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CELEBRAZIONE EUCARISTICA PER LA COMUNITÀ ECCLESIALE
DELL'ORDINARIATO MILITARE IN ITALIA

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE

Domenica, 13 gennaio 2008

 

Eccellenza Reverendissima,
Cari confratelli nel Sacerdozio,
Distinte Autorità Militari! 

All’inizio di ogni anno, da ormai circa due decenni, la comunità ecclesiale dell’Ordinariato Militare in Italia si raccoglie, in questa chiesa di santa Caterina da Siena a Magnanapoli, per una solenne celebrazione eucaristica, a cui prendono parte le più alte cariche del mondo militare. E’ questa una singolare opportunità per domandare a Dio il prezioso dono della pace, e riflettere sul Messaggio che il Santo Padre invia ai Capi di Stato del mondo intero in occasione della Giornata Mondiale della Pace, che ricorre il 1° gennaio. Quest’anno alcuni importanti anniversari ci offrono l’occasione di celebrare con più solennità la Giornata Mondiale della Pace: sono trascorsi infatti 40 anni da quando il Papa Paolo VI ebbe la felice intuizione di istituirla; sono trascorsi 60 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani da parte dell’ONU e 25 dall’adozione da parte della Santa Sede della Carta dei diritti della famiglia.

Sono pertanto particolarmente lieto di presiedere questa Santa Messa, e mi è ancor più gradito trasmettere a tutti voi il cordiale e benedicente saluto di Sua Santità Benedetto XVI insieme ai suoi più cordiali auguri di un nuovo anno sereno e proficuo. Agli auguri del Santo Padre unisco volentieri i miei, mentre con deferente affetto saluto tutti voi qui presenti e la grande famiglia dell’Ordinariato Militare d’Italia. Il mio saluto  e il mio ringraziamento  per il cortese invito va in primo luogo all’Ecc.mo Ordinario Militare, Mons. Vincenzo Pelvi, che da non molto tempo ha assunto quest’incarico e lo svolge con grande passione. Saluto  il Signor Ministro della Difesa, i Capi di Stato Maggiore e le altre Autorità Militari presenti. Saluto i Reverendi Cappellani Militari e tutti coloro che operano sul piano pastorale in un così importante settore della vita della nazione italiana. Desidero esprimere il mio vivo apprezzamento per l’entusiasmo, la dedizione e lo zelo con cui voi, cari confratelli sacerdoti, svolgete la vostra missione apostolica tra i soldati, rendendo visibile e vicina la Chiesa ad ogni persona, e cercando di splendere, come scrive il vostro Arcivescovo nella sua Lettera pastorale, “come astri di speranza”. Il vostro ministero è ministero di pace, che vi spinge a recare una parola di speranza a quanti incontrate, a diventare – scrive ancora il vostro Pastore – “pietre vive, poste dal Signore come segnali indicatori sulla strada verso una umanità nuova”.

Tutti siamo assetati di speranza, tutti aspiriamo alla pace, ma la pace vera, quella annunciata dagli angeli nella notte di Natale, quella che Cristo ci assicura, non è semplice conquista dell’uomo o frutto di accordi politici e militari. La pace, la pace vera, è innanzitutto un dono divino, da implorare costantemente; è, allo stesso tempo, un impegno costante, umile e generoso, da portare avanti con pazienza rispettando quella legge divina iscritta nel cuore di ogni essere umano. Che la pace vera sia vangelo, buona notizia, messaggio di salvezza per tutti, ce lo ricorda la seconda Lettura tratta dagli Atti degli Apostoli, che è stata poco fa proclamata. Iddio – afferma Pietro in casa del centurione Cornelio - ha inviato la sua parola, “recando la buona novella della pace per mezzo di Gesù Cristo, che è il Signore di tutti” (cf At 10,36). Per noi cristiani, è Cristo la nostra Pace, Lui che ha abbattuto le barriere della divisione e dell’indifferenza reciproca, che ha unito popoli diversi nel vincolo dell’unico amore. Ecco è la pace che noi auspichiamo per l’umanità; la pace che non ci stanchiamo di invocare con la preghiera e di costruire con un incessante sforzo; la pace che nasce innanzitutto in noi stessi quando riusciamo a spegnere nel nostro cuore il fuoco violento dell’odio, della gelosia, dell’egoismo e dell’indifferenza.

Maestro di autentica pace è il “Servo di Dio”, del quale parla Isaia nella prima lettura. Egli, preannuncia il profeta, verrà a “proclamare il diritto”, insegnerà a vivere “per la giustizia”, e con la sua “luce” dissiperà la cecità del cuore liberando il suo popolo dalla “prigione” dell’odio e di ogni formalismo egoistico. Di questa pace, che è fondamento della pace degli uomini, parla anche quest’anno il Papa nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, ponendo un accento particolare sulla famiglia. Il tema è infatti: “Famiglia umana, comunità di pace”. In tal modo, il Santo Padre vuole ricordare che alle radici della pace tra le nazioni c’è la famiglia e che proprio la famiglia modello può e deve ispirare i rapporti di solidarietà e di collaborazione da costruire instancabilmente all’interno dell’unica comunità umana costituita dall’insieme dei popoli della terra. Il Messaggio è così tutto percorso dal parallelismo esistente tra la famiglia e l’umanità. È nella famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna – osserva Benedetto XVI - che si fa esperienza di alcune componenti fondamentali della pace: la giustizia e l’amore, ma anche l’autorità esercitata dai genitori, il servizio e l’aiuto a che ne ha bisogno, fino all’accoglienza e al perdono. Per dirla con una bella espressione del testo papale, «il lessico familiare è un lessico di pace» (n. 3).

Esiste pertanto uno stretto legame tra famiglia, società e pace. E il Santo Padre fa osservare come “chi anche inconsapevolmente osteggia l’istituto familiare rende fragile la pace nell’intera comunità, nazionale e internazionale, perché indebolisce quella che, di fatto, è la principale “agenzia” di pace» (n. 5). La famiglia va allora protetta con misure concrete perché costituisce una risorsa di pace. E termina il suo Messaggio invitando ogni uomo e ogni donna a prendere più lucida consapevolezza della comune appartenenza all’unica famiglia umana, e ad impegnarsi perché la convivenza umana sulla terra rispecchi sempre più questa convinzione da cui dipende l’instaurazione di una pace vera e duratura. Facendo eco alle parole di Benedetto XVI, e rendendomi interprete del suo desiderio di pace per le famiglie, per le nazioni e per l’umanità intera, vorrei consegnare idealmente a ciascuno di voi, alle illustri Autorità, al Pastore e ai Cappellani, a voi qui presenti e a tutti i soldati al servizio dell’Italia, il suo Messaggio della Giornata Mondiale  della Pace. Nel vasto cantiere della pace mondiale, anche le forze armate hanno un loro specifico ruolo: esse sono al servizio della pace come viene percepito sempre più dalla pubblica opinione e come dimostrano le tante missioni umanitarie che conducono i nostri soldati con generosa dedizione in luoghi della terra disagiati e a rischio. E mi pare doveroso qui rendere omaggio a coloro che hanno pagato con il prezzo della loro vita questo loro servizio alla pace, assicurando una preghiera per le loro anime e rinnovando la nostra vicinanza spirituale alle loro famiglie.

Il Santo Padre ha voluto riprendere alcuni passaggi del suo Messaggio nell’omelia del 1° gennaio scorso, affermando con forza che i valori e i diritti della famiglia naturale sono i fondamenti della pace nel mondo, e sempre lo stesso giorno, all’Angelus, ha aggiunto che solo proteggendo decisamente l’istituto familiare si riesce a rendere più salda l’intera comunità internazionale. Ricevendo poi, il giorno seguente, lunedì 7 gennaio, il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per il consueto incontro d’inizio anno, ha ribadito che “per avere giustizia e pace non si può escludere Dio dall’orizzonte dell’uomo e della storia”. Dio, famiglia e pace sono quindi realtà tra loro unite, strettamente congiunte l’una all’altra a tal punto che, come dimostra l’esperienza della storia, risulta purtroppo vano lo sforzo di realizzare la pace nel mondo se non si tiene conto del ruolo fondamentale della famiglia e se soprattutto si esclude Dio dalla vita degli uomini.  Senza Dio ci si affatica invano nel costruire la città degli uomini. Ma si pone qui una domanda: quale è il vero volto di Dio?

Veniamo così all’odierna festa del Battesimo di Gesù, che chiude il tempo liturgico del Natale. A Natale abbiamo rivissuto la nascita del Redentore nella stalla di Betlemme, annunciata dagli angeli circonfusi di splendore celeste; domenica scorsa, solennità dell’Epifania, siamo rimasti stupiti dinanzi alla stella che guidò i Magi giunti dall'Oriente fino alla mangiatoia di Betlemme. E oggi, mentre Gesù riceve il Battesimo da Giovanni Battista nel fiume Giordano, ascoltiamo risuonare dall’alto la voce del Padre: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto” (cfr Mt 3,13-17). Scendendo nelle acque del Giordano, Gesù si identifica con i peccatori, si fa carico del pesante fardello dei peccati degli uomini per portarli su di sé ed espiarli con il sacrificio della vita che si consumerà sul Calvario. Ecco, cari fratelli e sorelle, il nostro Dio: Colui che sconfigge la prepotenza del male con l’onnipotenza del suo amore; Colui che ha assunto dimensioni umane  - si è fatto uomo come noi - perché noi lo potessimo toccare, vedere e comprendere e sperimentare il suo amore concreto, personale, palpabile.

Nel Bambino che vagisce nella grotta come nell’uomo già trentenne che si presenta per ricevere il Battesimo,  non è certo facile riconoscere la grandezza del nostro Dio: occorre un cuore semplice e umile, uno sguardo puro e libero, mani aperte e pronte ad accoglierlo. Ma ciò che è grande per la mentalità del mondo è per lui senza valore, e ciò che conta poco nella logica dei potenti e invece essenziale per la salvezza personale e dell’umanità. Cristo non è un “messia trionfante” come molti attendevano allora, ma “servo” che, abbassandosi fino all'apparente impotenza dell'amore, ci indica la via che rende veramente grande l’uomo: servire Dio e i fratelli, un servizio per amore. Se nel Natale e nell'Epifania siamo rimasti estasiati dinanzi al prodigio di un Dio che è venuto ad abitare tra noi, nella festa del Battesimo di Gesù comprendiamo che Egli incarnandosi è entrato nella quotidianità della nostra vita, si è unito a noi, e con il Battesimo dà a tutti i suoi discepoli la possibilità di camminare insieme a lui. E’ diventato la grande speranza senza la quale – ricordava ancora Sua Santità nell’omelia di domenica scorsa – “si cerca la felicità nell’ebbrezza, nel superfluo, negli eccessi e si rovina se stessi e il mondo”. Per instaurare un “ordine di sviluppo giusto e sostenibile” senza il quale è impossibile costruire la pace nel mondo - continua il Papa, “c’è bisogno di uomini che nutrano una grande speranza e possiedano molto coraggio”. E’ quanto vogliamo chiedere al Signore proseguendo la celebrazione della Santa Messa. Affidiamo noi stessi, la grande famiglia dell’Ordinariato Militare d’Italia, alla materna intercessione della Vergine Maria, e sotto il suo celeste patrocinio poniamo l’anno appena iniziato e tutte le attività che svolgerete nei prossimi mesi. Maria, Regina della Pace, rendici ministri di pace, testimoni di Cristo, Principe della Pace. Amen!    

       

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