INTERVENTO DI S.E. MONS. GIOVANNI ANGELO BECCIU, SOSTITUTO PER GLI AFFARI GENERALI DELLA SEGRETERIA DI STATO, ALLA CELEBRAZIONE DEL "NATIONAL DAY DELLA SANTA SEDE" A MILANO EXPO 2015 Milano Giovedì, 11 giugno 2015 Eminenze, Distinte Autorità, Signore e Signori, 1. Sono lieto di prendere parte al National Day della Santa Sede in questo scenario di Expo Milano 2015 il cui titolo Nutrire il pianeta. Energia per la vita è stato recepito con grande sensibilità e attenzione dalla Chiesa Cattolica. La Santa Sede, proseguendo una lunga e ininterrotta tradizione, ha risposto volentieri all’invito del mondo delle istituzioni, del lavoro, dell’economia, della scienza e della cultura unendosi alla riflessione su una questione, che fa parte delle preoccupazioni e delle iniziative a favore della vita dei singoli, dei popoli e degli Stati. La presenza della Sede Apostolica all’Expo attraverso un suo luogo simbolico – e meglio si direbbe attraverso un suo “messaggio” – vuole dunque testimoniare l’impegno a cooperare e la volontà di contribuire, con idee e fatti, agli sforzi volti a garantire l’esistenza umana e a individuare nuove possibilità del sapere e della ricerca. La speranza è che tutto possa favorire una più ampia coesione sociale nel futuro della famiglia umana. Per queste ragioni, senza in alcun modo negare quell’autonomia che resta un valore intrinseco ad ogni attività umana (Cfr. Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, 34), la Santa Sede crede che si possano aprire orizzonti più ampi con il riferimento, irrinunciabile, alla persona umana ed al suo desiderio di migliori condizioni di vita. Nell’espressione Non di solo pane trovano sintesi quelle condizioni che fanno di ogni essere umano una persona che unisce nella propria esistenza una dimensione spirituale e materiale. Una persona chiamata, come ci ricorda Papa Francesco, non solo a «coltivare e a custodire la terra» (Udienza generale, 5 giugno 2013), ma a preservare ed a dare continuità all’ordine della creazione nel quale si inserisce a pieno titolo il tema della nutrizione (Cfr. Francesco, Discorso alla II Conferenza Internazionale sulla Nutrizione, 20 novembre 2014, 3). La disponibilità di cibo, il lavoro dei campi, la produzione alimentare, l’uso di tecniche innovative come pure la preservazione di conoscenze sedimentate nel corso della storia, sono aspetti non riservati esclusivamente alle soluzioni tecniche o alla competenza politica e alla valutazione economica, ma necessitano di principi etici e orientamenti morali su cui fondare conseguenti scelte e decisioni condivise. Infatti, se ancora oggi oltre due miliardi di persone soffrono di malnutrizione, e molti di loro anche di fame cronica, nonostante decisioni e programmi che la Comunità internazionale ritiene tecnicamente precisi e in grado di poter dare le risposte a persone, famiglie e bambini, la causa va ricercata anzitutto nell’assenza di volontà nel condividere. Una carenza di cui sono espressione egoismi, interessi particolari, conflitti, speculazione finanziaria, violazione di diritti fondamentali, ineguale partecipazione ed esclusione dai processi decisionali. E questo elenco potrebbe facilmente continuare. È necessario, allora, un autentico sussulto delle coscienze che determini scelte razionali e tecniche «perché tutti possano beneficiare dei frutti della terra [...] anche e soprattutto per un’esigenza di giustizia e di equità e di rispetto verso ogni essere umano» (Francesco, Discorso ai Partecipanti alla 38ª Sessione della Conferenza della FAO, 20 giugno 2013, 1). 2. Dalla sua particolare prospettiva la Santa Sede vede il vasto obiettivo di garantire un livello di nutrizione adeguato come una reale esigenza delle persone e quindi quale risultato di una vera condivisione, quella stessa resa oggi evidente dalla partecipazione di tanti Paesi all’Expo Milano 2015. Però un’azione condivisa che abbia come priorità la riduzione del numero degli affamati deve prevedere non solo interventi nelle situazioni di emergenza, ma attività in favore dello sviluppo agricolo e un loro finanziamento proporzionato alle diverse capacità dei donatori e alle esigenze dei beneficiari. Dare e ricevere secondo giustizia, richiede una formazione delle coscienze alle esigenze dell’altro, di ogni prossimo, anche quando il problema riguarda l’uso delle tecnologie, il loro trasferimento verso le aree più vulnerabili e la capacità di rispondere alle esigenze dei beneficiari, senza limitarne prerogative, diritti e – non da ultimo – abitudini e culture alimentari. Un tale impegno domanda a Governi, Istituzioni Internazionali e Organizzazioni della società civile impegnate per la sicurezza alimentare di operare insieme, preservando le diversità, ma non contrapponendole e utilizzando come unico strumento concreto il dialogo. Non si tratta solo di riaffermare l’importanza delle differenti culture alimentari presenti nei vari angoli del mondo o di preservare il valore delle molteplici pratiche legate alla coltivazione, ma anche di ridiscutere le modalità di consumo del cibo. La lettura di dati e di fatti fanno già scorgere segnali positivi come, ad esempio, il perfezionarsi della sicurezza degli alimenti mediante un’attività di prevenzione in fase di produzione, conservazione e distribuzione, ma anche un più diretto ripensamento dei nostri stili di vita che sembrano ormai unicamente orientati alla «globalizzazione dell’indifferenza» (Francesco, Evangelii gaudium, 55). Adeguare i consumi alle reali necessità evitando sprechi e sperperi di alimenti è già una garanzia di riuscita delle strategie per la sicurezza alimentare, e soprattutto è una delle vie maestre per «globalizzare la solidarietà» (Ibid.). È questo l’impegno a cui tutti siamo chiamati! Del resto, nelle riflessioni dell’Expo, quando si fa riferimento alla protezione dei differenti regimi nutrizionali o alla continuità delle tradizioni agricole, emerge chiaramente l’obiettivo di individuare “ciò che unisce” i popoli. Si tratta di una strategia importante, capace di rendere funzionale alla dimensione umana ogni azione che nel garantire ad ogni persona “il pane quotidiano” abbia a cuore la pacifica convivenza tra i popoli ed il loro sviluppo integrale. Mi sia consentita in proposito un’annotazione che scaturisce da un ricordo personale risalente agli anni di studio quando rimasi colpito da un passaggio della tradizione giuridica della Chiesa, quel Decreto di Graziano che nel 1140 giungeva a dire: «Nutri colui che è moribondo per fame, perché se non l’hai nutrito, l’hai ucciso» (Dist. LXXXVI, c. 21 [ed. Friedberg]). Un imperativo a cui quel grande giurista affiancava una modalità evangelica, e perciò pratica, di realizzazione:«Fai agli altri ciò che vuoi sia fatto a te; non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te» (Decretum Gratiani, I, Dist. I, in princ.). Si tratta di quella regola aurea presente nelle differenti culture, credi e visioni religiose che è fondamento non solo di situazioni giuridiche e di diritti individuali, ma della naturale fraternità tra gli esseri umani, della loro comune uguaglianza, della loro libertà. 3. Vorrei concludere questa riflessione ricordando come anche in un contesto quale l’Expo le religioni operino “in prima linea”, fornendo indicazioni di principio e di guida – e forse anche di monito – quando propongono l’immagine del cibo come offerta, che la tradizione cristiana simboleggia nel pane e nel vino. Un’offerta in grado di costruire una visione armoniosa della comunità e della coesione sociale che si esprime nel senso della condivisione, dell’accoglienza e, direi anche, del dono reciproco verso l’altro che è poi ogni nostro prossimo. Un programma che anche in un ambiente come quello che oggi ci ospita può essere promotore di nuove relazioni e di rapporti solidali. Siamo di fronte ad un esempio concreto dei modi con cui le religioni manifestano la capacità di travasare il loro insegnamento dalla dimensione spirituale in una concreta dimensione etica in grado di determinare la ricerca delle condizioni sociali, politiche ed economiche per liberare dalla fame i milioni di esseri umani che, tuttora, ne sono vittime. Questo presuppone in primo luogo l’impegno ad estirpare alla radice le cause dell’insicurezza alimentare e della denutrizione che diventano spesso veicolo di contrapposizioni e di conflitti dolorosi. Le religioni e la loro tradizione ben conoscono che la libertà dalla fame vuole dire anche libertà dai conflitti e prevenzione della guerra, come ben ricorda, nelle Litanie dei Santi, la Chiesa cattolica associando, nell’invocazione di liberazione, la malattia e la fame alla guerra: «a peste, fame et bello libera nos, Domine». A questo desiderio profondo che, credo, ci associ tutti, si unisce ancora una volta l’apprezzamento della Santa Sede per l’importante iniziativa dell’Expo Milano 2015, accompagnata dall’auspicio che i suoi risultati possano essere altrettanti strumenti concreti per favorire un sano e pacifico dialogo tra i popoli e tra i Paesi. Concludendo il suo Messaggio per l’inaugurazione dell'Expo lo scorso 1° maggio, Papa Francesco, ci chiamava ad un’assunzione di responsabilità, invocando l’aiuto del Signore: «Ci doni Lui, che è Amore, la vera “energia per la vita”: l’amore per condividere il pane, il “nostro pane quotidiano”, in pace e fraternità. E che non manchi il pane e la dignità del lavoro ad ogni uomo e donna». Facciamo nostre queste parole. Grazie! |