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57° INCONTRO DEL COMITATO PERMANENTE DELL'ALTO COMMISSARIATO DELLE NAZIONI UNITE PER I RIFUGIATI (ACNUR) INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO SILVANO TOMASI, OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE E ISTITUZIONI SPECIALIZZATE A GINEVRA* Ginevra 26 giugno 2013 Protezione internazionale per i rifugiati Signora Presidente, Ancora una volta, la violenza sta causando la dislocazione forzata di centinaia di migliaia di persone. La Delegazione della Santa Sede nota con dispiacere che negli ultimi dodici mesi il numero di persone delle quali l’Acnur si prende cura nel mondo è aumentato. Quasi sempre, questo aumento è dovuto al protrarsi di conflitti armati, mentre, al presente, gli Stati coinvolti, le strutture regionali e la comunità internazionale nel suo insieme mancano della volontà politica di dialogare e trovare soluzioni politiche pacifiche. Gli armamenti non aiuteranno a equilibrare l’influenza dei gruppi in conflitto e serviranno solo a uccidere più civili e a sradicare più famiglie. Questa tragica testimonianza conferma ancora una volta che con la guerra si perde tutto, mentre con la pace c’è tutto da guadagnare. Signora Presidente, la mia Delegazione si rallegra che, in questo momento di maggiore dislocazione delle persone, l’Alto Commissariato abbia avviato sforzi per analizzare il ruolo delle comunità confessionali nella protezione. Il Dialogo, dell’Alto Commissariato, sulla fede e sulla protezione, lo scorso dicembre, è stato la positiva espressione della convergenza delle persone di fede sul dare priorità alla compassione, alla solidarietà e al dialogo rispettoso, quale metodo adeguato per rispondere alla piaga dei rifugiati. Prendiamo atto con approvazione dell’Affermazione dei leader religiosi, presentata di recente quale risultato del Dialogo. Le testimonianze dirette provenienti dalle aree di conflitto mostrano come le comunità confessionali siano fornitrici di protezione. Attualmente, in Siria, un’organizzazione internazionale cattolica sta operando mediante oltre venti comunità confessionali — cattoliche, ortodosse, protestanti e musulmane — per fornire cibo, medicinali, rifugio e sostegno psicologico e sociale a più di 100.000 persone a Damasco, Homs, Aleppo, e nelle aree rurali circostanti. I destinatari di questi aiuti sono per la maggior parte musulmani, proprio come la popolazione della Siria è per la maggior parte musulmana. Gli aiuti non vengono distribuiti secondo il credo, bensì in base al bisogno. È un esempio di siriani che aiutano i siriani. Questi gruppi confessionali non sono soggetti alle limitazioni di alcune norme per la sicurezza, né alle tattiche della politica, che spesso ostacolano la fornitura di assistenza. Non partecipano al conflitto, ma cercano di servire i bisogni di altri non combattenti che stanno soffrendo. Secondo la mia Delegazione, è fondamentale che i legami tra questi gruppi e l’Acnur vengano rafforzati, di modo che si possa realizzare meglio il mandato della protezione. Signora Presidente, Questa Delegazione ammira i generosi sforzi compiuti dalla Giordania, dal Libano, dalla Turchia e dall’Iraq per accogliere oltre un milione e mezzo di profughi dalla Siria. I costi sono stati elevati, sia per questi Paesi ospitanti, sia per le risorse finanziarie dell’Acnur. La risposta della comunità internazionale a questa emergenza è di fatto incoraggiante. Molto è stato dato, ma serve ancora tanto. Allo stesso tempo, la mia Delegazione è preoccupata all’idea che altre emergenze, altre persone bisognose di protezione, vengano trascurate dal momento che tutti i soldi sono destinati all’emergenza in Siria. Ci preoccupiamo quando apprendiamo che i servizi di protezione necessari vengono limitati in altre parti del mondo perché non ci sono più soldi per pagarli. Signora Presidente, un bambino malato che ha bisogno di medicine in un campo profughi nello Zambia non è diverso da un bambino malato che ha bisogno di medicine a Damasco o ad Amman. Entrambi sono bisognosi ed entrambi meritano protezione, perché la vita di entrambi è preziosa. Signora Presidente, Come ultima cosa, la mia Delegazione desidera affrontare la questione dell’accesso agli spazi di protezione. L’esempio della Giordania, del Libano, della Turchia e dell’Iraq, fa pensare alla loro disponibilità a permettere a degli stranieri di entrare nel loro territorio per trovarvi protezione. Di fatto, questi Paesi indicano il cammino al resto della comunità internazionale. Non basta limitarsi ad ammirare da lontano le generose politiche adottate e messe in atto da tali Paesi, senza imitarli. Pertanto, la mia Delegazione esorta l’Alto Commissariato a proseguire i suoi sforzi per estendere gli spazi di primo asilo e quelli di reinsediamento e di altre soluzioni durature.
*L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 156, Merc. 10/07/2013. |