COMMISSIONE PER LA CULTURA DELLA 35ª SESSIONE INTERVENTO DEL REV.do P. JEAN-MARIE LAURENT MAZAS, Giovedì, 15 ottobre 2009
Signore e Signori, Il grande programma IV-CULTURA dell'UNESCO intende "rispondere ai bisogni di un mondo che si evolve, contribuendo all'edificazione della pace, all'eliminazione della povertà, allo sviluppo sostenibile e al dialogo interculturale attraverso l'educazione, le scienze, la cultura, la comunicazione e l'informazione". Per raggiungere questo molteplice obiettivo, l'Organizzazione intende far emergere due priorità: l'Africa e il riconoscimento della pari dignità dell'uomo e della donna. Al fine di favorire la tutela, la salvaguardia e la gestione del patrimonio materiale e immateriale, l'organizzazione intende mettere l'accento sul legame fra cultura e sviluppo - è la priorità settoriale biennale 1 - e, nel quadro della promozione della diversità delle espressioni culturali e del dialogo delle culture, vuole concentrare i propri sforzi sull'integrazione del dialogo interculturale nelle politiche nazionali di sviluppo. Papa Benedetto XVI ha trattato questi obiettivi nell'ambito più vasto della sua enciclica Caritas in veritate sullo sviluppo umano integrale, del 29 giugno scorso. La Santa Sede intende, con Sua Santità, ribadire qui alcuni principi che possono rafforzare l'azione dell'UNESCO nella sua ricerca di un mondo di giustizia e di pace, in particolare attraverso i suoi programmi educativi in rapporto con la cultura e la promozione del dialogo interculturale. È evidente che la cultura non può essere pensata unicamente in termini di patrimonio da salvaguardare e di espressione umana da rispettare: si tratta, soprattutto per l'educazione, di agire sulla cultura del nostro tempo per renderla più umana e più fraterna. Allo stesso modo, se il dialogo interculturale può trovare un sostegno nelle tecniche di comunicazione, esso nasce - come la pace (cfr. Preambolo dell'atto costitutivo dell'UNESCO) - "nella mente degli uomini", e dunque "è nella mente degli uomini che si devono innalzare le difese", o piuttosto le attitudini al dialogo interculturale. Nella stessa prospettiva, è da deplorare che le dimensioni etiche, normative e spirituali delle culture e della cultura siano troppo spesso ignorate nelle politiche educative. Per qualsiasi programma che intenda mettersi al servizio dell'uomo e della società, è opportuno ricordare che lo sviluppo può essere sostenibile solo se integrale, ossia se concerne tutto l'uomo e tutti gli uomini, e dunque l'uomo come la donna, gli anziani come i bambini. Per questo il riconoscimento universale dell'uguaglianza fra i sessi, intesa come eguale dignità degli uomini e delle donne, è un'urgenza per il nostro tempo. La rivelazione cristiana dell'unità del genere umano e la coscienza inerente alla fede secondo la quale la relazione è un elemento essenziale dell'humanum, coincidono non solo con le preoccupazioni dell'UNESCO, ma anche con i valori di altre culture e di altre religioni che insegnano anch'esse la fraternità e la pace, e contribuiscono dunque in maniera unica allo sviluppo umano integrale. Da parte sua, laddove la libertà dei cristiani non è ostacolata dalle interdizioni e dalle persecuzioni, o addirittura limitata quando la presenza pubblica della Chiesa viene ridotta alle sue sole attività caritative, quest'ultima dispiega tutte le sue energie al servizio della promozione dell'uomo e della donna e della fraternità universale. È una constatazione: se la società sempre più globalizzata avvicina gli uomini, non sa però renderli fratelli. L'invito al dialogo delle culture è un appello alla fraternità universale, ideale che ricercano insieme tutti gli uomini di buona volontà. All'inverso, il deficit di fraternità fra gli uomini e fra i popoli è una delle cause più profonde del sottosviluppo che fa sprofondare nella miseria popolazioni intere, e toglie ogni realismo all'idea stessa dello sviluppo sostenibile. È tempo che gli Stati e tutte le organizzazioni internazionali che si occupano di cultura e di educazione, pur riconoscendo - contrariamente all'affermazione del § XVI della priorità settoriale 2 - di non essere competenti in materia di promozione del dialogo interreligioso (il dialogo interreligioso è di competenza dei rappresentanti delle religioni), tengano tuttavia conto della dimensione religiosa del dialogo interculturale per renderla possibile. Ciò esige naturalmente che si migliori la conoscenza delle religioni, ma anche che si stabilisca un autentico dialogo delle istituzioni pubbliche con i rappresentanti legittimi delle religioni. Nessuno può negare il contributo delle religioni all'edificazione di un mondo sostenibilmente più giusto. Riconoscere il posto della religione nella sfera pubblica significa riconoscerne la legittima presenza nelle sue dimensioni culturale, sociale, economica e politica. Certo, ne siamo consapevoli, esistono atteggiamenti religiosi o culturali che non tengono pienamente conto del principio della fraternità universale e della verità, e così costituiscono un freno al vero sviluppo umano e persino un impedimento. Per questo il Magistero della Chiesa, attraverso la voce di Papa Benedetto XVI, non smette di fare appello alla ragione - sia per le religioni sia per le culture -, poiché è proprio il dialogo della ragione che garantisce alle religioni e alle culture di recare frutti e di assicurare il bene di tutti. Gli esempi non mancano nella vita degli uomini e dei popoli e dimostrano che se la ragione, di per sé, è capace di comprendere l'uguaglianza fra gli uomini e di stabilire una comunità di vita civile, essa non riesce tuttavia a creare la fraternità. La dottrina sociale della Chiesa non smette di ripetere che "le esigenze dell'amore non contraddicono quelle della ragione. Il sapere umano è insufficiente e le conclusioni delle scienze non potranno indicare da sole la via verso lo sviluppo integrale dell'uomo" (Caritas in veritate, n. 30). L'educazione al dialogo interculturale passa dunque per l'educazione alla condivisione. Lo sviluppo integrale dell'uomo, di ogni uomo e di tutti gli uomini, ha certamente bisogno di leggi giuste e logiche politiche messe al servizio della giustizia e della pace, ma ha altrettanto bisogno di opere segnate dallo spirito del dono. L'atto gratuito è un'alta espressione della dignità umana. Che l'UNESCO s'impegni, con la priorità data all'eguale dignità di tutti gli esseri umani e al dialogo interculturale, nelle sue azioni educative e culturali atte a dare vita a un'economia della gratuità e della fraternità, per offrire quel supplemento di anima che una globalizzazione economica è incapace di produrre, e costruire secondo i suoi obiettivi un mondo di pace! *L'Osservatore Romano 21.11.2009 p.2. ___________________________________________________________________________
Jean-Marie Laurent MAZAS Intervention à la Commission pour la culture de la 35° session de la conférence générale* 15 octobre 2009 Mesdames, Messieurs, Pour tout programme qui entend se mettre au service de l’homme et de la société, il convient de rappeler que le développement ne peut être durable que s’il est intégral, c’est-à-dire s’il concerne tout l’homme et tous les hommes, et donc aussi bien l’homme que la femme, les vieillards comme les enfants. C’est pourquoi la reconnaissance universelle de l’égalité des sexes comprise comme celle de l’égale dignité des hommes et des femmes, est une urgence pour notre temps. La révélation chrétienne de l’unité du genre humain et la conscience inhérente à la foi que la relation est un élément essentiel de l’humanum, rejoint non seulement les préoccupations de l’Unesco, mais aussi les valeurs d’autres cultures et d’autres religions qui enseignent elles aussi la fraternité et la paix, et contribuent donc d’une manière unique au développement humain intégral. Pour sa part, là où la liberté des chrétiens n’est pas entravée par des interdictions et des persécutions, ou même limitée quand la présence publique de l’Église est réduite à ses seules activités caritatives, celle-ci déploie toutes ses énergies au service de la promotion de l’homme et de la femme, et de la fraternité universelle. C’est une constatation : si la société toujours plus mondialisée rapproche les hommes, elle ne sait toutefois les rendre frères. L’invitation au dialogue des cultures est un appel à la fraternité universelle, idéal que recherchent ensemble tous les hommes de bonne volonté. Inversement, le déficit de fraternité entre les hommes et entre les peuples est une des causes les plus profondes du sous-développement qui plonge dans la misère des populations entières, et hôte tout réalisme à l’idée même du développement durable. Il est grand temps que les Etats et toutes les organisations internationales en charge de culture et d’éducation, tout en reconnaissant – contrairement à l’affirmation du § XVI de la priorité sectorielle 2 – qu’elles ne sont pas compétentes en matière de promotion du dialogue interreligieux [le dialogue interreligieux est de la compétence des religieux], elles se doivent cependant de prendre en compte la dimension religieuse du dialogue interculturel pour la rendre possible. Ceci exige bien sûr d’améliorer la connaissance des religions, mais aussi d’établir un authentique dialogue des institutions publiques avec les représentants légitimes des religions. Nul ne peut nier la contribution des religions à l’édification d’un monde durablement plus juste. Reconnaître la place de la religion dans la sphère publique, c’est en reconnaître la légitime présence dans ses dimensions culturelle, sociale, économique et politique. Certes, nous en sommes conscients, il existe des attitudes religieuses ou culturelles qui ne prennent pas pleinement en compte le principe de la fraternité universelle et de la vérité, et ainsi constituent un frein au véritable développement humain et même un empêchement. C’est pourquoi le Magistère de l’Église par la voix du Pape Benoît XVI ne cesse de faire appel à la raison – pour les religions autant que pour les cultures –, car c’est précisément le dialogue de raison qui garantit aux religions et aux cultures de porter leurs fruits et garantir le bien de tous.
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