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81ma SESSIONE DELL’ASSEMBLEA GENERALE DELL’INTERPOL

INTERVENTO DI S.E. MONS. DOMINIQUE MAMBERTI,
SEGRETARIO PER I RAPPORTI CON GLI STATI

Lunedì, 5 novembre 2012

 

Signor Presidente,
Signori Ministri,
Signore e Signori,

La mia Delegazione desidera, anzitutto, ringraziare le Autorità Italiane e tutti gli Organizzatori di questa Assemblea generale di INTERPOL, il cui tema, "Le sfide poste alla polizia dal fenomeno della violenza criminale contemporanea", è di una grande rilevanza per qualsiasi società.

1. Nel corso degli ultimi decenni il fenomeno criminale ha conosciuto un incremento sostanziale sia dal punto di vista quantitativo che sotto il profilo della violenza delle sue manifestazioni. Le caratteristiche dell’azione criminale si sono evolute in modo preoccupante, essendosi pericolosamente aggravate l’aggressività e l’efferatezza degli episodi. Inoltre, le attività criminali si articolano ad un livello ormai planetario, con sistemi di coordinamento e secondo patti criminali che superano i confini degli Stati. La globalizzazione è arrivata dunque a plasmare anche questo ambito drammatico della vita umana. Sofisticati mezzi tecnici, ingenti risorse finanziarie, talvolta oscure complicità politiche, sono elementi che concorrono a fornire un appoggio deleterio a modalità organizzate di violenza estrema (Cf. Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 513).

Al tempo stesso, lo sviluppo delle istituzioni democratiche ha permesso di affinare le tecniche di protezione della libertà degli individui e le modalità di un uso proporzionato e responsabile della forza pubblica. Ciò nonostante residua sempre un margine di vulnerabilità dinanzi alla criminalità più efferata, le cui manifestazioni mettono in discussione le basi stesse della convivenza civile, erodendo il tessuto valoriale sul quale le istituzioni dello Stato moderno sono fondate.

La difesa e la promozione di questo tessuto valoriale è la prima e più importante azione di prevenzione della criminalità. Qualora il potere pubblico non fosse più in grado di operare preventivamente in tale direzione, vedrebbe per ciò stesso venire meno la propria legittimità. Tale deriva è un rischio da evitare con attenzione: l’autorità pubblica, che ha il compito di gestire l’amministrazione della giustizia e della sicurezza, trae necessariamente la propria vitalità ed autorevolezza da un costante riferimento ad un oggettivo ordine etico. Quando l’autorità perde il credito e la fiducia dei cittadini, e si appoggia solo al formalismo giuridico, al mero governo delle regole, senza uno sguardo di verità sull’uomo, questa autorità diventa un gigante coi piedi d’argilla.

Lo Stato democratico, per sé, deve offrire a tutti i cittadini le medesime garanzie di tutela dei diritti fondamentali. Si constata, d’altra parte, che anche nei Paesi dove vigono forme di governo democratico, non sempre questi diritti sono del tutto rispettati (cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 47). Al fine di arginare le espressioni criminali più efferate, ogni Stato deve inoltre interrogarsi sulle cause che soggiacciono ad esse ed indagare le origini remote da cui esse derivano.

La complessità del fenomeno implica anche il confronto con interrogativi che attengono alla forza dello stato di diritto anche nelle situazioni più drammatiche della vita degli Stati, come quelle poste in essere dalla criminalità più estrema: come rispettare i principi fondamentali del diritto nelle situazioni di estrema tensione? Quale ruolo assicurare al diritto nella necessaria lotta alla criminalità più violenta e imprevedibile? Quale diritto occorre applicare?

2. La promozione dello stato di diritto è uno degli obiettivi confermati della Comunità Internazionale, come l’ha ricordato, ancora una volta, recentemente l’evento ad alto livello organizzato a New York il 24 settembre scorso, nel quadro dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Perché lo stato di diritto sia in vigore occorre riunire, in un insieme armonico, un certo numero di condizioni: precise norme costituzionali concernenti la separazione dei poteri e le competenze dei diversi organi, la trasparenza degli atti di governo, il controllo giurisdizionale esercitato da una magistratura indipendente, ma anche l’esistenza di voci diverse capaci di esprimersi liberamente nello spazio pubblico. L’obiettivo è che sia di diritto che di fatto tutte le persone fisiche, le istituzioni pubbliche e private, gli Stati e le Organizzazioni internazionali, siano soggetti alla legge, una legge che deve essere "giusta ed equa".

Al di là del formalismo, la sostanza del diritto è la giustizia, ovvero ciò che è giusto. Oggi non è sempre facile stabilire quale sia la cosa giusta che possa diventare diritto positivo. La Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo ci offre un importante riferimento per delineare ciò che è giusto, ma non è sufficiente. Essa è frutto di una complessa, ricca e articolata evoluzione storica, giuridica e filosofica. La stessa Dichiarazione riconosce l’esistenza di una natura umana anteriore e superiore a tutte le teorie e costruzioni sociali, che l’individuo e le società devono rispettare e non manipolare a piacere. L’uomo, nell’esperienza che fa di sé, riconosce di non crearsi da sé. Egli è intelletto e volontà, ma anche natura. L’intelletto dell’uomo riflette su un dato che gli è previo: il suo proprio esistere in un determinato modo; solo accettando tale dato previo, e basandosi su di esso, l’intelligenza indica alla volontà il retto agire, realizzando compiutamente la propria libertà (cf. Benedetto XVI, Discorso al Bundestag, Berlino, 22 settembre 2011). Se la produzione legislativa e la sua applicazione si limitassero invece a sostenersi su di un impianto di natura formalistica, su ragioni pragmatiche e utilitaristiche, perdendo di vista la verità sull’uomo, ogni ordinamento conseguente, come ogni istituzione chiamata a farlo rispettare, rischierebbe di essere suscettibile di strumentalizzazioni. Così, alla fine, si dimenticherebbe il vero soggetto/oggetto del comando imperativo: la persona umana, tutta la persona umana, ogni persona umana. Inoltre, leggi ed istituzioni giuridiche cadrebbero in discredito tra coloro che dovrebbero invece osservarle: "Se i principi morali che sostengono il processo democratico non si fondano, a loro volta, su nient’altro di più solido che sul consenso sociale, allora la fragilità del processo si mostra in tutta la sua evidenza. Qui si trova la reale sfida per la democrazia" (Benedetto XVI, Discorso alle Autorità civili, Londra, 17 settembre 2010).

Il valore trascendente della dignità umana, radicata nella natura stessa dell’uomo e riconoscibile dalla retta ragione, offre allo stato di diritto un fondamento di sicura stabilità, perché corrispondente alla verità dell’uomo in quanto creato da Dio, e permette al tempo stesso che lo stato di diritto possa perseguire il suo vero scopo, che è la promozione del bene comune. Se, in effetti, manca questo riferimento fondamentale, si creano dei rischi di squilibrio: anche l’affermazione dell’eguaglianza davanti alla legge può servire di alibi a evidenti discriminazioni e, d’altra parte, un’affermazione eccessiva di uguaglianza può dar luogo a un individualismo dove ciascuno rivendica i propri diritti, sottraendosi alla responsabilità del bene comune (cf. Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 23).

3. La lotta ad ogni forma di violenza, soprattutto a quella che si manifesta con maggior brutalità, presuppone il dovere morale di contribuire a realizzare le condizioni affinché essa non nasca o si sviluppi. Coloro che operano all’interno delle istituzioni di pubblica sicurezza, come le forze di polizia che voi rappresentate, sono consapevoli che i primi anticorpi ad ogni forma di criminalità sono proprio i cittadini di ogni Paese. Nell’alleanza e nella solidarietà tra cittadini e forze dell’ordine si realizza il miglior bastione di resistenza alla criminalità.

Tra le azioni più efficaci per creare un contesto sociale ordinato al bene comune figura la rimozione delle cause che originano ed alimentano situazioni di ingiustizia. In questo ambito un ruolo primario e preventivo deve essere riconosciuto all’educazione ispirata al rispetto della vita umana in ogni circostanza. Senza di essa non è possibile infatti realizzare un tessuto sociale forte e coeso nei valori fondamentali, capace di resistere alle provocazioni della violenza estrema. In tal senso, luogo primigenio del farsi uomo è la famiglia. In essa i figli sperimentano il valore della propria dignità trascendente, in quanto accolti nella gratuità preveniente dell’amore reciproco e stabile degli sposi. In essa si fa esperienza delle prime forme di giustizia e di perdono, cemento delle relazioni intra-familiari e base per il corretto inserimento nella vita sociale.

Una volta ribadita la centralità della famiglia e l’importanza delle altre società intermedie, il pieno rispetto dei diritti umani necessita di una convinta attestazione che il criminale, per quanto gravi possano essere i reati commessi, resta sempre una persona umana, dotata di diritti e doveri. In lui riposa, benché deturpata dal peccato, l’immagine di Dio Creatore.

Ciò rende ragione del fatto che lo Stato dovrà provvedere a prevenire e reprimere i fenomeni criminali, rimediando altresì ai disordini causati dalle azioni delittuose; ma che nel fare ciò esso dovrà in ogni caso astenersi dalla pratica di maltrattamenti e torture (cf. Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 402, 404), nonché assicurare la tutela delle libertà fondamentali di cui gode ogni singola persona. Ogni restrizione della libertà individuale, pur se finalizzata alla prevenzione o repressione dell’attività criminale, per essere legittima non dovrà mai divenire lesiva della dignità personale o compromettere ingiustamente un effettivo esercizio dei diritti umani.

È solo operando in tali termini che le autorità di governo, le forze di polizia e tutte le istituzioni deputate alla sicurezza, riusciranno a suscitare ed alimentare la fiducia e il rispetto dei cittadini, rinnovando il fondamento dello stato di diritto e rendendo sempre più efficace la lotta alla criminalità.

Grazie, Signor Presidente!

   

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