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TERZO COMITATO DELL'ASSEMBLEA GENERALE SULL'ARTICOLO 66 (A) E (B): "ELIMINAZIONE DEL RAZZISMO, DELLA DISCRIMINAZIONE RAZZIALE, DELLA XENOFOBIA E DELLA RELATIVA INTOLLERANZA" INTERVENTO DI S.E. FRANCIS ASSISI CHULLIKATT, OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO L'ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE New York Lunedì. 1° novembre 2010 Presidente, innanzitutto, la mia delegazione desidera ringraziare il Rapporteur Speciale sulle forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e relativa intolleranza per il suo Rapporto e, in particolare, per aver affrontato l'intolleranza razziale e religiosa. Come sappiamo da quanto accade in tutto il mondo, queste particolari forme di intolleranza persistono, nonostante gli sforzi della comunità internazionale e delle persone di buona volontà. Presidente, un anno fa, la comunità internazionale, riunitasi a Ginevra per verificare i progressi compiuti dalla Conferenza di Durban del 2001, ha cercato di rinnovare i propri sforzi per affrontare la discriminazione razziale. È stato ripetuto ancora una volta che il razzismo, la discriminazione razziale e la xenofobia minano la dignità della persona umana e sono contrari agli sforzi per edificare un'autentica comunità internazionale fondata allo scopo di promuovere il bene comune universale, garantendo la tutela dei diritti di ognuno. In quell'occasione, la Santa Sede ha ripetuto che il razzismo e la discriminazione razziale in qualsiasi forma o teoria sono moralmente inaccettabili e che le autorità nazionali e locali insieme con la civiltà civile devono cooperare per onorare la dignità della persona umana indipendentemente dalla razza, dal sesso, dall'origine nazionale, dalla religione o da circostanze sociali. Tuttavia, il razzismo e la discriminazione razziale non si possono combattere soltanto con le leggi. Come osserva a ragione il Rapporteur Speciale, affrontare il razzismo esige dagli individui un cambiamento interiore, che a sua volta implica la creazione di una nuova consapevolezza e una maggiore educazione a livello morale e spirituale per plasmare in modo più pieno la coscienza individuale e rifiutare così, in modo appropriato, il credo errato nella superiorità razziale e il conseguente odio per intere popolazioni. Da parte sua, la Chiesa cattolica nel mondo promuove questa crescita accademica, morale e spirituale per tutti cosicché ogni essere umano, dal concepimento fino alla morte naturale, venga riconosciuto come dotato di un'innata dignità umana che va protetta e rispettata, principio fondante di tutti i diritti umani universali. Nonostante questi sforzi, il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l'odio religioso continuano a distruggere la famiglia umana: vicini divengono nemici e comunità divengono luoghi di violenza e distruzione etnica e religiosa. Nel corso della storia, in ogni angolo del pianeta, l'odio etnico, razziale e religioso ha causato conflittualità. Nessun Paese e nessuna cultura sono immuni da questo fenomeno. Quindi, ogni Governo nazionale ha l'obbligo di vigilare sulla tutela dei suoi cittadini. L'esercizio della sovranità responsabile richiede che lo Stato svolga il suo dovere primario di tutelare le proprie popolazioni e, laddove uno Stato si dimostri incapace o non intenzionato a soddisfare questa necessità, la comunità internazionale ha il dovere di utilizzare gli strumenti giuridici necessari a tutelare quei cittadini da violazioni gravi e prolungate dei diritti umani. Presidente, sebbene la discriminazione razziale ed etnica si verifichi in molte parti del mondo, il rispetto per la libertà religiosa continua a essere sfuggente per tante persone. La libertà religiosa ha un ruolo centrale nel garantire che tutti i membri della famiglia umana possano svilupparsi con maggiore pienezza a livello personale e spirituale. Tuttavia, oggi, molti nel mondo non hanno nemmeno la libertà di pregare in comunità, di esprimere in modo personale la fede e di esercitare la propria coscienza ben formata secondo la propria fede religiosa. La ricerca di Dio di questi uomini, donne e bambini è un'attività proibita e molti di loro stanno affrontando gravi ripercussioni fisiche e legali per la ricerca di rispondere a tale bisogno umano fondamentale. Alla mia delegazione rincresce che il rapporto semestrale del Rapporteur Speciale (A/65/295) manchi di osservare il destino di cristiani che sono stati allontanati dalle proprie abitazioni, torturati, detenuti, uccisi o costretti a convertirsi o a negare la propria fede in tutto il mondo. Questa è una crisi che continua ad essere ignorata dalla comunità internazionale e richiede con urgenza l'attenzione dei responsabili nazionali e internazionali per tutelare il diritto alla libertà religiosa di questi individui e comunità. Presidente, la mia delegazione è addolorata per il recente attacco alla comunità siro-cattolica presso la chiesa Our Lady of Deliverance, a Baghdad, lo scorso sabato pomeriggio. Si tratta, ancora una volta, di un tragico caso di intolleranza, discriminazione e violenza contro cristiani. I nostri pensieri e le nostre preghiere vanno alle vittime di questo attacco e alle loro famiglie, alcune delle quali ho conosciuto di persona. La mia delegazione esorta tutta la comunità internazionale ad operare per garantire che tutte le religioni e tutti i credenti abbiamo il diritto fondamentale alla libertà di religione e di culto. La speranza nel progresso dell'umanità, che sta al centro di questa importante organizzazione internazionale, non si potrà realizzare fin quando non cesseranno questi abusi. Devono finire e devono finire ora! E, con l'aiuto di Dio e con la cooperazione di tutte le persone di buona volontà e di questa organizzazione, finiranno. La mia delegazione osserva anche con preoccupazione l'eccessiva identificazione fra identità razziale o etnica e credo religioso, che fa sì che le persone affrontino forme molteplici di discriminazione perché la loro identità unica resta priva di riconoscimento. Questo collegamento della razza alla religione rafforza la nozione tragica ed errata che il credo religioso sia intrinsecamente legato alla propria origine etnica, nazionale o razziale e quindi impedisce alle minoranze religiose nei gruppi etnici e razziali di esprimere e di praticare la propria fede. A questo proposito, il concetto di diffamazione delle religioni cerca di affrontare casi di incitamento alla violenza religiosa, di individuazione etnica e religiosa, di creazione di stereotipi negativi sulla religione e di attacchi a libri sacri, personalità e siti religiosi. Tuttavia, come osserva il Rapporteur Speciale, questo concetto non affronta in modo adeguato questi abusi dei diritti umani e del diritto internazionale, ma, al contrario, crea situazioni nelle quali gli Stati hanno utilizzato il concetto di diffamazione delle religioni come giustificazione per varare leggi che proibiscono la libertà di religione e il dialogo interreligioso e limitano la libertà di espressione. Sebbene la mia delegazione sostenga tutti gli sforzi per tutelare i credenti da ingiusti discorsi ispirati dall'odio e dall'incitamento alla violenza, rimaniamo preoccupati perché l'uso del concetto di diffamazione delle religioni per raggiungere tali scopi si è dimostrato controproducente e, invece di proteggere i credenti, è stato uno strumento di oppressione statale nei confronti di credenti. Quindi, la mia delegazione sostiene l'esortazione del Rapporteur Speciale agli Stati affinché abbandonino il concetto di diffamazione delle religioni e si avvicinino, invece, al concetto legale di difesa contro l'odio razziale o religioso che produce discriminazione o violenza e facciano sforzi maggiori per affrontare le manifestazioni di intolleranza religiosa attraverso più numerose iniziative volte a promuovere la consapevolezza del credo religioso e la comprensione reciproca. Presidente, il maggior flusso di persone attraverso i confini nazionali è stato anche accompagnato da un aumento di mentalità xenofobiche contro i migranti sulla base della razza, dell'origine nazionale o dell'identità religiosa. Sebbene le assemblee legislative abbiano la responsabilità di elaborare leggi che controllino l'ingresso nel proprio Paese, hanno anche il dovere di garantire che queste leggi siano veramente giuste e rispettino i diritti umani e il diritto internazionale. È deplorevole che, a volte, in nome dell'autorità legale sulla diffamazione della religione, responsabili locali e gruppi religiosi nella società, si impossessino della legge, causando conflitti e disordini sociali. La crescente migrazione umana ha prodotto cambiamenti importanti nelle società e ha portato un certo numero di comunità in tutto il mondo a cercare di promuovere al meglio una maggiore comprensione e cooperazione fra i loro concittadini e i nuovi immigrati. Ciononostante, alcuni di questi sforzi si sono dimostrati controproducenti e hanno creato maggiore insicurezza e divisione nelle comunità e nelle famiglie. Per promuovere al meglio una maggiore comprensione, l'educazione e la promozione del rispetto reciproco sono di vitale importanza. Come Papa Benedetto xvi ha affermato di recente, le nazioni hanno il compito di accogliere nazionalità diverse e i genitori hanno la responsabilità di educare i figli "lungo il cammino della fraternità universale". Presidente, razzismo, intolleranza religiosa e xenofobia continuano a dividere persone in tutto il mondo. Grazie al rispetto per i diritti umani e alla promozione della dignità di ogni essere umano, possiamo edificare meglio una comunità globale che considera tutti come fratelli e sorelle. Sapendo cosa dobbiamo fare, ora andiamo avanti! Con gli strumenti e la comprensione a portata di mano, eliminiamo queste piaghe dal progresso di tutti i popoli, ora. |