furono immaturamente stroncati dalla tragica morte in uno scontro ferroviario a soli 45 anni, quando era all’alba del suo vigoroso e dinamico ministero. Ciò che accomuna i due compaesani Vescovi è il giorno della nascita: 3 marzo 1850 Mons. Lasagna, e 3 marzo 1960 Mons. Bianco, ma vi è nella loro esistenza qualcosa di molto più importante e significativo che coincide: la vocazione e lo zelo per la Chiesa. Ed è della Chiesa che noi oggi vogliamo parlare, sospinti dalla Parola di Dio di questa liturgia eucaristica. Dopo la Risurrezione, Cristo riempie col suo Spirito il mondo e la storia. Ma la conoscenza vera e profonda di lui la si ha soltanto se andiamo dove egli abita. Questo luogo è la Chiesa: la comunità dei suoi seguaci. La ricchezza della Chiesa è duplice: Gesù Cristo e il cuore disposto dei discepoli. La prossimità del Risorto nella vita della Chiesa si trova configurata in segni sensibili, in simboli colmi di verità. Il primo grande simbolo della presenza reale del Signore risorto da morte nella Chiesa è l’Eucaristia, sono i sacramenti pasquali. In essa noi sentiamo continuamente l’invito fatto agli apostoli sulla riva del lago in un mattino dopo la risurrezione: “Venite a mangiare”; “Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro”. Quel fatto storico, che ha manifestato Gesù risuscitato dai morti, era come un presagio, una parabola di quanto non avrebbe cessato di fare personalmente nell’Eucaristia. Il Cristo presente rimane il fondamento della verità del magistero, dell’azione santificante della Chiesa, e della stessa esistenza morale e sociale dei cristiani e delle comunità ecclesiali. La Chiesa non ha senso senza questo profondo e indissolubile legame con Cristo, di cui è Corpo e sacramento o segno. Sarebbe bello che di ogni Chiesa particolare il nostro Papa Benedetto XVI potesse dire quanto ha espresso recentemente durante l’incontro con i Parroci della Diocesi di Roma, citando come esempio la Chiesa di un paese africano, la Nigeria: “Una Chiesa dove c’è la fresca gioia di aver trovato Cristo, di aver trovato il Messia di Dio. Una Chiesa che vive e cresce ogni giorno. La gente è gioiosa di trovare Cristo” (cfr L’Osservatore Romano, 28.2.2009, p. 4). Cristo è presente attraverso l’Eucaristia, come abbiamo visto. Egli è anche presente nella sua Parola, come dice bene San Cipriano: “Dio ha voluto che molte cose fossero dette e ricevute per tramite dei profeti suoi servi. Ma che immensa differenza quando viene a parlare il Figlio! Il Verbo di Dio che ispirò i profeti, ora è qui con la sua voce” (De oratione dominica, 1-2, PL 4, 537 A). E le sue parole non possono essere che “spirito e vita” (Gv 6, 63). Cristo è presente tra i fratelli uniti nel suo nome: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18, 20), ma Gesù risorto è presente anche nei pastori della Chiesa, nella loro “potestas”, che rappresenta quella di Cristo. Dobbiamo sostenere i nostri pastori e pregare per la loro fedeltà, perché sappiano vincere i loro turbamenti, essere dei puri servi di Cristo, esserne i segni. Oggi vorremmo intensificare il senso di appartenenza alla Chiesa, rinnovare la professione di fede del Credo: «unam sanctam catholicam et apostolicam Ecclesiam». Ma soprattutto riscoprire la Chiesa/istituzione, nella sua organicità e realtà vivente (non la Chiesa inventata a nostra misura): l'istituzione della Chiesa e le istituzioni della Chiesa che, al di là dei difetti delle persone, ci danno la sicurezza dei doni, della comunicazione della salvezza, l'autenticità della mediazione della Parola, dei Sacramenti e della Legge, come via che conduce alla vita e alla pienezza della vita. Anche se bisogna riconoscere, tuttavia, che la storia registra anche non poche vicende che costituiscono una contro-testimonianza nei confronti del cristianesimo. Il brano degli Atti degli Apostoli che abbiamo ascoltato ci ricorda la reprimenda di Pietro di fronte al popolo che lo ascoltava: “Il Dio dei vostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni” (At 3, 13-16). Anche noi, figli della Chiesa, a volte, con il nostro peccato abbiamo impedito che la Chiesa risplenda in tutta la sua bellezza; abbiamo così ostacolato l'azione dello Spirito nel cuore di tante persone. La nostra poca fede ha fatto cadere nell'indifferenza e allontanato molti da un autentico incontro con Cristo. Ma non cediamo allo scoraggiamento: l'abbraccio che il Padre riserva a chi, pentito, gli va incontro sarà la giusta ricompensa per l'umile riconoscimento delle colpe proprie ed altrui. Ce lo assicurano le parole della Seconda lettura, tratte dalla prima Lettera di San Giovanni: “Figlioli miei, vi scrivo queste parole perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paraclito presso il Padre: Gesù Cristo, il Giusto” (1 Gv 2, 1). Negli Atti degli Apostoli e nelle storie dei Santi troviamo la prova inoppugnabile che la Chiesa cresce come incarnazione di Cristo, nata dalla sua predicazione, dalla sua missione e dai suoi “segni”, che continuano a lievitare il mondo. Insieme rendiamo grazie a Dio per tale prodigio che si rinnova questa sera qui, nella Chiesa di Casale Monferrato con l’ordinazione episcopale, che conferma la successione apostolica, a un figlio di questa Chiesa e di questa terra, benedetta per la sua radicata storia cristiana e per le sue nobili tradizioni sociali e civili. Egli continuerà la missione di Cristo Buon Pastore, operando sempre in piena e solidale comunione gerarchica con il Successore di Pietro, e in stretta fraternità con tutti gli altri Vescovi. Ed io oggi gli consegno l’anello episcopale, dono del Santo Padre, che gli ricorderà ogni giorno il dovere di fedeltà alla Chiesa, Sposa di Cristo. Ricevere l’anello – ricordava Benedetto XVI - è come rinnovare il «sì», è come pronunciare nuovamente l’«eccomi», rivolto al tempo stesso al Signore Gesù e alla sua santa Chiesa, che ogni Vescovo è chiamato a servire con amore sponsale. Auguri al nuovo Vescovo! Auguri al nuovo Nunzio Apostolico in Honduras!
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