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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move - N° 85, April 2001

Il Vangelo in un mondo
che è mosaico di culture[*]

S.E. Mons. Stephen Fumio HAMAO
Presidente del Pontificio Consiglio 

Quando si parla di migrazioni, si pensa quasi sempre ad un fatto negativo: l’abbandono del paese di nascita dove la vita è insostenibile per cercare una soluzione migliore altrove, il subire delle condizioni indegne dell’uomo nel paese di arrivo, vivere in una società di cui tradizioni e cultura sono estranee all’immigrato, ecc. Per gli occhi puramente umani ciò è vero, ma per chi crede che Dio è amore ed ha un disegno d’amore per ciascun essere umano, il significato dei fatti umanamente difficili da capire, cambia decisamente. Se si pensa alla storia, è evidente che Dio trae il bene anche da ciò che è apparentemente male. In effetti, il cristianesimo è arrivato a Roma con l’apostolo Paolo in prigionia.

In quest’anno dichiarato dalle Nazioni Unite Anno del Dialogo tra le Civiltà, risulta evidente un risvolto certamente positivo delle migrazioni. Il movimento dei singoli e dei gruppi da un paese ad un altro inevitabilmente produce una mescolanza di razze, tradizioni e costumi diversi, che può diventare occasione d’oro per un fruttuoso dialogo tra culture diverse. E’ però prerogativa di ciascun attore in questo fenomeno la riuscita di questa forma di dialogo interculturale. La qualità di tale dialogo, afferma il Santo Padre nel Suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace dell’anno in corso, può essere valutata attraverso “l’accoglienza riservata ai migranti da parte dei Paesi che li ricevono e la loro capacità di integrarsi nel nuovo ambiente” (n. 12). Tuttavia, l’accoglienza coinvolge non soltanto il paese ospitante, nelle sue varie componenti, ma anche lo stesso migrante nel suo rapporto con gli altri migranti e con la popolazione locale. E’ inutile dire che per ognuno c’è sempre un altro che per lui rappresenta il diverso.

Le parole di S. Paolo “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre” (Eb 13,8) “richiamano la missione di Gesù, Verbo incarnato per la salvezza del mondo. Fedele al suo compito a servizio del Vangelo, la Chiesa continua ad avvicinare gli uomini di ogni nazionalità per recare loro il lieto annunzio della salvezza.” Con queste parole Giovanni Paolo II apre il Messaggio per la 87.ma Giornata Mondiale delle Migrazioni. Infatti, il fenomeno migratorio contemporaneo offre occasioni d’oro per l’adempimento della missione della Chiesa oggi, nella sua triplice espressione di missione ad gentes, cura pastorale e nuova evangelizzazione. Queste tre non hanno confini nettamente definibili e non possono essere separate in compartimenti-stagno (cf. RM 33-34). La prima forma di evangelizzazione però è la testimonianza cristiana, attraverso la vita del singolo cristiano e della comunità cristiana. Una forma di testimonianza molto apprezzata è l’amore gratuito soprattutto per i poveri e i sofferenti (cf. RM 42). E’ superfluo affermare quanto c’è bisogno per tale amore nel mondo delle migrazioni.

Il volto delle migrazioni odierne è completamente diverso da quello del XIX secolo. Gli immigrati di oggi, infatti, non sono più coloro che partono dall’Europa cristiana per cercare la fortuna altrove. Sono i cittadini dei paesi africani, asiatici, mediorientali o europei orientali, che provengono da culture di religioni non cristiane o addirittura atee, diretti verso i paesi in gran parte di cultura cristiana. Le migrazioni oggi sono, dunque, un luogo privilegiato per l’incontro tra le religioni. Nel dialogo della vita, nella reciproca conoscenza si facilita l’apertura e l’accoglienza gli uni verso gli altri. In questo modo, il migrante non cristiano vede nella propria religiosità un forte elemento di identità culturale, ma al tempo stesso è capace di scoprire i valori della fede cristiana.

“Il Vangelo è per tutti – afferma Giovanni Paolo II - nessuno è escluso dalla possibilità di partecipare alla gioia del Regno divino. La missione della Chiesa è oggi proprio quella di rendere concretamente possibile ad ogni essere umano, senza differenza di cultura o di razza, l’incontro con Cristo. Auspico di cuore che questa possibilità sia offerta a tutti i migranti…” (n. 9). E’ con questo augurio che il Santo Padre chiude il Messaggio. Un augurio che nasconde il sogno della realizzazione di un mondo dove tutti sono fratelli e sorelle, uniti in Gesù Cristo, il regno di Dio sulla terra.


Nota:

* Pubblicato su L'Osservatore Romano, 16 febbraio 2001.

 

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