III SESSIONE DEL COMITATO PREPARATORIO DELLA IX CONFERENZA DI ESAME
DEL TRATTATO DI NON PROLIFERAZIONE NUCLEARE
INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO FRANCIS CHULLIKATT,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE*
New York
Mercoledì, 30 aprile 2014
Signor Presidente,
La mia delegazione si congratula con lei per l’elezione a presidente di questo incontro preparatorio finale della Conferenza del 2015 per la revisione del Trattato di non proliferazione. L’assicuro la nostra piena cooperazione.
Ogni ciclo di revisione del Trattato di non proliferazione assume sempre maggiore importanza poiché più si ritarda l’adempimento degli obiettivi del trattato, più aumenta il rischio che la fragile situazione della sicurezza nazionale venga infranta da una tragedia devastante che coinvolge l’uso di armi nucleari.
Sono ormai trascorsi 44 anni da quando il Tnp è entrato in vigore, e un quarto di secolo dalla fine della guerra fredda. La perdurante esistenza di circa 17.000 armi nucleari, accanto a programmi di modernizzazione che sembrano presumere che le armi nucleari continueranno a far parte degli arsenali militari ben oltre la seconda metà del XXI secolo inoltrato, mina il Trattato. Senza un solido progresso verso l’eliminazione delle armi nucleari, potrebbe non essere lontano il giorno in cui il Trattato verrà considerato un cimelio di un epoca passata.
Un Tnp vivo è fondamentale per raggiungere l’obiettivo di un mondo libero da armi nucleari. Se uno degli obblighi centrali del trattato – i negoziati per l’eliminazione delle armi nucleari – continua ad essere attuato così timidamente e a questo ritmo inaccettabilmente lento, la fiducia nella funzionalità del regime di non proliferazione potrebbe lentamente affievolirsi e aumenterebbe il rischio di un’ulteriore proliferazione.
L’approccio che i principali Stati detentori di armi nucleari hanno verso il trattato appare disomogeneo: pur dimostrando un forte interesse a porre fine alla proliferazione, il loro impegno a privarsi di questi strumenti di potere egemonico è privo di una corrispondente urgenza. Gli Stati detentori di armi nucleari sostengono di aver bisogno di tali armi per la loro sicurezza, prestando poca attenzione all’opinione degli esperti nei diversi campi dell’attività umana, come quello scientifico, militare, giuridico e morale, secondo cui le armi nucleari sono l’epitome dell’insicurezza.
Signor Presidente,
La dottrina militare della deterrenza nucleare è considerata da molti Paesi uno tra gli ostacoli principali a un significativo progresso nell’ambito del disarmo nucleare. La sua esistenza viene vista come elemento base delle strutture delle forze di sicurezza che ostacolano lo sviluppo del nostro mondo globalizzato e interdipendente. Inoltre, viene usata per giustificare la modernizzazione delle riserve esistenti di armi nucleari, impedendo così un disarmo nucleare autentico.
I numerosi Stati ora impegnati in una serie di incontri diplomatici per discutere le “conseguenze umanitarie catastrofiche” dell’uso di armi nucleari riconoscono il pericolo di un lento e frustrante progresso verso un mondo libero da armi nucleari. Questi incontri, iniziati lo scorso anno a Oslo e proseguiti quest’anno a Nayrit, con un terzo incontro previsto a Vienna, stanno illustrando in atroce dettaglio gli orrori che si abbatterebbero sull’umanità in caso di uso accidentale o deliberato delle armi nucleari. Il logico corso d’azione è evidente: un progresso urgente e spedito che porti al bando legale globale delle armi nucleari, che si aggiunga agli attuali bandi contro altre armi di distruzione di massa, come quelle chimiche e biologiche.
Tuttavia, gli incontri diplomatici di per sé non possono dare inizio a un processo per produrre un bando. Abbiamo bisogno di un processo autenticamente politico che possa aiutare a raggiungere questo fine. L’Incontro di alto livello sul disarmo nucleare, senza precedenti, convocato presso le Nazioni Unite nel settembre 2013, ha cercato di generare tale slancio politico. Pertanto, la mia Delegazione auspica che i principali Stati adottino un’azione più sostanziale e risoluta per eliminare la piaga di queste armi nucleari moralmente inaccettabili, che potrebbero annientare indiscriminatamente tanto i non combattenti quanto i combattenti, sia in tempi di guerra sia in tempi di pace.
Alla luce di quanto detto, chiaramente sarebbe meglio se gli Stati dotati di armi nucleari collaborassero con gli Stati privi di tali armi nel preparare un cammino comune per sviluppare uno strumento legalmente vincolante che vieti il possesso di armi nucleari. Il processo di Oslo-Nayrit-Vienna dimostra che stanno aumentando le pressioni perché si svolga il lavoro preparatorio per un bando. I governi che riconoscono l’urgenza di tale azione potrebbero essere tentati di cercare di compierla senza la partecipazione dei principali Stati nucleari e al di fuori della struttura dei meccanismi e delle istituzioni esistenti, come i negoziati bilaterali sulle armi strategiche e la Conferenza sul disarmo, dove ad oggi gli sforzi degli Stati dotati di armi nucleari risultano piuttosto modesti.
Secondo la mia Delegazione, i governi non dovrebbero essere costretti a compiere una tale scelta. Un impegno in buona fede verso il Tnp dovrebbe assicurare e perfino aumentare la cooperazione di tutte le sue parti, avvicinando così di più il mondo all’eliminazione delle armi nucleari in modo unificato. Gli Stati principali che davvero danno importanza al Tnp devono assicurare che il processo di negoziazione produca, di fatto, un disarmo nucleare comprensivo a un ritmo accelerato.
Da molti anni la Santa Sede invita ad abolire le armi nucleari, affinché il mondo possa essere liberato dal potenziale spettro della distruzione di massa. Oggi rinnoviamo questo appello morale a ispirare e ad animare un lavoro costruttivo per preservare il nostro pianeta e l’intera umanità. Non può essere che gli Stati dotati di armi nucleari continuino a spendere oltre cento miliardi di dollari l’anno per mantenere le armi nucleari mentre c’è un disperato bisogno di queste preziose risorse finanziarie per lo sviluppo economico e sociale, che include il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio, per andare incontro ai bisogni dei più poveri nel mondo. Di fatto, la questione della pace e della sicurezza come requisito per uno sviluppo sostenibile diventa irrilevante dinanzi alla minaccia che l’arsenale nucleare esistente costituisce per l’umanità.
Durante la Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione del 2010 la mia Delegazione ha affermato che si è giunti a un momento opportuno per iniziare ad affrontare in modo sistematico i requisiti legali, politici e tecnici per un mondo libero da armi nucleari. Pertanto, è nostro auspicio che inizi il più presto possibile il lavoro preparatorio per un accordo comprensivo, che porti all’eliminazione delle armi nucleari. Questo sforzo non deve in alcun modo ostacolare i passi e le misure attualmente previsti per sostenere l’obiettivo di un mondo libero da armi nucleari, passi quali l’ulteriore riduzione degli arsenali, l’entrata in vigore del Trattato sul bando complessivo dei test nucleari e il Trattato d’interdizione del materiale fissile.
A questo riguardo, è fondamentale che la conferenza per l’istituzione, in Medio Oriente, di una zona libera da armi nucleari e di ogni altra arma di distruzione di massa, che tutte le parti presenti alla conferenza di revisione del 2010 hanno concordato di tenere, venga finalmente convocata. Qui non solo è in gioco la credibilità del Trattato di non proliferazione; ma il processo di pace e la sicurezza della regione hanno bisogno dell’assicurazione di tutte le parti che il Medio Oriente non diventerà il luogo della corsa alle armi nucleari.
Malgrado le battute d’arresto, il disarmo nucleare non è affatto una causa persa. Nel mondo si sta verificando un graduale risveglio delle coscienze, come mostra il processo di Oslo-Nayrit-Vienna. Spinto dalla scienza, dalla tecnologia, dalle comunicazioni, dai trasporti, dall’industria e da una nuova consapevolezza dell’unità e dell’interdipendenza della famiglia umana, il ritmo dell’integrazione globale dell’umanità sta prendendo velocità. Le armi nucleari — antitesi dell’anelito di pace dell’umanità — non dovrebbero trovare posto in una comunità mondiale decisa a raggiungere la sicurezza reciproca su scala globale.
*L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n. 108, Mer. 14/05/2014.