CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA PER L'APERTURA OMELIA DEL CARD. ANGELO SODANO Piazza Duomo, Lecce
Fratelli e Sorelle nel Signore! Con grande gioia sono venuto tra voi, in occasione dell'apertura del vostro Congresso Eucaristico. Come vostro fratello in Cristo, vi saluto tutti, uno a uno, sicuro che da questa Celebrazione Eucaristica usciremo tutti più uniti, per una testimonianza cristiana sempre più bella all'interno della nostra società. Un saluto particolare vorrei dare al vostro amato Pastore, il caro Arcivescovo Mons. Cosmo Francesco Ruppi ed a tutti i sacerdoti che vi guidano ogni giorno all'incontro del Signore. Fra di voi vedo numerose autorità civili e militari ed anche rappresentanti di organizzazioni locali: a tutti vada il mio rispettoso saluto. E come dimenticare le persone consacrate che educano i ragazzi nelle scuole, che assistono gli ammalati negli ospedali, che lavorano nei vasti e molteplici campi dell'apostolato? A tutti porto il saluto paterno del Papa Benedetto XVI, che vi è particolarmente vicino in quest'ora di grazia, come vi ha testimoniato con il messaggio che vi ha inviato in occasione del Congresso Eucaristico. Mistero di fede mistero di luce Miei fratelli, in questa settimana mediterete sui vari aspetti del mistero eucaristico, sotto la guida dei Vescovi e sacerdoti, che vi aiuteranno a conoscere ed ad amare sempre meglio il grande dono che il Signore ci ha lasciato. L'Eucaristia è certo mistero di fede, ma insieme è anche mistero di luce, che può illuminare la nostra vita e farci rivivere l'esperienza dei due discepoli di Emmaus, che, a contatto con Gesù, sentirono che i loro occhi poco a poco si andavano aprendo, fino a riconoscere del tutto il loro Salvatore (Lc 24, 31). Da parte mia, oggi vorrei ripetervi il messaggio che ci viene dal Vangelo di questa Domenica quarta di Pasqua: Cristo è il Buon Pastore, che ha dato la sua vita per noi e che ha voluto continuare a donarcela ogni giorno nell'Eucaristia. Il dono del Buon Pastore Confortanti sono le parole di Gesù: "Il buon pastore offre la vita per le pecore" (Gv 10, 11). In realtà, il Signore non si è limitato ad offrire la sua vita al Padre sul legno della Croce, ma, nel suo immenso amore per noi, ha voluto perpetuare quel sacrificio offrendosi ogni giorno al Padre sugli altari del mondo, dandosi poi a noi come cibo spirituale. È questa la fede di cui vive ogni discepolo di Cristo. È questa le fede, ben descritta da tutti i documenti della Chiesa in venti secoli di storia e che è stata magistralmente riassunta dal Concilio Vaticano II nella celebre Costituzione sulla Sacra Liturgia, là ove ci dà questa bella sintesi della verità eucaristica: "Il nostro Salvatore nell'ultima cena... istituì il sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, per perpetuare così il sacrificio della Croce nei secoli fino al suo avvento, lasciando in tal modo alla sua diletta Sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e della sua risurrezione, sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale in cui si riceve Cristo, l'anima si riempie di grazia e ci è dato il pegno della gloria futura" (Costituzione Sacrosanctum Concilium, c. II, n. 47). Il Buon Pastore, dopo essersi dato a noi sulla Croce, continua così a donarsi a noi sotto le specie del pane e del vino, come ben cantiamo con il bell'inno che ci ha regalato S. Tommaso d'Aquino, appassionato cantore del Cristo eucaristico:
È il grande mistero della comunione sacramentale: ciascuno di noi riceve Cristo, ma anche Cristo riceve ciascuno di noi, stringe con noi la sua amicizia, dicendoci: "Voi siete miei amici" (Gv 15, 14). E la consolante realtà della vita cristiana! La speranza cristiana Cari fedeli di Lecce, nel corso della settimana contemplerete i vari aspetti dell'Eucaristia. Da parte mia, oggi vorrei dirvi di guardare a questa presenza di Cristo in mezzo a noi come motivo di profonda speranza. A Verona, nei giorni scorsi, si è tenuto un convegno in preparazione del grande incontro dell'autunno prossimo, ed il tema è stato il seguente: "Sogni o segni di speranza?". La risposa alla domanda è abbastanza scontata: la presenza di Cristo in mezzo a noi non è un sogno, ma è un vero segno di speranza. Anzi, Egli è il fondamento della nostra speranza. Molte sono le nubi che oscurano l'orizzonte del nostro tempo. L'animo del cristiano sovente è turbato. Come sul lago di Galilea, dove Gesù sembrava dormire adagiato nella barca, anche oggi possiamo imbatterci nella tempesta. In quell'occasione, i discepoli, persi d'animo, lo destarono gridando: "Salvaci, Signore, siamo perduti!". Il Signore, però, rispose loro: "Perché avete paura, uomini di poca fede?". L'evangelista san Matteo così conclude la descrizione della tempesta sedata: Gesù si alzò in piedi, "sgridò i venti e il mare e si fece una grande bonaccia" (Mt 8, 25-26). Il Signore della storia Nell'Eucaristia è lo stesso Gesù che è presente con noi nella barca della Chiesa e guida gli eventi della storia umana, permettendo talora il sorgere di tempeste ma assicurandoci che Egli è sempre con noi e che alla fine la sua potenza trionferà. Del resto, è questa la promessa che poi farà a Pietro, costituendolo capo visibile della Chiesa: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" (Mt 16, 18). E vero che a volte il male sembra trionfare in modo sfacciato in mezzo a noi, ma sappiamo pure che lavora nel mondo la grazia di Dio, più potente ancora del male. La grazia divina è come un lievito che dal di dentro di ogni pasta le permette di diventare un pane profumato per le mense degli uomini. Quand'ero studente, un giorno il professore d'italiano ci fece studiare a memoria una poesia di Leopardi intitolata "La ginestra". Essa aveva come sottotitolo: "E gli uomini amarono più le tenebre che la luce" (Gv 3, 19). Ricordo che allora io fui invitato dal professore del ginnasio a commentare la poesia e che dissi subito che essa ben denotava il pessimismo del poeta di Recanati. Ma il buon professore subito mi fermò dicendo: "Non è una frase del poeta, è una frase del Vangelo di s. Giovanni per ricordarci la triste realtà del male nel mondo, pur dicendoci che esso è stato ormai vinto da Cristo, Signore della storia umana". In realtà, come dimenticare quell'appello pressante di Cristo che ci dice: "Abbiate fiducia; io ho vinto il mondo" (Gv 16, 33)? Tutti noi siamo stati testimoni nel secolo scorso di tante tragedie. Ci sembrava che i regimi che s'ispiravano al comunismo ateo stessero per spegnere la fede dei credenti in varie nazioni nel mondo. Ma poi la potenza di Dio intervenne, spingendo alla riscossa tanti uomini di buona volontà e la libertà ritornò a fiorire fra quei popoli. Oggi, all'orizzonte, vi sono altri motivi di preoccupazione per noi cristiani: l'indifferenza religiosa, da una parte, e, dall'altra parte, l'idolatria delle passioni, del denaro e della superbia. Sono idoli che talora gli uomini si costruiscono come nuovi "vitelli d'oro". All'orizzonte appaiono anche segni di ostilità verso i cristiani. Noi sappiamo, però, che Dio sempre veglia su di noi, che il peccato è finito e l'amore di Dio è infinito. L'ancora del cristiano C'è, quindi, sempre per noi un motivo di grande speranza. Ciò ci dà ottimismo per il futuro; ci dà il dono della gioia, che è come la sorella gemella della speranza; ci porta a quella "iucunditas" che s. Tommaso collocava fra le virtù cristiane; ci dà quella sicurezza interiore, che ci porta a rispondere a chiunque ci domandi la ragione della speranza che è in noi (cfr 1 Pt 3, 15). Alcuni di voi sono pescatori e ben conoscono l'importanza dell'ancora per tener ferma la barca di fronte ai venti ed alle tempeste. Ebbene nella simbologia delle catacombe romane la speranza è sovente rappresentata da un'ancora, per indicare che essa è lo strumento che tiene agganciato il cristiano a quella roccia sicura che è Cristo. Per tutti noi, Cristo sia l'ancora che ci rende saldi nella fede, sereni e tranquilli nella nostra vita, permettendoci di guardare con fiducia verso il futuro, fino a quando il Signore venga a chiamarci a sé per la vita eterna. Amen.
|
|