Index

  Back Top Print

INTERVENTO DELLA SANTA SEDE
DURANTE IL DIBATTITO GENERALE DELLA 65ª SESSIONE DEL COMITATO ESECUTIVO DELL'UNHCR

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO SILVANO M. TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE
ED ISTITUZIONI SPECIALIZZATE A GINEVRA

Ginevra
Mercoledì, 1° ottobre 2014

     

Signor Presidente,

Oggi abbiamo raggiunto il più alto numero di persone forzatamente dislocate dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Non è soltanto un aumento di quantità ma c’è anche un concomitante aumento di complessità, dovuto al coinvolgimento di attori non statali nei conflitti attuali e all’imprevedibile dislocamento di massa che ne è la conseguenza.

L’obiettivo comune della protezione è una sfida sempre crescente. Ciò è dovuto in gran parte al numero senza precedenti di migranti; alla mancanza di risorse finanziarie come risultato della difficoltà dei benefattori; alle misure sempre più restrittive che limitano l’accesso dei richiedenti asilo; alla realtà delle tensioni che tendono a nascere tra le popolazioni locali e i nuovi arrivati; e inoltre al fenomeno dei minori non accompagnati, che è sempre più evidente nelle Americhe e anche in Europa.

La disponibilità pratica degli Stati ad ospitare questo crescente numero di richiedenti asilo e rifugiati sembra stia diminuendo. Ma la generosità mostrata finora dalla Comunità Internazionale è un segno di speranza, ed essa dovrebbe continuare a esprimere solidarietà alle vittime dei conflitti armati e di situazioni di costante violazione dei diritti umani fondamentali.

Lo stato delle cose dovrebbe aiutare tutti noi che formiamo la Comunità Internazionale a riflettere e a elaborare urgentemente misure preventive per far sì che le persone non siano obbligate a lasciare le proprie case per sopravvivere. Questo fenomeno crea un terribile fardello sugli Stati ospitanti, che devono investire una parte enorme delle loro risorse e perciò esige un obbligo di solidarietà da parte della comunità più vasta.

Il necessario cambiamento di politica dal concentrarsi su una prospettiva di assistenza a una di prevenzione implica un importante mutamento culturale, nel quale la persona umana, con la sua inviolabile dignità e i suoi inalienabili diritti umani, è al centro dell’attenzione, piuttosto che essere un mero strumento per decisioni economiche e politiche. Una simile prospettiva richiede dalla Comunità Internazionale una riformulazione dei metodi e delle strutture di prevenzione, assistenza umanitaria, e sviluppo a lungo termine.

La Delegazione della Santa Sede incoraggia la costante e straordinaria generosità di molti paesi donatori e di quelle società ospitanti che hanno accolto, spesso con grandi sacrifici, milioni di persone forzatamente dislocate. Sosteniamo anche lo sviluppo di una maggiore collaborazione globale, basata più sulla solidarietà umana e meno su interessi egoistici, per rispondere alla piaga del massiccio numero attuale di richiedenti asilo e di rifugiati. Certo, questa solidarietà non è semplicemente un’idea astratta, ma un imperativo morale concreto che deriva dal fatto che insieme formiamo un’unica famiglia umana. È questo il primo passo per ottenere la riconciliazione e riavviare una vita produttiva.

Come sottolinea Papa Francesco: «Alla globalizzazione del fenomeno migratorio occorre rispondere con la globalizzazione della carità e della cooperazione, in modo da umanizzare le condizioni dei migranti. Alla solidarietà verso i migranti ed i rifugiati occorre unire il coraggio e la creatività necessarie a sviluppare, a livello mondiale, un ordine economico-finanziario più giusto ed equo, insieme ad un accresciuto impegno in favore della pace, condizione indispensabile di ogni autentico progresso» (Papa Francesco, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, 3 settembre 2014).

Signor Presidente,

Per concludere, la permanenza continua e a lungo termine di popolazioni in campi profughi e il crescente numero di persone in aree urbane sovrappopolate sono di per sé una chiara manifestazione che la violenza può solo distruggere e frammentare la società. L’attuale situazione nel mondo ricorda alla Comunità Internazionale che l’unica strada da percorrere è quella del dialogo verso una «coesistenza pacifica».


*L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n. 229, Merc. 08/10/2014