PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA 25 - 27 febbraio 2002
A tal fine, l'Assemblea Generale ha seguito un itinerario articolato in tre aree tematiche: la questione antropologica; il tema della legge morale naturale sotto il profilo della sua esistenza e conoscibilità; la tematica del diritto, con particolare riferimento al diritto alla vita. 2. Riguardo la questione antropologica, riprendendo l'insegnamento della Gaudium et Spes (n.14), l'assemblea ha voluto riaffermare una visione unitaria dell'uomo, "corpore et anima unus", rifiutando ogni dualismo o riduzionismo, sia di stampo spiritualista che materialista. L'autentico rispetto di ogni soggetto umano, infatti, trova il suo fondamento in tale identità corporeo-spirituale, dove la dimensione della corporeità è parte costitutiva della persona, che attraverso di essa si manifesta e si esprime (cfr Donum Vitae, 3), così come lo è la dimensione spirituale, nella quale l'uomo si apre a Dio, trovando in Lui il fondamento ultimo della sua dignità. Un aspetto problematico riguarda il riconoscimento dell'esistenza di una natura umana universale dalla quale derivare la legge morale naturale. A tal proposito, le relazioni succedutesi hanno rilevato come, nella cultura contemporanea, alcune correnti di pensiero, insistendo esclusivamente sulla dimensione storico-evolutiva dell'uomo, giungano a negare l'esistenza di una natura umana universale. Tuttavia essa, intesa come "natura razionale" è apparsa agli Accademici - in continuità con l'insegnamento della Chiesa - come un principio irrinunciabile per comprendere pienamente la legge morale naturale. Infatti, che cosa può fondare la dignità della persona umana se non le sue dimensioni ed esigenze essenziali, vale a dire la sua natura? Il Papa stesso ha voluto ribadire ai membri dell'Accademia che "la persona umana, con la sua ragione, è capace di ri-conoscere sia la dignità profonda ed oggettiva del proprio essere, sia le esigenze etiche che ne derivano. L'uomo può, in altre parole, leggere in sé il valore e le esigenze morali della propria dignità. Ed è lettura che costituisce una scoperta sempre perfettibile, secondo le coordinate della "storicità" tipiche della conoscenza umana" (GP II, Discorso ai partecipanti..., 3). 3. Sulla base di questa visione antropologica, la riflessione degli Accademici si è quindi incentrata sul tema della legge morale naturale. Essa "altro non è che la luce dell'intelligenza infusa in noi da Dio. Grazie ad essa conosciamo ciò che si deve compiere e ciò che si deve evitare. Questa luce e questa legge Dio l'ha donata nella creazione". (Veritatis Splendor, 12 e 40). Dunque, la sua esistenza è diretta conseguenza dell'esistenza della natura umana. Più in particolare, richiamando la dottrina di S. Tommaso d'Aquino sulla legge morale naturale, si è voluto sottolineare il fatto che ogni uomo è naturalmente capace di conoscere con chiarezza i dettami fondamentali (principi primi) di tale legge, che risuonano nel suo cuore chiamandolo sempre a fare il bene e ad evitare il male (cfr Gaudium et Spes, 16). Appartiene alla natura dell'uomo la capacità di conoscere anche le norme morali derivate - tali sono le norme etiche che riguardano la tutela della vita umana -, anche se la loro determinazione, in qualche caso, appare più difficoltosa a causa degli inevitabili condizionamenti culturali e personali che segnano la storia di ogni individuo. Per ciò, sia in ordine alla conoscenza che all'agire, di grande aiuto risulta la pratica delle virtù morali, intese come l'abitudine acquisita a compiere un determinato bene, mentre i vizi, al contrario, rappresentano un ostacolo ulteriore al compimento del bene. 4. Le esigenze che appartengono alla legge morale naturale, come dimostra chiaramente la storia dei popoli, richiedono anche di essere riconosciute e tutelate nella vita sociale attraverso il diritto. In questo senso, si può parlare di "diritto naturale", con le conseguenti codificazioni legislative, i cui fondamenti non risiedono in un mero atto di volontà umana, bensì nella stessa natura e dignità della persona. È per questa ragione che, nella storia del diritto, quasi costantemente fino alla fine del diciottesimo secolo, i diritti fondamentali dell'uomo sono stati considerati come inviolabili e non-negoziabili, sottratti quindi all'arbitrarietà di ogni patto sociale o del consenso della maggioranza. Successivamente, al contrario, si assise ad un progressivo cambiamento, contrassegnato da una esasperazione della rivendicazione del diritto alla libertà individuale, per cui molte forme di attentati alla vita nascente e terminale, "presentano caratteri nuovi rispetto al passato e sollevano problemi di singolare gravità per il fatto che tendono a perdere, nella coscienza collettiva, il carattere di "delitto" e ad assumere paradossalmente quello di "diritto"" (Evangelium Vitae, 11). Una parte dell'opinione pubblica, partendo da un tale presupposto, ritiene addirittura che lo Stato debba non soltanto rinunciare a punire tali atti, ma debba anzi garantirne la libera pratica, anche attraverso il supporto delle sue strutture. Di fronte a tali mutamenti, tra tutti i diritti fondamentali dell'uomo, "la Chiesa cattolica rivendica per ogni essere umano il diritto alla vita come diritto primario. Lo fa in nome della verità dell'uomo e a tutela della sua libertà, che non può sussistere se non nel rispetto della vita. La Chiesa afferma il diritto alla vita di ogni essere umano innocente ed in ogni momento della sua esistenza. La distinzione che talora viene suggerita in alcuni documenti internazionali tra "essere umano" e "persona umana", per poi riconoscere il diritto alla vita e all'integrità fisica soltanto alla persona già nata, è una distinzione artificiale senza fondamento né scientifico né filosofico: ogni essere umano, fin dal suo concepimento e fino alla sua morte naturale, possiede l'inviolabile diritto alla vita e merita tutto il rispetto dovuto alla persona umana (cfr Donum vitae, 1)" (GP II, Discorso ai partecipanti, 6). Pertanto, l'assemblea degli Accademici si appella ai legislatori di ogni Paese, perché si sforzino di elaborare norme giuridiche coerenti con l'autentica verità dell'uomo, soprattutto riguardo al primario diritto alla vita. 5. In conclusione, questo documento finale vuole fare proprio l'auspicio del Santo Padre, che ha incoraggiato l'Assemblea a continuare la sua "riflessione sulla legge morale naturale e sul diritto naturale, con l'augurio che da questa possa scaturire un nuovo, sorgivo slancio di instaurazione del vero bene dell'uomo e di un ordine sociale giusto e pacifico. È sempre ritornando alle radici profonde della dignità umana e del suo vero bene, è poggiando sul fondamento di ciò che esiste di intramontabile ed essenziale nell'uomo, che si può avviare un dialogo fecondo con gli uomini di ogni cultura in vista di una società ispirata ai valori della giustizia e della fraternità" (GP II, Discorso ai partecipanti, 7)
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