PONTIFICIA COMMISSIONE PER I BENI CULTURALI DELLA CHIESA INTERVENTO DI S.E.R. MONS. MAURO PIACENZA Beni culturali della Chiesa ed evangelizzazione Potenza, 28 aprile 2007
La Chiesa crede che, nell’Incarnazione di Gesù Cristo, l’invisibile vita di Dio sia diventata “visibile” agli uomini. Crede inoltre che la testimonianza resa a questa vita “che era presso il Padre e si è resa visibile a noi” (1 Gv 1, 2) serva ad attirare gli uomini nella comunione ecclesiale e trinitaria. Il messaggio evangelico non è solo verbale. “Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio (…) che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza”(Eb 1,3). “Chi vede me, vede il Padre”(Gv 14,9), afferma il Signore: cioè, nella persona di Cristo rifulge in forma sensibile l’intera realtà divina, penetrando il Vangelo cristiano di un insostituibile contenuto visivo. Il Verbo resosi visibile diventò pertanto “icona”, e l’importanza dell’arte e dei beni culturali nella tradizione liturgica e devozionale dei cristiani va colta in questa prospettiva. L’impegno artistico è un modo personale di vivere la missione ed è la missione a generare anche i beni culturali. Tali beni, germinati dal grembo della fede, dimostrano che si vive la fede nella vita. La vocazione cristiana è rendere Cristo presente nel mondo, dilatando la Chiesa. L’arte in tal senso diventa espressione umana dell’inesprimibile divino. Pertanto la “bellezza che salva“ è Cristo; la bellezza che deve sostanziare il credente è la santità; la bellezza che permette di sconfinare il recinto del finito è quella dell’arte. In tal senso l’arte è un bene culturale posto al servizio della missione della Chiesa. La Chiesa, comunità dei fedeli in Cristo (Concilio Ecumenico Vaticano II, Lumen gentium 9-17), dovendo annunciare il vangelo all’intera famiglia umana, è venuta elaborando lungo i secoli una propria visione del mondo ed ha per questo usato gli strumenti idonei a questa sua missione secondo i tempi e le situazioni (CIC can. 747, § 1). Di conseguenza, afferma il “diritto nativo, indipendentemente dal potere civile, di acquistare, possedere, amministrare ed alienare i beni temporali per conseguire i fini che le sono propri“ (CIC can. 1254, § 1). Per questo ha promosso e promuove strumenti per svolgere la sua missione. Tali beni che assumono valore culturale sono definibili come la testimonianza viva della Tradizione, ovvero dell’azione della Chiesa nel mondo guidata dallo Spirito Santo, al fine di portare il vangelo alle “genti“, cioè ai pagani di ogni tempo, oltre che di nutrire spiritualmente e culturalmente i christifideles. Infatti il patrimonio storico-artistico costituisce un bene solo perché all’evangelizzazione alla quale, proprio perché evangelizzazione, consegue la promozione umana (tutto ciò che è cristiano porta con sé sviluppo della persona). È bene vivo per il valore storico o attuale che detiene. L’aspetto storico permette di instaurare una cultura della memoria, che manifesta l’inculturazione della fede in una determinata comunità radicandola nel suo passato e offrendo stimoli nel presente. L’aspetto di attualità permette di proseguire nell’oggi il culto, le opere di carità, la formazione dei christifideles e l’annuncio ai lontani. Questi sono i settori in cui si dispiega l’azione della Chiesa, che lungo i secoli ha costituito un consistente patrimonio di beni culturali assolutamente eccezionale, dando continuità e prospettiva al vissuto ecclesiale, così da tessere la trama dell’ambiente entro cui si viene organizzando e sviluppando la comunità cristiana. I beni in oggetto sono culturalmente e spiritualmente significativi, in quanto enunciano le modalità di vita dei singoli gruppi e rappresentano un patrimonio la cui “ragion sufficiente“ è nella comunità cristiana che li ha prodotti. Di conseguenza non si possono considerare isolatamente dal complesso cui appartengono e devono subordinarsi sempre alla missione della Chiesa. I beni della Chiesa non sono finalizzati alla musealizzazione bensì alla vita, alla missione. Questo incontro mi offre, pertanto, la gradita opportunità di intrattenermi con voi sull’importanza dei beni culturali nella comunicazione della fede e nel dialogo della Chiesa con tutte le culture e tutti gli uomini. Cultura ed arte si richiamano e si svelano reciprocamente. Non si dà momento storico ricco di cultura che non fiorisca in produzione artistica, così come non si dà un periodo artisticamente fecondo che non postuli una globale ricchezza culturale. Ma anche tra religione ed arte, tra religione e cultura corre un rapporto molto stretto. Innumerevoli sono le opere di pensiero ed i capolavori artistici che traggono ispirazione dai valori religiosi. Ed è a tutti noto l’apporto che al senso religioso arrecano le realizzazioni artistiche e culturali, che la fede delle generazioni cristiane è venuta accumulando nel corso dei secoli. A questo proposito risultano particolarmente significative le parole della Gaudium et Spes,: “A modo loro, anche la letteratura e le arti sono di grande importanza per la vita della Chiesa… Bisogna perciò impegnarsi affinché i cultori di quelle arti si sentano riconosciuti dalla Chiesa nella loro attività e, godendo di un’ordinata libertà, stabiliscano più facili rapporti con la comunità cristiana” (n. 62). Se si vogliono inserire i beni culturali – come si deve fare – nel dinamismo dell’evangelizzazione, non ci si può limitare a mantenerli integri e protetti; è necessario attuare una loro organica e sapiente promozione per inserirli nei circuiti vitali dell'azione culturale e pastorale della Chiesa. Sempre la Chiesa ha profuso grande sollecitudine verso i beni culturali e artistici. Sono termini densi di significato e forieri di impegno per tutti coloro che hanno a cuore i valori della cultura umana e religiosa. Innumerevoli, fin dalla Chiesa primitiva, sono gli interventi delle istituzioni ecclesiastiche nel settore dell’arte. Si può addirittura risalire a Papa Zefirino (199-217), che affidò la soprintendenza delle Catacombe sulla Via Appia al Diacono Callisto, poi suo successore, prefigurando un’opera di conservazione, di abbellimento iconografico, di supporto all’inculturazione della fede. Finite le persecuzioni ci fu il periodo della costruzione delle grandi basiliche e si accese la discussione sulle sacre immagini, poiché si intravedeva il rischio dell’idolatria. Non si può dimenticare al riguardo il Sinodo di Elvira (III sec.) quando afferma: “Picturas in ecclesia esse non debere, ne quod colitur et adoratur in parietibus depingatur”. Tuttavia il sensus ecclesiae dei fedeli e del Magistero sembra pronunciarsi a favore dell’arte e dell’iconografia avviando l’ininterrotta serie di stagioni che hanno raccolto le opere dei più grandi artisti di tutto il mondo e dell’occidente in particolare. Lo dimostrano già le testimonianze epigrafiche e del Liber Pontificalis sull’opera di costruzione e la cura dei monumenti della Chiesa da parte di Leone Magno (440-461). Si può ricordare ciò che Pammachio scrisse nel IV secolo: “Celsa sacraria Christi vestibulum decorat gratia pulchra loci”; ciò che Papa Felice IV (526-530) fece scrivere nella Basilica dei SS. Cosma e Damiano: “Aula Dei claris radiat speciosa metallis in qua plus fidei lux praetiosa micat”; e ciò che Gregorio Magno (590-604) disse al riguardo dell’arte figurativa: “Ipsa pictura, quasi Scriptura”. Nel medioevo l’intera Europa divenne un enorme cantiere di cattedrali (alberi svettanti sulle radici cristiane!), nel rinascimento i maggiori artisti si adoperarono per trovare nuove soluzioni con cui esprimere il sacro inculturandolo nella grande tradizione classica; nei secoli successivi ogni generazione della civitas christiana si adoperò nel lasciare un segno del proprio percorso di fede; anche nella difficile congerie del ‘900 la Chiesa non ha rinunciato a riprendere la sua alleanza con l’arte, come ha proclamato il Concilio Ecumenico Vaticano II nel Messaggio agli Artisti. I “beni culturali”, comprendono i patrimoni artistici della pittura, della scultura, dell'architettura, del mosaico e della musica, posti al servizio della missione della Chiesa. A questi vanno poi aggiunti i beni librari contenuti nelle biblioteche ecclesiastiche e i documenti storici custoditi negli archivi delle comunità ecclesiali. Rientrano, infine, in questo ambito le opere letterarie, teatrali, musicali (pensiamo ai grandi oratori che sostituiranno il prodromo espressivo della portentosa opera lirica che illustrerà soprattutto l'Italia), cinematografiche, prodotte dai mezzi di comunicazione di massa. E’ importante che tali “beni culturali” della Chiesa vengano restaurarti, custoditi, catalogati, difesi, fruiti secondo il fine per il quale sono stati prodotti. Al tempo stesso attraverso una loro valorizzazione se ne favorisce una migliore conoscenza ed un adeguato utilizzo tanto nel culto divino quanto nella catechesi. Sarebbe gravissimo se si dovesse pensare all'arte cristiana come arte da museo; bisogna far in modo che l’arte continui a celebrare i dogmi della fede, ad arricchire il mistero liturgico, a dare forma e figura al messaggio cristiano, rendendo sensibile il mondo invisibile (cfr Messaggio del Concilio Ecumenico Vaticano II agli artisti). Non dobbiamo godere dei beni culturali come se fossero “reperti archeologici” di un mondo passato in cui c’era fede. Essi vanno usati dalla comunità cristiana per celebrare e per illustrare una fede viva, che si comunica, sempre identica nei contenuti, di generazione in generazione e se ne devono creare altrettanti con vivacità di ispirazione, senso del sacro e motivata carica missionaria. Le nostre terre sono inimmaginabili senza il concorso dell’arte cristiana che ha modellato il paesaggio, umanizzato l’ambiente, offerto i riscontri della fede. Attraverso l’arte si può narrare la storia più intima e più grande dell’Italia, dove il cristianesimo vanta ormai quasi due millenni di presenza. Siffatte creazioni, in cui si plasma e si ricompone la materia, parlano un linguaggio universale, totale, epifanico, teofanico, diacronico, metafisico, pentecostale. Universale, poiché vinta l’ignoranza tutti possono comprendere il messaggio catartico della bellezza. Totale, in quanto essa rivela l’armonia trascendentale dell’essere. Epifanico poiché manifesta le cose nell’atto d’essere e non solo nell’apparenza fenomenica. Teofanico in quanto porta a liberarsi dall’angustia contingente per fruire del divino. Diacronico poiché narra la storia nei diversi stili culturali. Metafisico in quanto esprime l’ente nella sua piena e percepibile intelligibilità. Pentecostale poiché apre all’estasi mistica e sospinge al servizio disinteressato dei fratelli. Non bisogna risparmiare energie nel promuovere l'arte sacra. E’ noto come la peculiarità dell’arte sacra non consista nell’essere una decorazione semplicemente sovrapposta a delle realtà che, diversamente, risulterebbero insignificanti. In tal caso l'arte si ridurrebbe ad un abbellimento estetico di un soggiacente essere informe. In Dio, lo sappiamo bene, la bellezza non è un attributo derivato, ma coincide con la sua stessa realtà, che è “gloria”, come afferma la Scrittura: “Tua, Signore, è la grandezza, la potenza, la gloria, la maestà è lo splendore” (1 Cr 29, 11). Quando la Chiesa chiama l'arte ad affiancare la propria missione, non è soltanto per ragioni di estetica, ma per obbedire alla “logica” stessa della rivelazione e dell’incarnazione. Non si tratta di addolcire con immagini tonificanti il cammino aspro dell'uomo, ma di offrirgli la possibilità di fare fin d'ora una qualche esperienza di Dio, il quale raccoglie in sé tutto ciò che è buono, bello, vero. I beni culturali rappresentano una porzione rilevante del patrimonio, che la Chiesa è venuta progressivamente costituendo ai fini dell'evangelizzazione, dell'istruzione e della carità. Enorme, infatti, è stata l'incidenza del Cristianesimo sia nel campo dell'arte nelle sue varie espressioni, che della cultura in tutto il suo deposito sapienziale. I beni culturali sono destinati alla promozione dell'uomo e, nel contesto ecclesiale, assumono un significato specifico in quanto sono ordinati all'evangelizzazione, al culto e alla carità. La loro tipologia è varia: pittura, scultura, architettura, mosaico, musica, opere letterarie, teatrali, cinematografiche, ecc. E non dimenticherei mai neppure la nobiltà e la tenerezza delle cosiddette “arti minori” e dell’artigianato. In queste varie forme artistiche s’esprime la forza creativa del genio umano che, mediante figurazioni simboliche, si fa interprete di un messaggio che trascende la realtà. Se animate da afflato spirituale, tali opere possono aiutare l'anima nella ricerca delle cose divine e possono giungere anche a costituire pagine interessanti di catechesi, di ascesi e di partecipazione ai santi misteri. Si pensi, per esempio, a quanto intensamente si può partecipare con “actuosa” partecipazione ascoltando musica e canto veramente sacri, vedendo paramenti veramente sacri ed espressivi magari in una cornice architettonica, musiva, pittorica, scultorea elevante. Tutti i sensi allora partecipano. La partecipazione non è tanto nel fare “qualcosa”, quanto essere coinvolti con l’intelligenza, gli affetti, la volontà. Ma di quanta maturazione abbiamo bisogno! Intanto deve cadere una montagna di retorica e di demagogia! Siamo ad un punto tale che possiamo e dobbiamo incominciare a creare una “mens”. Le biblioteche ecclesiastiche, poi, non sono il tempio di uno sterile sapere, bensì il luogo privilegiato della vera sapienza che narra la storia dell'uomo, gloria del Dio vivente, attraverso la fatica di quanti hanno cercato nei frammenti del creato e nell'intimo degli animi l'impronta della divina sostanza. Ci vuole amore per la memoria. Nel cristianesimo la memoria è linfa vitale per procedere, per spingersi avanti vivendo intanto il segmento del proprio oggi sulla retta del tutto e dell'eterno. I musei di arte sacra non sono depositi di reperti inanimati, ma perenni vivai, nei quali si tramandano nel tempo il genio e la spiritualità della comunità dei credenti. Gli archivi, specialmente quelli ecclesiastici, non conservano solo tracce di umane vicende, ma portano anche alla meditazione sull'azione della divina Provvidenza nella storia, così che i documenti in essi conservati diventano memoria dell'evangelizzazione operata nel tempo ed autentico strumento pastorale. Alle antiche vestigia si aggiungono i nuovi areopaghi della cultura e dell'arte, strumenti spesso idonei a stimolare i credenti perché crescano nella loro fede e la testimonino con rinnovato vigore. Dai siti archeologici alle moderne espressioni dell'arte cristiana, l'uomo contemporaneo deve poter rileggere la storia della Chiesa, per essere così aiutato a riconoscere il fascino misterioso del disegno salvifico di Dio. Si tratta altresì di mettere maggiormente in luce il senso pastorale di questo impegno, perché sia percepito dal mondo contemporaneo, dai credenti e dai non credenti. A tal fine è opportuno favorire nelle Diocesi momenti di formazione del clero, degli artisti e di tutti gli interessati ai beni culturali, perché il patrimonio dell'arte sia valorizzato appieno nel campo cultuale, catechetico e pre-catechetico. E’ opportuno mettere in risalto le più genuine forme di pietà popolare, con le proprie radici culturali. Occorre ribadire l'importanza dei musei ecclesiastici parrocchiali, diocesani, regionali e delle opere letterarie, musicali, teatrali o culturali in genere, di ispirazione religiosa, per dare un volto concreto e fruibile alla memoria storica del cristianesimo. Tutto questo richiede anche di ricercare sinergie con le Autorità civili. Ciascuno nel proprio ambito, con buona volontà e desiderio di servire il bene comune, si possono realizzare imprese egregie. La Chiesa non può non assumersi anche il ministero di aiutare l'uomo contemporaneo a ritrovare lo stupore religioso davanti al fascino della bellezza e della sapienza che si sprigiona da quanto ci ha consegnato la storia. Tale compito esige un lavoro diuturno ed assiduo di orientamento, di incoraggiamento e di interscambio. L'arte cristiana, “bene culturale” quanto mai significativo, continua a rendere un suo singolare servizio comunicando con straordinaria efficacia, attraverso la bellezza delle forme sensibili, la storia dell'alleanza tra Dio e l'uomo e la ricchezza del messaggio rivelato. Nei due millenni dell'era cristiana, essa è stata lo stupendo manifesto dell'ardore di tanti confessori della fede, ha espresso la consapevolezza della presenza di Dio tra i credenti, ha sostenuto la lode che da ogni angolo della terra la Chiesa innalza al suo Signore. I beni culturali si rivelano documenti qualificati dei vari momenti di questa grande storia spirituale. La Chiesa, inoltre, esperta qual è in umanità, utilizza i beni culturali per la promozione di un autentico umanesimo, modellato su Cristo, uomo “nuovo” e rivelatore dell'uomo a se stesso (cfr Gaudium et spes, 22). La Chiesa non è soltanto custode del suo passato; essa è soprattutto animatrice del presente della comunità umana, in vista dell'edificazione del suo futuro. Essa, pertanto, incrementa continuamente il proprio patrimonio di beni culturali per rispondere alle esigenze di ogni epoca e cultura, e si preoccupa poi di consegnare quanto è stato realizzato alle generazioni successive, perché anch'esse possano abbeverarsi al grande fiume della traditio Ecclesiae. Proprio in questa prospettiva è necessario che le molteplici espressioni dell'arte sacra si sviluppino in sintonia con la mens della Chiesa ed al servizio della sua missione, usando un linguaggio capace di annunciare a tutti il Regno di Dio. Dico proprio a tutti e non a ristrette categorie di iniziati o – mi si conceda il termine – ad alcuni “intellettualoidi”. I beni culturali, infatti, hanno una singolare capacità di spingere le persone ad una più viva percezione dei valori dello spirito e, testimoniando in vario modo la presenza di Dio nella storia degli uomini e nella vita della Chiesa, dispongono gli animi all'accoglimento della novità evangelica. Inoltre, attraverso la proposta della bellezza, che ha di sua natura un linguaggio universale, la Chiesa è certamente aiutata nel suo compito di incontrare tutti gli uomini in un clima di rispetto, secondo l’autentico ecumenismo e un corretto dialogo interculturale. La nuova evangelizzazione postula un rinnovato impegno nel culto liturgico, nel quale risiede anche una ricca fonte di istruzione per il popolo fedele (Sacrosanctum Concilium, 33). Com'è noto, il culto ha trovato da sempre nell'arte una naturale alleata, sicché i monumenti di arte sacra associano al loro intrinseco valore estetico, anche quello catechetico e cultuale. Occorre perciò valorizzarli tenendo conto del loro “habitat” liturgico, coniugando il rispetto della storia con l'attenzione alle esigenze attuali della comunità cristiana, e facendo in modo che il patrimonio storico-artistico a servizio della liturgia non perda nulla della propria eloquenza. Arte e fede rappresentano l’intima risposta dell’uomo a Dio che crea e redime. Attraverso l’arte l’uomo intuisce la grandezza del divino creare e comprende la possibilità di ridare forme splendide al creato di cui è parte. Attraverso la fede il credente intuisce il dono di grazia ricevuta e lo accoglie annunciando il Vangelo. È il diario spirituale scritto da ogni generazione per essere donato alla lettura dell’intera umanità, affinché ciascuno “uomo di buona volontà“ comprenda che il vero sviluppo è il raggiungimento del fine immortale intrinseco alla natura umana e rivelato dalle Scritture.
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