The Holy See
back up
Search
riga

 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 101, August 2006

 

 

spostamenti di popolazione e nuove schiavitù.

LA SOLLECITUDINE della Chiesa*

 

 

S.E. Mons. Agostino MARCHETTO

Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale

per i Migranti e gli Itineranti

 

Spostamenti di popolazione

Il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, di cui sono Segretario da 3 anni, esprime la sollecitudine pastorale del Santo Padre per chi è in mobilità. È una cura specifica, che si affianca, da circa cent’anni, alla pastorale ordinaria, territoriale, parrocchiale diciamo, e che dimostra la carità di Cristo che raggiunge l’uomo, tutto l’uomo, ovunque egli vada (migrante, interno o internazionale, rifugiato, profugo, o sfollato, nomade o circense o lunaparchista, turista o pellegrino, pescatore, marittimo o crocerista, viaggiatori per cielo o terra, abitante della strada o studente estero.

Quando si parla di mobilità umana, si potrebbe forse pensare subito a fenomeno omogeneo. In realtà non è così come si vede, poiché si tratta di spostamenti diversificati, con gran varietà di forme e tipi, ciascuno dei quali è atto anche a trasformarsi in altro, attraverso una serie di meccanismi.[1] 

Il nostro sguardo generale sui migranti, che qui consideriamo, abbraccia circa 175 milioni di persone che attualmente risiedono in un Paese diverso da quello natale, mentre notiamo che dal 1979 il loro numero è raddoppiato. L’Europa è destinazione privilegiata.[2]

Di essi, circa il 9% sono rifugiati[3], cioè migranti forzati, sotto responsabilità generale dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) e dell’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Assistenza ai Rifugiati Palestinesi (UNRWA). A tale riguardo è importante notare che l’ACNUR non si occupa soltanto dei rifugiati, secondo la definizione della Convenzione delle Nazione Uniti del 1951 e del suo Protocollo del 1967, ma anche dei richiedenti-asilo, con attenzione altresì agli sfollati all’interno del proprio Paese, agli apolidi, ecc. Orbene, nel gennaio 2004, le persone sotto responsabilità dell’ACNUR raggiungevano circa i 17 milioni, di cui più di 6 in Asia, di 4 in Africa e altrettanti in Europa.

È doveroso aggiungere che per gran parte della massa di migranti ottenere un permesso di lavoro è impresa difficile, per cui non pochi si rivolgono ad “agenzie” di reclutamento, le quali forniscono documenti, anche falsi, e “assicurano” un impiego all’estero. Altri invece possono esservi introdotti, senza documenti, passando abusivamente la frontiera del Paese di destino, in cambio di denaro magari raggranellato tra parenti e amici, che si dovrà restituire. Sfruttando la disperata speranza di gente vulnerabile e povera, prospera così il commercio altamente redditizio del traffico di esseri umani, rilevante fornitore di nuovi schiavi dell’epoca moderna.  

Nuove schiavitù

Ed eccoci al centro del nostro tema, nella prospettiva, al momento del mio scrivere, di un Convegno, proprio a Roma, sul tema delle “Nuove schiavitù: fenomeni, strumenti, prospettive”, il 24 e 25 settembre, in occasione del corrente Anno Internazionale di commemorazione della lotta contro la schiavitù e la sua abolizione, proclamato dalle Nazioni Unite su proposta dell’UNESCO. Nel bicentenario, quest’anno, della proclamazione del primo stato nero, Haiti, simbolo della lotta e della resistenza degli schiavi, assistiamo, infatti, in gran parte impotenti, all’affermarsi di nuove forme di sfruttamento sessuale e lavorativo condotte su scala globale, un commercio turpe e tuttavia fiorente che, secondo le Nazioni Unite, produce un giro d’affari – come si dice – dai 7 ai 10 miliardi di dollari l’anno.

Per restare con le cifre, ricordo che l’agenzia Fides, or non è molto, riportava i dati del rapporto UNICEF “Stop the traffic!”. Allargando la visione, sappiamo che i nuovi schiavi risultano essere anche i bambini, circa 246 milioni -, sfruttati sul lavoro ma anche abusati sessualmente (v. il nostro comunicato finale del Congresso Mondiale della pastorale del Turismo, realizzato a Bangkok dal 5 all’otto luglio 2004 – disponibile su Internet in www.vatican.va àCuria RomanaàPontifici Consigliàdella pastorale per i migranti e gli itinerantiàTurismo ….).

Per concludere, il traffico di esseri umani per la prostituzione costituirebbe – si dice - la terza attività - illegale - più redditizia del mondo, che è capace di generare un “guadagno” – sempre secondo l’agenzia Fides - di circa 12 miliardi di dollari annuali, con “coinvolgimento” di decine di Paesi di tutti i continenti. In ogni caso, il traffico che induce a schiavitù interesserebbe 6 milioni di donne e bambini.

Come dicevamo, non v’è solo la schiavitù del sesso. Molti immigrati, per esempio, si trovano costretti a lavorare in condizioni inumane, completamente alla mercede dei loro “padroni”, sotto la continua minaccia di violenza, senza potersi rivolgere alle Autorità, essendo privi di documenti regolari o per paura di ritorsione anche sulle loro famiglie. 

Varrà qui ricordare, per essere concreti, uno “studio” dal titolo Disposable People[4], di Kevin Bales, che ha esaminato la schiavitù moderna. Ve ne sono oggi varie forme, nonostante le leggi nazionali la proibisca. Alcune sono legate alla cultura locale, ma le più diffuse risultano due, vale a dire la schiavitù contratta al fine di riscattare un debito (l’Autore ne ha individuato circa 20 milioni di casi, prevalentemente in India, Pakistan, Bangladesh e Nepal) e quella per “contratto” di lavoro, la più comune nell’ambito della mobilità umana, che è in rapido aumento. Per quest’ultima schiavitù le stime variano tra 700.000 a 4 milioni di vittime. Essa esiste praticamente in tutti i Paesi nel mondo. 

Sempre Bales osserva che questi schiavi moderni sono generalmente impiegati per lavori semplici, tradizionali, che non richiedono alcuna conoscenza tecnologica; la maggioranza comunque lavora nel settore agricolo.  

La Sollecitudine della Chiesa

E la Chiesa che fa in relazione alle nuove schiavitù? Giovanni Paolo II, nel Suo Messaggio in occasione della Conferenza Internazionale sulla schiavitù del XXI secolo[5]del maggio 2002, affermava che “il commercio di persone umane costituisce un oltraggio alla dignità umana e una grave violazione dei diritti umani fondamentali” e, richiamando il Concilio Vaticano II (GS 27), definiva “vergognose la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni del lavoro con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili”. Egli ricordava altresì che tali pratiche “guastano la civiltà umana”, ma ancor più “inquinano coloro che così si comportano”, attestando infine che dette “situazioni sono un affronto ai valori fondamentali condivisi da tutte le culture e da tutti i popoli, valori radicati nella natura stessa della persona umana”. Vi invito a leggere tutto il Messaggio, per i suoi risvolti politici, giuridici, economici, etici e per la ricerca delle cause dell'aumentata ‘domanda’ che alimenta il mercato della schiavitù e tollera il costo umano che ne deriva. 

Anche il nostro Pontificio Consiglio, nella Sua recente Istruzione Erga migrantes caritas Christi, approvata dal Santo Padre il 1° maggio 2004, si riferisce al traffico delle persone umane qualificandolo come “un nuovo capitolo della schiavitù” (n. 5), puntando, fra le altre cose, sulla soluzione giuridica. Riconoscendo, cioè, il forte legame del traffico con la migrazione, il documento incoraggia “la ratifica degli strumenti internazionali legali che assicurano i diritti dei migranti, dei rifugiati e delle loro famiglie” (n. 6), particolarmente della Convenzione internazionale per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie[6], che “offre [al migrante] un compendio di diritti” (ibid.). Tale Convenzione di fatti protegge anche quelli dei migranti irregolari, includendo così le vittime del traffico degli esseri umani. Ma per essere concreti, la Chiesa deve offrire, “nelle sue varie Istituzioni e Associazioni competenti, quell'advocacy che oggi è sempre più necessaria (v. i Centri di attenzione ai Migranti, le Case per essi aperte, gli Uffici per i servizi umani, di documentazione e ‘assessoramento’, ecc.)” (ibid.).

Ancora, in concreto molte Congregazioni religiose si trovano in prima linea nella lotta contro questa terribile piaga per cui Conferenze nazionali delle Superiore maggiori, in vari Paesi, hanno mobilitato soprattutto delle religiose ad organizzarsi, anche in relazione con consorelle di altri Paesi (di provenienza, transito o destino delle vittime del traffico) e con Organizzazioni internazionali, governative e non, attive in questo campo. Le Congregazioni maschili sono pure invitate a dare qui il loro contributo. Non mancano altresì Conferenze Episcopali di varie Nazioni che danno alta priorità al problema in questione formulando piani pastorali, e programmando azioni in cooperazione pure con altre Chiese e Comunità Ecclesiali.  

Formare al senso della mobilità

Non va comunque dimenticato che la radice principale di tutto questo disgraziatissimo fenomeno delle nuove schiavitù sta soprattutto nel grande divario economico tra Paesi ricchi e poveri, e anche tra ricchi e poveri all’interno dello stesso Paese. Tale situazione spinge molti, infatti, a lasciare in un modo o in un altro la terra natia in cerca di fortuna. Erga migrantes caritas Christi attesta così che “il fenomeno migratorio solleva una vera e propria questione etica, quella della ricerca di un nuovo ordine economico internazionale per una più equa distribuzione dei beni della terra, che contribuirebbe non poco, del resto, a ridurre e moderare i flussi di una numerosa parte delle popolazioni in difficoltà” (n. 8). Il documento ribadisce inoltre il diritto della persona “a non emigrare, ad essere cioè nelle condizioni di realizzare i propri diritti ed esigenze legittime nel Paese di origine” (n. 29), ricordando che “il Magistero ha sempre denunciato … gli squilibri socioeconomici, che sono per lo più causa delle migrazioni, i rischi di una globalizzazione senza regole, in cui i migranti appaiono più vittime che protagonisti della loro vicenda migratoria e il grave problema dell'immigrazione irregolare, soprattutto quando il migrante diventa oggetto di traffico e di sfruttamento da parte di bande criminali” (ibid.). Perciò Erga migrantes caritas Christi insiste sulla “necessità anche di un impegno più incisivo per realizzare sistemi educativi e pastorali, in vista di una formazione alla ‘mondialità’, a una nuova visione, cioè, della comunità mondiale, considerata come famiglia di popoli, a cui finalmente sono destinati i beni della terra, in una prospettiva del bene comune universale” (n. 8).

La Chiesa dunque lotta contro le nuove schiavitù, con il pensiero e l’azione, con i mezzi a sua disposizione, conformi alla sua natura e missione. Intanto varrà rispondere all’appello che l’istruzione Erga migrantes caritas Christi rivolge a tutti ad “essere promotori di una vera e propria cultura dell'accoglienza” (n. 39) ed a rispondere, i cristiani, “all'invito di S. Paolo: ‘Accoglietevi … gli uni gli altri come Cristo accolse voi, per la gloria di Dio’ (Rm 15,7)” (n. 40). Tale nostro documento inoltre, frutto di una grande cooperazione intra-ecclesiale, chiama l'intera “Chiesa del Paese di accoglienza … [a] sentirsi interessata e mobilitata nei confronti dei migranti” e a “trovare il modo adeguato di creare nella coscienza cristiana il senso dell'accoglienza, specialmente dei più poveri ed emarginati, come spesso sono i migranti, un'accoglienza tutta fondata sull'amore a Cristo” (n. 41). Ciò va compiuto nella certezza che il bene fatto al prossimo, particolarmente al più bisognoso, per amore di Dio, è fatto a Cristo stesso (ibid.).  

********** 


Résumé

 

Déplacements des populations

et nouveaux esclavages : sollicitude de l'Eglise 

           Deux cents ans après la proclamation du premier Etat noir, Haïti, nous assistons, impuissants en grande partie, à de nouvelles formes d'esclavages, plus ou moins cachées.

           Le Conseil Pontifical pour la Pastorale des Migrants et des Personnes en Déplacement, par l'intermédiaire de son Secrétaire, auteur de l'article, exprime le souci pastoral du Saint-Père pour tous ceux qui se trouvent en mobilité, pour atteindre – avec la charité du Christ – chaque personne dans sa globalité, où qu'elle soit. Son regard général sur les migrants embrasse quelques 175 millions d'êtres humains, dont 9% sont des réfugiés résidant dans un pays autre que celui où ils sont nés.

           C'est justement dans ce milieu que des formes d'esclavages trouvent un terrain fertile. En effet, exploitant le désespoir de personnes pauvres et vulnérables, et alimentant trompeusement leurs espoirs, des gens sans scrupule organisent des trafics d'êtres humains. La forme la plus commune d'exploitation, et qui connaît un développement rapide, est celle des "contrats" de travail. Pour une grande partie des migrants, il est extrêmement difficile, sinon impossible, d'obtenir un permis de travail ; aussi, nombreux sont ceux d'entre eux qui s'adressent à des "agences" fournissant des documents – souvent faux – et "assurant" un emploi dans les pays industrialisés. Beaucoup d'immigrés se retrouvent ensuite fréquemment, dans ces pays, obligés de travailler dans des conditions inhumaines.

           Ce type d'exploitation s'accompagne de l'exploitation sexuelle, à laquelle elle se mêle, et qui, hélas, implique des femmes et des enfants, les transformant en objets d'un commerce infâme et fleurissant, pour un chiffre d'affaires que les Nations Unies estiment de 7 à 10 milliards de dollars par an.

           Dans ce cadre, l'Eglise joue un rôle important de défense et d'assistance. A ce propos, l'auteur de l'article renvoie en premier lieu au Message de Jean-Paul II à l'occasion de la Conférence internationale sur l'esclavage du XXIème siècle, tenue en mai 2002. Il cite ensuite la récente Instruction du Conseil Pontifical Erga migrantes caritas Christi, qui traite aussi largement de l'argument, du point de vue juridique, social et éthique, mais surtout pastoral. L'Instruction adresse, entre autres choses, à toutes les personnes, l'appel à "être les promoteurs d'une véritable culture de l'accueil" et elle demande à l'ensemble de l'Eglise du pays d'accueil de "se sentir concernée et mobilisée à l'égard des migrants".

**********

Summary

 

POPULATION MOVEMENT AND NEW SLAVERIES: THE SOLICITUDE OF THE CHURCH 

Two hundred years after the proclamation of the first Black State, Haiti, we – to a large extent helplessly – witness new forms of slavery, masked somehow to varying degrees.  

The Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants andItinerant People, whose Secretary is the author, of this article, expresses the pastoral solicitude of the Holy Father for those who are experiencing mobility. This is to reach every human being, in all his aspects, wherever he goes, through the love of Christ. In general, concern for migrants includes about 175 million people, of whom nine per cent are refugees, who live in a country different from their native land.

It is exactly in this milieu that some forms of slavery find a fertile ground. Indeed, taking advantage ofthe despair of miserable and vulnerable people and deceptively raising their hopes, unscrupulous persons initiate trafficking of humanbeings. The most common form of exploitation – which isin rapid expansion – is through "laborcontract". For many migrants, it is extremely hard, or outright impossible, to obtain a work permit. The refore several of them turn to "agencies" that provide them with documents, maybe fake ones, and "assure" thememployment in industrialized countries. Later on, alot of immigrants often find themselves in the a forementioned countries, forced to work in terrible conditions.

Alongside and mixed with this kind of exploitation is the sexualtypethat, unfortunately, involvesbo thwomen andchildren. These have become the object of a shameful and flourishing trade, with a business volume estimated by United Nations at 7 to 10 billion dollars a year.

The Church carries out an importantrole of defense and assistance in this milieu. In this regard, the author first of all refers to the Message that Pope John Paul II issued on the occasion of the International Conference on Slavery in the XXI Century, in May 2002. 

Further, he quotes the recent Instruction of the Pontifical Council Erga migrantes caritas Christi,that extensively deals with this topic, from a legal, social, ethical and, of course principally pastoral, point of view. Among other things, the Instruction makes an appeal for everyone to be promoters of “an authentic culture of welcome" and it calls on the entire Church in the host country to “feel concerned and engaged regarding immigrants”. 



*Questo articolo è apparso già in “Nuntium” N. 24 – 2004/3, Anno VIII, p. 51-56.
[1]Cf. John Salt, Current Trends in International Migration in Europe, Introduzione (Consiglio d’Europa, Novembre, 2001).
[2]Per i dati statistici: ONU, International Migration Report 2002 (New York, 2002). V. anche il mio intervento al Congresso Nazionale messicano sulla mobilità umana: “Flows of Human Mobility Worldwide: Consequences and Expectations ” (Veracruz, Messico, marzo 2003), in People on the Move, Vol XXV, no. 91-92, 2003, pp. 45-66. 
[3]Fonte dei dati statistici: ONU, op. cit.; ACNUR, 2003 Global Refugee Trends (Ginevra, 2004).
[4]Berkeley, University of California Press, 1999.
[5]Conferenza Internazionale “Schiavitù del XXI secolo: la dimensione dei diritti umani nella tratta delle persone”, Roma, 15-16 maggio 2002.
[6]E’ Convenzione in vigore solo dal 1 luglio 2003.

 

top