INAUGURAZIONE ANNO ACCADEMICO PROLUSIONE DEL CARD. TARCISIO BERTONE, Mercoledì, 15 ottobre 2008
Eccellenze Reverendissime, 1. LÂÂemergenza educativa oggi E sempre per me un grande piacere tornare in questa Università nella quale ho trascorso non pochi anni della mia vita, prima come docente e poi come Rettore. Permettete pertanto che in primo luogo esprima viva gratitudine al Rettor Magnifico, prof. Don Mario Toso, per lÂÂinvito che gentilmente mi ha rivolto a tenere la prolusione, allÂÂinizio di questo nuovo anno accademico. Il mio saluto si estende ai docenti e allÂÂintero corpo accademico, agli Eccellentissimi e ai Reverendissimi Prelati, alle illustri Personalità presenti e a quanti non hanno voluto mancare a questÂÂimportante appuntamento. Un saluto speciale agli studenti, e in primo luogo a quelli che intraprendono il ciclo di studi universitari. A tutti gli intervenuti mi preme trasmettere anzitutto il cordiale saluto e la benedizione di Sua Santità, il quale, per mio tramite, assicura la sua vicinanza spirituale, augura un anno di lavoro fruttuoso, ed incoraggia lÂÂUniversità Salesiana a proseguire nel delicato e importante servizio che rende alla Chiesa e alla società. Un servizio che il tema scelto per questa prolusione pone ancor più in rilievo: lÂÂeducazione che oggi coinvolge la famiglia, la scuola, la Chiesa e molte altre istituzioni nazionali ed internazionali. Quello dellÂÂeducazione delle nuove generazioni è una sfida e un servizio a cui la nostra famiglia religiosa, fondata da un grande santo e pedagogo quale fu san Giovanni Bosco, si dedica con evangelica passione; è anche un tema costantemente presente al cuore del Santo Padre Benedetto XVI, il quale non manca occasione, come ha fatto anche di recente nel corso della sua visita al Quirinale, il 4 ottobre scorso, per evidenziare quella che ormai tutti ritengono una priorità, anzi una vera e propria emergenza: lÂÂeducazione e specialmente la formazione delle nuove generazioni. Sì! LÂÂeducazione costituisce una reale questione emergente, non riconducibile alla semplice riforma del sistema scolastico ed universitario; è piuttosto un vasto tema. La cosiddetta educazione globale, alla quale giustamente anche la vostra Università dedica adeguata riflessione, investe tutti gli ambiti della vita sociale, e la visione cattolica dellÂÂeducazione globale rappresenta unÂÂimportante area di studio e di approfondimento a cui la vostra Università è chiamata ad offrire un proprio peculiare contributo. 2. Un campo dÂÂazione a 360 gradi E sotto gli occhi di tutti quel che oggi si registra specialmente nelle società occidentali: serpeggia ovunque un diffuso e pervasivo senso di crisi della vita e dei valori; talora Dio, che in Cristo ha rivelato il suo volto dÂÂamore, appare relegato ai margini dellÂÂesistere umano e la sua presenza viene valutata come questione ÂÂindividuale e ÂÂprivataÂÂ, di conseguenza marginale rispetto alle scelte di ogni giorno; si assiste inoltre a un pericoloso sfaldamento dellÂÂethos civile, a un progressivo affievolimento della tensione alla solidarietà e alla fraternità e diventa più difficile nelle nostre comunità lÂÂintegrazione con persone di fedi e culture diverse. Quanto è lontana quella convivialità delle culture che dovrebbe animare la «civiltà dellÂÂamore» a cui pensava già Paolo VI e ancor più Giovanni Paolo II! Tuttavia, proprio mentre crescono i segni di sfiducia nelle capacità umane di vero, di bene e di Dio, la Chiesa è chiamata ad un più chiaro e coraggioso annuncio di verità e di speranza. Suo compito è far comprendere che il Vangelo non è in contrasto, né potrebbe esserlo, con la razionalità umana, ma che, a partire dal messaggio cristiano, è anzi possibile operare una rinnovata sintesi culturale e sapienziale in grado di far fronte alle sfide e alle attese della modernità; è possibile offrire risposte globali che intercettino le inedite ÂÂdomande di senso emergenti nei vari comparti della società del terzo millennio. Penso, ad esempio, alle molteplici questioni della bioingegneria, al tema del progresso sostenibile e della salvaguardia dellÂÂambiente; penso allÂÂallarmante ÂÂtsunami che proprio in questi giorni sta investendo i mercati finanziari del mondo intero con risvolti socio-politici difficilmente ipotizzabili; penso alla persistente e troppo spesso dimenticata crisi alimentare che pagano le popolazioni più povere del pianeta. Ho negli occhi gli esodi biblici di milioni di persone che migrano in cerca disperata di mezzi di sussistenza. E che dire dellÂÂuniverso virtuale dove navigano nuovi mass media e dove i giovani sono sempre più ÂÂprotagonisti assentiÂÂ? CÂÂè infine il fenomeno diffuso della globalizzazione che va trasformando i cinque continenti in un unico villaggio globale con indubbi vantaggi, ma anche non pochi rischi e problemi tuttora irrisolti. Tutto questo ci fa percepire che la questione dellÂÂeducazione è veramente ÂÂglobaleÂÂ, che bisogna intervenire a trecentosessanta gradi in tutti i campi dellÂÂesistenza, con un riferimento prioritario allÂÂambito socio-culturale. Ed è proprio in questo ampio panorama che una Università, una Università pontificia come questa, è chiamata a dialogare con il sapere contemporaneo, lasciandosi illuminare dalla Verità rivelata. 3. Investire sul piano formativo ed educativo Le Università ecclesiastiche inserite nellÂÂattuale società, segnata da vasti mutamenti sociali e culturali, devono in primo luogo investire sul piano formativo ed educativo. Lo psico-pedagogista nord-americano J. S. Bruner, nello studio che lo ha fatto conoscere al mondo pedagogico, intitolato Verso una teoria dellÂÂistruzione, afferma: «Ogni generazione deve definire da capo la natura, la direzione e gli scopi dellÂÂeducazione, per assicurare alla generazione futura il più alto grado di libertà e di razionalità che sarà capace di raggiungere. Vi sono infatti cambiamenti, sia nelle condizioni oggettive, sia nel sapere, che pongono limiti o offrono nuove possibilità allÂÂeducatore in ogni successiva generazione. In questo senso lÂÂeducazione è un costante processo di creazione». [1] Questa sua affermazione fa pensare a quanto è avvenuto nel corso degli ultimi decenni: è andata infatti gradualmente maturando, a livello di politica nazionale e internazionale (europea, in particolare), la consapevolezza che le diffuse trasformazioni in campo economico e socio-culturale e le forti innovazioni nel settore tecnologico e comunicativo incidono profondamente sul presente e condizionano il futuro della società; proprio per questo è indispensabile un intenso investimento sul piano formativo. Anche le Università ecclesiastiche vengono così a trovarsi inserite in un processo e in una rete di istituzioni in cui possono contribuire a creare una nuova cultura, rendendo anzitutto conto del loro impegno scientifico. Esse possono offrire, sulla base della loro identità peculiare, contributi che coltivino gli aspetti veritativi e sapienziali del sapere, caratterizzanti la cultura cristiana e il suo umanesimo sostanziato dalla trascendenza. E innegabile che lÂÂapporto delle Università ecclesiastiche risulta provvidenziale nel sopravvenire impetuoso del mercato globalizzato e nellÂÂaccelerazione dellÂÂinnovazione tecnologica, condizioni queste che non raramente sospingono i saperi universitari a diventare selettivi e funzionali alle esigenze della produzione e del profitto. LÂÂeccessiva specializzazione dei saperi e lÂÂesaltazione di quelli empirici può a volte rendere quasi impossibile una sintesi umanistica, che abbisogna sempre del passaggio dal fenomeno al fondamento. Come ha ribadito Giovanni Paolo II nellÂÂEnciclica Fides et ratio, della quale ricorre il decennale di pubblicazione, occorre rielaborare una vera sintesi umanistica, senza la quale la funzione formativa si incrina, perché diventa strumentale a visioni dellÂÂuomo e della società troppo riduttive. Da questo rischio, ahimè quanto mai attuale e ricorrente, non si stanca di mettere in guardia Benedetto XVI, denunciando la deriva del nichilismo e del relativismo, come pure la confusione dei linguaggi, e in definitiva il pericolo di scontri di civiltà. 4. Il contesto di una nuova evangelizzazione Proprio in questo contesto, anche rimanendo solo a livello di situazione e di prassi universitaria, appare lÂÂesigenza di impegnarsi nellÂÂeducare, andando oltre lÂÂistruzione e la semplice acquisizione delle competenze. A Verona, il 19 ottobre 2006, in occasione del convegno della Chiesa italiana, il Papa metteva in evidenza che lÂÂeducazione della persona è un processo complesso. «Occorre preoccuparsi della formazione della sua intelligenza, - egli diceva - senza trascurare quella della sua libertà e capacità di amare. E per questo è necessario il ricorso anche allÂÂaiuto della Grazia. Solo in questo modo si potrà contrastare efficacemente quel rischio per le sorti della famiglia umana che è costituito dallo squilibrio tra la crescita tanto rapida del nostro potere tecnico e la crescita ben più faticosa delle nostre risorse morali». [2] LÂÂeducazione  scriveva ancora Giovanni Paolo II nella Fides et ratio ha tra i suoi compiti più cruciali quello di «portare gli uomini alla scoperta della loro capacità di conoscere il vero e del loro anelito verso un senso ultimo e definitivo dellÂÂesistenza». [3] Si impone pertanto una nuova evangelizzazione che preluda a una nuova educazione ancorata a unÂÂantropologia globale, in un processo che aiuti la crescita delle persone nel rispetto della loro dignità umana e divina. Vale a dire, occorre che la nuova evangelizzazione umanizzi lÂÂeducazione, sollecitandola a far leva sulle capacità cognitive ed etiche proprie di persone redente e, pertanto, messe in grado di vivere secondo principi e valori trascendenti. I progetti educativi hanno così a disposizione il quadro culturale di un umanesimo relazionale, aperto alla Trascendenza. Grazie alla salvezza donata dallÂÂAlto, questi progetti possono contare su un fondamentale ottimismo antropologico ed etico, ed essere guidati da orizzonti di speranza, rispondenti alle attese più intime dellÂÂanimo umano. Progetti in grado di aiutare lÂÂuomo dÂÂoggi, disperso negli affanni e negli impegni, a percorrere le strade della riflessione, del silenzio, della preghiera, così da vivere la vita come un viaggio spirituale verso Dio. In questo contesto si delinea ancor più chiaro per le istituzioni educative, specie quelle universitarie come la vostra, il compito di mostrare, sul fondamento delle scienze teologiche ed umane ed attraverso la ricerca e la sperimentazione, il profilo di una nuova educazione che mai può prescindere da una conoscenza più aggiornata della condizione giovanile odierna. 5. «Dilatare la razionalità» E proprio ai fini di promuovere unÂÂeducazione globale della persona, occorre affrontare con chiarezza la questione antropologica su cui ci soffermeremo nelle pagine seguenti. Va riaffermata la persona nella sua vocazione trascendente, ossia come essere dotato di una ÂÂrelazionalità in orizzontale e in verticale, di una razionalità mai ridotta a ÂÂunidimensionaleÂÂ, bensì articolata secondo la molteplicità dei gradi del sapere. Solo una ragione integrale permette di realizzare lÂÂalleanza tra scienze della natura e scienze umane e sociali; solo una ragione integrale è in grado di coniugare specializzazione e unificazione del conoscere, analisi e sintesi, definizione e interpretazione; solo con lÂÂausilio di una tale ragione, sul terreno del soggetto conoscente è possibile sostenere formativamente un qualificato saper apprendere ad apprendere, dilatando interessi personali di conoscenza, di azione e di vita, stimolando ad usare molteplici approcci cognitivi per giungere ad apprendimenti di conoscenze sempre più flessibilmente organizzati e umanamente significativi. [4] A questo riguardo, la ricerca e la didattica universitaria non possono ignorare lÂÂintrinseca referenzialità della ricerca scientifico-tecnologica allÂÂumano, della sua finalizzazione ultima allÂÂagire buono di tutti e di ognuno, insomma al bene comune sociale. Il che esige che si contemperi opportunamente scientificità disciplinare, sinergia delle discipline scientifiche, acquisizione di competenze tecnologiche con una solida formazione umanistica. Senza tale sinergia diventa estremamente difficile una armonica e qualificata crescita della persona, e sicuramente si aiutano poco anche una pacifica e corresponsabile convivenza civile, come pure lo sviluppo sostenibile dei popoli. [5] Tutto questo invece diviene più facile e sicuro quando la ragione è coniugata nellÂÂorizzonte della rivelazione cristiana, ovvero nel contesto di una razionalità superiore. La ragione infatti non è impoverita né diminuita dai contenuti della fede, anzi viene sfidata a superare se stessa, ad esprimere il meglio della sua essenza speculativa, logica, morale e sapienziale. E così, risulta più atta ad articolare il processo educativo secondo la pluralità e lÂÂunità delle dimensioni delle persone, bisognose dÂÂintegrazione tra intelletto speculativo e ragione pratica, tra verità e agape, tra mente e cuore, come ci ha meravigliosamente insegnato san Giovanni Bosco. 6. Rispondere alla questione antropologica Eccoci quindi nel cuore della questione antropologica. L'età moderna ha accentuato la centralità dellÂÂuomo nel mondo, parlandone come di un «microcosmo», ed evidenziandone le capacità di trasformazione sul mondo e sulla storia. LÂÂuomo era visto come faber, cioè costruttore del suo destino, e non semplice esecutore di una volontà superiore o fuori di sé. Oggi però queste prospettive sono entrate in crisi, nel senso che ad esse sono subentrate visioni antropologiche pessimistiche, chiuse alla speranza di un futuro migliore. Per questo spesso si parla di «fine della modernità» e di «post-modernità», sino ad ipotizzare una «mutazione antropologica» destrutturante le persone. Sono entrate in crisi le categorie basilari della vita umana: quelle di comunità/comunitarietà, di popolo e, più radicalmente, quelle di bene, di verità e di valore, di felicità e benessere, di intenzionalità e progettualità umana, di eticità, di politica e di Welfare State, di bene comune. Riemerge allora, e in maniera sempre più urgente, lÂÂantica e radicale domanda: chi è lÂÂuomo? Che cosa è e significa «umanamente degno»? Anzi: a fronte di una universalizzazione della vita e della cultura, che può azzerare le differenze culturali e le prospettive di verità e di bene (provocando frammentazione personale, relativismo culturale, assolutizzazione fondamentalistico-culturale); a fronte di ciò che le biotecnologie prospettano non solo in termini di interventi tecnico-genetici migliorativi, ma anche in termini in qualche modo «post-umani» o «oltreumani», quasi a «produrre» lÂÂuomo con la tecnica (come Mary Shelley già paventava nel suo famoso romanzo del 1818, Frankenstein or The Modern Prometheus); a fronte degli orizzonti «simulativi» di mondi virtuali creati dalle tecnologie digitali, si viene a precisare una chiara «questione antropologica» che rende cogente rispondere alle domande di sempre: Che cosÂÂè la vita, il mondo, lÂÂuomo? Qual è il suo destino e il suo futuro? Che futuro avrà lÂÂumanità? E non si può certo accettare che tutta la verità sullÂÂuomo si esaurisca nella figura dellÂÂhomo videns o dellÂÂuomo telematico, tipico della civiltà attuale della comunicazione. In effetti, con i media e la telematica, in certo modo sono venuti a svuotarsi il tempo e lo spazio, è scomparsa la relazione corporea, è mutata persino la percezione di sé: insomma si è come sradicati dalla propria «carne». Ciò che balza in primo piano è allora un ÂÂio fenomenico privo ormai di un centro unificante dei suoi molti sé. Inoltre, a causa dellÂÂipermediatizzazione e della telematizzazione delle relazioni, le persone rischiano di perdere il contatto reale con gli altri e con se stesse. Indeboliscono la propria capacità di far proiezione di sé, quindi la propria identità che  come hanno insegnato i filosofi personalisti ÂÂ, si perfeziona nel confronto con lÂÂalterità dellÂÂaltro. «Il soggetto è sempre più frammentato e nomadico- scrive Fiorani nel suo saggio intitolato ÂÂLa comunicazione a rete globale -: smarrito tra i suoi oggetti e le sue macchine, è immerso nel puro presente [ ] Il dissolvimento insieme del passato e del futuro porta a una presenzialità assente e vuota». [6] In altri termini, non si è più enti sussistenti in sé e per sé, ossia soggetti autonomi, liberi e responsabili, essenzialmente sociali e relazionali. Prevale la rappresentazione di sé come macchina comunicante, ricca di scambi sociali ma non solidale. La persona perde il contatto con la propria natura di essere umano, ÂÂsinolo di anima e corpo, dotato della capacità di conoscere il vero e il bene e di una libertà intrinsecamente legata a tale capacità e alla relazionalità. Le conseguenze di tale visione della persona, sradicata dalla sua essenza, sono facilmente immaginabili, quando si pensa alla concezione dei diritti e della convivenza sociale. I media e la telematica, contribuendo a rendere dominante una visione della realtà e dellÂÂuomo disancorata dalla loro dimensione metafisica ed etica, ne favoriscono unÂÂinterpretazione storicistica ed individualistica. Con ciò, operano una sorta di scippo nei confronti dellÂÂuomo e della società: tolgono loro la prospettiva del compimento e la rappresentazione dellÂÂideale. E tornano con tremenda attualità le famose tre domande kantiane: «Che cosa possiamo conoscere? Che cosa possiamo fare? Che cosa ci è dato sperare?». 7. LÂÂesigenza di una nuovo umanesimo planetario Dinanzi a una tale situazione si sente urgente una nuova sintesi di umanesimo. SullÂÂimpianto classico greco-romano della soggettività e dei ruoli sociali giocati dallÂÂuomo, il pensiero filosofico-teologico di ispirazione cristiana ha elaborato in passato il concetto di persona umana (individuo, gruppi, comunità) come soggetto capace di interiorità, di autonomia, di libertà, di responsabilità e di auto-trascendenza. Per noi cristiani, lÂÂuomo è  come si dice  un «essere in-sé», soggetto, che nessuno può ridurre ad oggetto, almeno in forma assoluta e definitiva; è essere aperto agli altri (esse-ad); un «essere di comunione», che, nella sua esistenza spazio-temporale e storica, si può porre in rapporto attivo e ricreativo con Dio (nella religione e nella fede, e nel sacrario della sua coscienza interiore), con il mondo (nel lavoro) e con gli altri (con la sua corporeità, linguaggio, impegno, nei rapporti interpersonali e nella vita comunitaria). LÂÂuomo è fine (non solo mezzo, direbbe Kant), è un «essere per sè» (cioè degno di essere «chiamato», apprezzato, rispettato e amato: anzitutto da Dio che lo ha creato). LÂÂuomo è parte/membro (della specie umana, della società, della Chiesa, dellÂÂumanità), ma anche «tutto» (interiorità, spiritualità, trascendenza). Per questo, Maritain scrive che lÂÂuomo è individualità (parte, materia, corporeità) e personalità (tutto, anima, spiritualità), nellÂÂintegrazione tra microcosmi e macrocosmi, tra empiricità, ontologia, metafisica, assiologia, etica religiosità. [7] Nel complesso clima culturale di oggi ritorna quindi prepotente lÂÂaffermazione della persona, della persona vivente, «con nome e cognome», fonte di diritti e di dignità, responsabile della vita, propria, altrui e del bene comune. Tuttavia, come per i diritti umani che ne costituiscono per così dire lÂÂirradiazione a livello ideale e valoriale, così anche per lÂÂaffermazione della persona, si richiede un rinnovato impegno di «pensarla bene» nella sua complessità interna e relazionale, di tradurla in termini culturali condivisibili, di ricercarne la fondazione ontologica, per quanto pluralistica essa possa e debba essere. E questo, oltre ogni aspetto empirico, storico e fattuale, e oltre ogni stesso impegno «politico» di difesa, tutela e promozione. LÂÂUniversità salesiana, che coltiva il proposito di servire la Chiesa e la società soprattutto sul piano educativo in termini personalisti e relazionali, non può non dare qualità e profondità teorica alla proposta, che viene avanzata da molte parti, di un «nuovo umanesimo» adeguato all'attuale condizione dell' «uomo planetario». Potrà così contribuire a integrare e rendere visibili le molteplici interdipendenze che si manifestano nellÂÂesistenza umana attuale, tra locale e globale, tra reale e virtuale, tra identità e differenza, tra empiricità e interiorità, tra novità e perennità; potrà anche contribuire a generare l'idea di un essere umano integrale, di «persona umana» capace di concentrare nella singolarità del microcosmo personale i molteplici aspetti del macrocosmo umano. 8. Una paideia della persona umana Essendo compito di ogni Università farsi attenta non solo alle idee ma anche ai processi sociali, lavorare cioè per passare dal livello globalmente antropologico a quello propriamente culturale e pedagogico, più vivo oggi si avverte di conseguenza il bisogno improcrastinabile di arrivare a una nuova paideia, cioè a una nuova cultura educativa, umanamente degna (e non solo funzionalmente e utilitaristicamente significativa). Una nuova paideia che  pur nelle differenziazioni della sua coniugazione culturale e disciplinare  cerchi le vie adeguate per essere allÂÂaltezza dei tempi, capace in definitiva di affrontare le sfide per costruire un futuro più «umano» rispetto a quanto viene prospettato in questÂÂinizio di secolo. La humanitas del nuovo umanesimo deve, cioè, essere riletta a livello pedagogico, affinché possa evidenziare il fine, lÂÂorizzonte e il telos della personale e comunitaria responsabilità/solidarietà educativa, a tutti i livelli e, in particolare, a livello universitario. In questa linea, a fronte dei moderni modi di apprendere delle nuove generazioni  più affidati ai «non luoghi» mediatici e telematici che ai «luoghi» tradizionali della famiglia, scuola, parrocchia, associazioni, più realizzati nellÂÂinformale che nel formale, più vissuti secondo logiche informatiche che razionali, più in immagini che in concetti  lÂÂeducazione a tutti i livelli dovrà «insegnare ad apprendere» e «insegnare ad essere»; dovrà promuovere unÂÂacquisizione critica, sistematica e integrata del meglio della cultura sociale e, al contempo, formare le capacità di «fare cultura»; dovrà collaborare allo sviluppo interiore, spirituale e morale delle persone, a cominciare dalla costruzione delle coordinate del personale e comune essere nel mondo e dalla ritessitura dei «fili invisibili della vita», che permettono di assicurare ad essa e alla storia un senso aperto al di più, al futuro e allÂÂoltre. LÂÂeducazione stimolerà così allÂÂacquisizione di competenze specifiche/professionali che permettano un buono ed effettivo inserimento nel mondo del lavoro e della produzione sociale, con competenze generali/personali che rendano possibile una vita umanamente degna per ciascuno e per tutti, individualmente e comunitariamente. Sosterrà ancora lÂÂeducazione la formazione di cittadini in grado di partecipare consapevolmente alla costruzione di collettività più ampie e composite, siano esse quella nazionale, quella europea, quella mondiale. LÂÂeducazione potrà conseguire tali obbiettivi proprio attraverso la valorizzazione delle differenze personali e delle radicazioni culturali di ogni persona, nelle varie età della vita, operando sinergicamente (o, come oggi spesso si dice, «a rete») tra sistema sociale di formazione (informale, non formale, formale), tra istituzioni formative e territorio, le sue diverse configurazioni sociali, non ultime quelle religiose ed ecclesiali. 9. Il senso della profezia cristiana sullÂÂuomo Ci chiediamo ora, in questo contesto, come e in che modo possa unÂÂUniversità pontificia contribuire a rispondere alle domande di significato che gli uomini del nostro tempo si pongono, preoccupati del proprio e del comune futuro. Compito di una Università pontificia non può che essere lÂÂannuncio di Cristo, riproporre la «profezia» del Vangelo dell'incarnazione del Dio che si è fatto uomo perché lÂÂuomo sia redento, salvato, divinizzato; annunciare la rivelazione dell'amore misericordioso di Dio, che ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio unigenito per farci tutti «figli nel Figlio»; proclamare il rinnovamento umano nello Spirito, che permette non solo la riconciliazione tra umano e divino, tra tempo ed eternità, ma anche tra persone, gruppi, popoli e linguaggi (permettendo, quindi, la possibilità di dialogare, comunicare, far comunità e comunione, al di là di ogni alterità, differenza, separatezza, solitudine, emarginazione, esclusione). La ÂÂprofezia del Vangelo permette di intravedere, per un verso il senso del limite e della fragilità umana (la «canna pensante» di Blaise Pascal), e, per altro verso evidenzia una profonda aspirazione ad «essere di più» (Emmanuel Mounier), e, in chiave cristiana, lÂÂaspirazione ad una vita vissuta sotto l'azione vivificante e trasformante dello Spirito di Dio. Lo Spirito Santo è principio ed energia vitale che spinge gli uomini a vivere «secondo Dio», come esseri cioè in relazione personalissima con Dio, come comunità di credenti e come popolo sacerdotale e profetico, chiamato a rendere visibile nel mondo l'amore creante e redentore di Dio; a ricreare il proprio io secondo lo Spirito di Dio (Tommaso d'Aquino, De virtutibus, q. 1, a. 10); a ricercare «prima di tutto» il Regno di Dio e la sua giustizia (Mt 6,25-33), nell'«attesa di cieli nuovi e terra nuova in cui abiterà definitivamente la giustizia» (2 Pt 3,13). In tale prospettiva, la vita morale, che si articola nella libera adesione a norme e principi divini iscritti nel cuore di ogni uomo, si nutre di una personale relazione con Dio in Gesù Cristo e, nella luce di essa, è ricerca del giusto rapporto con gli altri e con le realtà temporali. Come conseguenza, lÂÂesistenza storica risulta segnata dalla «sacramentalità», vale a dire dalla costante coniugazione di visibilità e di mistero, di concretezza e di idealità, di impegno e di invocazione, di inserzione nel tempo e di apertura all'eterno. Ed in questa linea potrà continuare ad avere valore «maieutico e liberante»  anche a livello pedagogico-educativo  la testimonianza di «una vita che profuma di Vangelo» e che, «vivendo di fede», mostra la dignità e la valenza umana della stessa profezia cristiana sullÂÂuomo e sulla storia umana. 10. LÂÂesigenza di una Università come comunità educativa LÂÂimmagine «comunitaria» è connaturata alla esperienza storica dellÂÂUniversità, concepita come organico convergere e vivere, tipico di una universitas magistrorum et scholarium. Ancor più importante è oggi questa visione comunitaria se si vuole che il movimento intenzionale dellÂÂistituzione e della prassi universitaria sia decisamente focalizzato e indirizzato sulla e verso la formazione «specialistica» di uomini e donne «per lÂÂuomo e per la comunità», «ultimamente per Dio». In quanto luogo di formazione mediante lÂÂacquisizione delle conoscenze scientifiche, lo studio rigoroso e lo sviluppo della coscienza critica, lÂÂUniversità non potrà non essere comunità di dialogo, di ricerca e di esperienza sociale. Certo, oggi dovrà essere informata ai valori democratici e dellÂÂetica pubblica, in interazione con la più vasta comunità civile e sociale di cui lÂÂUniversità è parte integrante e culturalmente stimolativa. Si dovrà pensare a procedure corrispondenti, ma certamente anche curare la qualità delle relazioni dirigenti-amministratori-docenti‑studenti, coniugando complessità e autonomia, personale e istituzionale, rispetto delle procedure e dei ruoli e pratica della corresponsabilità partecipata e differenziata, in vista del raggiungimento di obiettivi culturali e professionali adeguati alle grandi finalità dellÂÂistituzione universitaria, che sono: la ricerca, la formazione, la diffusione culturale, la gestione istituzionale-universitaria. E tutto questo, sulla base della libertà dellÂÂinsegnamento, del diritto di opinione e di espressione, della libertà religiosa, del rispetto reciproco delle persone e delle «differenze» individuali e di status sociale, nel ripudio di ogni barriera ideologica, sociale e culturale, ma anche nellÂÂimpegno della ricerca e della tensione etica per la verità e il bene comune. La ricerca della «positività» dellÂÂazione educativa e la coscienza che lÂÂeducazione è «opera comune» spingono a chiedere  a livello di esercizio pubblico del «servizio educativo»  un preciso quadro istituzionale, giuridico e deontologico per il suo corretto espletamento. 11. Conclusione Nel contesto della visione cattolica dellÂÂeducazione globale acquistano infine  e mi avvio alla conclusione - una rilevante importanza la figura e la missione dei docenti universitari. Occorre che essi siano personalità di profondo spessore umano, prima ancora che provvisti delle pur necessarie e valide competenze accademiche: persone spiritualmente ricche, annunciatori credibili del Vangelo, testimoni chiari della qualità umana della cultura che insegnano o propongono. Soprattutto, non possono non essere al contempo «maestri» e «politici», nel senso alto e umano di «costruttore di polis», e di cittadinanza aperta e attivamente impegnata per uno sviluppo storicamente sostenibile, umanamente degno per tutti. Educare per un docente è partecipare agli studenti il sapere comunicando valori e senso; è aiutare a costruire insieme un futuro migliore per ciascuno e per tutti mantenendo viva la fiamma della speranza; è testimoniare quella «verità che salva», a cui si può pervenire grazie al dinamismo conoscitivo di «una fede amica dellÂÂintelligenza e animata dallÂÂagape». Mi pare che sia proprio questo il messaggio che Papa Benedetto XVI va ripetendo in ogni circostanza opportuna indicando lÂÂeducazione come una modalità cristiana di dialogare e di riflettere culturalmente. La sua carriera di docente e la sua lunga esperienza di Pastore lo rendono guida saggia e illuminata per tutti coloro che sono chiamati a svolgere questo servizio nella Chiesa e nella società, un servizio indispensabile allÂÂevangelizzazione specialmente dei giovani e della cultura. Maria, Sedes sapientiae vegli sullÂÂanno accademico appena avviato; un nuovo anno che auguro, grazie anche allÂÂintercessione di san Giovanni Bosco, sereno, fruttuoso e proficuo per tutti. Grazie!
[1]
J. S. Bruner,
Verso una teoria dellÂÂistruzione, Armando, Roma 1967, p. 51.
[2]
Benedetto XVI,
Discorso al Convegno di Verona (19 ottobre 2006), in «LÂÂOsservatore Romano» (venerdì 20 ottobre 2006) 7.
[3]
Giovanni Paolo II, Lettera enciclica
Fides et ratio, n. 102, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1998, p. 148.
[4]
Cf E. morin,
Quelle université pour demain? Vers une évolution transdisciplinaire de lÂÂuniversité, in «Motivations» 24 (1997) 1-4.
[5]
Cf G. Tanzella-Nitti,
Passione per la verità e responsabilità del sapere, Casale Monferrato, Piemme, 1999, p. 188.
[6]
E. Fiorani,
La comunicazione a rete globale, Lupetti-Editori di Comunicazione, Milano 1998, p. 106.
[7]
Cf J. maritain,
La persona e il bene comune, Morcelliana, Brescia 1995
10.
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