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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE AL SECONDO FORUM MONDIALE
SU MIGRAZIONE E SVILUPPO (MANILA, 27-30 OTTOBRE 2008)

DISCORSO DI S.E. MONS. AGOSTINO MARCHETTO,
SEGRETARIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO
DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI*

29 ottobre 2008

  

Signor Presidente,

A nome della Santa Sede, desidero rinnovare le mie congratulazioni per questa opportunità che ci è offerta di riflettere assieme su migrazione e sviluppo.

Vorrei ugualmente esprimere agli organizzatori di questo Secondo Forum l’apprezzamento della Santa Sede per aver inserito nell’ordine del giorno un dibattito sulle relazioni tra migrazione internazionale, sviluppo e diritti umani. Tale iniziativa è un chiaro riconoscimento del fatto che il rispetto per i diritti umani dei migranti è condizione essenziale se l’umanità vuole beneficiare appieno della migrazione internazionale. E ciò è vero non solo per coloro che emigrano, ma anche per i Paesi di partenza e di accoglienza.

Ciò vuole dire anche che tutti i migranti, a prescindere dal loro status, hanno diritto di godere dei diritti umani e che dev'essere rivolta loro un’attenzione particolare per evitare la discriminazione e proteggere quanti tra essi sono vulnerabili, come lo sono le donne, i minori non accompagnati, gli anziani e i diversamente abili.

Esistono già trattati che comprendono un forte impegno a proteggere i rifugiati, gli apolidi, i lavoratori migranti e i membri delle loro famiglie, e quanti sono vittime dell’immigrazione clandestina e del traffico di esseri umani. Si tratta di misure chiave multilaterali dirette ad assicurare il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dei migranti, tutti fattori – e questo è uno degli scopi del nostro Forum – legati allo sviluppo. Come possono, infatti, i migranti, uomini o donne, contribuire al meglio al vero sviluppo se la loro non è una situazione umana?

A tale riguardo, vorrei ricordare le parole del Santo Padre Benedetto XVI nel discorso alle Nazioni Unite, il 18 aprile di quest’anno. Egli ha detto: "Il futuro sarà costruito sui diritti umani". Stiamo parlando di un nucleo fondamentale di valori, quindi di diritti, ma anche di doveri e responsabilità, compresa la necessità di promuovere la dignità umana e la giustizia, senza imporre né il relativismo, né l’imperialismo culturale, e con la piena accettazione dei principi di sussidiarietà e solidarietà. L’applicazione concreta di questi valori è un fattore-chiave per il successo delle politiche governative in questo ambito.

Negli ultimi decenni, la Santa Sede ha intrapreso e promosso una vasta difesa della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo nella sua integrità e indivisibilità, intesa come conforme al Diritto Naturale.

Approfitto di questa occasione per ripetere che ogni forma di migrazione temporanea e circolare non deve mai essere presa come pretesto per evitare il pieno rispetto dei diritti dei migranti, e in maniera specifica, del loro diritto alla riunificazione familiare, al riconoscimento del loro contributo allo sviluppo, sia attraverso il lavoro, sia con le rimesse di denaro a casa. Ogni fallimento in questo ambito indicherebbe una mancanza di politiche di integrazione e cooperazione nei Paesi di arrivo, come pure di politiche di sviluppo nazionale in quelli d’origine.

Sviluppo è una parola chiave nei nostri incontri, ma spesso, dietro, vi si nasconde la povertà. Discriminazione, violenza, restrizioni di libertà personali e collettive, sono tutte realtà comuni, tanto alla migrazione quanto alla povertà. Le due sono accomunate, tra l’altro, dalla formazione di gruppi chiusi, che impediscono l’incontro e il dialogo, e che privano le persone dell’arricchimento e dello scambio vicendevoli, dell’integrazione e della reciprocità, della comprensione e del beneficio comune.

I Governi dovrebbero continuare a creare le condizioni per cui la migrazione non sia mai la sola opzione che resta alle persone al fine di trovare un lavoro e condurre una vita sicura e dignitosa. Maggiori occasioni di lavoro dovrebbero essere create nei Paesi d’origine e dovrebbe essere evitata ogni politica migratoria che mini i fondamenti della società, specialmente la famiglia, che ne è la cellula di base. I potenziali vantaggi dell’emigrazione sono superati dai problemi che appaiono in particolare nelle famiglie esposte al rischio della disintegrazione. In questa situazione, a soffrire maggiormente sono i bambini che spesso crescono senza genitori e sono obbligati ad assumere il peso di gravose responsabilità.

Nei Paesi di accoglienza, la riunificazione familiare è il modo migliore per promuovere l’integrazione degli immigrati ed eliminare molti problemi, in particolare quelli legati alla sicurezza e all’ordine pubblico.

I migranti non rappresentano solo un problema, ma anche un dono per le nostre società. Essi ci aiutano nel nostro lavoro, ci obbligano ad aprire la nostra mente, le nostre economie e le nostre politiche e ci stimolano a ricercare nuovi modelli. Soltanto assieme potremo vincere questa sfida ed aprire il nostro mondo al futuro, di cui tutti vogliamo godere.

Grazie, Signor Presidente.


*L’Osservatore Romano, 12.11.2008, p.2.

  

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