Discorsi del Santo Padre
1. La Chiesa e la cultura, 18 gennaio 1983 Eminenze, Eccellenze, Signore e Signori, 1. E' con gioia particolare che accolgo, per la prima volta e ufficialmente, il Pontificio Consiglio per la Cultura. Tengo innanzitutto a ringraziare i membri del Consiglio internazionale che ho nominato recentemente e che hanno risposto con tanta sollecitudine all'invito di riunirsi a Roma per discutere sull'orientamento e sulle future attività del Pontificio Consiglio per la Cultura. La vostra presenza in questo Consiglio è un onore e una speranza per la Chiesa. La vostra fama riconosciuta in campi così diversi della cultura, delle scienze, delle lettere, dei mezzi di comunicazione, delle università, delle discipline sacre, lascia sperare in un lavoro fecondo per questo nuovo Consiglio che ho deciso di creare ispirandomi alle direttive del Concilio Vaticano II. 2. Il Concilio ha dato in questo campo un nuovo dinamismo, in particolare con la costituzione Gaudium et Spes. Infatti, oggi, è compito arduo comprendere l'estrema varietà delle culture, dei costumi, delle tradizioni e delle civiltà. A prima vista, può sembrare che la sfida superi le nostre forze, ma non è forse proporzionata alla nostra fede e alla nostra speranza? Durante il Concilio, la Chiesa ha riconosciuto la frattura drammatica che si era prodotta tra la Chiesa e la cultura. Il mondo moderno è affascinato dalle sue conquiste, dalle sue realizzazioni scientifiche e tecniche. Ma, troppo spesso, esso si dà ad ideologie, a criteri di etica pratica, a comportamenti, che sono in contraddizione con il Vangelo o che, per lo meno, fanno tranquillamente astrazione dai valori cristiani. 3. E' dunque in nome della fede cristiana che il Concilio ha invitato tutta la Chiesa a mettersi all'ascolto dell'uomo moderno, per comprenderlo e per inventare un nuovo tipo di dialogo che permetta di portare l'originalità del messaggio evangelico al cuore delle mentalità di oggi. Dobbiamo quindi ritrovare la creatività apostolica e la potenza profetica dei primi discepoli per affrontare le nuove culture. La parola di Cristo deve apparire in tutta la sua freschezza alle nuove generazioni, i cui atteggiamenti talvolta sono difficilmente comprensibili a spiriti tradizionali, ma tuttavia sono ben lungi dall'essere chiusi ai valori spirituali. 4. A più riprese, ho voluto affermare che il dialogo tra la Chiesa e le culture riveste oggi un'importanza vitale per l'avvenire della Chiesa e del mondo. Mi sia permesso di ritornare sull'argomento insistendo su due aspetti principali e complementari che corrispondono ai due livelli in cui la Chiesa esercita la sua azione: quello dell'evangelizzazione delle culture e quello della difesa dell'uomo e della sua promozione culturale. Questi due compiti esigono che vengano definite le nuove vie del dialogo della Chiesa con le culture della nostra epoca. Per la Chiesa, questo dialogo è assolutamente indispensabile, altrimenti l'evangelizzazione resterebbe lettera morta. San Paolo non esitava a dire: "Guai a me, se non evangelizzassi". In questo scorcio del XX secolo, come ai tempi dell'Apostolo, la Chiesa deve farsi tutta a tutti, raggiungendo con simpatia le culture d'oggi. Vi sono ancora degli ambienti, delle mentalità, come pure paesi e intere regioni da evangelizzare, e ciò presuppone un lungo e coraggioso processo d'inculturazione affinché il Vangelo penetri l'anima delle culture vive, rispondendo alle loro più nobile aspettative e facendole crescere nella dimensione stessa della fede, della speranza e della carità cristiane. La Chiesa, per mezzo dei suoi missionari, ha già compiuto un'opera incomparabile in tutti i continenti, ma questo lavoro missionario non è mai esaurito, poiché talvolta le culture vengono toccate solo superficialmente dal messaggio cristiano, e, in ogni caso, poiché si trasformano incessantemente, esser richiedono un approccio rinnovato. Aggiungiamo che questa nobile parola "missione" si applica ormai alle vecchie civiltà segnate dal cristianesimo, ma che sono ora minacciate dall'indifferenza, dall'agnosticismo o perfino dall'irreligione. Inoltre, appaiono nuovi settori di cultura con obiettivi, metodi e lingue diverse. Il dialogo interculturale si impone dunque ai cristiani in tutti i paesi. 5. Per evangelizzare efficacemente, bisogna adottare con decisione un atteggiamento di scambio e di comprensione per simpatizzare con l'identità culturale dei popoli, dei gruppi etnici e dei diversi settori della società moderna. Del resto, occorre lavorare al riavvicinamento tra le culture, in modo che i valori universali dell'uomo siano accolti ovunque in uno spirito di fraternità e di solidarietà. Evangelizzare vuol dire dunque, nello stesso tempo, penetrare le identità culturali specifiche, ma anche favorire lo scambio delle culture, aprendole ai valori dell'universalità e, direi anche, della cattolicità. E' pensando a questa grande responsabilità che ho voluto creare il Pontificio Consiglio per la Cultura, per dare a tutta la Chiesa un vigoroso impulso, e rendere cosciente tutti i responsabili, tutti i fedeli, del dovere che ci incombe di essere all'ascolto dell'uomo moderno, non per approvare tutti i suoi comportamenti, ma soprattutto per scoprire le sue speranze e le sue aspirazioni latenti. Ecco perché ho invitato i vescovi, coloro che sono preposti ai diversi servizi della Santa Sede, le organizzazioni internazionali cattoliche, le università, tutti gli uomini di fede e di cultura, ad impegnarsi con convinzione nel dialogo delle culture, portandovi la parola di salvezza del Vangelo. 6. Occorre rammentare, inoltre, che i cristiani hanno molto da ricevere da questa relazione dinamica tra Chiesa e mondo contemporaneo. Il Concilio ecumenico Vaticano II ha insistito su questo punto ed è opportuno ricordarlo. La Chiesa si è molto arricchita grazie all'apporto di tante civiltà. L'esperienza secolare di tanti popoli, il progresso della scienza, i tesori nascosti delle diverse culture, attraverso le quali si rivela più pienamente la natura dell'uomo e si aprono nuove vie verso la verità, tutto ciò rappresenta un sicuro vantaggio per la Chiesa, come ha riconosciuto il Concilio (cfr. "Gaudium et Spes", 44). E questo arricchimento prosegue. Pensiamo infatti ai risultati delle ricerche scientifiche per una migliore conoscenza dell'universo, per un approfondimento del mistero dell'uomo, pensiamo ai benefici che possono procurare alla società e alla Chiesa i nuovi mezzi di comunicazione e di incontro tra gli uomini, la capacità di produrre innumerevoli beni economici e culturali, e soprattutto di promuovere l'educazione delle masse, di guarire le malattie considerate una volta incurabili. Quali ammirevoli realizzazioni! Tutto questo fa onore all'uomo e ha enormemente beneficiato la Chiesa stessa, nella sua vita, nella sua organizzazione, nel suo lavoro e nella sua propria opera. E' dunque normale che il popolo di Dio, solidale con il mondo nel quale vive, riconosca le scoperte e le realizzazioni dei nostri contemporanei e vi partecipi per quanto possibile, affinché l'uomo stesso cresca e si sviluppi pienamente. Ciò presuppone una profonda capacità di accoglienza e di ammirazione, ma anche un lucido senso di discernimento. Vorrei ora insistere su quest'ultimo punto. 7. Spingendoci a evangelizzare, la nostra fede ci porta ad amare l'uomo in se stesso. E l'uomo, oggi più che mai, ha bisogno di essere difeso contro le minacce che gravano sul suo sviluppo. L'amore che attingiamo alle sorgenti del Vangelo, sulla scia del mistero dell'Incarnazione del Verbo, ci induce a proclamare che l'uomo merita onore e amore per se stesso e deve essere rispettato nella sua dignità. Così i fratelli devono imparare nuovamente a parlarsi come fratelli, a rispettarsi, a comprendersi, affinché l'uomo stesso possa sopravvivere e crescere nella dignità, nella libertà, nell'onore. Più egli soffoca il dialogo delle culture, più il mondo moderno va incontro a conflitti che rischiano di essere mortali per l'avvenire della civiltà umana. Al di là dei pregiudizi, delle barriere culturali, delle separazioni razziali, linguistiche, religiose, ideologiche, gli uomini devono riconoscersi come fratelli e sorelle, accettandosi nelle loro diversità. 8. La mancanza di intesa fa correre agli uomini un pericolo fatale. Ma l'uomo è anche minacciato nel suo essere biologico, dal deterioramento irreparabile dell'ambiente, dal rischio di manipolazioni genetiche, dagli attentati alla vita nascente, dalla tortura che imperversa ancora gravemente ai nostri giorni. Il nostro amore per l'uomo deve darci il coraggio di denunciare le concezioni che riducono l'essere umano ad una cosa che può essere manipolata, umiliata o eliminata arbitrariamente. L'uomo è anche minacciato insidiosamente nel suo essere morale, poiché è soggetto a correnti edonistiche che esasperano i suoi istinti e lo affascinano con le illusioni di un consumo senza discriminazioni. L'opinione pubblica è manipolata da suggestioni ingannevoli di una potente pubblicità i cui valori unidimensionali dovrebbero renderci critici e vigilanti. Inoltre, l'uomo, oggi, è umiliato da sistemi economici che sfruttano intere collettività. L'uomo è anche vittima di determinati regimi politici e ideologici che imprigionano l'anima dei popoli. Come cristiani, noi non possiamo tacere e dobbiamo denunciare questa oppressione culturale che impedisce alle persone e ai gruppi etnici di essere se stessi secondo la loro profonda vocazione. E' mediante questi valori culturali che l'uomo individuale o collettivo vive una vita veramente umana e non possiamo tollerare che siano distrutte le sue ragioni di vita. La storia sarà severa con la nostra epoca, nella misura in cui essa soffoca, corrompe e assoggetta brutalmente le culture in tante paesi del mondo. 9. Per questo ho voluto proclamare all'Unesco, davanti all'assemblea di tutte le nazioni, ciò che mi permetto di ripetere oggi a voi: "Occorre affermare l'uomo per se stesso, e non per qualche altro motivo o ragione: unica mente per se stesso! Anzi, bisogna amare l'uomo in quanto uomo, bisogna rivendicare l'amore per l'uomo a motivo della dignità particolare che possiede. L'insieme delle affermazioni concernenti l'uomo fanno parte della sostanza stessa del messaggio di Cristo e della missione della Chiesa, malgrado tutto quello che spiriti critici hanno potuto dichiarare sull'argomento, e tutto ciò che hanno potuto fare le diverse correnti contrarie alla religione in generale e al cristianesimo in particolare" (Discorso all'Unesco, 2 giugno 1980, N. 10). Questo messaggio è fondamentale affinché sia reso possibile il lavoro della Chiesa nel mondo attuale. Ecco perché, a conclusione dell'enciclica Redemptor Hominis, scrivevo che "l'uomo è e diventa sempre "la 'via' della vita quotidiana della Chiesa"" (n. 21). Sì, l'uomo è "la 'via' della Chiesa", perché senza questo rispetto per l'uomo e per la sua dignità, come gli si potrebbero annunciare le parole di vita e di verità? 10. E' dunque nel ricordarci questi due principi di orientamento - evangelizzazione delle culture e difesa dell'uomo - che il Pontificio Consiglio per la Cultura proseguirà il suo lavoro specifico. Da una parte, si richiede che l'evangelizzatore si familiarizzi con gli ambienti socio-culturali nei quali deve annunciare la parola di Dio; il Vangelo è esso stesso fermento di cultura nella misura in cui raggiunge l'uomo nei suoi modi di pensare, di comportarsi, di lavorare, di ricrearsi, cioè nella sua specificità culturale. D'altra parte, la nostra fede ci dà fiducia nell'uomo - nell'uomo creato a immagine di Dio e redento da Cristo - che noi desideriamo difendere e amare per se stesso, coscienti che egli non è uomo se non per la sua cultura, cioè per la sua libertà di crescere integralmente e con tutte le sue capacità specifiche. Il vostro compito è difficile ma splendido. Insieme, dovete contribuire a tracciare le nuove vie del dialogo della Chiesa con il mondo d'oggi. Come parlare al cuore e all'intelligenza dell'uomo moderno per annunciargli la parola salvifica? Come rendere i nostri contemporanei più sensibili al valore proprio della persona umana, alla dignità di ciascun individuo, alla ricchezza nascosta in ogni cultura? Il vostro ruolo è grande, poiché voi dovete aiutare la Chiesa a diventare creatrice di cultura nel suo rapporto con il mondo moderno. Non saremmo fedeli alla nostra missione di evangelizzare le odierne generazioni se lasciassimo i cristiani nell'incomprensione delle nuove culture. Non saremmo neanche fedeli alla carità che deve animarci, se non vedessimo come l'uomo è oggi minacciato nella sua umanità, e se non proclamassimo, con le nostre parole e i nostri atti, la necessità di difendere l'uomo individuale e collettivo, di salvarlo dalle oppressioni che l'asserviscono e l'umiliano. 11. Nel vostro lavoro siete invitati a collaborare con tutti gli uomini di buona volontà. Scoprirete che lo spirito del bene è misteriosamente all'opera in tanti nostri contemporanei, anche in alcuni di quelli che non si riconoscono di nessuna religione, ma che cercano di adempiere onestamente e con coraggio la loro vocazione umana. Pensiamo a tanti padri e madri di famiglia, a tanti educatori, studenti, lavoratori impegnati nei loro compiti, a tanti uomini e donne devoti alla causa della pace, del bene comune, della giustizia e della cooperazione internazionale. Pensiamo anche a tutti quei ricercatori che si consacrano con costanza e rigore morale ai loro compiti utili per la società, a tutti quegli artisti assetati e creatori di bellezza. Non esitate ad entrare in dialogo con tutte queste persone di buona volontà, molte delle quali sperano, forse segretamente, nella testimonianza e nell'appoggio della Chiesa per meglio difendere e promuovere il vero progresso dell'uomo. 12. Vi ringrazio calorosamente di essere venuti a lavorare con noi. A nome della Chiesa, il Papa conta molto su di voi, perché, come dicevo nella lettera con la quale creavo il vostro Consiglio, esso "apporterà regolarmente alla Santa Sede l'eco delle grandi aspirazioni culturali del mondo d'oggi, approfondendo le attese delle civiltà contemporanee ed esplorando le nuove vie del dialogo culturale". Il vostro Consiglio avrà soprattutto valore di testimonianza. Voi dovete manifestare ai cristiani e al mondo il profondo interesse che la Chiesa nutre per il progresso della cultura e per il fecondo dialogo delle culture, come anche per il loro benefico incontro con il Vangelo. Il vostro ruolo non può essere definito una volta per tutte e a priori: l'esperienza vi insegnerà i modi di azione più efficaci e più adatti alle circostanze. Rimanete in contatto regolare con la Direzione esecutiva del Consiglio - con la quale io mi congratulo e che incoraggio -, partecipando alla sua opera e alle sue ricerche, proponendole le vostre iniziative, informandola delle vostre esperienze. Ciò che evidentemente si chiede al Consiglio per la Cultura è di esercitare la sua azione attraverso il dialogo, l'incitamento, la testimonianza, la ricerca. E' questo un modo particolarmente fecondo per la Chiesa di essere presente nel mondo per rivelargli il messaggio sempre nuovo di Cristo Redentore. Nell'imminenza del Giubileo della Redenzione, prego Cristo di ispirarvi, di assistervi, affinché il vostro lavoro serva al suo piano, alla sua opera di salvezza. E di tutto cuore, ringraziandovi in anticipo per la vostra cooperazione, vi benedico, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. 2. Attività e progetti del Pontificio Consiglio della Cultura, 16 gennaio 1984 Cari fratelli nell'episcopato, cari amici, Vi do il più cordiale benvenuto, felice di ritrovarvi nel corso della vostra riunione annuale a Roma per un periodo privilegiato di riflessione e orientamento in comunione col Papa. Attraverso la vostra persona io saluto rispettosamente gli uomini di cultura dei diversi continenti. Voi conoscete l'importanza vitale che io attribuisco al divenire delle culture del nostro tempo e al loro incontro fecondo con la Parola salvifica di Cristo liberatore, sorgente di grazia anche per le culture. 1. Durante queste giornate di lavoro, voi fate il punto sulle attività del Pontificio Consiglio per la Cultura, al fine di riflettere sulla sua azione futura, a partire da uno sguardo cristiano sulle culture della fine del XX secolo. Auguro a questo Consiglio, ultimo nato tra gli organismi della Curia romana, di assumere progressivamente il proprio ruolo, e vi ringrazio per tutto ciò che avete compiuto dalla fondazione avvenuta nel maggio 1982. Ringrazio soprattutto il Cardinale Garrone, presidente del Comitato di presidenza, il Cardinale Sales, Monsignor Paul Poupard, presidente del Comitato esecutivo, Monsignor Antonio Javierre Ortas, consigliere, Padre Carrier, segretario, e i loro collaboratori che si dedicano ai loro primi compiti di esplorazione e realizzazione, e i distinti membri del Consiglio internazionale, il cui concorso qualificato è e sarà molto prezioso. La Santa Sede e la Chiesa, grazie alle Università e alle Accademie ecclesiastiche, alle commissioni specializzate, alle biblioteche e agli archivi, hanno dato sempre al mondo un contributo particolarmente valido sul piano dell'educazione, dell'insegnamento e della ricerca, delle scienze e delle arti sacre. Vi collaborano diversi organismi della Curia ed è sicuramente auspicabile che la loro azione si sviluppi ancora, in risposta alle esigenze del mondo contemporaneo, e soprattutto che essa sia più armonica e conosciuta. Il vostro Consiglio ha la sua parte in questa attività e in questa cooperazione.2. Il vostro ruolo è soprattutto quello di stringere relazioni con il mondo della cultura, nella Chiesa e al di fuori delle istituzioni ecclesiastiche, con i Vescovi, i religiosi, i laici impegnati in questo campo o i delegati delle associazioni culturali ufficiali o private, gli universitari, i ricercatori e gli artisti, tutti coloro che sono interessati ad approfondire i problemi culturali del nostro tempo. In accordo con le Chiese locali, voi contribuite a che questi rappresentanti qualificati facciano conoscere alla Chiesa i frutti delle loro esperienze, delle loro ricerche e delle loro realizzazioni a beneficio della cultura - che la Chiesa non potrebbe ignorare nel suo dialogo pastorale e che sono sorgente di arricchimento umano - e anche che essi ricevano, a questo proposito, la testimonianza dei cristiani. 3. Il pensiero va, naturalmente, alle organizzazioni internazionali come l'Unesco e il Consiglio d'Europa, le cui attività specifiche vogliono essere al servizio della cultura e dell'educazione. Il vostro Consiglio può contribuire - come già è stato fatto - a rafforzare una conveniente collaborazione con tali organismi che sono già in rapporto con la Santa Sede. Il vostro ruolo vi dà diritto a partecipare, con gli altri rappresentanti della Santa Sede e della Chiesa, agli importanti congressi che trattano problemi della scienza e della cultura dell'uomo. In tali campi, la presenza della Chiesa, nella misura in cui essa è invitata, è particolarmente significativa e sorgente di grande arricchimento per il mondo come per se stessa ed è importante che essa vi consacri tutte le sue cure. 4. L'attività abituale del Consiglio è anche lo studio approfondito delle grandi questioni culturali dove la fede è interpellata e la Chiesa è particolarmente implicata. E' questo un servizio pregevole reso dal Papa, dalla Santa Sede e dalla Chiesa. La collana "Culture e dialogo" - di cui già si conosce il primo ed interessante volume sul caso Galileo - vi potrà ugualmente contribuire, così come le diverse iniziative da voi previste per il dialogo tra il Vangelo e le culture. 5. Per la continuazione dei vostri progetti, è bene rivolgervi - come avete cura di fare - alle Conferenze episcopali, al fine di raccogliere da loro le iniziative che mettono in pratica, nei loro ambiti, gli obiettivi del Concilio Vaticano II e in particolar modo della costituzione pastorale Gaudium et Spes sulla cultura. Conoscere meglio come le Chiese locali colgono le evoluzioni delle mentalità e delle culture nei loro Paesi, aiuterà a orientare meglio la loro azione evangelizzatrice. Dal Concilio in poi, sono state tentate in questo campo delle esperienze pastorali interessanti, che permettono alle Chiese locali di affrontare, alla luce del Vangelo, i complessi problemi posti dal sorgere di nuove culture e le sfide lanciate dall'assenza di cultura, le nuove correnti di pensiero, l'incontro a volte conflittuale delle culture e la ricerca leale del dialogo tra queste e la Chiesa. Alcuni episcopati hanno già creato una Commissione competente per la cultura. Qualche diocesi ha nominato un responsabile, a volte un Vescovo ausiliare, che si fa carico dei nuovi problemi che pone una moderna pastorale della cultura. E' questa soluzione che io stesso ho creduto bene di istituire, voi lo sapete, per la diocesi di Roma. Sarà prezioso far conoscere i risultati ottenuti da queste iniziative, suscitando così un utile scambio d'informazioni e una sana emulazione. 6. A buon diritto, inoltre, voi cercate di collaborare con le organizzazioni cattoliche internazionali. Molte di queste organizzazioni sono particolarmente interessate ai problemi culturali e hanno già auspicato questa cooperazione con voi. Le OIC sono agli avamposti nell'azione che i cattolici conducono per la promozione della cultura, dell'educazione, del dialogo tra le culture. Ecco perché sono lieto dell'attenzione mostrata dal vostro Consiglio in questo importante settore, in collaborazione con il Pontificio Consiglio per il Laici che ha la competenza per seguire, in generale, l'apostolato delle organizzazioni cattoliche internazionali. 7. D'altra parte, molti religiosi e religiose svolgono nel campo della cultura un'azione importante. Molti Istituti religiosi consacrati all'opera educativa e al progresso culturale, alla comprensione e all'evangelizzazione delle culture, hanno manifestato il desiderio di partecipare attivamente alla missione del Pontificio Consiglio per la Cultura, al fine di cercare insieme, in spirito di fraterna collaborazione, le vie migliori per promuovere gli obiettivi del Concilio Vaticano II in questi vasti campi. Insieme alla Congregazione per i religiosi e gli istituti secolari, il vostro Consiglio potrà contribuire ad aiutare quei religiosi e quelle religiose nel lavoro specifico di evangelizzazione di cui sono incaricati per la promozione culturale dell'uomo. 8. Attraverso queste poche parole, si comprenderà facilmente l'importanza e l'urgenza della missione affidata al Pontificio Consiglio per la Cultura, missione che s'inserisce - da un punto di vista specifico - in quella degli organismi della Santa Sede e di tutta la Chiesa, che hanno la responsabilità di portare la Buona Novella a uomini segnati dal progresso culturale ma anche dai suoi limiti. Più che mai, in effetti, l'uomo è gravemente minacciato dall'anti-cultura, che si rivela, tra l'altro, nella crescente violenza, nelle lotte mortali, nello sfruttamento di istinti e interessi egoistici. Lavorando per il progresso della cultura, la Chiesa cerca, senza sosta, di far sì che la saggezza collettiva prevalga sugli interessi che dividono. Bisogna permettere alle nostre generazioni di costruire una cultura della pace. Possano i nostri contemporanei ritrovare il gusto della stima per la cultura, vera vittoria della ragione, della comprensione fraterna, del sacro rispetto per l'uomo, che è capace d'amore, di creatività, di contemplazione, di solidarietà, di trascendenza! In questo Anno Giubilare della Redenzione che mi ha già dato il privilegio di accogliere il fervente pellegrinaggio di numerosi uomini e donne di cultura, imploro la benedizione del Signore sul vostro difficile e appassionante compito. Che il messaggio di riconciliazione, di liberazione e d'amore attinto alle vive fonti del Vangelo, purifichi e illumini le culture dei nostri contemporanei in cerca di speranza. 3. Evangelizzare le culture di oggi, 15 gennaio 1985 Cari fratelli nell'episcopato, cari amici. 1. Grande è la mia gioia questa mattina nell'accogliervi a Roma in occasione della terza riunione annuale del consiglio internazionale del Pontificio Consiglio per la Cultura. Vi ringrazio sinceramente per la vostra attiva presenza e per aver accettato di consacrare il vostro tempo e le vostre energie a questa stretta collaborazione con la Sede apostolica. Saluto con particolare affetto il cardinale Gabriele Maria Garrone, presidente del vostro comitato di presidenza, e il cardinale Eugenio de Araujo Sales. Mi rivolgo con riconoscenza anche alla direzione esecutiva del Pontificio Consiglio per la Cultura rappresentato dal suo presidente, monsignor Paul Poupard e dal suo segretario, padre Hervé Carrier che, con i loro zelanti collaboratori e collaboratrici, si impegnano a compiere un'opera vasta e qualificata. 2. Il Pontificio Consiglio per la Cultura riveste ai miei occhi un significato simbolico e pieno di speranza. Infatti, vedo in voi i testimoni qualificati della cultura cattolica nel mondo, incaricati di riflettere anche sulle evoluzioni e le attese delle diverse culture nei vostri ambiti e settori di attività. Per la missione che vi è stata affidata, voi siete chiamati ad aiutare, con competenza, la Sede apostolica a meglio conoscere le aspirazioni profonde e diverse delle culture di oggi e a meglio discernere come la Chiesa universale vi possa rispondere. Nel mondo, infatti, gli orientamenti, le mentalità, i modi di pensare e di concepire il senso della vita, si modificano, si influenzano reciprocamente, si scontrano senza dubbio più vigorosamente che mai. Questo caratterizza coloro che si dedicano lealmente alla promozione dell'uomo. Il vostro lavoro di studio, di consultazione e di animazione - intrapreso in collegamento con gli altri dicasteri romani, con le università, gli istituti religiosi, le organizzazioni cattoliche internazionali e numerose grandi istanze internazionali impegnate nella promozione della cultura - è opportuno. Voi favorite infatti una chiara presa di coscienza delle poste in gioco nell'attività culturale, nel senso più ampio del termine. 3. Al di là di questa accoglienza rispettosa e disinteressata delle realtà culturali, per una loro migliore conoscenza, il cristiano non può fare astrazione dalla questione dell'evangelizzazione. Il Pontificio Consiglio per la Cultura partecipa alla missione della Sede di Pietro per l'evangelizzazione delle culture e voi condividete la responsabilità delle Chiese particolari nei compiti apostolici richiesti dall'incontro del Vangelo con le culture della nostra epoca. A questo scopo, è richiesto a tutti i cristiani un immenso lavoro. Questa sfida deve mobilitare le loro energie all'interno di ciascun popolo e di ciascuna comunità umana. A voi che avete accettato di assistere la Santa Sede nella sua missione universale presso le culture del nostro tempo, io affido il compito particolare di studiare e di approfondire ciò che significa per la Chiesa l'evangelizzazione delle culture oggi. Certamente, la preoccupazione di evangelizzare le culture non è nuova per la Chiesa, ma essa presenta oggi dei problemi che hanno un carattere di novità in un mondo caratterizzato dal pluralismo, dall'urto delle ideologie e da profondi mutamenti di mentalità. Voi dovete aiutare la Chiesa a rispondere a queste questioni fondamentali per le culture attuali: come il messaggio della Chiesa è accessibile alle nuove culture, alle forme attuali di intelligenza e di sensibilità? Come la Chiesa di Cristo può farsi capire dallo spirito moderno, così fiero delle sue realizzazioni e nello stesso tempo così inquieto per l'avvenire della famiglia umana? Chi è Gesù Cristo per gli uomini e le donne di oggi? Si, tutta la Chiesa deve porsi queste domande, nello spirito di ciò che disse il mio predecessore Paolo VI dopo il Sinodo sull'evangelizzazione: "E' importante evangelizzare... la cultura e le culture dell'uomo nel senso ricco e ampio che questi termini hanno nella Gaudium et Spes, partendo sempre dalla persona e tornando sempre ai rapporti delle persone tra loro e con Dio" (Evangelii Nuntiandi, 20). Aggiungeva inoltre: "Il regno che il Vangelo annuncia è vissuto da uomini profondamente legati ad una cultura, e la costruzione del regno non può non avvalersi degli elementi della cultura e delle culture umane" (ibid.). E' dunque un compito complesso ma essenziale: aiutare i cristiani a discernere nei tratti della loro cultura ciò che può contribuire alla giusta espressione del messaggio evangelico e alla costruzione del regno di Dio e a scoprire ciò che è ad esso contrario. E in questo modo l'annuncio del Vangelo ai contemporanei che non vi aderiscono avrà più possibilità d'essere realizzato in un dialogo autentico. Non possiamo non evangelizzare: tanti ambiti, tanti ambienti culturali rimangono ancora insensibili alla buona novella di Gesù Cristo. Penso alle culture di vaste regioni del mondo ancora ai margini della fede cristiana. Ma penso anche a vasti settori culturali nei Paesi di tradizione cristiana che, oggi, sembrano indifferenti - se non refrattari - al Vangelo. Parlo, certamente, di apparenze, perché non bisogna giudicare a priori il mistero della fede personale e dell'azione segreta della grazia. La Chiesa rispetta tutte le culture e non impone a nessuno la sua fede in Gesù Cristo, ma invita tutte le persone di buona volontà a promuovere un'autentica civiltà dell'amore, fondata sui valori evangelici della fraternità, della giustizia e della dignità per tutti. 4. Tutto ciò richiede un nuovo approccio alle culture, agli atteggiamenti, ai comportamenti, per dialogare in profondità con gli ambienti culturali e per rendere fecondo il loro incontro col messaggio di Cristo. Quest'opera richiede inoltre, da parte dei cristiani responsabili, una fede illuminata dalla riflessione continuamente confrontata con le sorgenti del messaggio della Chiesa, e un discernimento spirituale continuamente perseguito nella preghiera. Il Pontificio Consiglio per la Cultura, da parte sua, è chiamato ad approfondire le questioni importanti suscitate, per la missione evangelizzatrice della Chiesa, dalle sfide del nostro tempo. Mediante lo studio, gli incontri, i gruppi di riflessione, le consultazioni, lo scambio di informazioni e di esperienze, attraverso la collaborazione dei corrispondenti che hanno accettato, numerosi, di lavorare con voi in diverse parti del mondo, vi incoraggio vivamente a illuminare queste nuove dimensioni alla luce della riflessione teologica, dell'esperienza e dell'apporto delle scienze umane. Siate certi che io sosterrò volentieri i lavori e le iniziative che vi permetteranno di sensibilizzare riguardo questi problemi le diverse istanze della Chiesa. E, a testimonianza del sostegno che desidero dare al vostro impegno tanto utile alla Chiesa, accordo a voi, ai vostri collaboratori e collaboratrici, e alle vostre famiglie la mia particolare benedizione apostolica. 4. Una nuova era della cultura umana, 13 gennaio 1986 Cari fratelli nell'episcopato, cari amici. 1. Eccovi fedeli all'annuale appuntamento romano del Pontificio Consiglio per la Cultura. Venuti dall'Africa, dall'America del Nord e dall'America latina, dall'Asia e dall'Europa, la vostra presenza evoca per noi questo vasto panorama delle culture del mondo intero di cui alcune sono state fortemente fecondate dal messaggio di Cristo. Altre attendono ancora la luce della rivelazione, poiché ogni cultura è aperta alle aspirazioni più alte dell'uomo e capace di nuove sintesi creatrici con il Vangelo. In questi anni in cui s'inscrive la realtà quotidiana del nostro secolo tormentato, già spunta l'aurora di un nuovo millennio, portatrice di speranze per l'umanità. Il processo storico di inculturazione del Vangelo e dell'evangelizzazione delle culture è ben lontano dall'avere esaurito tutte le sue energie latenti. L'eterna novità del Vangelo incontra le apparizioni delle culture in genesi o in fase di rinnovamento. L'emergenza delle nuove culture fa appello, con evidenza, al coraggio e all'intelligenza di tutti i credenti e di tutti gli uomini di buona volontà. Trasformazioni sociali e culturali, sconvolgimenti politici, fermenti ideologici, inquietudini religiose, ricerche etiche, è tutto un mondo in gestazione che aspira a trovare forma e orientamento, sintesi organica e nuova stagione profetica. Sappiamo attingere risposte nuove nel tesoro della nostra speranza. Scossi da squilibri socio-politici, dalle scoperte scientifiche non pienamente controllate, da invenzioni tecniche di un'ampiezza inaudita, gli uomini avvertono confusamente il crepuscolo delle vecchie ideologie e l'usura dei vecchi sistemi. I popoli nuovi provocano le vecchie società, come per svegliarle dalla loro lassezza. I giovani alla ricerca di ideali aspirano a dare un senso che abbia valore all'avventura umana. Né la droga, né la violenza, né la permissività, né il nichilismo possono riempire il vuoto dell'esistenza. Le intelligenze e i cuori sono alla ricerca della luce che rischiari e dell'amore che riscaldi. La nostra epoca ci rivela nel vuoto la fame spirituale e l'immensa speranza delle coscienze. 2. Il recente Sinodo straordinario dei vescovi che abbiamo avuto la grazia di vivere a Roma, ha fatto prendere una coscienza rinnovata di questa profonda speranza dell'umanità e dell'ispirazione profetica del Concilio Vaticano II, conclusosi vent'anni fa. Secondo l'invito di Papa Giovanni XXIII, padre di questo Concilio dei tempi moderni dei quali noi siamo tutti i figli, noi dobbiamo mettere il mondo in contatto con le energie vivificanti del Vangelo (cfr. Bolla d'indizione del Concilio Humanae Salutis, Natale 1961). Sì, noi siamo all'inizio di un gigantesco lavoro di evangelizzazione del mondo moderno, che si presenta in termini nuovi. Il mondo è entrato in un'era di sconvolgimenti profondi, dovuti alla vastità stupefacente delle creazioni dell'uomo le cui produzioni rischiano di distruggere se egli non le integra in una visione etica e spirituale. Noi entriamo in un tempo nuovo della cultura umana e i cristiani sono davanti a un'immensa sfida. Noi misuriamo meglio oggi l'ampiezza dell'invocazione profetica di Papa Giovanni XXIII che ci sollecita a congedare i profeti di disgrazie e metterci coraggiosamente all'opera per questo formidabile compito: il rinnovamento del mondo e il suo "incontro con il volto di Cristo risuscitato: raggiante attraverso tutta la Chiesa per salvare, rallegrare, illuminare le nazioni umane" (Messaggio Ecclesia Christi, Lumen Gentium, 11 settembre 1962). Il mio predecessore Paolo VI riprendeva quest'orientamento preminente e ne precisava il modo privilegiato: "Il Concilio cercherà di lanciare un ponte verso il mondo contemporaneo" (Discorso di apertura della 2ª Sessione, 29 settembre 1963). Io stesso ho voluto creare il Pontificio Consiglio per la Cultura proprio per aiutare a favorire quest'opera (cf. la mia lettera del 20 maggio 1982). 3. Da allora voi siete all'opera alacremente e il bollettino Chiesa e culture dà regolarmente in francese, in inglese e in spagnolo l'eco della feconda fatica intrapresa: dialogo in corso con i religiosi, le organizzazioni internazionali cattoliche, le università, consultazioni di cui appaiono già i primi frutti, rete di corrispondenti nelle diverse parti del mondo, iniziative suscitate attraverso le Chiese, talvolta a livello di tutto un continente, come testimonia la recente decisione presa dal CELAM di creare una "Sezione per la cultura", al fine di dare un impulso nuovo alla Chiesa in America Latina nella sua missione di evangelizzazione della cultura secondo lo spirito dell'Evangelii Nuntiandi e dell'opinione pastorale di Puebla. Ogni Conferenza episcopale è stata invitata a creare un organismo "ad hoc" per la pastorale della cultura e già un certo numero sono al lavoro. In collegamento con altri organismi della Santa Sede voi continuate anche a seguire attentamente l'attività delle grandi organizzazioni o incontri internazionali che si occupano della cultura, della scienza, dell'educazione per portarci il punto di vista della Chiesa. Io mi rallegro di tutto cuore dell'attività del Consglio, di cui testimonia il programma intenso della vostra attuale riunione a San Calisto: orientamenti per il dialogo della Chiesa con le culture, alla luce del recente Sinodo dei vescovi, collaborazione con i dicasteri romani: fede e culture, liturgia e culture, evangelizzazione e culture, educazione e culture, ruolo culturale della Santa Sede presso gli organismi internazionali, colloqui e ricerche i cui risultati interessanti sono già pubblicati nelle diverse lingue in numerosi continenti. Altri colloqui in prepara zione vi condurranno successivamente in diverse parti d'Europa e d'America, o ancora all'incontro di antiche civiltà africane e asiatiche, come al crogiuolo della modernità e alla sfida delle arti, delle umanità classiche e dell'iconografia cristiana davanti all'emergenza di una civiltà dell'universale. 4. Cari amici, continuate questo compito complesso ma necessario ed urgente, stimolate attraverso il mondo le energie in attesa e le volontà in risveglio. Il Sinodo dei vescovi ci ha impegnati tutti con ardore ponendo l'inculturazione decisamente al centro della missione della Chiesa nel mondo: "L'inculturazione è tutt'altro che un semplice adattamento esteriore: essa significa l'intima trasformazione degli autentici valori culturali mediante l'integrazione nel cristianesimo ed il radicamento del cristianesimo nelle varie culture umane" (Rapporto finale del Sinodo straordinario dei vescovi del 1985). Già tutta la Chiesa prepara un prossimo Sinodo sull'apostolato dei laici. Voi stessi potete impegnare con vigore i laici nel dialogo decisivo del Vangelo con le culture, e in modo particolare i giovani. Mi congratulo per la vostra collaborazione attiva con il Pontificio Consiglio per i Laici e con la Congregazione per l'Educazione Cattolica, al fine di studiare insieme i nuovi problemi posti dall'incontro del Vangelo con il mondo dell'educazione e della cultura. So anche che non perderete l'occasione di prendere molte iniziative nuove per rispondere alla missione che vi è stata affidata. I miei voti vi precedano su questa strada impegnativa, la mia preghiera vi accompagni e il mio appoggio vi sostenga. Di tutto cuore invoco su di voi e sul vostro lavoro la grazia del Signore Onnipotente, Lui solo deve ispirare il nostro umile servizio alla Chiesa, mentre vi impartisco una particolare benedizione apostolica. 5. Nuova evangelizzazione delle persone e delle culture, 17 gennaio 1987 Cari fratelli nell'episcopato, cari amici. 1. Accolgo con un piacere particolare, per il quinto anno consecutivo, il Pontificio Consiglio per la Cultura. A ciascuno e a ciascuna, personalmente, auguro il più cordiale benvenuto. Saluto nelle vostre persone i rappresentanti qualificati degli orizzonti culturali così vari e numerosi nel mondo. Vi ringrazio di venire ogni anno presso la cattedra di Pietro, per uno scambio fruttuoso sulle situazioni della cultura e delle culture, con lo scopo di esplorare insieme le vie più adatte per l'incontro della Chiesa con le mentalità e le aspirazioni della nostra epoca. Creando il Pontificio Consiglio per la Cultura cinque anni fa, era mia intenzione tradurre in un programma di azione comune la volontà originale del Concilio Vaticano II, che mirava a promuovere il dialogo della salvezza con le persone e i loro ambienti. Nei nostri incontri degli anni scorsi, vi incitavo a trovare dei mezzi capaci di stimolare in tutta la Chiesa un impulso rinnovato, perché il dialogo Vangelo-cultura diventi una realtà visibile. Eravate invitati ad accordare un'attenzione particolare agli organi più adatti a sostenere questo sforzo culturale ed evangelico: i vescovi e i loro collaboratori, gli istituti religiosi e le loro iniziative, le organizzazioni internazionali cattoliche e i loro progetti culturali ed apostolici. In armonia con gli altri organismi della Santa Sede il vostro primo scopo è di approfondire, per la Chiesa universale e per le Chiese particolari, ciò che significa l'evangelizzazione delle culture nel mondo d'oggi, compito immenso e complesso, sicuramente, ma d'importanza vitale per la missione futura della Chiesa. 2. A cinque anni di distanza, desidero esprimervi la mia soddisfazione per il lavoro che siete riusciti a compiere. Dando una scorsa al vostro bollettino "Chiesa e culture", pubblicato in molte lingue, appare chiaramente che voi avete già realizzato un importante lavoro di consultazione e di sensibilizzazione presso le Conferenze episcopali, gli istituti religiosi, le OIC, un gran numero di centri culturali, privati o pubblici, e organismi internazionali come l'Unesco e il Consiglio d'Europa. Molti episcopati hanno risposto generosamente, creando servizi nuovi per promuovere un dialogo più incisivo con le culture. I religiosi e le religiose hanno collaborato attivamente a una consultazione internazionale, che dimostra il loro interesse per l'inculturazione della loro azione apostolica e il consolidamento della vita consacrata in seno alle culture in evoluzione. Le OIC hanno stretto rapporti fecondi con il Pontificio Consiglio per la Cultura, al servizio della promozione culturale e spirituale degli uomini e delle donne d'oggi. Grazie alla cooperazione attiva dei membri del Consiglio Internazionale, sono stati organizzati dei congressi regionali su diversi problemi culturali che interessano la Chiesa: a Notre-Dame negli Stati Uniti, Rio de Janeiro, Buenos Aires, Monaco, Bangalore. Altre conferenze internazionali si preparano in Europa, in Nigeria, in Giappone. Vi ringrazio per questo sforzo e quest'impegno concreti. Il vostro Consiglio Internazionale assume così un significato efficace che mi preme sottolineare. Certamente, come richiede la costituzione Regimini Ecclesiae, avete a cuore di suscitare una collaborazione fruttuosa con i dicasteri romani. Penso, tra l'altro, al vostro contributo sulle sette e i movimenti religiosi. 3. Voi lavorate inoltre, con la Congregazione per l'Educazione Cattolica e con il Pontificio Consiglio per i Laici, ad un progetto su "la Chiesa e la cultura universitaria". Con tutte le istanze interessate nella Chiesa, vescovi, religiosi, organizzazioni diverse e personalità laiche, voi cercate di rendere la Chiesa sempre più presente negli ambienti universitari, con la sua azione pastorale diretta e anche con una promozione più attiva dei valori evangelici in seno alle culture in gestazione nelle università. Questi problemi meritano tutti i vostri sforzi, e io vi incoraggio a proseguire questo importante lavoro intrapreso in comune. Un gran numero di pastori attende consigli e orientamenti, in un campo nel quale sono coinvolti studiosi e professori cristiani. La collaborazione su "la Chiesa e la cultura universitaria" permetterà di far beneficiare l'insieme della Chiesa, dell'esperienza acquisita attraverso le iniziative degli uni e degli altri e le riflessioni comuni su questa cultura. Formulo voti anche perché la collaborazione, già avviata con la Commissione teologica internazionale, si traduca in risultati fecondi. La vostra ricerca congiunta sulla fede e l'inculturazione risponde a una domanda esplicita del Sinodo straordinario dei vescovi e sarà di grande importanza per l'incarnazione del Vangelo nel cuore delle culture del nostro tempo. Cari amici, voglio ringraziare sinceramente tutti coloro e tutte coloro che si consacrano con generosità alla missione che ho affidato al Pontificio Consiglio per la Cultura, per il beneficio di tutta la Chiesa. 4. Congratulandomi per i compiti assolti, vi chiedo di progettare l'avvenire con molta lucidità e speranza. Permettetemi di suggerire due orientamenti principali che dovrebbero ispirare i vostri sforzi, le vostre ricerche, le vostre iniziative e la cooperazione di tutti coloro con i quali siete in rapporto. Da un lato, vi impegno nuovamente a far maturare negli spiriti l'urgenza di un incontro effettivo del Vangelo con le culture viventi. Resta immensa e drammatica la distanza tra la Buona Novella di Cristo e intere porzioni dell'umanità. Numerosi ambienti culturali restano chiusi, ermetici od ostili al Vangelo. Interi paesi sono sottomessi a politiche culturali che cercano di escludere o di limitare gravemente l'azione della Chiesa. Ogni cristiano sincero soffre profondamente per questi intralci alla proclamazione della Buona Novella. In nome della promozione culturale di ogni uomo e ogni donna, proclamata come un obiettivo dalle istanze internazionali, bisogna far comprendere ai nostri contemporanei che il Vangelo di Cristo è fonte di progresso e di pienezza per tutti gli uomini. Non facciamo violenza ad alcuna cultura proponendo liberamente questo messaggio salvifico e liberatore. Con ogni uomo e ogni donna di buona volontà, condividiamo un amore disinteressato e incondizionato per ogni persona umana. Anche con coloro che non condividono la nostra fede possiamo trovare un ampio spazio di collaborazione per il progresso culturale delle persone e dei gruppi. Le culture d'oggi aspirano ardentemente alla pace e alla fraternità, alla dignità e alla giustizia, alla libertà e alla solidarietà. E' un segno dei tempi, certamente provvidenziale, che a vent'anni dall'enciclica Populorum Progressio del mio predecessore Paolo VI, deve incoraggiarci a inventare le vie di una solidarietà nuova tra le persone, le famiglie spirituali, i centri di riflessione e di azione. Poniamoci coraggiosamente la domanda: noi cristiani abbiamo sufficientemente attuato la creatività culturale raccomandata dalla "Gaudium et Spes", per affrettare l'incontro effettivo della Chiesa con il mondo del nostro tempo? Non dobbiamo essere più adatti al discernimento, più inventivi, più risoluti nelle nostre imprese di evangelizzazione, più disposti alle collaborazioni indispensabili in questo vasto campo dell'azione culturale assunta in nome della nostra fede? 5. Ciò mi porta a ritornare, per insistervi, sull'obiettivo centrale nel vostro lavoro e che costituisce l'argomento della vostra comune riflessione con la Commissione teologica internazionale: quello dell'inculturazione. Io stesso l'ho affrontato in molti dei miei recenti viaggi apostolici, poiché questo neologismo riveste un ruolo capitale per la Chiesa, soprattutto nei paesi di tradizioni non cristiane. Entrando in contatto con le culture, la Chiesa deve accogliere tutto ciò che nelle tradizioni dei popoli è conciliabile con il Vangelo per apportarvi la ricchezza di Cristo e per arricchirsi essa stessa della saggezza multiforme delle nazioni della terra. Voi lo sapete: l'inculturazione impegna la Chiesa su un cammino difficile ma necessario. Anche i pastori, i teologi e gli specialisti delle scienze umane devono collaborare strettamente affinché questo processo vitale si compia a beneficio degli evangelizzati e degli evangelizzatori e sia evitata ogni semplificazione o precipitazione, che sfocerebbe in un sincretismo o in una riduzione secolare dell'annuncio evangelico. Proseguite coraggiosamente la vostra ricerca serena e approfondita su queste questioni, coscienti che i vostri lavori serviranno a molti nella Chiesa e non soltanto nei paesi detti di missione. Voi non vi dedicate a un esercizio intellettuale astratto, ma a una riflessione al servizio diretto della pastorale, ivi comprese le nazioni di tradizione cristiana, nelle quali si è instaurata a poco a poco una "cultura" segnata dall'indifferenza o dal disinteresse per la religione. Con tutti i miei fratelli nell'episcopato, riaffermo con insistenza la necessità di mobilitare tutta la Chiesa in uno sforzo creatore, per un'evangelizzazione rinnovata delle persone e delle culture. Poiché è soltanto attraverso uno sforzo congiunto che la Chiesa si metterà in condizioni di portare la speranza di Cristo in seno alle culture e alle mentalità attuali. Sappiamo trovare il linguaggio che ricongiungerà gli spiriti e i cuori di tanti uomini e di tante donne che aspirano, senza saperlo forse, alla pace di Cristo e al suo messaggio liberatore. Questo è un progetto culturale ed evangelico di primaria importanza. 6. Senza lasciarvi fermare dalle difficoltà inerenti a tale missione, proseguite senza posa, suscitate le collaborazioni volontarie che s'impongono, perché vescovi, preti, religiosi e religiose, laici, organizzazioni culturali ed educative s'impegnino in questo spirito apostolico voluto dal Concilio Vaticano II, riaffermato con molta chiarezza dal Sinodo straordinario del 1985, e messo in pratica in iniziative come quella della giornata di preghiera per la pace ad Assisi. Vi incoraggio in modo particolare a continuare i vostri sforzi, per impegnare i laici in questo compito. Essi sono infatti nel cuore delle culture che impregnano la società moderna. In gran parte, dipende da loro che il Vangelo di Cristo diventi il fermento capace di purificare e di arricchire gli orientamenti culturali che decideranno il futuro della famiglia umana. Per il prossimo Sinodo dei vescovi, consacrato all'apostolato dei laici, il vostro contributo presenta un interesse particolare. In segno del mio affetto e della mia riconoscenza e in pegno della grazia del Signore, accordo a ciascuna e a ciascuno di voi, personalmente, la mia benedizione. 6. Il Vangelo deve fecondare tutte le culture, 15 gennaio 1988 Signori Cardinali, Cari amici. 1. Sono lieto di accogliervi in occasione della riunione annuale del Pontificio Consiglio per la Cultura. Dopo un primo quinquennio, ricco di promesse e di realizzazioni, si apre ora una nuova fase per il vostro dicastero e io sono felice di salutare tra voi i membri di recente nomina. In America del Nord e in America latina, in Africa e in Asia, in Europa voi siete testimoni della vitalità e della diversità delle culture, come anche della presenza della Chiesa in tutti i campi in cui si svolge l'attività umana. Il dinamismo evangelico è all'opera nelle più grandi realizzazioni della cultura: la filosofia e la teologia, la letteratura e la storia, la scienza e l'arte, l'architettura e la pittura, la poesia e il canto, le leggi, la scuola e l'università. Cari amici, vi spetta di essere nella Chiesa i testimoni attivi delle culture odierne e i rappresentanti visibili e operosi del Pontificio Consiglio per la Cultura in tutto il mondo. 2. Il recente Sinodo dei Vescovi, dedicato alla vocazione e alla missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, a vent'anni dal Concilio Vaticano II, ha sottolineato l'urgenza di formare laici che rendano il Vangelo più presente nel tessuto vivo delle culture, negli ambienti che segneranno domani le mentalità e ispireranno i comportamenti: la famiglia, l'impresa, la scuola, l'università, i mezzi di comunicazione sociale. Alcuni di voi hanno fatto un'osservazione di rilievo, sottolineando l'importanza dell'impegno per aprire il mondo intellettuale e universitario ai valori evangelici. I lavori del Sinodo hanno fatto prendere coscienza ancor più chiaramente che la sfida per tutti i battezzati è di testimoniare la loro fede con intelligenza e coraggio, in modo da portare la salvezza e la speranza nelle culture del nostro tempo. Vi invito di nuovo a far meglio comprendere ai nostri contemporanei che cosa significhi concretamente e vitalmente evangelizzare le culture. Il compito è arduo e complesso, ma il mio incoraggiamento, il mio appoggio e la mia preghiera vi accompagnano in questa missione a cui attribuisco un'importanza primaria. 3. Perché il Vangelo possa fecondare le culture di questo mondo in pieno cambiamento, un impulso rinnovato deve venire da tutte le componenti della Chiesa, dagli organismi della Santa Sede come dalle Conferenze episcopali, dalle organizzazioni cattoliche internazionali come dalle comunità religiose e dagli istituti secolari, dai laici impegnati nella ricca diversità dei movimenti di apostolato, come anche nelle istituzioni civili. Il vostro presidente esecutivo mi ha informato dei progetti di incontri, preparati da tempo, che vi permettono a poco a poco di entrare in contatto con le realtà vive della Chiesa in tutti i continenti. Penso in particolare al prossimo colloquio africano promosso dalla signora Victoria Okoye, che vi permetterà, dopo Onitsha, di riconoscere l'impegno rilevante delle donne africane per trasmettere la fede e la cultura, per incarnare i valori del Vangelo nelle nuove generazioni che saranno l'Africa del prossimo millennio. Nel quadro delle attività della Santa Sede presso le istituzioni internazionali, a cominciare dall'Unesco e il Consiglio d'Europa, voi avete un contributo specifico da portare secondo le vostre competenze, al fine di rendere più incisiva la presenza dei cristiani e delle loro organizzazioni nelle grandi assemblee dove si dibattono i problemi dell'educazione, della scienza, dell'informazione e della cultura. Incoraggio vivamente la vostra partecipazione alle iniziative prese dai dicasteri romani per realizzare quegli obiettivi che rispondono alle aspirazioni della nostra epoca, così sensibile ai valori di una cultura solidale e fraterna. 4. Al termine del primo quinquennio, ho il piacere di rendere omaggio a tutti coloro che si sono impegnati senza risparmiare energie per creare il Pontificio Consiglio per la Cultura, e renderlo presente, vivo, attivo in tutto il mondo. Il caro Cardinale Garrone e i membri del Consiglio di presidenza, il Cardinale Poupard e il Comitato esecutivo, il Consiglio internazionale, tutti avete lavorato senza tregua per realizzare il mandato che vi avevo affidato il 20 maggio 1982 istituendo questo Consiglio. Come testimoniano il vostro bollettino e altre pubblicazioni, questo nuovo dicastero della Santa Sede è riuscito, con un suo stile, ad attivare a Roma come nel resto del mondo, una rete viva di collaboratori e ad intraprendere un'azione capillare che comincia a portare frutto. Mi è caro in particolare sottolineare l'utilità della collaborazione con gli altri organismi della Santa Sede, con le Conferenze episcopali, con le organizzazioni cattoliche internazionali, con le Conferenze dei religiosi. Cari amici, con la vostra nuova équipe, proseguite questa fruttuosa cooperazione, in stretta unione con la Pontificia Accademia delle Scienze, come ho già sottolineato a più riprese. Apprezzo inoltre la vostra collaborazione con la Commissione Teologica Internazionale. I problemi concernenti la fede e l'inculturazione, che voi avete cominciato ad esaminare insieme, meritano certamente uno studio approfondito per portare in luce un'adeguata pastorale della cultura. 5. Il progetto "Chiesa e cultura universitaria", portato avanti insieme con la Congregazione per l'Educazione Cattolica e il Pontificio Consiglio per i Laici, può anche diventare un mezzo efficace di collaborazione della Chiesa alla promozione cristiana di una civiltà dell'amore e della verità, alla vigilia del nuovo millennio. Il mondo universitario costituisce per la Chiesa un campo privilegiato per la sua opera evangelizzatrice e per la sua presenza culturale. Quali valori umani e religiosi segneranno la cultura universitaria di domani? Chi non vede la serietà di tali questioni per la salute intellettuale e morale delle nuove generazioni? La posta in gioco è molto complessa e richiede una collaborazione attiva da parte di tutti nella Chiesa. Perciò mi rallegro per lo studio e le riflessioni comuni che il Pontificio Consiglio per la Cultura e i due dicasteri già citati hanno messo in atto, in collaborazione con gli episcopati, le organizzazioni dei laici e gli istituti religiosi, affinché l'azione della Chiesa sulla cultura universitaria risponda veramente alle esigenze della nostra epoca. 6. In quest'anno mariano, che la Madonna sia la vostra stella e il vostro modello! Donandoci suo Figlio, Gesù, ella tutto ci ha donato. Nella sua persona, i valori umani sono stati assunti e trasfigurati in un mistero congiunto di interiorità e di trascendenza. Sul suo esempio la vostra cultura sia il riflesso di quello che avete ricevuto e il crogiolo di quello che offrite alla Chiesa e al mondo, cioè la testimonianza che il regno annunciato dal Vangelo è vissuto nella vostra propria cultura! Con tutti i miei auguri per le vostre persone e le vostre famiglie, vi assicuro la mia preghiera per la fecondità del vostro lavoro, sul quale chiedo l'abbondanza della grazia divina, mentre di tutto cuore vi impartisco la mia benedizione apostolica. 7. Evangelizzare le culture e inculturare il Vangelo, 13 gennaio 1989 Signori Cardinali, Cari amici, 1. Sono felice, questa mattina, di porgere il più cordiale benvenuto a voi tutti, giunti da diverse parti del mondo per partecipare alla riunione del Pontificio Consiglio della Cultura. E' il settimo anno consecutivo che ho il piacere di accogliere questo Consiglio. Nella Costituzione Pastor Bonus, precisando i compiti e l'organizzazione della Curia Romana, ho confermato che "il Consiglio favorisce le relazioni tra la Santa Sede ed il mondo della cultura, promuovendo in particolare il dialogo con le varie culture del nostro tempo, affinché la civiltà dell'uomo si apra sempre di più al Vangelo, e i cultori delle scienze, delle lettere e delle arti si sentano riconosciuti dalla Chiesa come persone a servizio del vero, del buono e del bello" (art. 166). La vostra riunione annuale rappresenta un momento centrale nella vostra riflessione e nel vostro impegno comune per promuovere concretamente l'incontro della Chiesa con tutte le culture umane, nello spirito del Concilio Vaticano II e dei Sinodi dei Vescovi. Secondo il mandato a voi affidato, procedete ogni anno ad un ampio esame delle principali correnti culturali che caratterizzano gli ambienti, le regioni e le discipline da voi rappresentate. Vi fate così portavoce, presso il Papa e la Santa Sede, delle tendenze e delle aspirazioni, delle angosce e delle speranze, dei bisogni culturali della famiglia umana, e vi interrogate su quale sia il modo migliore, per la Chiesa, di rispondere alle decisive questioni poste dallo spirito contemporaneo. La diagnosi da voi fatta sullo stato delle culture contemporanee rappresenta un grande servizio per la Chiesa, e vi incoraggio a perfezionarla senza tregua. Oltre alla vostra testimonianza e alle vostre esperienze personali, in effetti, voi siete invitati - con altre persone e gruppi competenti - a un discernimento spirituale sulle correnti culturali che condizionano gli uomini e le donne di oggi. Attraverso incontri, ricerche e pubblicazioni, voi date, nella Chiesa, un nuovo impulso per rispondere alla sfida rappresentata dall'evangelizzazione delle culture e dall'inculturazione del Vangelo. Questo discernimento è urgente per poter meglio comprendere le mentalità di oggi, scoprirvi la sete di verità e di amore che Gesù Cristo soltanto può appagare pienamente, e individuare le vie di una nuova evangelizzazione attraverso un'autentica pastorale della cultura. 2. Contemplando il mondo da un punto di vista univer sale, voi potete cogliere meglio il significato apostolico del vostro lavoro e trovare una solida motivazione per continuare la vostra missione. Attraverso questo lavoro di discernimento evangelico, la Chiesa mira ad un solo obiettivo: annunciare meglio ad ogni coscienza e ad ogni cultura la Buona Novella della salvezza in Gesù Cristo. Poiché ogni realtà umana, individuale e sociale, è stata liberata da Cristo: le persone, come le azioni degli uomini, di cui la cultura è l'espressione più alta e incarnata. L'azione salvifica della Chiesa sulle culture si compie anzitutto attraverso le persone, le famiglie e gli educatori. Così, una formazione adeguata è indispensabile perché i cristiani imparino a manifestare chiaramente come il fermento evangelico ha il potere di purificare ed innalzare i modi di pensare, di giudicare e di agire che costituiscono una specifica cultura. Gesù Cristo, nostro Salvatore, offre la sua luce e la sua speranza a tutti coloro che coltivano le scienze, le arti, le lettere e i numerosi campi sviluppati dalla cultura moderna. Tutti i figli e le figlie della Chiesa devono dunque prendere coscienza della loro missione e scoprire come la forza del Vangelo può penetrare e rigenerare le mentalità e i valori dominanti che ispirano le culture come anche le opinioni e gli atteggiamenti mentali che ne derivano. Ciascuno nella Chiesa, attraverso la preghiera e la riflessione, potrà portare la luce del Vangelo e lo splendore del suo ideale etico e spirituale. Così, attraverso un lavoro paziente, umile e nascosto, i frutti della Redenzione penetreranno a poco a poco le culture e consentiranno loro di aprirsi pienamente alle ricchezze della grazia di Cristo. 3. Il Pontificio Consiglio della Cultura è già impegnato in uno sforzo che stimola la Chiesa in questa grande impresa della nostra epoca: l'evangelizzazione delle culture e la promozione culturale di tutti gli uomini. Voi avete stabilito una proficua collaborazione con le Conferenze episcopali, con le Organizzazioni internazionali cattoliche, con gli Istituti religiosi, con le associazioni e i movimenti cattolici, con i centri culturali ed universitari. In stretta e feconda collaborazione con essi, avete fatto diverse riunioni in molte parti del mondo, con notevoli risultati, di cui testimoniano parecchie pubblicazioni, oltre al vostro Bollettino. Prendo anche atto del fatto che il vostro lavoro si sviluppa in collegamento con diversi organismi della Santa Sede, in modo da rendere più visibile la dimensione culturale che è una componente importante della missione apostolica della Curia romana. 4. Tra i progetti in corso, due iniziative meritano un'attenzione particolare, anzitutto per la loro importanza e anche perché vengono realizzati in collaborazione con altri organismi della Santa Sede, nello spirito della riforma della Curia romana. Noto con soddisfazione anzitutto lo studio sulla Chiesa e la cultura universitaria, da voi portato avanti con le Conferenze episcopali, in collaborazione con la Congregazione per l'Educazione Cattolica e il Pontificio Consiglio per i Laici. Avete già pubblicato una sintesi dei lavori che illustra le tendenze significative e i bisogni spirituali nell'ambito universitario, oltre ai nuovi aspetti della pastorale universitaria delle Chiese locali. Vi raccomando di continuare questa riflessione che porterà - ne sono sicuro - a indicazioni concrete e a positivi scambi di esperienze apostoliche. La Chiesa ha nel mondo universitario un luogo privilegiato per dialogare con le correnti spirituali e i modi di pensare che segneranno la cultura di domani. La speranza cristiana deve porsi davanti alle nuove aspirazioni delle coscienze e animare gli spiriti dei giovani universitari che dovranno presto assumersi grandi responsabilità, "affinché la civiltà dell'uomo si apra sempre di più al Vangelo". Raccomando di cuore questa pastorale universitaria, che dà agli studenti la possibilità concreta di riflettere sulla loro fede a un livello intellettuale pari a quello raggiunto dai progressi scientifici e umanistici nelle altre discipline, e li aiuta a vivere nelle comunità di fede e di preghiera. 5. Desidero infine sottolineare il lavoro svolto dal Pontificio Consiglio della Cultura nella Commissione Teologica Internazionale sulla fede e l'inculturazione. Voi avete partecipato pienamente all'elaborazione del documento che si sta preparando su questo tema e che permetterà di comprendere meglio il significato biblico, storico, antropologico, ecclesiale e missionario dell'inculturazione della fede cristiana. Si tratta di un punto fondamentale per l'azione della Chiesa, nel cuore delle diverse culture tradizionali, come anche delle forme complesse della cultura moderna. La vostra responsabilità è di tradurre questi orientamenti teologici in programmi concreti di pastorale della cultura, e sono lieto che diverse Conferenze episcopali abbiano intenzione di farlo, in America Latina e in Africa soprattutto. Incoraggio queste esperienze pastorali e auspico che i loro risultati vengano partecipati a tutta la Chiesa. 6. Mi capita spesso di dirlo, ma voglio ripeterlo ancora: l'uomo vive una vita realmente umana grazie alla cultura. E il legame fondamentale del messaggio di Cristo e della Chiesa con l'uomo, nella sua stessa umanità, è fonte di cultura nel suo fondamento più essenziale. Questo vuol dire che i rivolgimenti culturali del nostro tempo ci stimolano ad un ritorno all'essenziale e a ritrovare la preoccupazione fondamentale che è l'uomo in tutte le sue dimensioni, politiche e sociali - certo - ma anche culturali, morali e spirituali. E' in gioco l'avvenire stesso dell'umanità. Inculturare il Vangelo non è ridurlo all'effimero e al superficiale che caratterizzano l'attualità mutevole. E', al contrario, con audacia tutta spirituale, inserire la forza del lievito del Vangelo e la sua novità, più giovane di ogni modernità, nel cuore stesso dei sommovimenti del nostro tempo, per far nascere nuovi modi di pensare, di agire e di vivere. La fedeltà all'alleanza con la saggezza eterna è la fonte continuamente rinnovata di nuove culture. Quelli che hanno accolto la novità del Vangelo la fanno propria e la interiorizzano in modo da riesprimerla nella loro vita quotidiana, secondo il proprio genio particolare. Così, l'inculturazione del Vangelo nelle culture va di pari passo con il loro rinnovamento e comporta la loro autentica promozione nella Chiesa come nella Città degli uomini. 7. Devo render grazie a Dio per l'opera di discernimento apostolico e di inculturazione evangelica alla quale contribuisce il vostro Consiglio al servizio della Chiesa. E per l'intercessione della Beata Vergine Maria, invoco la luce e la forza dello Spirito Santo sul vostro lavoro. Il mio augurio vi accompagni tutti, a cominciare da voi, signori Cardinali: il Cardinale Paul Poupard, cui ho chiesto di prendere il posto del caro Cardinale Garrone alla Presidenza del Consiglio; il Cardinale Eugenio de Araujo Sales, che continua a darvi l'apporto della sua esperienza; e il Cardinale Hyacinthe Thiandoum, che purtroppo non ha potuto partecipare a questa assemblea. Assicuro la mia preghiera a tutti i membri del Consiglio internazionale come anche ai vostri collaboratori a San Calisto. In pegno del mio affetto per le vostre persone, le vostre famiglie e tutti quelli che sono oggetto della vostra sollecitudine, vi impartisco di cuore la mia Benedizione Apostolica. 8. Nuovi orizzonti per una cultura mondiale, 12 gennaio 1990 Signori Cardinali, Cari Amici, 1. Sono lieto di porgervi il benvenuto. Riuniti attorno al Cardinale Paul Poupard e ai suoi collaboratori, ancora una volta vi fate portavoce, presso la Santa Sede, dei grandi mutamenti culturali che scuotono il mondo. In tal modo aiutate la Chiesa a discernere i segni dei tempi e le nuove vie dell'inculturazione del Vangelo e dell'evangelizzazione delle culture. A questo riguardo, l'anno che si è appena concluso è stato ricco di avvenimenti eccezionali, che sollecitano giustamente la nostra attenzione, in questo ultimo decennio del nostro millennio. Un comune sentimento sembra dominare oggi la grande famiglia umana. Tutti si chiedono quale avvenire costruire nella pace e nella solidarietà, in questo passaggio da un'epoca culturale a un'altra. Le grandi ideologie hanno mostrato il loro fallimento dinanzi alla dura prova degli avvenimenti. Sistemi che si autoproclamavano scientifici di rinnovamento sociale, oppure di redenzione dell'uomo da sé, miti della realizzazione dell'uomo attraverso la rivoluzione, si sono rivelati, agli occhi di tutti, per quel che erano: tragiche utopie che hanno provocato un regresso senza precedenti nella storia tormentata dell'umanità. In mezzo ai loro fratelli, la resistenza eroica delle comunità cristiane contro il totalitarismo disumano ha suscitato ammirazione. Il mondo attuale riscopre che, lungi dall'essere l'oppio dei popoli, la fede in Cristo è la migliore garanzia e stimolo della loro libertà. 2. Alcuni muri sono crollati. Alcune frontiere si sono aperte. Ma barriere enormi s'innalzano ancora fra le speranze di giustizia e la loro realizzazione, fra l'opulenza e la miseria, mentre le rivalità rinascono nel momento in cui la lotta per l'avere prende il sopravvento sul rispetto dell'essere. Un messianismo terreno è crollato e sorge nel mondo la sete di una nuova giustizia. E' nata una grande speranza di libertà, di responsabilità, di solidarietà, di spiritualità. Tutti chiedono una nuova civiltà pienamente umana, in quest'ora privilegiata che stiamo vivendo. Quest'immensa speranza dell'umanità non deve essere disattesa: tutti noi dobbiamo rispondere alle attese di una nuova cultura umana. Questo compito esige la vostra riflessione e richiede le vostre proposte. Non mancano nuovi rischi di illusione e di delusione. L'etica laica ha sperimentato i suoi limiti e si scopre impotente dinanzi ai terribili esperimenti che si effettuano su esseri umani considerati come semplici oggetti di laboratorio. L'uomo si sente minacciato in modo radicale dinanzi a politiche che decidono arbitrariamente sul diritto alla vita o sul momento della morte, mentre le leggi del sistema economico gravano pesantemente sulla sua vita familiare. La scienza dichiara la sua impotenza a rispondere alle grandi domande sul senso della vita, dell'amore, della vita sociale, della morte. E gli stessi uomini di Stato sembrano esitare su quali cammini intraprendere per costruire questo mondo fraterno e solidale che tutti i nostri contemporanei auspicano, sia all'interno delle nazioni che su scala continentale. E' compito delle donne e degli uomini di cultura pensare questo avvenire alla luce della fede cristiana da cui sono ispirati. La società di domani dovrà essere diversa in un mondo che non tollera più le strutture statali inumane. Dall'Est all'Ovest e dal Nord al Sud, la storia in movimento rimette in causa l'ordine che si fondava innanzitutto sulla forza e sulla paura. Questa apertura verso nuovi equilibri richiede saggia meditazione ed audace previsione. 3. Tutta l'Europa s'interroga sul suo avvenire, mentre il crollo di sistemi totalitari esige un profondo rinnovamento delle politiche e provoca un vigoroso ritorno delle aspirazioni spirituali dei popoli. L'Europa, per necessità, cerca di ridefinire la sua identità al di là dei sistemi politici e delle alleanze militari. Essa si riscopre continente di cultura, terra irrigata dalla millenaria fede cristiana e, al tempo stesso, nutrita da un umanesimo laico percorso da correnti contraddittorie. In questo momento di crisi, l'Europa potrebbe essere tentata di ripiegarsi su se stessa, dimenticando momentaneamente i legami che la uniscono al vasto mondo. Ma forti voci, dall'Est all'Ovest, la esortano ad innalzarsi alla dimensione della sua vocazione storica, in quest'ora al tempo stesso drammatica e grandiosa. Spetta a voi, nella vostra posizione, aiutarla a ritrovare le sue radici e a costruire il suo avvenire, conformemente al suo ideale e alla sua generosità. I giovani che ho incontrato con gioia sui cammini di Santiago di Compostela hanno manifestato con entusiasmo che questo ideale viveva in loro. 4. Sull'altra riva del Mediterraneo, l'Africa tormentata, contraddittoria, a volte affamata, si fa più vicina, proclamando con vigore la sua propria identità e il suo posto specifico nel concerto delle nazioni. La prossima Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, in comunione con la Chiesa universale, permetterà a questo continente del futuro di mostrare come il Vangelo nel nostro tempo sia un fermento di cultura incomparabile nello sviluppo integrale e solidale delle persone e dei popoli. In seno alla Chiesa, l'Africa è creatrice di culture radicate nella saggezza millenaria degli anziani e rinnovate dal vigore del lievito evangelico di cui sono portatrici le comunità cristiane. 5. L'America Latina si prepara a celebrare con fervore il quinto centenario della sua evangelizzazione. E' già annunciata per il 1992 la IV Conferenza Generale dei suoi Vescovi che sarà tutta orientata verso una nuova tappa dell'evangelizzazione dei suoi popoli e delle sue culture e che darà un nuovo impulso a questo continente della speranza. Fra l'angoscia e la speranza, è in gioco l'avvenire della società e della Chiesa, soprattutto presso i più poveri. Fra l'America del Sud, impegnata in un processo di rinnovamento, e l'America del Nord, ricca di potenzialità economiche incomparabili, l'America Centrale intende vivere la sua vocazione alla confluenza e al crocevia delle culture. I cristiani, che sono la larga maggioranza nell'insieme del continente americano, hanno per questo una vocazione culturale e spirituale all'altezza delle loro immense possibilità. Il Pontificio Consiglio della Cultura saprà, da parte sua, aiutarli a prendere pienamente il loro posto in questo processo così promettente, superando le tentazioni egoistiche e i ripiegamenti nazionalisti. E sono felice che nuovi membri del vostro Consiglio siano venuti a dare il loro contributo al compimento di questa indispensabile missione. 6. I contrasti che si evidenziano sulle vaste rive del Pacifico attirano l'attenzione di tutto il mondo. Uno sviluppo economico senza precedenti dà a questa zona geografica un ruolo nuovo nella storia umana, con un peso enorme negli affari internazionali. Al tempo stesso, in numerose regioni, le popolazioni stentano a liberarsi dalla miseria inumana. La Cina è alla ricerca di un nuovo destino, all'altezza della sua cultura millenaria. Nessuno dubita che le sue ricchezze umane e il suo desiderio di una rinnovata comunione con le culture del mondo odierno potranno apportare a quest'ultimo nuove energie. Attendo con ansia il giorno in cui potrete, singolarmente, arricchire con questo notevole contributo il vostro dialogo fra le culture e il Vangelo. 7. Cari amici, questi sono i temi che alimentano le vostre riflessioni, al tramonto di un secolo che ha conosciuto troppo orrore e terrore e che riprende ad aspirare a una cultura pienamente umana. Se l'avvenire è incerto, ci conforta una certezza. Questo avvenire sarà quello che gli uomini faranno, con la loro libertà responsabile, sostenuta dalla grazia di Dio. Per noi, cristiani, l'uomo che desideriamo aiutare a crescere in seno a tutte le culture è una persona dalla dignità incomparabile, a immagine e somiglianza di Dio, di questo Dio che ha preso sembianza d'uomo in Gesù Cristo. L'uomo può apparire oggi esitante, a volte oppresso dal suo passato, inquieto per il suo avvenire, ma è anche vero che un uomo nuovo emerge con una nuova statura sulla scena del mondo. La sua aspirazione profonda è quella di rafforzarsi nella sua libertà, di accrescersi con responsabilità, di agire per la solidarietà. A questo crocevia della storia in cerca di speranza, la Chiesa apporta la linfa sempre nuova del Vangelo, creatore di cultura, sorgente di umanità e allo stesso tempo promessa di eternità. Il suo segreto è l'Amore. E' il bisogno primordiale di ogni cultura umana. E il nome di questo Amore è Gesù, Figlio di Maria. Cari amici, portatelo come lei, con fiducia su tutti i cammini degli uomini, al cuore delle nuove culture, che noi dobbiamo costruire come uomini, con gli uomini e per tutti gli uomini. Siatene certi: la forza del Vangelo è capace di trasformare le culture del nostro tempo, attraverso il suo fermento di giustizia e di carità nella verità e nella solidarietà. Questa fede che diviene cultura è sorgente di speranza. Forte di questa speranza e lieto di vedervi all'opera, invoco su di voi la benedizione del Signore. 9. Seminare il Vangelo in ogni cultura, 10 Gennaio 1992 Signori Cardinali, Cari amici, 1. Vi accolgo con gioia e vi porgo il benvenuto, felice di salutarvi e di esprimervi la mia riconoscenza per la vostra dedizione alla Chiesa e alla sua missione evangelizzatrice. Vi ringrazio inoltre per le conoscenze che mettete al servizio della Santa Sede, sotto la direzione del Cardinale Paul Poupard, con i Cardinali Eugenio de Araujo Sales e Hyacinthe Thiandoum, del Comitato di Presidenza, aiutato dai collaboratori e dalle collaboratrici che garantiscono a Roma un lavoro di qualità. Tra qualche mese, il Pontificio Consiglio della Cultura, uno dei più giovani dicasteri della Curia romana, celebrerà i suoi dieci anni di fondazione. Durante questo primo decennio, voi avete, attraverso i vostri lavori, testimoniato che la cultura è un elemento costitutivo della vita delle comunità cristiane, come di ogni società veramente umana. Seguendo gli orientamenti dati il 20 maggio 1982 nella Lettera di fondazione e confermati dalla Costituzione apostolica Pastor Bonus (artt. 166-168), eccovi liberamente impegnati nella riflessione e nell'azione. 2. Voi avete sviluppato progressivamente una fruttuosa collaborazione con diversi dicasteri della Curia romana e con molti organismi quali il Pontificio Comitato di Scienze storiche e la Pontificia Accademia delle Scienze. Auspico che s'intensifichi la vostra collaborazione con le Chiese locali, per promuovere le iniziative idonee a stimolare l'evangelizzazione delle culture e l'inculturazione della fede. Il vostro bollettino Chiesa e Culture irradia la luce delle conquiste di portata internazionale, numerose e varie, che avete raggiunto. Collaborate con le Organizzazioni internazionali cattoliche, con l'Unesco e il Consiglio d'Europa. Avete partecipato a numerose manifestazioni - e ne avete anche promosso alcune - e avete sviluppato una riflessione di qualità sui mezzi di comunicazione sociale, le arti, le pubblicazioni, le università cattoliche, il ruolo della donna nello sviluppo culturale, l'inculturazione della fede in Africa e in Asia, l'evangelizzazione dell'America, la costruzione della nuova Europa. 3. Da molti anni, una nuova Europa sta delineandosi, attraverso ombre e luci, gioie e dolori. Il crollo dei muri ideologici e polizieschi ha suscitato una gioia intensa e risvegliato grandi speranze, ma già altri muri dividono di nuovo il continente. Per questo, vi sono grato di aver organizzato, su mia richiesta e per preparare l'assemblea speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi, il Simposio presinodale Cristianesimo e cultura in Europa. Memoria, coscienza, progetto. Avete aiutato i Vescovi e con loro tutta la Chiesa a ravvivare la nostra memoria cristiana millenaria e a meglio discernere i fondamenti culturali del rinascimento di un'Europa spiritualmente riunita, in cui noi vogliamo essere "testimoni di Cristo che ci ha liberati" (cfr. Gal 5,1). Alla vigilia del terzo millennio, la missione apostolica della Chiesa la impegna in una nuova evangelizzazione in cui la cultura riveste un'importanza fondamentale. Lo sottolineavano i Padri del recente Sinodo: il numero di cristiani aumenta, ma, al tempo stesso, cresce la pressione di una cultura senza radici spirituali. La scristianizzazione ha generato società senza un riferimento a Dio. Il riflusso del marxismo-leninismo ateo quale sistema politico totalitario in Europa è lungi dal risolvere i drammi che quel sistema ha provocato in tre quarti di secolo. Quanti sono stati colpiti, in un modo o nell'altro, da questo sistema totalitario, i suoi responsabili e i suoi partigiani, così come i suoi avversari più irriducibili, sono diventati sue vittime. Coloro che hanno sacrificato all'utopia comunista la loro famiglia, le loro energie e la loro dignità prendono coscienza di essere stati trascinati in una menzogna che ha ferito molto profondamente la natura umana. Gli altri ritrovano una libertà cui non sono stati preparati e il cui uso resta ipotetico, poiché vivono in condizioni politiche, sociali ed economiche precarie e conoscono una situazione culturale confusa, con il sanguinoso risveglio degli antagonismi nazionalistici. Nel concludere il Simposio presinodale, vi domandavate: dove e verso chi si volgeranno coloro le cui speranze utopiche sono appena sfumate? Il vuoto spirituale che mina la società è innanzitutto un vuoto culturale ed è nella coscienza morale, rinnovata dal Vangelo di Cristo, che essa può effettivamente colmarlo. Soltanto allora, nella fedeltà creativa al proprio patrimonio ereditato dal passato e sempre vivo, l'Europa sarà in grado di affrontare l'avvenire con un progetto che sia un vero incontro fra la Parola di Vita e le culture alla ricerca di amore e di verità per l'uomo. Colgo l'occasione che mi è offerta oggi per rinnovare a tutti coloro che sono stati gli artefici di questo Simposio l'espressione della mia riconoscenza per la loro collaborazione ai lavori del Sinodo. 4. L'anno 1992 segna il quinto centenario dell'evangelizzazione dell'America. Ho desiderato particolarmente che la "cultura cristiana" fosse uno degli assi portanti di questo giubileo, in cui la Chiesa proporrà veramente il Vangelo di Cristo agli uomini nella misura in cui si rivolgerà a ciascun uomo nella sua cultura e in cui la fede dei cristiani mostrerà la propria capacità di fecondare le culture emergenti, portatrici di speranza per l'avvenire. L' America Latina rappresenta quasi la metà dei cattolici del mondo. La sfida della sua nuova evangelizzazione è strettamente legata ad un rinnovato dialogo tra le culture e la fede. Per questo il Pontificio Consiglio della Cultura continuerà ad offrire la sua esperienza alle Conferenze episcopali che lo solleciteranno in questo senso, con il CELAM. 5. Il prossimo Sinodo dei Vescovi per l'Africa offrirà un posto centrale alla grande sfida della diffusione del Vangelo nelle culture africane. Già i documenti preparatori studiano da vicino i rapporti tra l'evangelizzazione e l'inculturazione. Da più di un secolo i missionari hanno generosamente speso le proprie energie e spesso sacrificato persino le loro vite affinché il Vangelo salvifico raggiungesse l'Africano nel cuore del suo essere. L'inculturazione è un processo lento, che comprende tutta la dimensione della vita missionaria. E uno sguardo d'insieme, rivolto all'umanità, mostra che questa missione è ancora agli inizi e che noi dobbiamo impegnarci con tutte le nostre forze al suo servizio (cfr. Redemptoris Missio, n. 52 e n. 1). Alla vigilia di questo Sinodo, minacciate dal sincretismo e dalle sette, le Chiese d'Africa ritroveranno un nuovo slancio per annunciare il Vangelo ed accoglierlo in funzione delle loro culture, nel quadro della catechesi, della formazione dei sacerdoti e dei catechisti, della liturgia e della vita delle comunità cristiane. Ciò richiederà del tempo: ogni processo di inculturazione autentica della fede è un atto di "tradizione", che deve trovare la sua ispirazione e le sue norme nell'unica Tradizione. Esso presuppone un approfondimento teologico ed antropologico del messaggio della Redenzione e, al tempo stesso, la viva ed insostituibile testimonianza di comunità cristiane, felici di condividere il loro fervido amore per Cristo. 6. Un compito urgente vi attende: ristabilire i legami allentati e talvolta spezzati tra i valori culturali del nostro tempo e il loro fondamento cristiano permanente. I cambiamenti politici, gli sconvolgimenti economici e i mutamenti culturali di questi ultimi anni hanno largamente contribuito ad una presa di coscienza morale, dolorosa e lucida. Dopo decenni di oppressione totalitaria, degli uomini e delle donne ce ne offrono la straziante testimonianza: è alla coscienza morale, custode della loro identità profonda, che essi devono la loro sopravvivenza personale. Molti sono oggi i giovani e i meno giovani delle nazioni industrializzate che gridano, con tutti i mezzi, la loro insoddisfazione per un "avere" che soffoca l'"essere", mentre tanti altri mancano dell'"avere" per poter semplicemente "essere". Dappertutto, i popoli esigono il rispetto della loro cultura e del loro diritto ad una vita pienamente umana. E' perciò attraverso la cultura che si verificherà la frase di Pascal: "L'uomo supera l'uomo, infinitamente". 7. Una situazione culturale nuova deriva in particolare dallo sviluppo delle scienze e delle tecniche. Consapevoli della rinnovata riflessione che essa esige da parte della Chiesa, avete ispirato un simposio a Tokyo su Scienza, tecnologia e valori spirituali. Un approccio asiatico alla modernizzazione. E un altro, proprio in Vaticano, in collaborazione con la Pontificia Accademia delle Scienze su La scienza nel contesto della cultura umana. La frammentazione delle conoscenze, come quella delle loro applicazioni tecniche, rende più difficile la visione organica e armoniosa dell'uomo nella sua unità ontologica. Lungi dall'essere estranea alla cultura scientifica, la Chiesa si rallegra per le scoperte e le applicazioni tecniche atte a migliorare le condizioni e la qualità della vita dei nostri contemporanei. Essa ricorda senza stancarsi il carattere unico e la dignità dell'essere umano contro ogni tentazione di abusare del potere che la tecnica conferisce. Auspico che voi continuiate il dialogo inaugurato nel corso di questi ultimi anni con i rappresentanti della cultura scientifica, delle scienze esatte e delle scienze dell'uomo. I progressi della scienza e della tecnica richiedono una coscienza rinnovata e un'esigenza etica in seno alla cultura per renderla più umana e affinché gli uomini di tutte le culture possano beneficiarne equamente in uno sforzo perseverante di solidarietà. 8. Le aspirazioni fondamentali dell'uomo hanno un senso. Esprimono, in modi vari e talvolta confusi, la vocazione ad "essere", iscritta da Dio nel cuore di ogni uomo. In mezzo alle incertezze e alle angosce del nostro tempo, la vostra missione vi chiama ad offrire il meglio di voi stessi per sviluppare un'autentica cultura della speranza, fondata sulla Rivelazione e la Salvezza di Gesù Cristo. La libertà è pienamente valorizzata solo attraverso l'accoglimento della verità e dell'amore che Dio offre ad ogni uomo. E' per i cristiani un'immensa sfida: testimoniare l'amore, che è la fonte e il compimento di ogni cultura, in Gesù Cristo che ci ha liberati. 9. Umanizzare attraverso il Vangelo la società e le sue istituzioni, restituire alla famiglia, alle città e ai villaggi un'anima degna dell'uomo, creato a immagine di Dio, questa è la sfida del XXI secolo. La Chiesa può contare sugli uomini e le donne di cultura per aiutare i popoli a ritrovare la loro memoria, a ravvivare la loro coscienza e a preparare il loro avvenire. Il lievito cristiano feconderà e diffonderà le culture vive e i loro valori. Così Cristo, Via, Verità e Vita (cfr Gv 14, 6) entrerà nei cuori e rinnoverà le culture, Lui che "ha offerto ogni novità portando se stesso", come ha scritto Ireneo di Lione (Adv. Haer., IV, 34, 1). Ciò conferma l'importanza dell'educazione e la necessità di insegnanti che siano autentici formatori della persona. Ciò conferma anche la necessità di ricercatori e di studiosi cristiani, la cui capacità scientifica sia riconosciuta ed apprezzata, per dare senso alle scoperte della scienza e alle invenzioni della tecnica. Il mondo ha bisogno di sacerdoti, di religiosi, di religiose e di laici seriamente formati dalla conoscenza dell'eredità dottrinale della Chiesa, ricca del suo patrimonio culturale bimillenario, fonte sempre feconda di artisti e di poeti, in grado di aiutare il popolo di Dio a vivere l'inesauribile mistero di Cristo, celebrato nella beltà, meditato nella preghiera, incarnato nella santità. 10. Signori Cardinali, cari amici, possa questo incontro con il Successore di Pietro confermarvi nella coscienza della vostra missione. La cultura è dell'uomo, dall'uomo e per l'uomo. La vocazione del Pontificio Consiglio della Cultura, la vostra vocazione, in questo volgere di secolo e di millennio, è quella di suscitare una nuova cultura dell'amore e della speranza ispirata dalla verità che ci rende liberi in Gesù Cristo. Questo è lo scopo dell'inculturazione, questa priorità per la nuova evangelizzazione. Il radicamento del Vangelo in seno alle culture è un'esigenza della missione, come ho ricordato recentemente nell'Enciclica Redemptoris missio. Siatene gli autentici artefici, in comunione profonda con la Santa Sede e tutta la Chiesa, in seno alle Chiese locali, sotto la guida dei loro pastori. Con i miei fervidi auguri a voi e a quanti vi sono cari, vi assicuro la mia gratitudine e la mia preghiera per la fecondità dei vostri lavori. Come pegno del mio affetto, vi impartisco di cuore la mia Benedizione Apostolica. 10. I compiti del nuovo Pontificio Consiglio della Cultura: dialogo con i non credenti e inculturazione della fede, 18 marzo 1994 Signori Cardinali, Cari Fratelli nell'Episcopato, Cari amici, l. E' con gioia che vi accolgo questa mattina, membri, consultori e collaboratori del Pontificio Consiglio della Cultura, riuniti sotto la presidenza del Cardinale Paul Poupard in questa prima Assemblea plenaria del Dicastero nato dall'unione dei precedenti Pontifici Consigli per il Dialogo con i Non Credenti e della Cultura, in base al Motu proprio Inde a Pontificatus del 25 marzo 1993. Voi sapete che, fin dall'inizio del mio pontificato, ho insistito sulla vasta portata dei rapporti fra la Chiesa e la cultura. Nella Lettera di fondazione del Pontificio Consiglio per la Cultura, ricordavo che "una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta" (Cf. Discorso del 16 gennaio 1982). Una duplice constatazione si impone: la maggior parte dei paesi di tradizione cristiana sperimentano una grave frattura tra il Vangelo e vasti settori della cultura, mentre nelle Chiese giovani ci si pone acutamente il problema dell'incontro del Vangelo con le culture autoctone. Questa situazione indica già l'orientamento del vostro compito: evangelizzare le culture e inculturare la fede. Permettetemi di chiarire alcuni punti che mi sembrano particolarmente importanti. 2. Il fenomeno della non credenza, con le sue conseguenze pratiche che sono la secolarizzazione della vita sociale e privata, l'indifferenza religiosa o perfino il rifiuto esplicito di qualsiasi religione, rimane uno dei temi prioritari della vostra riflessione e delle nostre preoccupazioni pastorali: è opportuno ricercarne le cause storiche, culturali, sociali e intellettuali e, allo stesso tempo, promuovere un dialogo rispettoso e aperto con quanti non credono in Dio o non professano alcuna religione; l'organizzazione di incontri e di scambi con essi, come avete fatto in passato, non può che produrre frutti. 3. L'inculturazione della fede è l'altro grande compito del vostro dicastero. Dei centri specializzati di ricerca potranno aiutarvi nel portarlo avanti. Ma non bisogna dimenticare che si tratta di un problema di "tutto il popolo di Dio, non solo di alcuni esperti, poiché è noto che il popolo riflette il genuino senso della fede" (cfr. Redemptoris Missio, n.54). La Chiesa, attraverso un lungo processo di approfondimento, prende a poco a poco coscienza di tutta la ricchezza del deposito della fede attraverso la vita del popolo di Dio: nel processo di inculturazione si passa dall'implicito vissuto all'esplicito conosciuto. Allo stesso modo, l'esperienza del mistero di Cristo che i battezzati vivono nello Spirito Santo sotto la guida dei loro pastori, li porta progressivamente a discernere nelle varie culture gli elementi compatibili con la fede cattolica e a rinunciare agli altri. Questa lenta maturazione richiede molta pazienza e saggezza, una grande apertura di cuore, un senso acuto della Tradizione e una bella audacia apostolica, secondo l'esempio degli Apostoli, dei Padri e dei Dottori della Chiesa. 4. Creando il Pontificio Consiglio della Cultura, ho voluto "dare a tutta la Chiesa un impulso comune nell'incontro, continuamente rinnovato, del messaggio salvifico del Vange- lo con la pluralità delle culture". Gli ho anche affidato l'incarico di farsi "partecipe delle preoccupazioni culturali che i Dicasteri della Santa Sede incontrano nel loro lavoro, in modo da facilitare il coordinamento dei loro incarichi per l'evangelizzazione delle culture, e assicurare la cooperazione delle istituzioni culturali della Santa Sede" (Lettera del 20 maggio 1982). E' in questa prospettiva che vi ho affidato la missione di seguire e coordinare l'attività delle Accademie pontificie, secondo gli scopi e gli statuti che sono loro propri, e di mantenere regolari contatti con la Pontificia Commissione per i Beni culturali della Chiesa "in modo da assicurare una sintonia di finalità e una feconda reciproca collaborazione" (Motu proprio Inde a Pontificatus, 25 marzo 1993). 5. Per meglio portare avanti il vostro compito, siete chiamati a stabilire dei rapporti più stretti con le Conferenze episcopali e, soprattutto, con le commissioni per la cultura che dovrebbero esistere nell'ambito di tutte le Conferenze, come avete chiesto loro di recente. Queste commissioni sono chiamate ad essere centri di promozione della cultura cristiana nei vari paesi e dei luoghi di dialogo con le culture estranee al cristianesimo. Gli organismi privilegiati di promozione della cultura cristiana e di dialogo con gli ambienti culturali non cristiani, sono, senza dubbio, i centri culturali cattolici, numerosi nel mondo, di cui sostenete l'attività e favorite l'irradiamento. A questo proposito, il primo incontro internazionale che avete organizzato a Chantilly lascia sperare in altri fecondi scambi. 6. Nello stesso ordine di idee, collaborate con le Organizzazioni internazionali cattoliche, soprattutto con quante raggruppano intellettuali, scienziati e artisti, prendendo "iniziative appropriate concernenti il dialogo tra la Fede e le culture, e il dialogo interculturale" (Motu proprio Inde a Pontificatus, art.3). Inoltre, seguite la politica e l'azione culturale dei governi e delle Organizzazioni internazionali, quali l'UNESCO, il Consiglio di cooperazione culturale del Consiglio d'Europa e altre organizzazioni, tese a dare una dimensione pienamente umana alla loro politica culturale. 7. La vostra azione, diretta o indiretta, negli ambienti in cui si elaborano le grandi linee del pensiero del terzo millennio, mira a dare nuovo impulso all'attività dei cristiani in materia culturale, che ha il suo posto nell'insieme del mondo contemporaneo. In questa vasta impresa, tanto urgente quanto necessaria, dovete portare avanti un dialogo, che sembra molto promettente, con i rappresentanti delle correnti agnostiche o con i non credenti, che si ispirano ad antiche civiltà o ad iniziative intellettuali più recenti. 8. "Il cristianesimo è creatore di cultura nel suo fondamento stesso" (cfr. Discorso all'Unesco, 2 giugno 1980). Nel mondo cristiano, nel corso dei secoli, è fiorita una cultura realmente prestigiosa, sia nel campo delle lettere e della filosofia che in quello delle scienze e delle arti. Il senso stesso del bello nell'antica Europa è ampiamente tributario della cultura cristiana dei suoi popoli, e il suo paesaggio è stato modellato secondo la sua immagine. Il centro attorno al quale si è costruita questa cultura è il cuore della nostra fede, il mistero eucaristico. Le cattedrali come pure le umili chiese di campagna, la musica religiosa nonché l'architettura, la scultura e la pittura, irradiano il mistero del verum Corpus, natum de Maria Virgine, verso il quale tutto converge in un movimento di stupore. Per la musica, ricorderò volentieri quest'anno Pierluigi da Palestrina, in occasione del IV centenario della sua morte. Sembrerebbe che nella sua arte, dopo un periodo di turbamenti, la Chiesa ritrovi una voce pacificata dalla contemplazione del mistero eucaristico, come un calmo respiro dell'anima che sa di essere amata da Dio. La cultura cristiana riflette meravigliosamente il rapporto dell'uomo con Dio, rinnovato nella Redenzione. Essa apre le porte alla contemplazione del Signore, vero Dio e vero uomo. Questa cultura è vivificata dall'amore che Cristo spande nei cuori (cfr. Rm 5, 5) e dall'esperienza dei discepoli chiamati ad imitare il loro Maestro. Fonti simili hanno fatto nascere un'intensa consapevolezza del senso dell'esistenza, una forza di carattere sbocciata nel cuore delle famiglie cristiane e una finezza di sensibilità prima sconosciuta. La grazia risveglia, libera, purifica, ordina e dilata le forze creatrici dell'uomo. E se invita all'ascesi e alla rinuncia, è per liberare il cuore, libertà eminentemente favorevole alla creazione artistica come pure al pensiero e all'azione fondata sulla verità. 9. Pertanto, in questa cultura, l'influenza esercitata dai santi e dalle sante è determinante: con la luce che spandono, con la loro libertà interiore, con la forza della loro personalità, essi segnano il pensiero e l'espressione artistica di interi periodi della nostra storia. Basti ricordare San Francesco d'Assisi: aveva un temperamento da poeta, cosa attestata dalle sue parole, dal suo atteggiamento, dal suo senso innato del gesto simbolico. Ben lungi da qualsiasi preoccupazione letteraria, è tuttavia creatore di una nuova cultura, nel campo del pensiero e dell'espressione artistica. Un San Bonaventura e un Giotto non sarebbero fioriti senza di lui. Ecco, cari amici, dove risiede la vera esigenza della cultura cristiana. Questa meravigliosa creazione dell'uomo non può che derivare dalla contemplazione del mistero di Cristo e dall'ascolto della sua parola, messa in pratica con una totale sincerità e un impegno senza riserve, seguendo l'esempio della Vergine Maria. La fede libera il pensiero e apre nuovi orizzonti al linguaggio dell'arte poetica e letteraria, alla filosofia, alla teologia, così come ad altre forme di creatività proprie del genio umano. E' alla creazione e alla promozione di questa cultura che siete chiamati: alcuni attraverso il dialogo con i non credenti, altri attraverso la ricerca di nuove espressioni dell'essere cristiani, tutti attraverso un più vigoroso irradiamento culturale della Chiesa in questo mondo in cerca di bellezza e di verità, di unità e di amore. Nell'adempiere i vostri compiti così belli, così nobili e così necessari, vi accompagni la mia Benedizione Apostolica con la mia affettuosa gratitudine. 11. Ai partecipanti alla Prima Assemblea Plenaria della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, 12 ottobre 1995 Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio, 1. "Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù¹ e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri?" (Fil 4, 8). Con queste parole dell'apostolo Paolo saluto cordialmente tutti voi, carissimi Componenti della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, riuniti per la prima volta in sessione plenaria, a sei anni dalla Costituzione Apostolica Pastor Bonus, che diede avvio al vostro giovane Dicastero, e a tre anni dal potenziamento che gli impresse il Motu proprio Inde a Pontificatus Nostri initio. Rivolgo un particolare pensiero al vostro Presidente, l'Arcivescovo Francesco Marchisano, che ringrazio per le parole con le quali ha poc'anzi tracciato un quadro sintetico ma efficace delle molteplici attività svolte in questi anni. 2. Questo incontro mi offre la gradita opportunità di ribadire l'importanza dei beni culturali nell'espressione e nell'inculturazione della fede e nel dialogo della Chiesa con l'umanità . Nel mio ministero di Vescovo di Roma ho sempre mantenuto un rapporto aperto e fiducioso col mondo della cultura e dell'arte, cercando di avvicinarlo anche nelle Visite pastorali alle Chiese sparse nel mondo. Cultura ed arte si richiamano e si svelano reciprocamente. Non si dà un momento storico ricco di cultura che non fiorisca in produzione artistica, così come non si dà un periodo artisticamente fecondo che non postuli una globale ricchezza culturale. Ma anche tra religione ed arte, tra religione e cultura corre un rapporto molto stretto. Innumerevoli sono le opere di pensiero ed i capolavori artistici che traggono ispirazione dai valori religiosi. Ed è a tutti noto l'apporto che al senso religioso arrecano le realizzazioni artistiche e culturali, che la fede delle generazioni cristiane è venuta accumulando nel corso dei secoli. Significative sono, a questo proposito, le parole della Gaudium et Spes, da me riprese nel Motu proprio Inde a Pontificatus Nostri initio: "A modo loro, anche la letteratura e le arti sono di grande importanza per la vita della Chiesa... Bisogna perciò impegnarsi affinché i cultori di quelle arti si sentano riconosciuti dalla Chiesa nella loro attività e, godendo di un'ordinata libertà, stabiliscano più facili rapporti con la comunità cristiana" (Inde a Pontificatus Nostri initio, 62). 3. In questi primi anni di vita della vostra Pontificia Commissione non mi sono mancate occasioni per seguirne le principali iniziative e per orientarne lo sviluppo. Perché sviluppo c'è stato. Ben presto la parola "conservazione", presente nella qualificazione iniziale della vostra Commissione, è apparsa chiaramente inadeguata, perché riduttiva e statica: se si vogliono inserire i beni culturali nel dinamismo dell'evangelizzazione, non ci si può limitare a mantenerli integri e protetti; è necessario attuare una loro organica e sapiente promozione per inserirli nei circuiti vitali dell'azione culturale e pastorale della Chiesa. L'attuale dizione “per i beni culturali della Chiesa“ esprime meglio le finalità del vostro Organismo. Leggendo i vari documenti pubblicati in questi anni, si scopre un vero e proprio glossario, messo a punto per indicare altrettante azioni o dimensioni della sollecitudine della Chiesa verso i beni culturali e artistici. Sono termini densi di significato e forieri di impegno per tutti coloro che hanno a cuore i valori della cultura umana e religiosa. In questo contesto si è voluto dare un significato preciso e un contenuto immediatamente afferrabile anche allo stesso concetto di "bene culturale", comprendendo in esso, innanzitutto, i patrimoni artistici della pittura, della scultura, dell'architettura, del mosaico e della musica, posti al servizio della missione della Chiesa. A questi vanno poi aggiunti i beni librari contenuti nelle biblioteche ecclesiastiche e i documenti storici custoditi negli archivi delle comunità ecclesiali. Rientrano, infine, in questo ambito le opere letterarie, teatrali, cinematografiche, prodotte dai mezzi di comunicazione di massa. 4. La Pontificia Commissione ha pure cercato di enucleare le principali attività circa tali beni, individuandole nell'impegno di restaurarli, custodirli, catalogarli, difenderli. Al tempo stesso, è stata sottolineata l'importanza di una loro valorizzazione, che ne favorisca una migliore conoscenza ed un adeguato utilizzo tanto nella catechesi quanto nella liturgia. Né si è mancato di pensare alla promozione di nuovi beni culturali, fornendo agli artisti stimolanti contenuti teologici, liturgici, iconografici; motivandoli con nuove e degne committenze; approfondendo una rinnovata alleanza fra artisti e Chiesa, come già il Concilio auspicava e l'indimenticabile Papa Paolo VI appassionatamente propugnava e attuava. La Pontificia Commissione ha poi cercato di individuare gli attori principali del servizio ecclesiale in questo campo, partendo da coloro che vi sono coinvolti istituzionalmente, come le Conferenze Episcopali, i Pastori delle Diocesi, le Congregazioni romane dell'Educazione Cattolica, del Culto Divino e il Pontificio Consiglio della Cultura. In sintonia con questi attori principali, svolgono poi un prezioso lavoro di coscientizzazione e di animazione le Commissioni Episcopali nazionali, i vari Responsabili delle Commissioni di Arte Sacra e per i Beni culturali ecclesiastici, i Bibliotecari ed Archivisti, le Associazioni degli artisti cattolici, i direttori dei Musei ecclesiastici, i docenti delle Università ecclesiastiche e cattoliche, gli Operatori nelle Scuole specializzate per i Beni Culturali ecclesiastici che stanno sorgendo sull'esempio di quella già operante nella Pontificia Università Gregoriana, i Religiosi e le Religiose impegnati specificamente in tali delicati settori o, comunque, i curatori dei beni artistici e storici nelle rispettive comunità, gli artigiani restauratori dei documenti e dei patrimoni d'arte. La concorde dedizione di un simile "esercito" di operatori non mancherà di suscitare una rinascita della cultura artistica, irradiando nella Chiesa e nel mondo un rinnovato fervore di pensiero e di opere ad illustrazione dei valori della bellezza e della verità. 5. La Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa ha cercato, altresì, di perfezionare il proprio metodo di lavoro, che viene definito dalla Costituzione Apostolica Pastor Bonus con le parole "agere una cum" (cf. Pastor bonus, 102). A questo proposito, sono lieto di costatare i buoni rapporti avviati con i Rappresentanti Pontifici, le Conferenze Episcopali e i singoli Vescovi, come pure con le Commissioni per i beni culturali e i singoli Operatori locali. In questo modo, la Pontificia Commissione sta divenendo sempre più un organo di propulsione e un punto di riferimento bene accolto, perché discreto, aperto, propositivo. Non posso, poi, non rallegrarmi dell'intenso e rispettoso dialogo instaurato con gli Organismi internazionali del settore, i quali, a suo tempo, hanno salutato la nascita della Pontificia Commissione come un fatto assai positivo ed hanno registrato favorevolmente la possibilità loro offerta di interloquire con un Ufficio unitario e centrale della Chiesa cattolica su queste delicate materie. Nell'esprimere la mia personale soddisfazione per l'attuazione fedele e dinamica delle direttive della Costituzione Apostolica Pastor Bonus, ringrazio ciascuno di voi, carissimi, per quanto già avete fatto in questi anni e per i progetti che avete in cantiere per il futuro. 6. Vi esorto a perseverare con entusiasmo nel vostro prezioso lavoro. Fate in modo che l'arte continui a celebrare i dogmi della fede, ad arricchire il mistero liturgico, a dare forma e figura al messaggio cristiano, rendendo sensibile il mondo invisibile (cf. Messaggio del Concilio Ecumenico Vaticano II agli artisti). Quale nobile missione! Non risparmiate energie nel promuovere l'arte sacra. È noto come la peculiarità dell'arte sacra non consista nell'essere una decorazione semplicemente sovrapposta a delle realtà che, diversamente, risulterebbero insignificanti. In tal caso l'arte si ridurrebbe ad un abbellimento estetico di un soggiacente essere informe. In Dio, lo sappiamo bene, la bellezza non è un attributo derivato, ma coincide con la sua stessa realtà che è "gloria", come afferma la Scrittura: "Tua, Signore, è la grandezza, la potenza, la gloria, la maestà e lo splendore" (1 Cr 29, 11). Quando la Chiesa chiama l'arte ad affiancare la propria missione, non è soltanto per ragioni di estetica, ma per obbedire alla "logica" stessa della rivelazione e dell'incarnazione. Non si tratta di addolcire con immagini tonificanti il cammino aspro dell'uomo, ma di offrirgli la possibilità di fare fin d'ora una qualche esperienza di Dio, il quale raccoglie in sé tutto ciò che è buono, bello, vero. 7. Carissimi Fratelli e Sorelle! Creando la vostra Pontificia Commissione ho inteso rispondere all'esigenza di una più consapevole e vigile attenzione della Chiesa nei confronti dei beni culturali, sia ecclesiastici che civili: grazie per aver fatto vostra questa istanza e per la generosità con la quale cercate di tradurre in scelte operative gli orientamenti ricevuti. A voi e a tutti coloro che assecondano il vostro qualificato lavoro va il mio auspicio di un sempre rinascente entusiasmo nella dedizione a così nobile causa. Mentre assicuro uno speciale ricordo davanti al Signore per voi e per le vostre attività, di cuore vi benedico, insieme con i vostri Collaboratori e con quanti vi sono cari. 12. Il Vangelo, Buona Novella per tutte le culture, 14 marzo 1997 Signori Cardinali, Cari Fratelli nell'Episcopato, Cari amici, 1. E' con gioia che vi accolgo questa mattina, al termine della vostra Sessione plenaria. Ringrazio il vostro Presidente, il Signor Cardinale Paul Poupard, per aver ricordato lo spirito nel quale si sono svolti i vostri lavori. Voi avete riflettuto su come aiutare la Chiesa ad assicurare una presenza più forte del Vangelo al centro delle culture, all'approssimarsi del nuovo millennio. Questo incontro mi offre l'occasione di ripetervi: "La sintesi tra cultura e fede non è solo un'esigenza della cultura, ma anche della fede" (Lettera di fondazione del Pontificio Consiglio per la Cultura, 20 maggio 1982). E' ciò che i cristiani fedeli al Vangelo hanno realizzato nel corso di due millenni nelle situazioni culturali più diverse. La Chiesa si è, il più delle volte, inserita nella cultura dei popoli in mezzo ai quali si era stabilita, per modellarla secondo i principi del Vangelo. La fede in Cristo incarnato nella storia non solo trasforma interiormente le persone, ma rigenera anche i popoli e le loro culture. Così, alla fine dell'Antichità, i cristiani, che vivevano in una cultura alla quale dovevano molto, la trasformarono dall'interno e la permearono di uno spirito nuovo. Quando questa cultura fu minacciata, la Chiesa, con Atanasio, Giovanni Crisostomo, Ambrogio, Agostino, Gregorio Magno e molti altri, trasmise l'eredità di Gerusalemme, di Atene e di Roma per dare vita a un'autentica civiltà cristiana. Fu, con le imperfezioni inerenti a qualsiasi opera umana, l'occasione di una riuscita sintesi fra fede e cultura. 2. Ai giorni nostri, questa sintesi è spesso assente e la rottura fra il Vangelo e la cultura è senza dubbio "il dramma della nostra epoca" (Paolo VI, Evangelii nuntiandi, n. 20). Si tratta di un dramma per la fede poiché, in una società in cui il cristianesimo sembra assente dalla vita sociale e la fede relegata nella sfera del privato, l'accesso ai valori religiosi diviene più difficile, soprattutto per i poveri e gli umili, ossia per la maggioranza del popolo che impercettibilmente si secolarizza, sotto la pressione dei modelli di pensiero e di comportamento diffusi dalla cultura dominante. L'assenza di una cultura che li sostenga impedisce a questi umili di accedere alla fede e di viverla pienamente. Questa situazione è anche un dramma per la cultura che, a causa della rottura con la fede, attraversa una crisi profonda. Il primo sintomo di questa crisi è il sentimento di angoscia che proviene dalla consapevolezza della finitezza in un mondo senza Dio, dove si fa dell'io un assoluto e delle realtà terrene gli unici valori della vita. In una cultura senza trascendenza, l'uomo soccombe al fascino del denaro e del potere, del piacere e del successo. Prova anche l'insoddisfazione causata dal materialismo, dalla perdita del significato dei valori morali e dall'inquietudine dinanzi al futuro. 3. Tuttavia, al centro di un simile inaridimento, sussistono sempre una sete di assoluto, un desiderio di bene, una fame di verità, un bisogno di realizzazione della persona. Ciò denota l'ampiezza del compito del Pontificio Consiglio della Cultura: aiutare la Chiesa a operare una nuova sintesi fra la fede e la cultura per il bene di tutti. In questa fine secolo è fondamentale riaffermare la fecondità della fede nell'evoluzione di una cultura. Solo una fede fonte di decisioni spirituali radicali è capace di agire sulla cultura di un'epoca. Così, l'atteggiamento di san Benedetto, questo patrizio romano che abbandonò una società antiquata e si ritirò nella solitudine, nell'ascesi e nella preghiera, fu determinante per la crescita della civiltà cristiana. 4. Nel suo approccio alle culture, il cristianesimo si presenta con il messaggio di salvezza, ricevuto dagli Apostoli e dai primi discepoli, ponderato ed approfondito dai Padri della della Chiesa e dai teologi, vissuto dal popolo cristiano, in particolare dai santi, ed espresso dai grandi geni teologici, filosofici, letterari e artistici. Noi dobbiamo annunciare questo messaggio agli uomini di oggi in tutta la sua ricchezza e in tutta la sua bellezza. Per fare ciò, ogni Chiesa particolare dovrebbe avere un progetto culturale, come già avviene in singoli Paesi. Nel corso di questa Assemblea plenaria, voi avete dedicato una parte notevole dei vostri lavori a considerare non solo le poste in gioco, ma anche le esigenze di un'autentica pastorale della cultura, decisiva per la nuova evangelizzazione. Venuti da orizzonti culturali diversi, voi fate conoscere alla Santa Sede le aspettative delle Chiese locali e gli echi delle vostre comunità cristiane. Fra i compiti che vi spettano, sottolineo alcuni punti che richiedono dal vostro Consiglio la massima attenzione, come la creazione di Centri culturali cattolici o la presenza nel mondo dei mezzi di comunicazione sociale e nel mondo scientifico, per trasmettervi l'eredità culturale del cristianesimo. In tutti questi sforzi, siate particolarmente vicini ai giovani e agli artisti! 5. La fede in Cristo dona alle culture una dimensione nuova, quella della speranza del Regno di Dio. I cristiani hanno la vocazione d'inserire al centro delle culture questa speranza di una terra nuova e di cieli nuovi. Di fatto, quando la speranza svanisce, le culture muoiono. Ben lungi dal minacciarle o dall'impoverirle, il Vangelo apporta loro maggiore gioia e bellezza, libertà e significato, verità e bontà. Siamo tutti chiamati a trasmettere questo messaggio attraverso un discorso che l'annunci, un'esistenza che l'attesti, una cultura che lo faccia risplendere. Il Vangelo porta infatti la cultura alla sua perfezione e la cultura autentica è aperta al Vangelo. Il lavoro che consiste nel donarli l'uno all'altra dovrà essere costantemente ripreso. Ho costituito il Pontificio Consiglio della Cultura per aiutare la Chiesa a vivere lo scambio salvifico dove l'inculturazione del Vangelo va di pari passo con l'evangelizzazione delle culture. Che Dio vi assista nello svolgimento della vostra esaltante missione! Affidando a Maria, Madre della Chiesa e prima educatrice di Cristo, il futuro del Pontificio Consiglio della Cultura e quello di tutti i suoi membri, vi imparto di tutto cuore la Benedizione Apostolica. 13. Ai partecipanti alla seconda Assemblea Plenaria della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, 25 settembre 1997 Signori Cardinali, 1. Sono lieto di farvi pervenire il mio saluto, in occasione della Seconda Assemblea Plenaria della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. Vi ringrazio per il lavoro che svolgete con impegno e rivolgo un particolare pensiero al vostro Presidente, Mons. Francesco Marchisano, con animo grato per essersi fatto interprete dei vostri comuni sentimenti. Il vostro gruppo si è recentemente arricchito di nuovi e qualificati membri, al fine di rappresentare maggiormente l'universalità della Chiesa e la diversità delle culture, attraverso le cui espressioni artistiche può ben elevarsi un multiforme inno di lode a Dio, rivelatosi in Gesù Cristo. A tutti un affettuoso benvenuto. Il tema del vostro incontro è di grande interesse: "I beni culturali della Chiesa in riferimento alla preparazione del Giubileo". Come scrivevo nella Tertio millennio adveniente, la Chiesa, in vista del Giubileo, è invitata a ripensare al cammino percorso in questi due millenni di storia. I beni culturali rappresentano una porzione rilevante del patrimonio, che essa è venuta progressivamente costituendo ai fini dell'evangelizzazione, dell'istruzione e della carità. Enorme, infatti, è stata l'incidenza del Cristianesimo sia nel campo dell'arte nelle sue varie espressioni, che della cultura in tutto il suo deposito sapienziale. La presente Sessione vi offre l'occasione propizia per uno scambio di esperienze su quanto si sta organizzando, in vista del Giubileo, nelle diverse realtà ecclesiali, di cui voi siete autorevoli portavoce. Essa, inoltre, vi permette di raccogliere suggerimenti, che potranno essere segnalati ai competenti organismi dei singoli Paesi, per quell'utilizzo che apparirà opportuno nel contesto delle loro peculiari tradizioni. In questo primo anno di preparazione alla storica ricorrenza del 2000, è in particolare la contemplazione dell'icona di Cristo che deve rinvigorire le forze spirituali dei credenti, perché amino il Signore e lo testimonino nell'oggi della Chiesa e delle culture, con il coraggio della santità ed il genio dell'arte. Le diverse manifestazioni artistiche, unitamente alle molteplici espressioni delle culture, che hanno costituito un veicolo privilegiato della seminagione evangelica, esigono in questa fine di millennio una verifica attenta ed una critica lungimirante, perché si rendano capaci di nuova forza creativa ed offrano il loro apporto alla realizzazione della "civiltà dell'amore". 2. I "beni culturali" sono destinati alla promozione dell'uomo e, nel contesto ecclesiale, assumono un significato specifico in quanto sono ordinati all'evangelizzazione, al culto e alla carità. La loro tipologia è varia: pittura, scultura, architettura, mosaico, musica, opere letterarie, teatrali e cinematografiche. In queste varie forme artistiche s'esprime la forza creativa del genio umano che, mediante figurazioni simboliche, si fa interprete di un messaggio che trascende la realtà. Se animate da afflato spirituale, tali opere possono aiutare l'anima nella ricerca delle cose divine e possono giungere anche a costituire pagine interessanti di catechesi e di ascesi. Le biblioteche ecclesiastiche, ad esempio, non sono il tempio di uno sterile sapere, ma il luogo privilegiato della vera sapienza che narra la storia dell'uomo, gloria del Dio vivente, attraverso la fatica di quanti hanno cercato nei frammenti del creato e nell'intimo degli animi l'impronta della divina sostanza. I musei di arte sacra non sono depositi di reperti inanimati, ma perenni vivai, nei quali si tramandano nel tempo il genio e la spiritualità della comunità dei credenti. Gli archivi, specialmente quelli ecclesiastici, non conservano solo tracce di umane vicende, ma portano anche alla meditazione sull'azione della divina Provvidenza nella storia, così che i documenti in essi conservati diventano memoria dell'evangelizzazione operata nel tempo ed autentico strumento pastorale. Carissimi, voi vi impegnate attivamente per la salvaguardia del tesoro inestimabile dei beni culturali della Chiesa, come pure per conservare la memoria storica di quanto la Chiesa ha fatto lungo i secoli, e per aprirla ad ulteriori sviluppi nel campo delle arti liberali. Voi vi siete assunto l'impegno, in questo «tempo opportuno» di vigilia giubilare, di proporre con discrezione ai nostri contemporanei quanto la Chiesa ha compiuto lungo i secoli nell'opera di inculturazione della fede, nonché di stimolare con saggezza gli uomini dell'arte e della cultura, perché ricerchino costantemente con le loro opere il volto di Dio e dell'uomo. Le innumerevoli iniziative, che si stanno progettando in vista dell'Anno Santo, hanno come obiettivo di sottolineare, grazie al contributo di ogni aspetto dell'arte e della cultura, l'annuncio fondamentale: "Cristo ieri, oggi e sempre"; Egli è l'unico Salvatore dell'uomo e di tutto l'uomo. E' encomiabile, perciò, lo sforzo che la vostra Commissione sta facendo per coordinare il settore artistico-culturale attraverso un apposito organismo, che valuta le molteplici proposte di eventi artistici. Alle antiche vestigia si aggiungono i nuovi areopaghi della cultura e dell'arte, strumenti spesso idonei a stimolare i credenti perché crescano nella loro fede e la testimonino con rinnovato vigore. Dai siti archeologici alle più moderne espressioni dell'arte cristiana, l'uomo contemporaneo deve poter rileggere la storia della Chiesa, per essere così aiutato a riconoscere il fascino misterioso del disegno salvifico di Dio. 3. Il lavoro affidato alla vostra Commissione consiste nell'animazione culturale e pastorale delle comunità ecclesiali, valorizzando le molteplici forme espressive che la Chiesa ha prodotto e continua a produrre al servizio della nuova evangelizzazione dei popoli. Si tratta di conservare la memoria del passato e di tutelare i monumenti visibili dello spirito con un lavoro capillare e continuo di catalogazione, di manutenzione, di restauro, di custodia e di difesa. Occorre sollecitare tutti i responsabili del settore a quest'impegno di primaria importanza, perché sia condotto con l'attenzione che merita la salvaguardia dei beni della comunità dei fedeli e dell'intera collettività umana. Sono beni di tutti, e quindi devono diventare cari e familiari a tutti. Si tratta, inoltre, di favorire nuove produzioni, attraverso un contatto interpersonale più attento e disponibile con gli operatori del settore, così che anche la nostra epoca possa registrare opere che documentino la fede e il genio della presenza della Chiesa nella storia. Vanno perciò incoraggiate le istanze ecclesiastiche locali e le molteplici associazioni, per favorire la collaborazione costante e stretta tra Chiesa, cultura ed arte. Si tratta altresì di mettere maggiormente in luce il senso pastorale di questo impegno, perché sia percepito dal mondo contemporaneo, dai credenti e dai non credenti. A tal fine è opportuno favorire nelle Comunità diocesane momenti di formazione del clero, degli artisti e di tutti gli interessati ai beni culturali, perché il patrimonio dell'arte sia valorizzato appieno nel campo cultuale e catechetico. Plaudo, per questo, al vostro sforzo di presentare il contributo dato dal Cristianesimo alla cultura dei vari popoli, mediante l'azione evangelizzatrice di sacerdoti, religiosi e laici impegnati. Anche pochi secoli di evangelizzazione hanno prodotto quasi sempre espressioni artistiche destinate a restare determinanti nella storia dei vari popoli. E' opportuno mettere in risalto le più genuine forme di pietà popolare, con le proprie radici culturali. Occorre ribadire l'importanza dei musei ecclesiastici parrocchiali, diocesani, regionali e delle opere letterarie, musicali, teatrali o culturali in genere, di ispirazione religiosa, per dare un volto concreto e fruibile alla memoria storica del cristianesimo. Sarà utile a tale scopo organizzare incontri a livello nazionale o diocesano, in collaborazione con centri culturali (Università, Scuole, Seminari, ecc.), al fine di mettere in luce il patrimonio dei beni culturali della Chiesa. Sarà pure utile promuovere localmente lo studio di personalità religiose o laiche che hanno lasciato un'impronta significativa nella vita della nazione o della comunità cristiana; come pure sottolineare gli avvenimenti della storia nazionale, in cui il Cristianesimo è stato determinante sotto vari aspetti e segnatamente nel campo delle arti. 4. L'animazione dell'Anno Santo attraverso i beni culturali, si esplica dunque ad intra attraverso la valorizzazione del patrimonio che la Chiesa ha prodotto in questi due millenni di presenza nel mondo e ad extra attraverso la sensibilizzazione degli artisti, dei cultori e dei responsabili. Carissimi Fratelli e Sorelle, maestra di vita, la Chiesa non può non assumersi anche il ministero di aiutare l'uomo contemporaneo a ritrovare lo stupore religioso davanti al fascino della bellezza e della sapienza che si sprigiona da quanto ci ha consegnato la storia. Tale compito esige un lavoro diuturno ed assiduo di orientamento, di incoraggiamento e di interscambio. Vi rinnovo, pertanto, il mio più vivo ringraziamento per quanto voi svolgete in tale ambito e vi incoraggio a proseguire con entusiasmo e competenza in questo apprezzato servizio alla cultura, all'arte e alla fede. Questo è il vostro specifico contributo alla preparazione del Grande Giubileo del 2000, affinché la Chiesa possa continuare ad essere presente nel mondo contemporaneo, promuovendo ogni valida espressione artistica ed ispirando col messaggio evangelico lo sviluppo dalle diverse culture. Invoco sui lavori della vostra Assemblea l'assistenza divina, mentre di cuore benedico ciascuno di voi, come pure tutti coloro che con voi collaborano in un settore tanto significativo per la vita della Chiesa. Da Castel Gandolfo, 25 Settembre 1997. IOANNES PAULUS PP. II 14. Cristo rinnova tutte le Culture, 19 novembre 1999 Signori Cardinali, Cari Fratelli nell'Episcopato e nel sacerdozio, Cari amici, 1. Sono lieto di accogliervi, in occasione dell'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, rallegrandomi per il tema scelto per questa sessione, "Per un nuovo umanesimo cristiano, alle soglie del nuovo millennio", tema fondamentale per il futuro dell'umanità, poiché invita a prendere coscienza del posto centrale che la persona umana occupa nei diversi ambiti della società. D'altro canto, la ricerca antropologica è una dimensione culturale necessaria a qualsiasi pastorale e una condizione indispensabile per una evangelizzazione profonda. Ringrazio il Cardinale Paul Poupard per le cordiali parole con le quali si è fatto vostro interprete. 2. Ad alcune settimane dall'apertura del Grande Giubileo dell'Anno 2000, tempo di eccezionale grazia, la missione di annunciare Cristo si fa più pressante; molti nostri contemporanei, soprattutto i giovani, provano grandi difficoltà a percepire quello che in realtà sono, sommersi e disorientati dalla molteplicità delle concezioni dell'uomo, della vita e della morte, del mondo e del suo significato. Troppo spesso le concezioni dell'uomo presenti nella società moderna sono divenute autentici sistemi di pensiero che tendono ad allontanarsi dalla verità e a escludere, Dio, credendo così di affermare il primato dell'uomo, in nome della sua presunta libertà e del suo pieno e libero sviluppo; così facendo, tali ideologie privano l'uomo della sua dimensione costitutiva di persona creata a immagine e somiglianza di Dio. Questa mutilazione profonda diviene oggi un'autentica minaccia per l'uomo, in quanto porta a concepirlo senza alcuna relazione con la trascendenza. È un compito fondamentale per la Chiesa, nel suo dialogo con le culture, condurre tutti i nostri contemporanei alla scoperta di una sana antropologia, per farli pervenire a una conoscenza di Cristo, vero Dio e vero uomo. Vi sono grato per l'aiuto che offrite alle Chiese locali, mediante le vostre riflessioni, per raccogliere questa sfida, "per rinnovare dall'interno e per trasformare alla luce della Rivelazione le visioni dell'uomo e della società che modellano le culture", come ha sottolineato il recente documento pubblicato dal Pontificio Consiglio della Cultura "Per una pastorale della cultura" (n. 25). Cristo risorto è una Buona Novella per tutti gli uomini, poiché ha "il potere di raggiungere il cuore di ogni cultura, per purificarlo, fecondarlo, arricchirlo e permettergli di dispiegarsi nella misura senza misura dell'amore di Cristo" (Ibidem, n. 3). È quindi opportuno far nascere e sviluppare un'antro- pologia cristiana per il nostro tempo che costituisca il fondamento di una cultura, come hanno fatto i nostri predecessori (cfr Enciclica Fides et ratio, n. 59), antropologia che deve tener conto delle ricchezze e dei valori delle culture degli uomini di oggi seminandovi i valori cristiani. La diversità delle Chiese d'Oriente e d'Occidente non rende forse testimonianza, fin dalle origini, di un'inculturazione feconda della filosofia, della teologia, della liturgia, delle tradizioni giuridiche e delle creazioni artistiche? Come nei primi secoli della Chiesa, con San Giustino, la filosofia è passata a Cristo, poiché il cristianesimo è "la sola filosofia sicura e proficua" (Il dialogo con l'ebreo Trifone, n. 8, 1) così è oggi nostro dovere proporre una filosofia e un'antropologia cristiane che preparino la vita alla scoperta della grandezza e della bellezza di Cristo, il Verbo di Dio. È indubbio che l'attrattiva del bello, dell'estetica, condurrà i nostri contemporanei all'etica, ossia a condurre una vita bella e degna. 3. L'umanesimo cristiano può essere proposto a qualsiasi cultura; esso rivela l'uomo a se stesso nella consapevolezza del suo valore e gli consente di accedere alla sorgente stessa della sua esistenza, il Padre Creatore, e di vivere la sua identità filiale nel Figlio Unigenito, "generato prima di ogni creatura" (Col 1, 15), con un cuore che si gonfia al soffio del suo Spirito d'amore. "Davanti alla ricchezza della salvezza operata da Cristo, cadono le barriere che separano le diverse culture" (Enciclica Fides et ratio, n. 70). La follia della Croce, di cui parla san Paolo (cfr 1 Cor 1, 18), costituisce una saggezza e una potenza che superano tutte le barriere culturali potendo essere insegnate a tutte le nazioni. L'umanesimo cristiano è in grado d'integrare le conquiste migliori della scienza e della tecnica per la più grande felicità dell'uomo. Al contempo scongiura le minac- ce contro la sua dignità di persona, soggetto di diritti e di doveri, e contro la sua stessa esistenza, oggi così seriamente chiamata in causa, dal suo concepimento al termine naturale della sua esistenza terrena. Di fatto, se l'uomo conduce una vita umana grazie alla cultura, non vi è cultura realmente umana se non dell'uomo, attraverso l'uomo e per l'uomo, vale a dire di ogni uomo e di tutti gli uomini. L'umanesimo più autentico è quello che la Bibbia ci rivela nel disegno d'amore di Dio per l'uomo, disegno divenuto ancora più mirabile attraverso il Redentore. "In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo" (Concilio Ecumenico, Vaticano II, Gaudium et spes, n. 22). La pluralità degli approcci antropologici, che rappresenta una ricchezza per l'umanità intera, può anche generare scetticismo e indifferenza religiosa; si tratta di una sfida che è opportuno raccogliere con intelligenza e coraggio. La Chiesa non teme la legittima diversità, che mette in luce i ricchi tesori dell'animo umano. Al contrario, si avvale di questa diversità per inculturare il messaggio evangelico. Ho potuto rendermene conto nei diversi viaggi che ho effettuato in tutti i continenti. 4. Ad alcune settimane dall'apertura della Porta Santa, simbolo di Cristo il cui cuore completamente aperto è pronto ad accogliere tutti gli uomini, tutte le donne di qualsiasi cultura in seno alla sua Chiesa, auspico vivamente che il Pontificio Consiglio della Cultura prosegua nei suoi sforzi, nelle sue ricerche e nelle sue iniziative, in particolare sostenendo le Chiese locali e favorendo la scoperta del Signore della storia da parte di coloro che sono immersi nel relativismo e nell'indifferenza, volti nuovi della miscredenza. Sarà un modo d'infondere in queste persone la speranza di cui hanno bisogno per edificare la loro vita personale, per partecipare alla costruzione della società e per volgersi verso Cristo, l'Alfa e Omega. In particolare, vi invito a sostenere le comunità cristiane che non ne hanno sempre i mezzi affinché rivolgano un'attenzione rinnovata al mondo così diversificato dei giovani e dei loro educatori, degli scienziati e dei ricercatori, degli artisti, dei poeti, degli scrittori e di tutte le persone impegnate nella vita culturale, di modo che la Chiesa riveli le grandi sfide della cultura contemporanea. Ciò è valido sia per l'Occidente che per le terre di missione. Tengo a rinnovarvi la mia riconoscenza per il lavoro svolto e, affidandovi all'intercessione della Vergine Maria, che ha saputo donare a Dio un sì incondizionato, e ai grandi Dottori della Chiesa, vi imparto di cuore una particolare Benedizione Apostolica, in pegno della mia fiducia e della mia stima, che estendo a tutti coloro che vi sono cari. 15. Alla Plenaria della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, 31 marzo 2000 Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio, 1. Sono lieto di accogliere ciascuno di voi, Membri della Pontificia Commissione per i Beni culturali della Chiesa, riuniti in questi giorni in Assemblea Plenaria. Vi saluto con affetto!
Saluto, in particolare, il vostro Presidente, l'Arcivescovo Francesco Marchisano, e lo ringrazio per le cortesi parole, con le quali ha voluto presentare attività e prospettive della Commissione, ricordando tra l'altro il Giubileo degli Artisti. Esso, nella sua preparazione, ha impegnato intensamente codesto Dicastero e con la sua riuscita celebrazione mi ha procurato una grande gioia. Con i numerosi artisti presenti nella Basilica di San Pietro ho potuto in qualche modo continuare a viva voce quel dialogo che avevo iniziato con la Lettera agli Artisti.
2. Anche la vostra Assemblea Plenaria, che ha scelto come tema "I beni culturali nel contesto della nuova evangelizzazione", ben si inscrive nell'orizzonte del Grande Giubileo, ponendosi in sintonia con la sua finalità primaria, che è il rinnovato annuncio di Cristo a duemila anni dalla sua nascita.
Nei vostri lavori assembleari, sulla base del notevole impegno profuso negli scorsi anni dalla vostra Commissione, avete cercato innanzitutto di configurare il concetto di "bene culturale" secondo la mens della Chiesa; avete poi fissato l'attenzione sull'ingente patrimonio storico-artistico esistente, diagnosticandone la situazione di tutela e conservazione in vista della sua valorizzazione pastorale; vi siete, altresì, occupati della formazione degli operatori, curando opportuni contatti con gli artisti delle diverse discipline.
Il cammino lodevolmente intrapreso va proseguito, ed io vorrei quest'oggi incoraggiarvi a non risparmiare sforzi per far sì che le testimonianze di cultura e di arte consegnate alla cura della Chiesa siano sempre meglio valorizzate al servizio dell'autentico progresso umano e della diffusione del Vangelo.
3. In effetti, i beni culturali nelle loro molteplici espressioni - dalle chiese ai più diversi monumenti, dai musei agli archivi e alle biblioteche - costituiscono una componente tutt'altro che trascurabile nella missione evangelizzatrice e di promozione umana che è propria della Chiesa.
Specialmente l'arte cristiana, "bene culturale" quanto mai significativo, continua a rendere un suo singolare servizio comunicando con straordinaria efficacia, attraverso la bellezza delle forme sensibili, la storia dell'alleanza tra Dio e l'uomo e la ricchezza del messaggio rivelato. Nei due millenni dell'era cristiana, essa è stata lo stupendo manifesto dell'ardore di tanti confessori della fede, ha espresso la consapevolezza della presenza di Dio tra i credenti, ha sostenuto la lode che da ogni angolo della terra la Chiesa innalza al suo Signore. I beni culturali si rivelano documenti qualificati dei vari momenti di questa grande storia spirituale.
La Chiesa, inoltre, esperta qual è in umanità, utilizza i beni culturali per la promozione di un autentico umanesimo, modellato su Cristo, uomo "nuovo" e rivelatore dell'uomo a se stesso (cfr Gaudium et spes, 22). Non deve, pertanto, stupire che le Chiese particolari si impegnino a promuovere la conservazione del proprio patrimonio artistico-culturale attraverso interventi ordinari e straordinari che ne consentano la piena valorizzazione.
4. La Chiesa non è soltanto custode del suo passato; essa è soprattutto animatrice del presente della comunità umana, in vista dell'edificazione del suo futuro. Essa, pertanto, incrementa continuamente il proprio patrimonio di beni culturali per rispondere alle esigenze di ogni epoca e cultura, e si preoccupa poi di consegnare quanto è stato realizzato alle generazioni successive, perché anch'esse possano abbeverarsi al grande fiume della traditio Ecclesiae.
Proprio in questa prospettiva è necessario che le molteplici espressioni dell'arte sacra si sviluppino in sintonia con la mens della Chiesa ed al servizio della sua missione, usando un linguaggio capace di annunciare a tutti il Regno di Dio.
Nel formulare i loro progetti pastorali, le Chiese locali non mancheranno, pertanto, di utilizzare adeguatamente i propri beni culturali. Questi, infatti, hanno una singolare capacità di spingere le persone ad una più viva percezione dei valori dello spirito e, testimoniando in vario modo la presenza di Dio nella storia degli uomini e nella vita della Chiesa, dispongono gli animi all'accoglimento della novità evangelica. Inoltre, attraverso la proposta della bellezza, che ha di sua natura un linguaggio universale, la Chiesa è certamente aiutata nel suo compito di incontrare tutti gli uomini in un clima di rispetto e di tolleranza reciproca, secondo lo spirito dell'ecumenismo e del dialogo interreligioso.
5.La nuova evangelizzazione postula un rinnovato impegno nel culto liturgico, nel quale risiede anche una ricca fonte di istruzione per il popolo fedele (cfr Sacrosanctum Concilium, 33). Com'è noto, il culto ha trovato da sempre nell'arte una naturale alleata, sicché i monumenti di arte sacra associano al loro intrinseco valore estetico, anche quello catechetico e cultuale. Occorre perciò valorizzarli tenendo conto del loro habitat liturgico, coniugando il rispetto della storia con l'attenzione alle esigenze attuali della comunità cristiana, e facendo in modo che il patrimonio storico-artistico a servizio della liturgia non perda nulla della propria eloquenza.
6.Sarà, inoltre, necessario che si continui a promuovere la cultura della tutela giuridica di tale patrimonio presso le diverse realtà ecclesiali e gli organismi civili, operando in spirito di collaborazione con i diversi Enti statali, proseguendo nei contatti sia con gli addetti alla gestione dei beni culturali che con gli artisti delle varie discipline. Molto gioverà in questo senso il dialogo con le Associazioni per la tutela, conservazione e valorizzazione dei beni culturali, come pure con i Gruppi di volontariato.
In particolare, spetta al vostro Ufficio sollecitare tutti coloro che sono direttamente o indirettamente coinvolti in questo ambito a sentire cum Ecclesia, affinché ciascuno possa trasformare il proprio specifico operato in prezioso aiuto alla missione evangelizzatrice della Chiesa.
7. Carissimi Fratelli e Sorelle! Grazie di cuore per il vostro lavoro e per il contributo da voi offerto alla tutela e alla piena valorizzazione del patrimonio artistico della Chiesa. Auspico di cuore che esso possa divenire mezzo sempre più efficace per avvicinare i lontani al messaggio evangelico e per far crescere nel popolo cristiano l'amore alla bellezza che apre lo spirito al vero ed al bene.
Sul vostro impegno invoco la materna protezione di Maria, ed assicuro volentieri per ogni vostra intenzione il mio ricordo al Signore. Di cuore vi benedico insieme a quanti generosamente collaborano con voi. 16. Trasmettere la fede al cuore delle culture, 16 marzo 2002 Signori Cardinali, 1. Sono lieto di accogliervi, al termine dell'Assemblea plenaria del vostro dicastero nel corso della quale avete voluto ripartire dalla Lettera Novo Millennio ineunte per apportare il vostro contributo alla missione della Chiesa nel terzo millennio (cfr n. 40). Il vostro incontro coincide con il ventesimo anniversario della creazione del Pontificio Consiglio della Cultura. Rendendo grazie per il lavoro svolto dai membri e dai collaboratori del Pontificio Consiglio nel corso di questi venti anni, porgo i miei saluti al signor Cardinale Poupard, ringraziandolo per le sue cordiali parole che interpretano i vostri sentimenti. A voi tutti esprimo la mia riconoscenza per la vostra generosa collaborazione al servizio della missione universale del Successore di Pietro, e vi incoraggio a proseguire, con rinnovato zelo, le vostre relazioni con le culture, per creare ponti fra gli uomini, per testimoniare Cristo e per aprire i nostri fratelli al Vangelo (cfr Costituzione Apostolica Pastor Bonus, art. 166-168). Tutto ciò di fatto si realizza mediante un dialogo aperto con tutte le persone di buona volontà, diverse per appartenenza e tradizioni, segnate dalla loro religione o dalla loro non credenza, ma tutte unite dalla stessa umanità e chiamate a condividere la vita di Cristo, il Redentore dell'uomo. 2. La creazione del Pontificio Consiglio della Cultura, volta a "dare a tutta la Chiesa un impulso comune nell'incontro, continuamente rinnovato, del messaggio salvifico del Vangelo con la pluralità delle culture, nella diversità dei popoli, ai quali deve portare i suoi frutti di grazia" (Lettera al Cardinale Casaroli per la creazione del Pontificio Consiglio della Cultura, 20 maggio 1982), segue la linea della riflessione e delle decisioni del Concilio Ecumenico Vaticano II. In effetti i Padri avevano sottolineato con forza il posto centrale della cultura nella vita degli uomini e la sua importanza per la penetrazione dei valori evangelici, come pure per la diffusione del messaggio biblico nei costumi, nelle scienze e nelle arti. Sempre in questo spirito, l'unione del Pontificio Consiglio per il Dialogo con i non credenti e del Pontificio Consiglio della Cultura in un solo organismo, il 25 marzo 1993, aveva come obiettivo quello di promuovere "lo studio del problema della non credenza e dell'indifferenza religiosa presente in varie forme nei diversi ambiti culturali..., con l'intento di fornire sussidi adeguati all'azione pastorale della Chiesa per l'evangelizzazione delle culture e l'inculturazione del Vangelo" (Motu proprio Inde a pontificatus). La trasmissione del messaggio evangelico nel mondo di oggi è particolarmente ardua, soprattutto perché i nostri contemporanei sono immersi in ambiti culturali spesso estranei a qualsiasi dimensione spirituale e d'interiorità, in situazioni dove dominano aspetti essenzialmente materialistici. Senza dubbio, più che in qualsiasi altro periodo della storia, si deve inoltre notare una rottura nel processo di trasmissione dei valori morali e religiosi fra le generazioni, che conduce a una sorta di eterogeneità fra la Chiesa e il mondo contemporaneo. In questa prospettiva, il Consiglio ha un ruolo particolarmente importante di osservatorio, da un lato per individuare lo sviluppo delle diverse culture e le questioni antropologiche che vi sorgono e dall'altro per prospettare le possibili relazioni fra le culture e la fede cristiana, in modo da proporre nuovi modi di evangelizzazione, a partire dalle aspettative dei nostri contemporanei. Di fatto, è importante raggiungere gli uomini laddove sono, con le loro preoccupazioni e i loro interrogativi, per permettere loro di scoprire i punti di riferimento morali e spirituali necessari a qualsiasi esistenza conforme alla nostra vocazione specifica, e di trovare nella chiamata di Cristo quella speranza che non delude (cfr Rm 5, 5), fondandosi sull'esperienza stessa dell'Apostolo Paolo nell'Areopago di Atene (cfr At 17, 22-34). È evidente, l'attenzione per la cultura permette di andare il più lontano possibile nell'incontro con gli uomini. È dunque una mediazione privilegiata fra comunicazione ed evangelizzazione. 3. Fra i più grandi ostacoli attuali si osservano le difficoltà incontrate dalle famiglie e dall'istituzione scolastica, che hanno il gravoso compito di trasmettere alle giovani generazioni i valori umani, morali e spirituali che permetteranno loro di essere uomini e donne desiderosi di condurre una vita personale degna e d'impegnarsi nella vita sociale. Parimenti, la trasmissione del messaggio cristiano e dei valori che ne derivano, e che conducono a decisioni e a comportamenti coerenti, costituisce una sfida che tutte le comunità ecclesiali sono chiamate a raccogliere, soprattutto nell'ambito della catechesi e del catecumenato. Altri periodi della storia della Chiesa, ad esempio al tempo di sant'Agostino oppure più di recente, nel corso del ventesimo secolo dove si è potuto registrare l'apporto di numerosi filosofi cristiani, ci hanno insegnato a radicare il nostro discorso e il nostro modo di evangelizzare in una sana antropologia e una sana filosofia. Di fatto, è dal momento in cui la filosofia passa a Cristo che il Vangelo può veramente cominciare a diffondersi in tutte le nazioni. È dunque urgente che tutti i protagonisti dei sistemi educativi si dedichino a uno studio antropologico serio, per considerare ciò che l'uomo è e ciò che lo fa vivere. Le famiglie hanno un grande bisogno di essere assecondate da educatori che rispettino i loro valori e che le aiutino a proporre riflessioni sulle questioni fondamentali che i giovani si pongono, anche se ciò sembra andare contro corrente rispetto alle proposte della società attuale. In tutte le epoche, uomini e donne hanno saputo far risplendere la verità con un coraggio profetico. Questo stesso atteggiamento è ancora necessario ai nostri giorni. Il fenomeno della mondializzazione, divenuto oggi un fatto culturale, costituisce una difficoltà e al contempo un'opportunità. Pur tendendo a livellare le identità specifiche delle diverse comunità e a ridurle a volte a semplici ricordi folcloristici di antiche tradizioni spogliate del loro significato e del loro valore culturale e religioso originali, questo fenomeno permette di abbattere le barriere fra le culture e dà alle persone la possibilità di incontrarsi e di conoscersi; allo stesso tempo, obbliga i Dirigenti delle Nazioni e gli uomini di buona volontà a fare tutto il possibile per far sì che sia rispettato ciò che è proprio degli individui e delle culture, per garantire il bene delle persone e dei popoli, e per mettere in pratica la fraternità e la solidarietà. La società nel suo insieme deve così confrontarsi con temibili interrogativi sull'uomo e sul suo futuro, in particolare in ambiti quali la bioetica, l'uso delle risorse del pianeta, le deliberazioni in materia economica e politica, affinché l'uomo venga riconosciuto in tutta la sua dignità e rimanga sempre l'attore principale della società e il criterio ultimo delle decisioni sociali. La Chiesa non cerca assolutamente di sostituirsi a coloro che hanno il compito di gestire gli affari pubblici, ma desidera avere il suo posto nei dibattiti, per illuminare le coscienze alla luce del significato dell'uomo, inscritto nella sua stessa natura. 4. Spetta al Pontificio Consiglio della Cultura proseguire la sua azione e offrire il suo apporto ai Vescovi, alle comunità cattoliche e a tutte le istituzioni che lo desiderano, di modo che i cristiani abbiano i mezzi per testimoniare la loro fede e la loro speranza in maniera coerente e responsabile, e tutti gli uomini di buona volontà possano impegnarsi nella costruzione di una società nella quale venga promosso l'essere integrale di ogni persona. Il futuro dell'uomo e delle culture, l'annuncio del Vangelo e la vita della Chiesa dipendono da questo. Che possiate contribuire a una presa di coscienza rinnovata del ruolo della cultura per il futuro dell'uomo e della società, come pure per l'evangelizzazione, affinché l'uomo divenga sempre più libero e usi questa libertà in modo responsabile! Al termine del vostro incontro, affidando la vostra missione alla Vergine Maria, vi imparto volentieri una particolare Benedizione Apostolica, che estendo a tutti coloro che collaborano con voi e a quanti vi sono cari. 17. Ai partecipanti all'Assemblea Plenaria della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, 9 ottobre 2002Â Venerati Fratelli nell'Episcopato, 1. Sono lieto di accogliervi, al termine dei lavori della IV Congregazione Plenaria della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. Porgo a ciascuno un saluto cordiale, unendo sentimenti di viva gratitudine per il servizio sinora da voi svolto. Il mio pensiero va, anzitutto, a Mons. Francesco Marchisano, Presidente della Commissione, che ringrazio per i sentimenti espressi a nome di tutti e per l'efficace sintesi dell'attività svolta. Il mio ringraziamento si estende ai Membri, agli Officiali e ai vari esperti, che generosamente offrono la loro intensa e proficua collaborazione. Desidero confermare a tutti il mio apprezzamento per quanto codesta Commissione sta facendo non soltanto per la tutela e la valorizzazione della ricca eredità artistica, monumentale e culturale accumulata dalla comunità cristiana nel corso di due millenni, ma anche per far meglio comprendere la sorgente spirituale da cui essa è scaturita. La Chiesa ha sempre ritenuto che, attraverso l'arte nelle sue varie espressioni si rifletta, in qualche modo, l'infinita bellezza di Dio e la mente umana venga quasi naturalmente indirizzata verso di Lui. Anche grazie a questo contributo, come ricorda il Concilio Vaticano II, "la conoscenza di Dio viene meglio manifestata e la predicazione evangelica si rende più trasparente all'intelligenza degli uomini" (Gaudium et spes, 62). 2. La Plenaria appena conclusa ha dedicato la sua attenzione al tema: "I beni culturali per l'identità territoriale e per il dialogo artistico-culturale tra i popoli". Ai giorni nostri, una più marcata sensibilità verso la conservazione e la "fruibilità" delle risorse artistiche e culturali sta caratterizzando le politiche delle pubbliche amministrazioni e le molteplici iniziative di istituzioni private. Caratterizza infatti il nostro tempo la consapevolezza che arte, architettura, archivi, biblioteche, musei, musica e teatro sacro non costituiscono solamente un deposito di manufatti storico-artistici, bensì un insieme di beni fruibili dall'intera comunità. A ragione, pertanto, la vostra Commissione ha progressivamente esteso i suoi interventi su raggio mondiale, consapevole che i beni culturali ecclesiastici costituiscono un terreno favorevole per un fecondo confronto interculturale. Alla luce di ciò, è quanto mai importante che venga garantita la tutela giuridica di tale patrimonio con opportuni orientamenti e disposizioni, che tengano conto delle esigenze religiose, sociali e culturali delle popolazioni locali. 3. Vorrei qui ricordare, con sentimenti di viva gratitudine, il contributo delle circolari e degli orientamenti offerti a conclusione delle periodiche Congregazioni Plenarie della vostra Commissione. Con il tempo ci si rende conto di quanto indispensabile sia collaborare fattivamente con le amministrazioni e le istituzioni civili al fine di creare insieme, ciascuno per quanto di propria competenza, efficaci sinergie operative a difesa e salvaguardia dell'universale patrimonio artistico. Sta molto a cuore alla Chiesa la valorizzazione pastorale del suo tesoro artistico. Essa infatti sa bene che per trasmettere tutti gli aspetti del messaggio affidatole da Cristo, le è singolarmente utile la mediazione dell'arte (cfr Giovanni Paolo II, Lettera agli Artisti, 12). La natura organica dei beni culturali della Chiesa non permette di separare la loro fruizione estetica dalla finalità religiosa perseguita dall'azione pastorale. L'edificio sacro, ad esempio, raggiunge la sua perfezione "estetica" proprio durante la celebrazione dei divini misteri, dato che è proprio in quel momento che risplende nel suo più vero significato. Gli elementi dell'architettura, della pittura, della scultura, della musica, del canto e delle luci formano parte dell'unico complesso che accoglie per le proprie celebrazioni liturgiche la comunità dei fedeli, costituita da "pietre vive" che formano un "edificio spirituale" (cfr Pt 2, 5). 4. Carissimi Fratelli e Sorelle! La Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa rende da ormai 12 anni un prezioso servizio alla Chiesa. Vi incoraggio a proseguire nel vostro impegno, coinvolgendo sempre più quanti s'adoperano per vitalizzare il nostro patrimonio storico-artistico. Attraverso la vostra azione, si intensifichi un fecondo dialogo con gli artisti contemporanei, favorendo con ogni mezzo l'incontro e l'abbraccio fra la Chiesa e l'arte. A tale proposito, nella Lettera agli Artisti ricordavo che "a contatto con le opere d'arte, l'umanità di tutti i tempi “anche quella di oggi“ aspetta di essere illuminata sul proprio cammino e sul proprio destino" (n. 14) La Chiesa intende offrire un germe di speranza che superi il pessimismo e lo smarrimento anche attraverso i beni culturali, che possono rappresentare il fermento di un nuovo umanesimo su cui innestare più efficacemente la nuova evangelizzazione. Con tali sentimenti, invocando la materna intercessione di Maria, la Tota pulchra, imparto di cuore a voi e alle persone care la mia Benedizione. 18. Aprire a Cristo le culture segnate dalla non credenza o dall'indifferenza religiosa, 13 marzo 2004 Signori Cardinali, 1. Al termine della vostra Assemblea plenaria dedicata alla riflessione su la fede cristiana all'alba del nuovo millennio e la sfida della non credenza e dell'indifferenza religiosa, vi accolgo con gioia. Ringrazio il Cardinale Poupard per le sue parole. La sfida che è stata oggetto dei vostri lavori costituisce una preoccupazione essenziale della Chiesa su tutti i continenti. 2. In relazione con le Chiese locali,voi disegnate una nuova geografia della non credenza e dell'indifferenza religiosa attraverso il mondo, constatando una rottura del processo di trasmissione della fede e dei valori cristiani. Al tempo stesso si nota la ricerca di senso dei nostri contemporanei, di cui i fenomeni culturali sono testimonianza, specialmente nei nuovi movimenti religiosi molto presenti in America del Sud, in Africa e in Asia: desiderio di ogni uomo di cogliere il senso profondo della propria esistenza, di rispondere alle domande fondamentali circa l'origine e la fine della vita e di camminare verso la felicità alla quale egli aspira. Al di là delle crisi di civiltà, dei relativismi filosofici e morali, spetta ai pastori e ai fedeli individuare e prendere in considerazione gli interrogativi e le aspirazioni essenziali degli uomini del nostro tempo, per entrare in dialogo con le persone e i popoli e per proporre, in maniera originale e inculturata, il messaggio evangelico e la persona di Cristo Redentore. Le espressioni culturali e artistiche non mancano di ricchezze né di risorse per trasmettere il messaggio cristiano. Esse richiedono tuttavia delle conoscenze per esserne i vettori e per poter essere lette e comprese. Nel momento in cui la grande Europa ritrova forti vincoli, è importante sostenere il mondo della cultura, delle arti e delle lettere, perché contribuisca all'edificazione di una società fondata non sul materialismo, ma sui valori morali e spirituali. 3. La diffusione delle ideologie nei diversi campi della società chiama i cristiani a un nuovo slancio nel campo intellettuale, al fine di proporre delle riflessioni vigorose che mostrino alle giovani generazioni la verità sull'uomo e su Dio, invitandoli ad acquisire un'intelligenza della fede sempre più affinata. Infatti, mediante la formazione filosofica e catechetica i giovani sapranno discernere la verità. Un serio approccio razionale costituisce un baluardo contro tutto ciò che si riferisce alle ideologie; esso dà il gusto di andare sempre più in profondità affinché la filosofia e la ragione si aprano a Cristo; ciò si è verificato in tutti i periodi della storia della Chiesa, soprattutto durante il periodo patristico quando la cultura cristiana nascente seppe entrare in dialogo con le altre culture, in particolare con la cultura greca e latina. Una riflessione del genere sarà anche un invito a passare da un approccio razionale ad un approccio spirituale, per giungere ad un incontro personale con Cristo e per edificare l'essere interiore. 4. Spetta a voi, dunque, discernere i grandi mutamenti culturali e i loro aspetti positivi, per aiutare i pastori a dare risposte adeguate per aprire l'uomo alla novità della Parola di Cristo. Al termine del nostro incontro, vi esprimo la mia gratitudine per la vostra collaborazione e, affidandovi alla Vergine Maria, vi impartisco un'affettuosa Benedizione apostolica. 19. Apertura tra le culture è un terreno privilegiato per il dialogo, 15 giugno 2007 Signor Cardinale, Con molto piacere vi incontro quest’oggi, in una circostanza quanto mai significativa. Intendete infatti ricordare il 25.mo anniversario del Pontificio Consiglio della Cultura, creato dal Servo di Dio Giovanni Paolo II il 20 maggio 1982 con Lettera indirizzata all’allora Segretario di Stato, il Cardinale Agostino Casaroli. Saluto tutti i presenti e in primo luogo Lei, Signor Cardinale Paul Poupard, che ringrazio per le cortesi parole con cui ha interpretato i comuni sentimenti. A Lei, venerato Fratello, che è alla guida del Pontificio Consiglio dal 1988, indirizzo un particolare pensiero di riconoscenza e di apprezzamento per il lavoro svolto in questo non breve periodo. Al servizio del Dicastero Ella ha posto e continua a porre con profitto le sue doti umane e spirituali, testimoniando sempre con entusiasmo l’attenzione che muove la Chiesa a porsi in dialogo con i movimenti culturali di questo nostro tempo. La sua partecipazione a numerosi convegni ed incontri internazionali, non pochi dei quali promossi dallo stesso Pontificio Consiglio della Cultura, Le hanno permesso di far conoscere sempre più capillarmente l’interesse che la Santa Sede nutre per il vasto e variegato mondo della cultura. Di tutto questo La ringrazio ancora una volta, estendendo la mia riconoscenza al Segretario, agli Officiali e ai Consultori del Dicastero. Il Concilio Ecumenico Vaticano II prestò grande attenzione alla cultura e la Costituzione pastorale Gaudium et spes ad essa dedica uno speciale capitolo (cfr nn. 53-62). I Padri conciliari si preoccuparono di indicare la prospettiva secondo cui la Chiesa considera e affronta la promozione della cultura, considerando questo compito come uno dei problemi “particolarmente urgenti che toccano in modo specialissimo il genere umano” (ibid., n. 46). Nel rapportarsi al mondo della cultura, la Chiesa pone sempre al centro l’uomo, sia come artefice dell’attività culturale che come suo ultimo destinatario. Il Servo di Dio Paolo VI ebbe molto a cuore il dialogo della Chiesa con la cultura e se ne fece carico personalmente durante gli anni del suo pontificato. Sulla sua scia si pose anche il Servo di Dio Giovanni Paolo II, il quale aveva partecipato all’Assise conciliare ed aveva apportato un suo specifico contributo alla Costituzione Gaudium et spes. Il 2 giugno 1980, nel suo memorabile Discorso all’UNESCO, egli testimoniò in prima persona quanto gli stesse a cuore incontrare l’uomo sul terreno della cultura per trasmettergli il Messaggio evangelico. Due anni dopo istituì il Pontificio Consiglio della Cultura, destinato a dare un nuovo impulso all’impegno della Chiesa nel fare incontrare il Vangelo con la pluralità delle culture nelle varie parti del mondo (cfr Lettera al Card. Casaroli, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V, 2 [1982], p. 1779). Nell’istituire questo nuovo Dicastero, il mio venerato Predecessore mise in risalto come esso avrebbe dovuto perseguire le proprie finalità dialogando con tutti senza distinzione di cultura e religione, al fine di ricercare congiuntamente “una comunicazione culturale con tutti gli uomini di buona volontà” (ibid., pp. 1779-1780). Questo aspetto del servizio che svolge il Pontificio Consiglio della Cultura ha visto confermata tutta la sua importanza nei passati venticinque anni, dal momento che il mondo si è fatto ancor più interdipendente, grazie al formidabile sviluppo dei mezzi di comunicazione e al conseguente infittirsi della rete delle relazioni sociali. E’ pertanto diventato ancor più urgente per la Chiesa promuovere lo sviluppo culturale puntando sulla qualità umana e spirituale dei messaggi e dei contenuti, giacché pure la cultura oggi risente inevitabilmente dei processi di globalizzazione che, se non vengono costantemente accompagnati da un vigile discernimento, possono rivolgersi contro l’uomo, finendo per impoverirlo invece che arricchirlo. E quanto grandi sono le sfide con le quali l’evangelizzazione deve confrontarsi in questo ambito! A venticinque anni dalla creazione del Pontificio Consiglio della Cultura, è dunque opportuno riflettere sulle ragioni e sulle finalità che ne motivarono la nascita nel contesto socio-culturale di questo nostro tempo. A tal fine, il Pontificio Consiglio ha voluto organizzare un Convegno di studi, da una parte per soffermarsi a meditare sul rapporto che esiste tra evangelizzazione e cultura; dall’altra, per considerare tale rapporto così come si presenta oggi in Asia, in America e in Africa. Come non trovare un particolare motivo di soddisfazione nel vedere che le tre relazioni di taglio “continentale” sono state affidate a tre Cardinali rispettivamente asiatico, latinoamericano e africano? Non è questa un’eloquente conferma di quanto la Chiesa cattolica abbia saputo camminare, sospinta dal “Vento” di Pentecoste, come Comunità capace di dialogare con l’intera famiglia dei popoli, anzi, di risplendere in mezzo ad essa come “segno profetico di unità e di pace” (Messale Romano, Preghiera Eucaristica V-D)? Cari fratelli e sorelle, la storia della Chiesa è anche inseparabilmente storia della cultura e dell’arte. Opere quali la Summa theologiae di San Tommaso d’Aquino, la Divina Commedia, la Cattedrale di Chartres, la Cappella Sistina o le Cantate di Johann Sebastian Bach costituiscono delle sintesi a modo loro ineguagliabili tra fede cristiana ed espressione umana. Ma se queste sono, per così dire, le vette di tale sintesi tra fede e cultura, il loro incontro si realizza quotidianamente nella vita e nel lavoro di tutti i battezzati, in quell’opera d’arte nascosta che è la storia d’amore di ciascuno con il Dio vivente e con i fratelli, nella gioia e nella fatica di seguire Gesù Cristo nella quotidianità dell’esistenza. Oggi più che mai la reciproca apertura tra le culture è un terreno privilegiato per il dialogo tra uomini impegnati nella ricerca di un autentico umanesimo, al di là delle divergenze che li separano. Anche in campo culturale, il Cristianesimo ha da offrire a tutti la più potente forza di rinnovamento e di elevazione, cioè l’Amore di Dio che si fa amore umano. Scriveva il Papa Giovanni Paolo II proprio nella Lettera istitutiva del Pontificio Consiglio della Cultura: “L’amore è come una grande forza nascosta nel cuore delle culture, per sollecitarle a superare la loro finitezza irrimediabile aprendosi verso Colui che di esse è la Fonte e il Termine, e per dare loro, quando si aprono alla sua grazia, un arricchimento di pienezza” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II V, 2 [1982], p. 1778). Possa la Santa Sede, grazie al servizio reso in particolare dal vostro Dicastero, continuare a promuovere in tutta la Chiesa quella cultura evangelica che è lievito, sale e luce del Regno in mezzo all’umanità. Cari fratelli e sorelle, ancora una volta esprimo viva riconoscenza per il lavoro che il Pontificio Consiglio della Cultura svolge e, mentre assicuro per tutti voi qui presenti il mio ricordo nella preghiera, invocando la celeste intercessione di Maria Santissima Sedes Sapientiae, imparto volentieri a Lei, Signor Cardinale, ai venerati Confratelli e a quanti a vario titolo sono impegnati nel dialogo tra il Vangelo e le culture contemporanee una speciale Benedizione Apostolica. 20. La secolarizzazione nella Chiesa snatura la fede cristiana e lo stile di vita dei credenti, 8 marzo 2008 Signori Cardinali, Sono lieto di accogliervi, in occasione dell'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, congratulandomi per il lavoro che svolgete e, in particolare, per il tema scelto per questa Sessione: "La Chiesa e la sfida della secolarizzazione". È questa una questione fondamentale per il futuro dell'umanità e della Chiesa. La secolarizzazione, che spesso si muta in secolarismo abbandonando l'accezione positiva di secolarità, mette a dura prova la vita cristiana dei fedeli e dei pastori, e voi l'avete, durante i vostri lavori, interpretata e trasformata anche in una sfida provvidenziale così da proporre risposte convincenti ai quesiti e alle speranze dell'uomo, nostro contemporaneo. Ringrazio l'Arcivescovo Mons. Gianfranco Ravasi, da pochi mesi Presidente del Dicastero, per le cordiali parole con le quali si è fatto vostro interprete e ha illustrato la scansione dei vostri lavori. Sono grato anche a voi tutti per l'impegno profuso nel far sì che la Chiesa si ponga in dialogo con i movimenti culturali di questo nostro tempo, e sia così conosciuto sempre più capillarmente l'interesse che la Santa Sede nutre per il vasto e variegato mondo della cultura. Oggi più che mai, infatti, la reciproca apertura tra le culture è un terreno privilegiato per il dialogo tra uomini e donne impegnati nella ricerca di un autentico umanesimo, aldilà delle divergenze che li separano. La secolarizzazione, che si presenta nelle culture come impostazione del mondo e dell'umanità senza riferimento alla Trascendenza, invade ogni aspetto della vita quotidiana e sviluppa una mentalità in cui Dio è di fatto assente, in tutto o in parte, dall'esistenza e dalla coscienza umana. Questa secolarizzazione non è soltanto una minaccia esterna per i credenti, ma si manifesta già da tempo in seno alla Chiesa stessa. Snatura dall'interno e in profondità la fede cristiana e, di conseguenza, lo stile di vita e il comportamento quotidiano dei credenti. Essi vivono nel mondo e sono spesso segnati, se non condizionati, dalla cultura dell'immagine che impone modelli e impulsi contraddittori, nella negazione pratica di Dio: non c'è più bisogno di Dio, di pensare a Lui e di ritornare a Lui. Inoltre, la mentalità edonistica e consumistica predominante favorisce, nei fedeli come nei pastori, una deriva verso la superficialità e un egocentrismo che nuoce alla vita ecclesiale. La "morte di Dio" annunciata, nei decenni passati, da tanti intellettuali cede il posto ad uno sterile culto dell'individuo. In questo contesto culturale, c'è il rischio di cadere in un'atrofia spirituale e in un vuoto del cuore, caratterizzati talvolta da forme surrogate di appartenenza religiosa e di vago spiritualismo. Si rivela quanto mai urgente reagire a simile deriva mediante il richiamo dei valori alti dell'esistenza, che danno senso alla vita e possono appagare l'inquietudine del cuore umano alla ricerca della felicità: la dignità della persona umana e la sua libertà, l'uguaglianza tra tutti gli uomini, il senso della vita e della morte e di ciò che ci attende dopo la conclusione dell'esistenza terrena. In questa prospettiva il mio predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II, consapevole dei cambiamenti radicali e rapidi delle società, con insistenza richiamò l'urgenza di incontrare l'uomo sul terreno della cultura per trasmettergli il Messaggio evangelico. Proprio per questo istituì il Pontificio Consiglio della Cultura, per dare un nuovo impulso all'azione della Chiesa nel fare incontrare il Vangelo con la pluralità delle culture nelle varie parti del mondo (cfr Lettera al Card. Casaroli, in: AAS LXXIV, 6, pp. 683-688). La sensibilità intellettuale e la carità pastorale del Papa Giovanni Paolo II lo spinsero a mettere in risalto il fatto che la rivoluzione industriale e le scoperte scientifiche hanno permesso di rispondere a domande che prima erano parzialmente soddisfatte solo dalla religione. La conseguenza è stata che l'uomo contemporaneo ha spesso l'impressione di non aver più bisogno di nessuno per comprendere, spiegare e dominare l'universo; si sente il centro di tutto, la misura di tutto. Più recentemente la globalizzazione, per mezzo delle nuove tecnologie dell'informazione, ha avuto non di rado come esito anche la diffusione in tutte le culture di molte componenti materialistiche e individualistiche dell'Occidente. Sempre più la formula "Etsi Deus non daretur" diventa un modo di vivere che trae origine da una specie di "superbia" della ragione -realtà pur creata e amata da Dio- la quale si ritiene sufficiente a se stessa e si chiude alla contemplazione e alla ricerca di una Verità che la supera. La luce della ragione, esaltata, ma in realtà impoverita, dall'Illuminismo, si sostituisce radicalmente alla luce della fede, alla luce di Dio (cfr Benedetto XVI, Allocuzione per l'incontro con l'Università di Roma "La Sapienza", 17 gennaio 2008). Grandi, perciò, sono le sfide con le quali la missione delle Chiesa deve confrontarsi in questo ambito. Quanto mai importante si rivela perciò l'impegno del Pontificio Consiglio della Cultura per un dialogo fecondo tra scienza e fede. È un confronto tanto atteso dalla Chiesa, ma anche dalla comunità scientifica, e vi incoraggio a proseguirlo. In esso la fede suppone la ragione e la perfeziona, e la ragione, illuminata dalla fede, trova la forza per elevarsi alla conoscenza di Dio e delle realtà spirituali. In questo senso la secolarizzazione non favorisce lo scopo ultimo della scienza che è al servizio dell'uomo, "imago Dei". Questo dialogo continui nella distinzione delle caratteristiche specifiche della scienza e della fede. Infatti, ognuna ha propri metodi, ambiti, oggetti di ricerca, finalità e limiti, e deve rispettare e riconoscere all'altra la sua legittima possibilità di esercizio autonomo secondo i propri principi (cfr Gaudium et spes, 36); entrambe sono chiamate a servire l'uomo e l'umanità, favorendo lo sviluppo e la crescita integrale di ciascuno e di tutti. Esorto soprattutto i Pastori del gregge di Dio a una missione instancabile e generosa per affrontare, sul terreno del dialogo e dell'incontro con le culture, dell'annuncio del Vangelo e della testimonianza, il preoccupante fenomeno della secolarizzazione, che indebolisce la persona e la ostacola nel suo innato anelito verso la Verità tutta intera. Possano, così, i discepoli di Cristo, grazie al servizio reso in particolare dal vostro Dicastero, continuare ad annunciare Cristo nel cuore delle culture, perché Egli è la luce che illumina la ragione, l'uomo e il mondo. Siamo posti anche noi di fronte al monito rivolto all'angelo della Chiesa di Efeso: "Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua costanza ... Ho, però, da rimproverarti che hai abbandonato il tuo primo amore" (Ap 2,2.4). Facciamo nostro il grido dello Spirito e della Chiesa: "Vieni!" (Ap 22,17), e lasciamoci invadere il cuore dalla risposta del Signore: "Sì, verrò presto!" (Ap 22,20). Egli è la nostra speranza, la luce per il nostro cammino, la forza per annunciare la salvezza con coraggio apostolico giungendo fino al cuore di tutte le culture. Dio vi assista nello svolgimento della vostra ardua ma esaltante missione! Affidando a Maria, Madre della Chiesa e Stella della Nuova Evangelizzazione, il futuro del Pontificio Consiglio della Cultura e quello di tutti i suoi membri, vi imparto di tutto cuore la Benedizione Apostolica. 21. Ai partecipanti all'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, 13 novembre 2010 Signori Cardinali, Sono lieto di incontrarvi al termine dell'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, nel corso della quale avete approfondito il tema: "Cultura della comunicazione e nuovi linguaggi". Ringrazio il Presidente, Mons. Gianfranco Ravasi, per le belle parole, e saluto tutti i partecipanti, grato per il contributo offerto allo studio di tale tematica, assai rilevante per la missione della Chiesa. Parlare di comunicazione e di linguaggio significa, infatti, non solo toccare uno dei nodi cruciali del nostro mondo e delle sue culture, ma, per noi credenti, significa avvicinarsi al mistero stesso di Dio che, nella sua bontà e sapienza, ha voluto rivelarsi e manifestare la sua volontà agli uomini (Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum, 2). In Cristo, infatti, Dio si è rivelato a noi come Logos, che si comunica e ci interpella, allacciando la relazione che fonda la nostra identità e dignità di persone umane, amate come figli dall'unico Padre (cfr Es. ap. postsinodale Verbum Domini, 6.22.23). Comunicazione e linguaggio sono anche dimensioni essenziali della cultura umana, costituita da informazioni e nozioni, da credenze e stili di vita, ma anche da regole, senza le quali difficilmente le persone potrebbero progredire nell'umanità e nella socialità. Ho apprezzato l'originale scelta di inaugurare la Plenaria nella Sala della Protomoteca al Campidoglio, cuore civile e istituzionale di Roma, con una tavola-rotonda sul tema: "Nella Città in ascolto dei linguaggi dell'anima". In tale modo, il Dicastero ha inteso esprimere uno dei suoi compiti essenziali: mettersi in ascolto degli uomini e delle donne del nostro tempo, per promuovere nuove occasioni di annuncio del Vangelo. Ascoltando, dunque, le voci del mondo globalizzato, ci accorgiamo che è in atto una profonda trasformazione culturale, con nuovi linguaggi e nuove forme di comunicazione, che favoriscono anche nuovi e problematici modelli antropologici. In questo contesto, i Pastori e i fedeli avvertono con preoccupazione alcune difficoltà nella comunicazione del messaggio evangelico e nella trasmissione della fede, all'interno della stessa comunità ecclesiale. Come ho scritto nell'Esortazione apostolica postsinodale Verbum Domini: "tanti cristiani hanno bisogno che sia loro riannunciata in modo persuasivo la Parola di Dio, così da poter sperimentare concretamente la forza del Vangelo" (n. 96). I problemi sembrano talora aumentare quando la Chiesa si rivolge agli uomini e alle donne lontani o indifferenti ad una esperienza di fede, ai quali il messaggio evangelico giunge in maniera poco efficace e coinvolgente. In un mondo che fa della comunicazione la strategia vincente, la Chiesa, depositaria della missione di comunicare a tutte le genti il Vangelo di salvezza, non rimane indifferente ed estranea; cerca, al contrario, di avvalersi con rinnovato impegno creativo, ma anche con senso critico e attento discernimento, dei nuovi linguaggi e delle nuove modalità comunicative. L'incapacità del linguaggio di comunicare il senso profondo e la bellezza dell'esperienza di fede può contribuire all'indifferenza di tanti, soprattutto giovani; può diventare motivo di allontanamento, come affermava già la Costituzione Gaudium et spes, rilevando che una presentazione inadeguata del messaggio nasconde più che manifestare il genuino volto di Dio e della religione (cfr n. 19). La Chiesa vuole dialogare con tutti, nella ricerca della verità; ma perché il dialogo e la comunicazione siano efficaci e fecondi è necessario sintonizzarsi su una medesima frequenza, in ambiti di incontro amichevole e sincero, in quell'ideale "Cortile dei Gentili" che ho proposto parlando alla Curia Romana un anno fa e che il Dicastero sta realizzando in diversi luoghi emblematici della cultura europea. Oggi non pochi giovani, storditi dalle infinite possibilità offerte dalle reti informatiche o da altre tecnologie, stabiliscono forme di comunicazione che non contribuiscono alla crescita in umanità, ma rischiano anzi di aumentare il senso di solitudine e di spaesamento. Dinanzi a tali fenomeni, ho parlato più volte di emergenza educativa, una sfida a cui si può e si deve rispondere con intelligenza creativa, impegnandosi a promuovere una comunicazione umanizzante, che stimoli il senso critico e la capacità di valutazione e di discernimento. Anche nell'odierna cultura tecnologica, è il paradigma permanente dell'inculturazione del Vangelo a fare da guida, purificando, sanando ed elevando gli elementi migliori dei nuovi linguaggi e delle nuove forme di comunicazione. Per questo compito, difficile e affascinante, la Chiesa può attingere allo straordinario patrimonio di simboli, immagini, riti e gesti della sua tradizione. In particolare il ricco e denso simbolismo della liturgia deve splendere in tutta la sua forza come elemento comunicativo, fino a toccare profondamente la coscienza umana, il cuore e l'intelletto. La tradizione cristiana, poi, ha sempre strettamente collegato alla liturgia il linguaggio dell'arte, la cui bellezza ha una sua particolare forza comunicativa. Lo abbiamo sperimentato anche domenica scorsa, a Barcellona, nella Basilica della Sagrada Familia, opera di Antoni GaudÃ, che ha coniugato genialmente il senso del sacro e della liturgia con forme artistiche tanto moderne quanto in sintonia con le migliori tradizioni architettoniche. Tuttavia, più incisiva ancora dell'arte e dell'immagine nella comunicazione del messaggio evangelico è la bellezza della vita cristiana. Alla fine, solo l'amore è degno di fede e risulta credibile. La vita dei santi, dei martiri, mostra una singolare bellezza che affascina e attira, perché una vita cristiana vissuta in pienezza parla senza parole. Abbiamo bisogno di uomini e donne che parlino con la loro vita, che sappiano comunicare il Vangelo, con chiarezza e coraggio, con la trasparenza delle azioni, con la passione gioiosa della carità. Dopo essere stato pellegrino a Santiago de Compostela ed aver ammirato in migliaia di persone, soprattutto giovani, la forza coinvolgente della testimonianza, la gioia di mettersi in cammino verso la verità e la bellezza, auspico che tanti nostri contemporanei possano dire, riascoltando la voce del Signore, come i discepoli di Emmaus: "Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via?" (Lc 24,32). Cari amici, vi ringrazio per quanto quotidianamente fate con competenza e dedizione e, mentre vi affido alla materna protezione di Maria Santissima, di cuore imparto a tutti la Benedizione Apostolica. |