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Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move - N° 85, April 2001

 

Globalizzazione ed evangelizzazione [*]

S. E. Mons. Francesco GIOIA
Segretario del Pontificio Consiglio

Il fatto migratorio come veicolo dell'evangelizzazione: così si può formulare il tema del Messaggio che il Papa ha inviato per l'87a Giornata Mondiale del Migrante. Un tema che porta da lontano la reminiscenza della prima evangelizzazione veicolata su tutto il bacino mediterraneo da un altro fatto migratorio all'interno dell'Impero Romano: una vasta aera multiculturale, multilinguistica, multirazziale, multireligiosa, venutasi a instaurare, come una grande patria, entro i cui confini si muovevano uomini d'affari, uomini di cultura, uomini liberi e schiavi di guerra. Un'area nella cui letteratura il termine razzismo non esisteva, anche se quegli uomini si distinguevano per identità e lingua, rivaleggiavano e magari si odiavano, ma alla fine si sentivano un solo popolo. Veicolato da un'intensa dinamica migratoria, il Vangelo vi si diffuse e la chiesa nacque e visse i suoi primi due secoli, quando ancora non era consentita la proprietà ecclesiastica, e perciò Lidia, la mercantessa di porpora ospitava la Chiesa nella sua casa a Filippi (At 16,5), Giasone a Tessalonica (At 17,5), Aquila e Priscilla a Corinto (At 18,3) e a Efeso (Mt 18, 26), Gaio a Roma (Rm 16,23), Mnesone di Cipro a Cesarea (At 21,16).

Giustamente, come dice il "tema" dettato da Giovanni Paolo II per la prossima Giornata dei Migranti, la mobilità sociale è stata la via per l'adempimento della missione della chiesa, cioè per l'annuncio del vangelo e la diffusione della Chiesa. Agli inizi, nel corso dei primi due secoli, sono stati i laici a fornire il supporto alla realtà ecclesiale, in cui il clero interveniva e operava. Anche oggi, "anche se in forma e misure differenti - scrive il Papa - la mobilità è diventata una caratteristica generale dell'umanità, che coinvolge direttamente molte persone ed altre ne raggiunge di riflesso" (n. 2).

Convergenza di razze, civiltà e cultura

La "convergenza" di cui parla il Messaggio ha radici, oggi, più ampie di quelle tradizionali, che pure rimangono. In passato - ad esempio nel secolo XIX, recita il testo - "masse enormi di migranti cattolici solcavano l'oceano", spinti dalla povertà: un "fenomeno che non poteva essere arrestato" (n. 4). Quel fenomeno inarrestabile oggi investe non più, o quanto meno non solo, i cristiani, ma tutti i poveri della terra, specie delle regioni del sud del pianeta, Africa, Asia, Latinoamerica. Oltre che dalla fame, i migranti sono spinti a fuggire da quelle ragioni anche dalla violenza e dalle guerre intestine dei loro paesi.

La "convergenza" di cui parla il Messaggio comprende anche delle componenti positive, come "la globalizzazione dell'economia e della vita sociale". Il fatto sociale della globalizzazione non è un fatto ecclesiale, come non lo era l'espansione dell'Impero Romano, è un fatto che rientra nella dinamica umana, in cui però la Chiesa si è inserita allora e si inserisce oggi, non certo passivamente, ma per sollecitare uomini e istituzioni. La globalizzazione è un fenomeno molto complesso che ha messo in moto dinamiche completamente nuove, ha promosso risorse capaci di produrre immense ricchezze a disposizione di tutti, a patto che l'egoismo non inquini le nuove fonti di vita che il Creatore ha depositato per tutti gli uomini senza alcuna distinzione.

Oltre alla fruibilità delle risorse materiali, la nuova dinamica connessa alla globalizzazione rende possibili, e a volte necessarie, integrazioni tra nazioni, religioni, culture, tecniche, favorisce cioè la collaborazione e la fraternità, a meno che questa non degeneri in rivalità e ingiustizie, in dominio e schiavitù rispettivamente delle nazioni più progredite e nazioni meno sviluppate.

Convergenze spirituali

In una fase di profondi cambiamenti in corso come l'attuale, è necessario un monitoraggio e una vigilanza nel campo dei valori in ripensamento e in ristrutturazione culturale. Esistono, in proposito, organismi attenti, come l'ONU, a servizio della pace, a difesa dei poveri, dei perseguitati, dell'infanzia, della vita, della salute, contro la fame, la povertà, le malattie. In questi settori, la Chiesa aspira a una presenza non esclusiva, ma significativa, in rispondenza alla sua funzione evangelizzatrice. È proprio in rapporto a questi settori di umanità che Gesù ha speso la sua particolare attenzione nel corso della sua vita terrena.

Le aree alle quali la Chiesa è attenta, sono indicate nel Messaggio: "l'unità giuridica e politica della famiglia umana, il notevole incremento degli scambi culturali, l'interdipendenza specie economica degli Stati, la liberalizzazione del commercio e soprattutto dei capitali, il moltiplicarsi delle imprese multinazionali, lo squilibrio fra Paesi ricchi e Paesi poveri, lo sviluppo dei mezzi di comunicazione e di trasporto" (n.1). A prima vista, molte di queste aree sembrano di natura materiale, in realtà è nella maniera di impostare rapporti e strutture relative a tali settori che si manifesta la natura spirituale dell'uomo e che prende forma concreta il valore della fratellanza umana proclamata dal cristianesimo.

La pastorale dei Migranti costituisce per la Chiesa un osservatorio capillare e collaudato dei valori spirituali da salvaguardare e da promuovere nell'umanità nuova che nasce a dimensioni globali. Già nel corso del sec. XIX, all'esplodere del fenomeno migratorio dell'Europa verso le Americhe, sono fiorite le figure dei pionieri della pastorale dei Migranti. A metà del secolo passato la Costituzione Apostolica Exsul familia ha fatto il punto su una visione organica di tale pastorale. Vi si afferma che "i migranti non rappresentano una categoria paragonabile a quelle nelle quali si articola la popolazione parrocchiale", i migranti hanno una loro identità in cammino, per così dire, "sono parte di un'altra comunità" da accompagnare nel cammino di inserimento in modo che porti con sé il "patrimonio culturale d'origine" (n. 4).

Non si tratta di svolgere un'azione di conservatorismo nazionalistico, ma di promuovere un'azione di arricchimento che il migrante porta sempre con sé quando arriva in una nuova terra, dove dona non solo braccia per il lavoro, ma anche sensibilità nuove e nuovi contributi squisitamente umani.

La pastorale dei migranti

In questa prospettiva è significativa un'azione pastorale che tende a salvare il grande melting pot del degrado di un meticciato senza volto e a promuovere la maturazione di nuove forme sociali a salvaguardia e incremento delle culture. È un'azione che deve risolvere anche la società civile, specie delle nazioni più ricche di storia e di cultura, che sono quelle più tentate a chiudersi in un orgoglioso processo di preservazione, come avviene nell'Europa Occidentale.

Due aspetti della pastorale dei migranti, vengono segnalati in maniera particolare dal Messaggio. Il primo: "Nel corso dei secoli le migrazioni hanno rappresentato un costante veicolo di annuncio del messaggio cristiano in intere ragioni". Oggi invece il fenomeno si è invertito: "diminuiscono i flussi di migranti cattolici e aumentano quelli di migranti non cristiani" (n. 6). Di qui la necessità di un dialogo interreligioso. E siamo in una situazione che richiama sotto molto aspetti quella dei primi secoli del cristianesimo.

Il secondo aspetto riguarda la pastorale di accoglienza dei migranti che giungono in paesi di tradizione cristiana. Se una volta la pastorale doveva inventare modalità nuove per seguire coloro che emigravano, oggi ne deve inventare di altrettanto nuove per accogliere colore che immigrano, siano essi cristiani o meno. Questo in forza del principio della fratellanza universale e del rispetto della coscienza, che non dev'essere violentata, ma aiutata a crescere fino all'incontro con la Verità. Riprendendo un concetto della Lettera apostolica Tertio millennio adveniente (n. 6), il Papa osserva che lo Spirito nell'azione di salvezza verso l'umanità non è condizionato da etnie o culture e per strade diverse porta tutti al Verbo che è "il compimento dell'anelito di tutte le religioni del mondo e, per ciò stesso, ne è l'unico e definitivo approdo" (n.8).

Dal punto di vista pastorale, il Messaggio introduce il concetto di "comunità di approdo", applicato alle Chiese locali dei Paesi cristiani, le quali non devono fermarsi alla semplice ospitalità, ma devono creare un clima di famiglia. L'ospite, infatti, è provvisorio nella casa di chi lo accoglie, mentre nelle "comunità di approdo" si deve curare un'azione di collaborazione per dare e anche per ricevere, cioè per scambiarsi tra ospitanti e ospitati i relativi patrimoni culturali. A tale scopo è opportuno aprire la strada ad operatori pastorali che dai paesi d'origine vengano nei paesi d'immigrazione ad evangelizzare i loro connazionali" (n. 8).

Il ricco messaggio di Giovanni Paolo II per la 87a Giornata del Migrante muove su un motivo di presa d'atto del processo di globalizzazione, quale grande occasione, mai così propizia come oggi, per la nuova evangelizzazione.


Nota:

* Pubblicato su L'Osservatore Romano, 16 febbraio 2001

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