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Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People People on the Move N° 104, August 2007 IN VIAGGIO CON IL MONSIGNORE: CHE PECCATORI GLI AUTOMOBILISTI!* Sulle strade dellesodo tra gestacci, sorpassi azzardi e insulti Michele SMARGIASSI Quante volte, figliolo? È il tuo primo peccato di sorpasso a destra o sei gia caduto in tentazione? Sarebbe bello avere una risposta, ma lautostrada Roma-Civitavecchia non è un confessionale, e il peccatore su berlina grigiofumo, dopo un fulmineo zigzag fra la Panda e il tir, è gia sparito allorizzonte. Che si fa, eccellenza, lo si assolve lo stesso? «Prima sospira monsignor Agostino Marchetto fissando il puntolino lontano sullasfalto ci vuole almeno un pentimento». Ma gli italiani al volante non si pentono, perchè sono peccatori inconsapevoli. Non si rendono conto che, tra un casello e laltro, perdono punti patente per il Paradiso. Nessuno tra i confessori interpellati da Marchetto sè mai sentito riferire peccati commessi al volante. Qualche sacerdote invece ha cominciato a chiedere: «Figliolo, come hai guidato nellultimo weekend?». Be, se si confessassero tutti avremmo più code ai confessionali che ai caselli. Non cè vizio capitale che non trovi applicazione pratica sullasfalto di questalba di esodo agostano. Quei due che fanno a gara tallonandosi a pochi centimetri? «Invidia», sta al gioco monsignore. Quello col Suv giapponese che va almeno ai centottanta? Superbia, non cè dubbio, magari pure gola, cioè desiderio sfrenato di arrivare prima degli altri a divorare i piaceri della vacanza. Peccati gravi. Peccati mortali in senso proprio: uccidono. Seimila morti all'anno sulle strade d'Italia per incidenti che, nove volte su dieci, sono addebitabili a fattori umani. Far salire un alto prelato vaticano sul sedile del passeggero e portarlo in un luogo di perdizione comè la corsia di sorpasso di unautostrada italiana sarebbe di pessimo gusto se non si trattasse delluomo che, per conto della Chiesa, si occupa precisamente di questo. Il Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, di cui larcivescovo Marchetto è segretario, due mesi fa ha stilato e diffuso sessanta pagine di «Orientamenti per la pastorale della strada» che hanno raccolto più ironie di quel che meritava. È il momento giusto per metterli alla prova su strada. «Non uccidere» è il primo comandamento del decalogo che riassume quel testo. Ma monsignore, guardi quella station wagon col bagagliaio che trabocca, guardi quella Multipla con i bambini che ci salutano dal finestrino: le sembrano potenziali assassini? «Sono sicuramente brave persone, nella vita quotidiana. Ma luomo che si mette al volante non ha la stessa personalità dell'uomo appiedato». Assolutamente vero. Sulla rampa d'accesso tra raccordo anulare e A12, andiamo ai quaranta come da cartello. Lautista del furgone dietro di noi esplode in un catalogo intero di gestacci. «Non risponda, stia calmo», esorta il passeggero in clergyman, «vede, è da solo alla guida, magari da ore, è nervoso, agitato. Lo perdoni. La strada è un luogo della socialità, dellumanità, della carità». Monsignore, si rassegni: quelle della socialità erano le strade con i pedoni, tuttal più i ciclisti. Lì era ancora possibile un contatto umano. Da questo parabrezza non si vedono uomini, ma carrozzerie. Questo deficiente che mi stringe a destra, ad esempio, non so neppure se è un uomo o una donna... «Può essere un buon cristiano, una madre amorevole... Bisogna far finta di non vederle, le carrozzerie, e immaginare gli esseri umani che ci sono dentro, considerarli compagni di strada. In fondo abbiamo molto in comune, siamo compagni di strada, andiamo tutti a goderci il meritato riposo». Ah sì, ci andiamo: incolonnati, isterici, incomunicanti. E lo chiamano Esodo, come il più epico libro della Bibbia. Di fatto è anche peggio: la traversata del deserto d'asfalto, la spiaggia promessa ancora lontana, e neanche un pò di manna. Almeno il popolo di Mosé aveva le tavole della legge come guida. I nostri segnali stradali, invece, chi se li fila più. Non siamo ancora a Fregene e siamo gia stati polverizzati da una ventina di vetture in clamoroso eccesso di velocità. L'uomo comune alla guida regredisce a «primitivo», si fa «poco umano», recita il documento della Pastorale migranti. «Accade perchè ce di mezzo il mezzo. Abbiamo in mano unarma pericolosa e non lo sappiamo, e quellarma scava dal nostro inconscio gli istinti peggiori», spiega Marchetto. Decenni or sono, in un'epoca ancora paleoautomobilistica, sui cruscotti andavano forte le calamite col San Cristoforo protettore: la macchina faceva ancora paura, bisognava esorcizzarla. «La secolarizzazione ha fatto sparire anche quel piccolo monito», rimpiange l'ecclesiastico passeggero. Da allora comanda lauto, Eva tentatrice, idolo, lusso da esibire, strumento di potere e arma di oppressione del più debole. Ecco, monsignore, diranno: la solita Chiesa nemica del progresso e della tecnica. «Ma anche a me piaceva guidare. Non c'e nulla di male nel piacere di viaggiare». Il cristianesimo è una religione in movimento: «Io sono la Via», dice Cristo, e le Scritture sono piene di strade, migrazioni, pellegrinaggi. Allora? «Decidiamo dovè il valore del viaggio. Correre, rischiare? O arrivare felici alla meta? Riempie di sgomento avere la certezza statistica che decine di coloro che oggi partono per le vacanze non ci arriveranno, per colpa di chi ha fatto cattivo uso del piacere di viaggiare». Marchetto non ama parlare di colpe e peccati. All'altezza di Ladispoli spiega con fervore il lato positivo, le virtù del viaggiare: « La speranza di arrivare, la pazienza riposante dell'itinerario, la piacevolezza di percorrerlo assieme alla famiglia, agli amici». Ma è difficile assaporare quelle delizie con un Toyota appiccicato al paraurti di dietro che lampeggia e strombazza mentre sorpassi un rimorchio alla velocità massima consentita. Che faccio monsignore, posso mandare a quel paese l'invasato, o cristianamente devo offrire laltro paraurti? Ride: «Acceleri un po', finisca il sorpasso e lo lasci passare. Anche la teologia morale ammette la scelta del male minore in certe condizioni...». Si, però qualcuno dovrà pur castigare i bulli su questa terra, o aspettiamo il giudizio universale? Gli incoscienti dell'acceleratore sono impuniti e perfino incoraggiati. Un commentatore illustre e laico ha scritto che le multe per eccesso di velocità sono illiberali, perchè non si può essere puniti per un puro rischio, cioè per un reato non commesso. «Non cè libertà senza responsabilità», scatta Marchetto, «migliaia di morti sulle strade dimostrano che quel rischio non è ipotetico. È libertà accettare il rischio di diventare un assassino o un suicida?». Allora la Chiesa benedice le multe, gli autovelox e tutto il resto? «Vede», si accomoda la cintura di sicurezza, ed è il preludio di una risposta inattesa, «io non credo che bastino le multe a far cessare la strage». Be soprattutto se non le fanno, eccellenza. È finito anche leffetto della patente a punti, tanto i punti si possono ricomprare, a la versione laica della vendita delle indulgenze, hanno fatto diventare simoniaco il codice della strada. «In ogni caso le manette servono a poco se sono vissute come un mero atto giuridico privo di implicazioni morale. Mi sorprendono in infrazione? Bene, pago, ma non mi sento in colpa. E se non mi sento in colpa, posso rifarlo». Ma si, forse bisognerà trovare il modo di multare le coscienze, oltre che i portafogli. Ma se lo fa la Chiesa non sarà un'altra ingerenza clericale? Sorride: «Se lo Stato ci chiede di ammonire gli evasori fiscali, cosa che ha fatto quarantanni fa il Concilio Vaticano II, perchè non possiamo occuparci degli automobilisti indisciplinati?». In Brasile, racconta, hanno sperimentato le chiese mobili, specie di camper con l'altare incluso, basta una piazzola o un parcheggio e la catechesi da guard-rail è fatta. In Italia, la chiesina sull'autostrada di Michelucci, a Firenze, ricorda ai credenti che Dio è ovunque, anche in corsia di sorpasso. Ma un segno di croce prima di partire può comunque servire». È scaramanzia? «No, impegno. Significa: so che sto iniziando un viaggio rischioso, chiedo protezione, ma cerco di ridurre il rischio». E il non credente? Non cambia molto. Lui dirà: esame di coscienza e senso di responsabilità». Di cui sembrano totalmente privi i due cretini in moto che verso Civitavecchia ci tagliano la strada oscillando come un pendolo a pochi centimetri dal nostro parafango. «Dovremo dedicare un'attenzione speciale ai motociclisti», appunta mentalmente monsignore. Loro proprio ignorano cosa sia la retta via.
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