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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 108 (Suppl.), December 2008

 

 

Sig. Kristian Gianfreda,

Responsabile Servizio Generale di Strada

Comunità Papa Giovanni XXIII

(Italia)

San Paolo dice nella prima lettera ai Corinzi cap. 12 v. 22 dice: "le membra che sembrano le più deboli sono le più necessarie"….e nel versetto 26: "queste membra dobbiamo onorarle perché hanno il compito di togliere la divisione, lo strazio nella chiesa".

Queste membra hanno la funzione di congiunzione, riconciliazione, di armonizzazione.

Esse hanno una missione unica e insostituibile, che è quella di far diventare umana l’umanità, cristiana la Chiesa, per poter far entrare poi nella Chiesa tutti gli uomini per raggiungere la perfezione.”

Don Oreste Benzi diceva queste parole parlando dei poveri tra i poveri, di coloro che popolano i luoghi più ameni delle città.

Poco più di un mese prima di chiudere gli occhi a questa terra Don Oreste aveva cambiato residenza, si era trasferito in una casa che a Rimini è nota con il nome di Capanna di Betlemme. È la casa di accoglienza dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII per i senza fissa dimora, voluta da Don Oreste stesso venti anni prima.

Due aspetti in particolare caratterizzano questa casa: uno è l’atmosfera familiare, gli operatori vivono insieme agli ospiti; l’altro è che gli operatori, membri della comunità, ogni sera, prima di mangiare, vanno a cercare e ad incontrare i senza tetto là dove sono, nei luoghi del disagio.

È la condivisione diretta con i senza fissa dimora la regola fondamentale di questa casa. Gli ultimi, i poveri, sono al centro del cammino di conversione.

Con questo spirito da oltre trent’anni la Comunità Papa Giovanni XXIII opera nel mondo dell’emarginazione in Italia e all’estero. Le case per i senza fissa dimora dal nome Capanna di Betlemme, sorgono oltre che in Italia (Rimini, Bologna, Vicenza), anche in alcuni degli stati esteri in cui è presente l’associazione comunità Papa Giovanni XXIII, in particolare in Albania, Russia, Bolivia, Zambia, Tanzania e Kenya.

La prima assistenza ai senza fissa dimora, vitto e alloggio, rimane un servizio necessario, ma non può essere l’unico approccio. L'amore ai fratelli poveri deve spingersi oltre per offrire una reale occasione di riscatto, fino a cercare di togliere le cause che provocano il bisogno.

Non sostituiamoci all’assistenza che è un dovere dello Stato, andiamo oltre, cerchiamo giustizia per questi fratelli, altrimenti si rischia di diventare meri impiegati della carità.

Mense e dormitori rischiano di addormentare le coscienze e perpetrare l’indifferenza, se le persone che ci vivono dentro non cercano Cristo: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me» (Mt 25,40). La vocazione del cristiano è insostituibile.

Diceva Don Benzi alla settimana sociale di Pisa: “Nella giornata Onu per l’estrema povertà, io al consiglio comunale di Rimini ho chiesto che ogni consigliere comunale prenda accanto a sé uno dei nostri barboni – li chiamiamo così, ma sono uomini creativi di storia – e lo usi come assistente.  

Finora li abbiamo accolti, la nuova sfida ora è quella di renderli compartecipi della vita cittadina: bisogna dar loro la possibilità di sedersi ai tavoli dei bottoni, anche con i pantaloni strappati, e attraverso la loro semplicità far capire ai potenti e ai politici quali sono i veri valori della vita”.

È un richiamo a partecipare da cristiani alla vita sociale, portando negli ambiti in cui ognuno è impegnato l’amore di Cristo per gli ultimi, quelli che nessuno voleva vedere 2000 anni fa e che oggi sono ancora lì, fuori le mura: clochard, alcolisti, psichiatrici, tossicodipendenti, immigrati, zingari, prostitute, ecc.

Persone difficili da aiutare, ma tutte “le prove, le difficoltà che ci sono e sono inevitabili perché dobbiamo fare i conti con la quotidianità ed i nostri limiti, diventano momenti di grazia immensa perché ci fanno crescere in quei modi di essere in cui siamo troppo indietro”.

“È bellissimo – diceva don Benzi – vedere come alla sera persone di lingua, razza e religione diversa si siedano tutte intorno a un tavolo e fraternizzino tra loro, allontanando tutte le barriere che la società di oggi eleva. Questi poveri, i nostri poveri, sono la pietra scartata dai costruttori che è divenuta testata d'angolo. Anche noi dobbiamo fare in modo che essi diventino la testata d'angolo della nostra società”.

I percorsi educativi, le inclusioni sociali e gli inserimenti lavorativi, i tutor sociale, il servizio legale e il servizio sanitario, il centro di ascolto e la cooperativa di lavoro, sono attività che nel tempo abbiamo sviluppato per meglio aiutare i senza tetto che incontravamo nelle strade e nelle stazioni dei treni. Ma in fondo ciò che veramente cercano è uno sguardo che li sappia amare, che riesca a vedere il bene ed il bello che ognuno ha dentro

 

 

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