OMELIA DEL CARD. ANGELO SODANO Chiesa romana di sant'Anselmo all'Aventino
In questa Santa Messa, che stiamo celebrando in occasione della Festa nazionale dei Cile, sgorgano dal nostro cuore queste parole del Magnificat: "L'anima mia magnifica il Signore ed il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore" (Lc 1, 46s). Con le medesime espressioni dell'inno pronunciato da Maria Santissima, vogliamo oggi ringraziare il Signore per tutti i benefici concessi alla Nazione cilena fin dall'inizio della sua storia e, in particolare, nei quasi due secoli della sua indipendenza. Da quando Pedro de Valdivia, nel 1541, fondò la città di Santiago è trascorso molto tempo e parecchi eventi hanno segnato la vita dei Paese. Molti secoli sono trascorsi, poi, da quando, nel 1561, vent'anni dopo la fondazione della città, il Papa Pio IV, Giovan Angelo Medici, creò la Diocesi di Santiago! Il Vangelo di Cristo penetrò così poco a poco nel cuore dei popoli autoctoni, iniziando ad unificare il Paese ed a plasmare la Nazione cilena. Oggi vogliamo ringraziare il Signore per tutto il cammino che il Cile ha compiuto. In particolare, vogliamo dire grazie perché Egli ha guidato il Paese verso l'indipendenza attraverso l'opera del generale José de San Martín, di Bernardo O'Higgins e di tanti benemeriti patrioti cileni. Allo stesso modo, lungo la storia della Nazione, possiamo vedere come l'azione unificatrice del cristianesimo, posta in essere da generosi missionari, da ecclesiastici e laici animati da fede profonda, ha contribuito a dare un'evidente ispirazione religiosa alla vita della Patria. Tra gli aspetti peculiari della fede del popolo cileno, è poi ben conosciuta la grande devozione mariana. Alla Vergine Santissima si raccomandarono sempre le grandi figure di politici del Paese e si consacrò poi l'intera Nazione; il grandioso santuario della Vergine del Carmine, che si leva a Maipù, ne è perenne ed eloquente testimonianza. La celebrazione della festa nazionale del Cile deve essere anche di stimolo per tutti al culto della memoria. Di ciò, Maria Santissima ci ha lasciato un grande esempio. L'Evangelista san Luca, dopo aver narrato alcuni episodi della vita di Cristo, scrisse infatti nel suo Vangelo che la Vergine "conservava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore " (Lc 2, 51). Anche noi dobbiamo conservare nel cuore l'esempio dei nostri padri ed anzi la memoria di un popolo deve svilupparsi nella misura in cui cresce la medesima Nazione. Questo concetto potrebbe essere definito anche come "culto della tradizione": il ricordo vivo, cioè, delle radici dalle quali proviene l'albero. Guardando al passato, infatti, il cristiano scopre che la storia non è scritta solo dagli uomini, ma che è tracciata soprattutto da Dio. Un proverbio italiano dice così: "L'uomo si agita ma Dio lo conduce". Ed in verità la Nazione cilena ha più che un motivo per rendere grazie al Signore che l'ha guidata fino ad oggi sul cammino del progresso spirituale e materiale, verso l'ideale di una civiltà umana e cristiana. Così, con il salmo 144, possiamo oggi davvero cantare: "Beata la nazione, il cui Dio è il Signore" (Sal 144, 15). Il culto della memoria conduce poi i cristiani anche ad un autentico amore alla Patria. Ora, l'espressione "patria" si collega al concetto di "padre" ed indica tutto quel patrimonio spirituale e materiale ricevuto dal proprio genitore. Il medesimo concetto manifesta parimenti tutto quello che abbiamo ricevuto da nostra madre: non a caso, a volte, si parla di "madre-patria". L'amore alla patria ha inoltre una radice profonda nel IV Comandamento: "Onora tuo padre e tua madre". Certamente, l'amore alla propria Patria non deve tramutarsi in nazionalismo, così come l'amore alla propria madre deve tenere presente che anche gli altri hanno una madre, degna di stima e di affetto come la propria mamma. Per questa ragione, nell'attuale processo di integrazione americana, i cileni saranno sempre cileni, gli abitanti dell'Argentina sempre argentini, i brasiliani sempre brasiliani; ma tutti i Paesi di questo continente dovranno cooperare tra di loro, come Nazioni sorelle, ciascuna rispettando l'origine comune e la medesima dignità. In questa Santa Messa, sento il dovere di invitare tutti voi a pregare affinché ogni Nazione sappia usare rettamente il grande dono della libertà. Per noi cristiani non esiste alcuna libertà al di fuori della verità. La libertà, infatti, è un dono che Dio ci ha offerto per realizzare il bene nella vita di ciascuno, nella famiglia e nella società. Spesso, purtroppo, l'uomo usa il dono della libertà in maniera distruttiva. In realtà, anche la migliore e più sicura automobile, se usata senza alcuna regola, può condurre ad un disastro. Così può succedere per l'uomo qualora usi della libertà senza alcun criterio regolatore. E questa è una convinzione che sovente ricorre nel Magistero di Papa Giovanni Paolo II. È un aspetto sul quale tutti dobbiamo riflettere, soprattutto quando celebriamo feste di libertà quali le feste nazionali. Cari amici cileni, mentre rendiamo grazie a Dio per i doni elargiti alla Patria, imploriamo anche per l'intera Nazione il dono di una sempre maggiore concordia, della comprensione reciproca e di una stabile pace sociale. Nei momenti difficili, i Vescovi cileni hanno frequentemente ricordato che "il Cile possiede una vocazione per l'incontro e non per lo scontro". E Giovanni Paolo II, il 3 aprile 1987, nel Parco O'Higgins di Santiago, al termine della S. Messa durante la quale aveva beatificato Suor Teresa de los Andes ricordava che, anche di fronte alle prove più dure, "l'amore è più forte"! Al termine di queste parole, desidero poi riproporre quanto il Santo Padre ci ha detto nel Messaggio per la Giornata della Pace del 2002. Vi è una forma speciale dell'amore: il perdono. Ed in realtà la giustizia da sola non è sufficiente per conseguire la pace sociale. La giustizia, infatti, dev'essere completata con l'amore, con un amore che perdona ed apre i cuori ad una nuova forma di convivenza fraterna. Quando tra i cittadini esiste una cultura del perdono, allora vi potrà anche essere una "politica del perdono" (cfr Messaggio per la Giornata della Pace, 1 gennaio 2002, 8). A tal proposito, il Papa scriveva: "la capacità di perdono sta alla base di ogni progetto di una società futura più giusta e solidale" (ibidem, 9). Che la celebrazione dell'odierna festa nazionale del Cile sia un'occasione privilegiata per implorare dal Signore la vittoria dell'amore per tutta la Nazione cilena. *L'Osservatore Romano 19.9.2003 p.6.
|
|