Index

  Back Top Print

INTERVENTO DI S.E. MONS. PAUL RICHARD GALLAGHER
IN OCCASIONE DELLA RIUNIONE AD ALTO LIVELLO ALL’ONU NEL 20.mo ANNIVERSARIO DELLA DICHIARAZIONE DURBAN E DEL PIANO D’AZIONE (DDPA)

 

Signor Presidente,

La Santa Sede è lieta di partecipare all’incontro di Alto Livello per commemorare il 20° anniversario della Dichiarazione di Durban e del Piano di Azione, incentrato su «riparazioni, giustizia razziale e uguaglianza per le persone di origine africana».

Come parte della Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, la Santa Sede, conformemente alla sua natura e missione particolare e in spirito di cooperazione, è impegnata a combattere ogni forma di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza ad essi collegata.

Il razzismo è radicato nell’errata e infausta asserzione che un essere umano ha minore dignità rispetto a un altro. Ciò non solo ignora la verità che «tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti» (Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, art. 1), ma disattende anche l’esortazione etica fondazionale ad agire «gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza» (Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, art. 1).

Come ha osservato Papa Francesco nella sua Lettera enciclica Fratelli tutti, i «progressi della società non sono così reali e non sono assicurati una volta per sempre» (Papa Francesco, Fratelli tutti, n. 20), con il razzismo che regolarmente si nasconde sotto la superficie e «riappare sempre di nuovo» (Papa Francesco, Fratelli tutti, n. 20).

Molte persone di origine africana nel mondo sono migranti o rifugiati che, dopo aver lasciato la loro casa — o essere stati costretti a lasciarla —, nei Paesi di destinazione trovano razzismo e xenofobia, discriminazione e intolleranza invece che il sostegno di cui hanno bisogno. La mia Delegazione auspica che la recente istituzione del Forum permanente per le persone di origine africana  contribuisca agli sforzi locali, nazionali e internazionali volti a dare giustizia e sostegno alle vittime di razzismo.

I diritti umani universali sono indivisibili e interdipendenti e pertanto non possono esistere in opposizione. Le leggi e le norme che cercano di sradicare la discriminazione e l’intolleranza devono dunque rispettare il diritto alla libertà di opinione, pensiero, religione e coscienza. Monitorare, indagare e perseguire i casi di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza ad essi collegata per gli Stati non dovrebbe mai diventare una giustificazione per la violazione di diritti umani di minoranze o la censura di opinioni minoritarie.

Il razzismo può e deve essere sconfitto attraverso una cultura d’incontro, fraternità e solidarietà. Se l’adozione di accordi e dichiarazioni internazionali come la Dichiarazione di Durban è un passo importante e necessario, deve però condurre a un vero cambiamento attraverso la loro implementazione da parte dei governi, come anche attraverso l’educazione e i servizi etici da parte dei media, fornendo informazioni oggettive e basate sui fatti in modi che rispettino la dignità di tutti e non promuovano una mentalità divisiva del “noi contro loro”.

Signor Presidente,

La Dichiarazione di Durban giustamente esprime preoccupazione per l’intolleranza, gli atti ostili e la violenza nei confronti di gruppi religiosi (cfr. Dichiarazione di Durban e Piano d’Azione, 2001, 59). L’intolleranza sulla base della religione o della fede porta a limitazioni del diritto di praticare liberamente la religione di propria scelta e, nelle forme più estreme, può causare ostilità, violenza e crimini atroci. La mancanza di rispetto per il diritto alla libertà di religione e di fede porta alla violazione di altri diritti umani. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un aumento generale della persecuzione religiosa da parte di attori statali e non-statali. Singoli individui e intere popolazioni vengono discriminati a causa della loro fede, mentre i responsabili godono spesso di impunità. In certe regioni rischiano di estinguersi alcune minoranze religiose, tra cui anche cristiani, che costituiscono il gruppo più perseguitato a livello globale (Pew Research Center, In 2018, Government Restrictions on Religion Reach Highest Level Globally in more than a Decade, pubblicato il 10 novembre 2020).

Un’altra forma di discriminazione è l’insidiosa pratica dell’eugenetica. Oggi potremmo dire che spesso dietro alle tecniche di procreazione assistita e ai lati oscuri della diagnostica prenatale si cela una mentalità eugenetica, dove l’idea che vi siano esseri umani di minor valore a causa di disabilità, sesso o altre caratteristiche molte volte porta alla negazione del loro diritto alla vita. Una simile mentalità racchiude principi di discriminazione in netto contrasto con la Dichiarazione di Durban e non può essere ignorata.

Signor Presidente,

La Dichiarazione di Durban riconosce il ruolo della religione nel promuovere la dignità e il valore inerente a ogni persona e nello sradicare il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l’intolleranza ad essi collegata (cfr. Dichiarazione di Durban e Piano d’Azione, 2001). Questo deve essere associato a una legislazione e a istituzioni che funzionino, ma alla fine «il razzismo scomparirà… solo quando morirà nel cuore delle persone» (cfr. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, La Chiesa di fronte al razzismo. Per una società più fraterna, Città del Vaticano, 2001, 29).

Grazie, Signor Presidente.

_______________________

L'Osservatore Romano, Anno CLXI n. 216, giovedì 23 settembre 2021, pp. 1;4.