The Holy See
back up
Search
riga

FESTA DI SAN GIOVANNI BOSCO

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO D
EL SANTO PADRE

Bologna
Sabato, 31 gennaio 2009

 

Signor Cardinale,
carissimi Confratelli Salesiani,
carissimi ragazzi e giovani
e tutti voi che formate la Famiglia Salesiana bolognese!

Ringrazio il Signore che quest’anno mi offre la possibilità di celebrare la festa di San Giovanni Bosco in mezzo a voi. E dopo il Signore ringrazio chi mi ha invitato, cioè il Direttore dell’Istituto Salesiano, Don Alessandro Ticozzi. E’ una grande gioia per me unirmi alla vostra preghiera, a 110 anni dall’inaugurazione di questo Istituto, intitolato alla Beata Vergine di San Luca. Come figlio di Don Bosco, sento che questa circostanza mi aiuta – nella ricorrenza odierna – ad essere più vicino al mio e nostro Padre fondatore, facendo memoria di quella stagione piena di fervore che seguì immediatamente la sua nascita al cielo. E come collaboratore del Sommo Pontefice Benedetto XVI, ho l’onore di portarvi il suo saluto e la sua Benedizione, assicurandovi che egli vuole molto bene alla Famiglia salesiana e la segue con paterna sollecitudine.

Ripensando alla presenza salesiana in questa città e nel suo territorio, mi sorge spontaneo nel cuore un sentimento di lode a Dio e di riconoscenza ai suoi generosi servitori per l’immenso lavoro educativo che anche qui, come in tante altre parti d’Italia e del mondo, è stato svolto. Un’opera – quella dell’educazione – che assomiglia molto alla semina: si semina – e bisogna farlo generosamente – nella certa speranza che il frutto, con l’aiuto di Dio, non mancherà. Ogni volta che celebriamo san Giovanni Bosco, noi ammiriamo il dono del Signore, fatto alla Chiesa e alla società tutta mediante questo umile ma straordinario sacerdote piemontese: il dono di un’opera tutta dedicata ai giovani, nella quale si può riconoscere il prolungamento dell’amore di Gesù Cristo per i piccoli e i poveri, come abbiamo sentito poco fa nel Vangelo: “Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me” (Mt 18,5).

Quando Don Carlo Viglietti, che era stato l’ultimo segretario di Don Bosco, fu inviato come primo Salesiano qui a Bologna, e l’8 dicembre 1896 aprì l’oratorio festivo a San Carlino, questa parola di Gesù iniziò una nuova realizzazione in terra emiliana, una nuova stagione di impegno educativo che andava ad innestarsi sulla lunga tradizione educativa della Chiesa bolognese. Grande fu la gioia del Cardinale Domenico Svampa, l’Arcivescovo di allora, primo artefice della venuta dei Salesiani a Bologna. Ma soffermiamoci ancora sul brano del Vangelo di Matteo. Prima di dire quelle parole, Gesù fa un gesto, alla presenza dei suoi discepoli, un gesto che vale più di qualsiasi discorso: “Gesù chiamò a sé un bambino e lo pose in mezzo a loro” (Mt 18,2). In questo gesto si ritrova tutto Don Bosco, come vi si ritrova la vita di tanti altri Santi e Sante che hanno dedicato la loro esistenza all’educazione delle nuove generazioni. Mettere al centro il bambino è una delle scelte di Cristo che più ha trovato seguito e suscitato “fantasia di carità” nella storia della Chiesa, perché esprime l’amore paterno e materno di Dio rivelato in Gesù Cristo. Il primato dei piccoli nel Regno dei cieli la Chiesa non lo annuncia solo a parole, ma con i fatti; lo mette in pratica con l’impegno di innumerevoli sacerdoti, catechisti, insegnanti, animatori; con iniziative solide e stabili, come solido e stabile era – ed è ancora oggi – l’Istituto Salesiano di Bologna, costruito a tempo di record tra il 1897 e il 98. Quel fervore di costruzione non era solo “mal della pietra”! Era spinto e motivato dalla Parola del Signore, che aveva trovato in Don Bosco un testimone profetico e al tempo stesso concreto, capace di coinvolgere per il bene dei giovani persone di idee e condizioni sociali molto diverse. Anche a Bologna fu così: l’Istituto Salesiano sorse grazie al concorso solidale di tanti bolognesi, celebri e anonimi, che furono felici di donare quanto era nelle loro possibilità per contribuire ad un’opera sociale e apostolica tanto importante: assicurare un presente dignitoso e preparare un futuro carico di speranza ai ragazzi e ai giovani.

Tutti ci rendiamo conto di quanto ciò sia attuale pure per l’Italia di oggi! E questo sotto due aspetti, che sono anche due emergenze: l’aspetto del lavoro, con il problema della disoccupazione e della precarietà giovanile; e l’aspetto dell’educazione, che interpella più direttamente la Chiesa, tant’è vero che i Vescovi italiani, sostenuti dal Santo Padre, lo stanno seguendo con costante attenzione. E qui voglio rivolgermi soprattutto ai ragazzi, che don Bosco chiamava “lo scopo della mia vita”, anzi “la mia vita”. Cari giovani, sono contento di vedervi così numerosi, e sono certo che Don Bosco dal cielo vi guarda con immenso amore e con il suo sorriso paterno. Vi guarda come guardava i ragazzi del suo tempo, con un affetto speciale, che gli veniva da Dio. Sentite come lui stesso racconta l’incontro con il primo ragazzo della sua avventura educativa, nella sacrestia della chiesa di san Francesco d’Assisi:

“Ha i capelli rapati, la giacchetta sporca di calce. Un giovane immigrato. Probabilmente i suoi gli hanno detto: «Quando sarai a Torino, vai alla Messa». Lui è venuto, ma non si è sentito di entrare nella chiesa tra la gente ben vestita. Gli domandai con amorevolezza: - Hai già ascoltato la Messa? - No. - Vieni ad ascoltarla. Dopo ho da parlarti di un affare che ti farà piacere. Me lo promise. Celebrata la Messa e fatto il ringraziamento … con faccia allegra gli parlai: - Mio buon amico, come ti chiami? - Bartolomeo Garelli. - Di che paese sei? - Di Asti. - Che mestiere fai? - Il muratore. - E’ vivo tuo papà? - No. È morto. - E tua mamma? - E’ morta anche lei… - Quanti anni hai? - Sedici. - Sai leggere e scrivere? - No. - Sai cantare? Il giovinetto, asciugandosi gli occhi, mi fissò in viso quasi meravigliato e rispose: No. - Sai fischiare? Bartolomeo si mise a ridere. Era ciò che volevo. Cominciavamo ad essere amici. - Hai già fatto la prima Comunione? - Non ancora. - E ti sei già confessato? - Sì, quando ero piccolo. - E vai al catechismo? - Non oso. I ragazzi più piccoli mi prendono in giro… - Se ti facessi un catechismo a parte, verresti ad ascoltarlo? - Molto volentieri. - Quando vuoi che cominciamo? - Quando a lei piace. - Anche subito? - Con piacere. Allora Don Bosco si inginocchia e recita un’Ave Maria. Tanti anni dopo, ai suoi Salesiani, dirà: “Tutte le benedizioni piovuteci dal cielo sono frutto di quella prima Ave Maria detta con fervore e con retta intenzione” (cfr Teresio Bosco, Don Bosco, la magnifica storia, LDC 2008, pp. 127-128).

Ho voluto raccontarvi questo episodio, che certamente vi è familiare, perché mi sembra che esprima bene il senso del Vangelo di oggi, e riproponga perfettamente il carisma di Don Bosco, la forza che sta alla base di tutta la sua opera, cioè la carità per i giovani. Noi Salesiani abbiamo ricevuto un grande dono, perché, quando parliamo dell’importanza dell’educazione, e dell’urgenza di offrirla alle nuove generazioni, possiamo contare su un esempio così bello e luminoso, così attuale! A noi, Don Bosco ripete quello che san Paolo scrisse ai Filippesi: “Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare” (Fil 4,9). E lui metteva in pratica proprio quello che l’Apostolo insegnava ai suoi primi cristiani. Riascoltiamo le parole di san Paolo e vedete come in esse possiamo ritrovare il metodo di Don Bosco. “Rallegratevi nel Signore sempre” (Fil 4,4). Questa esortazione è un vero e proprio motto per Don Bosco. E’ un programma di vita. Lo testimoniò Domenico Savio quando dichiarò: “Noi qui, alla scuola di Don Bosco, facciamo consistere la santità nello stare molto allegri e nell’adempimento perfetto dei nostri doveri”. E’ l’allegria vera, pulita, che non lascia amarezze. Poi san Paolo prosegue: “Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti” (Fil 4,6). La preghiera non è una cosa in più, come una decorazione della vita, ma fa parte essenziale della vita, come il respiro. Don Bosco l’ha imparato da mamma Margherita: da bambino ha vissuto situazioni molto dure, ha visto la mamma piangere e faticare, ma sempre con la pace del cuore che viene dalla fede e dalla preghiera – “la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza” (Fil 4,7). Questa forza, che Giovannino ha ricevuto da sua madre, l’ha sostenuto in tutta la sua opera. E infine l’Apostolo dice: “Fratelli, tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri” (Fil 4,8). Don Bosco ha lavorato senza sosta perché ai ragazzi più poveri di Torino non mancasse “tutto questo”. L’animo di un ragazzo è sensibilissimo al bene, ma può essere anche influenzato dal male, per quell’inesperienza che è tipica dell’età. Per questo il metodo educativo di Don Bosco è tutto basato sulla forza del bene, sull’effetto preventivo dell’amore.

Cari amici, sono passati tanti anni dai tempi di Don Bosco. Siamo nel Duemila e l’Italia è molto cambiata. Bologna è molto cambiata. Ma il cuore dei giovani no, non è cambiato! I vostri cuori di ragazzi, sono come quelli dei ragazzi che Don Bosco accoglieva nel suo primo Oratorio, definito dall’Arcivescovo di Torino di allora Mons. Fransoni, “la parrocchia dei giovani senza parrocchia”. Ecco perché la missione dei Salesiani è attuale oggi come allora; certo, adattata al mondo di oggi, alle povertà di oggi, alla cultura di oggi. Ma la proposta di Don Bosco è più che mai valida, perché è quella del Vangelo: “Chi accoglie uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me” (Mt 18,5). Affidiamoci a Maria Ausiliatrice – che qui veneriamo col titolo di Vergine di San Luca –, perché ci aiuti ad amare i bambini e i giovani come li amò Gesù e come li amò san Giovanni Bosco.

Invochiamo Dio, sorgente dell’amore, affinché, per l’intercessione di san Giovanni Bosco, ci renda fedeli alla nostra vocazione evangelica e al carisma della missione che il Signore ci ha affidato perché, come il seminatore dal gesto ampio e generoso, ci impegniamo nella Chiesa e nella società; chiediamogli di continuare a proteggere questo Istituto e tutte le altre opere salesiane disseminate per il mondo; domandiamogli di vegliare sulla gioventù di Bologna, di questa Regione e dell’intera Italia. Nel nome di don Bosco, continuiamo a diffondere la speranza tra i giovani, e non lasciamoci scoraggiare dalle inevitabili difficoltà che si incontrano nell’apostolato. Risuonino nel nostro animo le parole che mamma Margherita, anziana e malata, rivolse a suo figlio Giovanni: “ricordati che questa vita consiste nel patire. I veri godimenti saranno nella vita eterna”. Soprattutto raccogliamo l’ultima consegna che lui, san Giovanni Bosco morente, all’alba del 31 gennaio di 121 anni fa, lasciò ai salesiani che vegliavano attorno al suo letto: “Facciamo del bene a tutti, del male a nessuno!...Dite ai miei ragazzi che li aspetto in Paradiso”. Così ci aiuti a vivere e a lavorare il Signore, che su questo altare, come in ogni celebrazione eucaristica, si fa per noi nutrimento di vita eterna. Amen!

 

top