PONTIFICIO COMITATO Assemblea Plenaria Il documento base di S. E. Mons. Diarmuid Martin,
Ci sono alcuni, in Irlanda, che chiedono perché si voglia celebrare un Congresso Eucaristico a Dublino. Ed altri che chiedono addirittura perché celebrare un Congresso Eucaristico. Per molti, il Congresso Eucaristico ha delle connotazioni storiche negative ed è associata all’idea di una celebrazione trionfalistica. In Irlanda tale idea è legata, soprattutto, al ricordo del Congresso Eucaristico Internazionale che si tenne a Dublino nel 1932. Tuttavia si guarda spesso a quel Congresso senza comprendere il contesto in cui venne celebrato e talvolta addirittura senza capire in alcun modo la sua importanza. A quel tempo l’Irlanda era diversa e diversa la religiosità irlandese. Il Congresso Eucaristico del 1932 influenzò fortemente la società irlandese dell’epoca e tutto ciò non è facilmente accettabile da quanti credono che la religione dovrebbe oggi essere posta ai margini della società. È difficilmente accettabile anche da molti cattolici che provano una certa diffidenza per una celebrazione religiosa che invade così apertamente la sfera pubblica. Il Congresso del 1932 fu un evento che sopravvisse per generazioni nella memoria di coloro che vi parteciparono visto che fu uno dei più grandi raduni mai realizzati in Irlanda fino ad ora. Quelli che vi presero parte ne parlarono ai loro figli e ai nipoti. Fu uno straordinario avvenimento religioso. Esso rispondeva ai bisogni della devozione vissuta in quegli anni dalla gente. Un avvenimento che voleva ribadire la presenza della comunità cattolica in un Paese che cercava la sua strada mentre costruiva un nuovo stato indipendente. Oggi non solo la società irlandese ma anche la religiosità irlandese è cambiata. La gente è dubbiosa di fronte a qualsiasi trionfalismo nell’affermazione pubblica della sua fede e sente la necessità di una pietà più personale. In molti casi si va alla ricerca di una pietà individualista, una spiritualità tagliata su misura «per i miei bisogni» momentanei. Tale religiosità, tuttavia, va a rischio di scivolare in una confortevole area riservata invece che trasformarsi in un cammino personale di fede continuamente messo alla prova dagli appelli della parola di Dio. Altri ancora, rendendosi conto dei limiti di una religiosità individualistica, si lasciano coinvolgere in un piccolo gruppo per esplorare, in maniera dinamica, le radici dei propri bisogni spirituali. Il concetto di una grande riunione pubblica per celebrare la fede è estranea, in modi differenti, ad entrambe queste visioni. In entrambi i casi i fedeli credono che questa grande riunione li riduca al ruolo di spettatori passivi di un evento che non possono controllare. E pensano che la momentanea reazione emozionale possa venire meno lasciando spazio solo al vuoto e alla delusione. Con gli occhi fissi sul Congresso del 1932 essi temono che la prossima celebrazione possa stonare con la spiritualità contemporanea e con l’immagine di Chiesa uscita dal Concilio oltre che con la visione dei rapporti tra Chiesa e società fatta propria dal Vaticano II. Non mancano quanti pensano che i giorni dei raduni oceanici – con la possibile eccezione delle Giornate Mondiali della Gioventù – sono finiti. Altri ritengono che i soldi usati per un’occasione di questo genere potrebbero essere meglio spesi per affrontare la drammatica situazione economica che l’Irlanda sta vivendo o essere donati direttamente ai bisognosi. Celebrare un Congresso Eucaristico, si dice, non ha senso in una società in cui tanti sono costretti ai margini. Naturalmente questi commenti non possono essere semplicemente ignorati quasi fossero osservazioni di persone guidate da intenzioni negative. Bisogna prenderli in considerazione. È interessante notare che mentre si guarda al modello della celebrazione del Congresso Eucaristico del 1932 come a qualcosa di estraneo alla religiosità d’oggi ed all’odierna comprensione del rapporto tra Chiesa e società, non si comprendano le importanti conseguenze sociali di quel Congresso. Nei primi anni Venti del Novecento l’Irlanda soffrì una brutale e lacerante guerra civile a causa della diversità di opinioni sul modo di realizzare l’indipendenza ottenuta dalla Gran Bretagna. Ci furono acute e profonde divisioni intorno al Trattato raggiunto con la Gran Bretagna: se esso fosse in grado di offrire al Paese una vera indipendenza o si dovesse cercare una soluzione diversa attraverso una contrapposizione politico-militare. Questa guerra civile divise radicalmente la popolazione dell’Irlanda, inclusa la capitale Dublino. Fu una divisione che durò per generazioni e che ancora oggi influisce sulla vita politica. Il Congresso del 1932 fu uno straordinario evento nazionale che riunì i due schieramenti opposti nel comune impegno di organizzare e celebrare il più grande degli appuntamenti internazionali che il nuovo stato irlandese avesse mai ospitato. Il Congresso del 1932 divenne così un forte momento di riconciliazione e la sua celebrazione pubblica, in un contesto internazionale, si trasformò in un fattore di unità per la Chiesa e per la società. L’Eucaristia, come preghiamo nella II Preghiera Eucaristica, raduna in unità quanti partecipano in verità al corpo e al sangue di Cristo per mezzo dello Spirito Santo. Il Congresso Eucaristico programmato a Dublino per il 2012 si svolge in un altro momento cruciale della storia d’Irlanda. La Chiesa irlandese è, in qualche modo, una Chiesa ferita che cerca nuovi orientamenti. Come molti altri Paesi europei l’Irlanda ha intrapreso in questi anni un rapido cambiamento sociale fino a diventare una società altamente secolarizzata. Dal punto di vista della sua cultura religiosa, il Paese sta soffrendo una vera e propria rivoluzione. Molti stranieri continuano a credere che l’Irlanda sia un bastione acritico del cattolicesimo tradizionale. E sono sorpresi nello scoprire che ci sono molte parrocchie in Dublino dove la frequenza alla Messa domenicale è scesa al 5 per cento e in qualche caso, specialmente nelle parrocchie più povere della periferia della capitale, anche al 2 per cento. Il problema è che molti in Irlanda e nella Chiesa irlandese non hanno capito l’ampiezza del cambio culturale che sta avvenendo e continuano a comportarsi come se vivessimo ancora in una cultura a maggioranza cattolica. Naturalmente, ci sono ancora molti richiami ad una cultura cattolica di massa. Nella lista delle mete turistiche irlandesi più visitate, il santuario mariano di Knock è secondo solo alla birreria Guinness! Quest’anno nell’ultima domenica di Luglio, circa 20 mila persone hanno salito il Croagh Patrick, una montagna impegnativa, compiendo l’annuale pellegrinaggio penitenziale in onore di san Patrick. La maggioranza del popolo irlandese vuole che i propri figli siano battezzati e vuole avere anche un funerale cristiano. L’impegno dei preti, come quelli che sono in Dublino, non può essere ignorato. Essi sono generosi, vicini al popolo, rispettati, aiutati, e amati dai fedeli. Essi esercitano il loro ministero in un clima in cui il dibattito sul ruolo della fede nella società irlandese spesso tende ad essere polemico o ideologico. I mass-media sensazionalisti si concentrano sugli scandali e le stravaganze e in generale – salvo alcune importanti eccezioni – insistono sui peccati della Chiesa e lo scandalo degli abusi sessuali compiuti a danno dei minori. Naturalmente deve essere chiaro che lo scandalo degli abusi sessuali compiuti da preti e religiosi a danno dei minori è un vero scandalo e non un’invenzione dei media. Ci sono fedeli di tutte le età che si sentono profondamente offesi per il fatto degli abusi e soprattutto per il modo in cui questi fatti terrificanti sono stati gestiti dalle autorità ecclesiali. Questo scandalo ha danneggiato la fede di molti che si sentono defraudati e traditi dalla loro Chiesa. La stessa cosa vale per molti che hanno sofferto abusi e credono che un rinnovamento spirituale dovrebbe essere parte essenziale del loro processo di guarigione. Mentre l’Irlanda si secolarizza, una cultura ancora immersa in valori religiosi formali può inevitabilmente degenerare in una forma di religione civile. Laddove si ha l’impressione che l’Irlanda pluralista debba essere necessariamente secolarizzata, la Chiesa continua ad offrire l’unico spazio in cui le persone, anche quelle secolarizzate, possono condividere la loro vita e trovare un rituale per esprimere le più profonde esperienze umane della gioia, del dolore o della paura. Tuttavia, se la Chiesa diventa solo un luogo in cui ciascuno si riunisce per celebrare le proprie esperienze umane senza una profonda relazione con Dio, allora questa religione civile finisce per diventare vuota e non risponde a quella ricerca di Dio che molti perseguono. Molti irlandesi pensano che la Chiesa sia un’istituzione che ha fallito nel compiere la sua missione. Molti credono di poter cercare Dio senza la Chiesa. Molti sostengono che si possa essere veri discepoli di Gesù Cristo senza appartenere alla Chiesa o sentirne il bisogno. E l’intimismo individualista che soddisfa i bisogni spirituali di molte persone lascia poco spazio per il loro inserimento nella vita della Chiesa. È in questo contesto che la Chiesa irlandese ha proposto il tema del Congresso Eucaristico del 2012: Comunione con Cristo e tra noi. Lo scopo è quello di richiamare l’attenzione dei singoli e della società sul fatto che la pienezza della nostra appartenenza a Gesù si raggiunge attraverso la partecipazione all’Eucaristia dove, nello stesso tempo, si costruisce la comunione con Cristo e la comunione con gli altri. Il Congresso si svolgerà nel 50° anniversario del Concilio Vaticano II che ha presentato l’Eucaristia come il culmine di ogni azione della Chiesa. Il Congresso vuole richiamare questo insegnamento fondamentale del Vaticano II in un momento in cui molti cristiani credono di poter comprendere il messaggio di Gesù Cristo senza partecipare all’assemblea eucaristica. La Chiesa non è semplicemente un’organizzazione o una struttura di cui uno diventa membro pagando una quota d’iscrizione ma senza la necessità di una partecipazione attiva. Il documento base del Congresso nota come il tema della comunione parli al cuore della nostra identità e della nostra missione come cristiani (n. 16). Questo è vitale nel momento in cui le relazioni tradizionali interpersonali e i legami sociali diminuiscono. Nel piano di Dio la Chiesa deve essere, in Gesù Cristo, un segno ed uno strumento per unire le persone con Dio e tra di loro come leggiamo nella Costituzione Lumen Gentium. Il documento-base ricorda che: «Nell’Eucaristia scopriamo il codice genetico della comunione che sta nel cuore dell’identità ecclesiale» (n. 17). Allo stesso tempo ricreda chiaramente che «quando la nostra comunione con il Corpo di Cristo è spezzata, questa rottura ferisce profondamente la missione evangelizzatrice della Chiesa». Una delle caratteristiche della Chiesa primitiva è il suo senso della comunione. Fin dall’inizio i discepoli stavano insieme ed «erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere» (At 2,42). La Chiesa perciò, come ricorda il documento-base (n. 8), è «una comunità messianica di discepoli che sperimentano la presenza del Regno di Dio nella sua persona. I membri di questa comunità costruiscono relazioni con gli altri in un modo nuovo, caratterizzato dall’amore, dalla libertà e verità, dall’uguaglianza e reciprocità». In questo senso l’Eucaristia genera un nuovo paradigma di comunità. Ma è vitale ricordare che questa trasformazione è realizzata da Gesù Cristo (cfr n. 12). La Chiesa è una comunione basata sulla partecipazione alle «cose sante». La Chiesa non è una struttura architettata da noi o che si può cambiare come si vuole. Tuttavia noi possiamo danneggiare questa comunione. Il documento base nota (n. 17) che: «la capacità della Chiesa di farsi ascoltare dalla società risulta fortemente compromessa quando si rendono evidenti le sue mancanze nell’esercizio della comunione; si pensi allo scandalo recato a tanti con forme di settarismo, abuso di potere, culto dell’istituzione, pregiudizi». Quando non siamo attenti a ciò che la comunione con Cristo comporta, allora la Chiesa non può sviluppare la corretta comprensione della comunione fraterna. L’Eucaristia è un dono attraverso il quale si realizza in mezzo a noi la memoria dell’amore di Cristo che si è offerto per tutti. Comunione e partecipazione sono due temi che vanno insieme. Tuttavia ciò richiede una corretta comprensione del significato della partecipazione alla vita liturgica della Chiesa. Partecipazione non significa solo partecipare alle strutture esteriori. Il documento base (n. 37) cita Giovanni Paolo II: «Non ci facciamo illusioni: senza questo cammino spirituale, a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz'anima, maschere di comunione più che sue vie di espressione e di crescita». Il Congresso Eucaristico del 2012 non dev’essere visto come un momento isolato. Il periodo della preparazione è parte integrante della celebrazione del Congresso Eucaristico. Né il Congresso è solo un evento locale per Dublino o per il resto d’Irlanda. È un evento ecclesiale che riguarda l’intera Chiesa e con cui la Chiesa intera deve essere associata. Il periodo di preparazione richiede il cammino di rinnovamento della Chiesa intera per giungere ad una più profonda devozione eucaristica ed alla comprensione della spiritualità di comunione. Deve anche essere un’occasione per rinnovare il legame tra la teologia di comunione e l’evangelizzazione. Il documento base ricorda (n. 47) che la Chiesa esiste per evangelizzare. Comunione ed evangelizzazione camminano insieme. L’Eucaristia ci inserisce in una comunione che è missionaria. Questa attività missionaria comprende anche un forte impegno per la nuova evangelizzazione specialmente in quelle aree del modo in cui il secolarismo ha indebolito l’attività missionaria della Chiesa. Un’autentica comunità eucaristica non può mai nascondere la sua gioia di portare la buona novella di Gesù agli altri. La nostra gioia di essere in comunione con Gesù nell’Eucaristia ci conduce a condividere questa esperienza con gli altri. Tale evangelizzazione deve essere di vasto respiro. Il documento base (n. 47) nota come «il mistero Eucaristico apre i nostri occhi sulle implicazioni sociali, culturali e politiche del Vangelo». Esso ricorda che Giovanni Paolo II, nella sua lettera Dominicae Cenae, definisce l’Eucaristia una «scuola dell’amore attivo verso il prossimo». Non ci deve essere distanza tra la partecipazione all’Eucaristia e la presa a carico degli esclusi. La vera natura dell’Eucaristia, che riattualizza l’offerta di Gesù fino alla morte, può solo spronarci a diventare testimoni radicali dell’atteggiamento di Gesù verso i più vulnerabili. Invece di essere un possibile ostacolo nella preoccupazione per gli emarginati, la spiritualità eucaristica ci spinge a servire più profondamente i poveri e gli esclusi. L’Eucaristia che fa memoria dell’immensa manifestazione dell’amore di Dio rivelato nella morte sacrificale di Gesù, ci conduce all’incontro con gli altri non solo nei termini di un servizio da rendere a un cliente, ma come un profondo incontro di comunione riconoscendo l’unica dignità che c’è in ogni persona accolta come un fratello o una sorella in Gesù Cristo. L’Eucaristia intesa come comunione rompe il concetto di individualismo che è tanto forte in molti aspetti della nostra cultura contemporanea, anche nella riflessione delle scienze sociali. Tale individualismo lascia le persone sole ed isolate mentre ciò che essi veramente desiderano è fare comunione. L’individualismo esagerato può indebolire ed anche distruggere il fondamentale bisogno di relazione che forma una delle dimensioni essenziali dell’essere umano. Questo è soprattutto vero nell’area della sessualità umana, dove l’insegnamento cristiano sul matrimonio è fondamentalmente legato al concetto di comunione. Possiamo dire inoltre che la vera guarigione non si compie guarendo soltanto l’individuo, ma in qualche modo coinvolge sempre la sua reintegrazione in una comunità. Prendersi cura degli emarginati non significa solo offrire dei servizi ma creare un’atmosfera di comunione nella quale le persone sviluppano un senso di appartenenza e dove la loro autostima è sostenuta ed aiutata da una comunità. Spesso le radici dell’emarginazione devono essere trovate nell’alienazione e nella sofferenza che lascia le persone piene di ansietà e di incertezze. Una spiritualità di comunione si rivolge alle radici dell’angoscia in termini di incorporazione nella comunione con Cristo. Il documento (cfr n. 50) base sottolinea il significato dell’incontro con Gesù dei due discepoli sulla strada di Emmaus. Il loro punto di partenza è quello della tristezza e del disorientamento perché la straordinaria esperienza che hanno vissuto con Gesù è giunta alla fine. Questi stessi sentimenti di angoscia e di incertezza sono caratteristiche di molti nella società e in alcuni casi, come in Irlanda oggi, caratterizzano le opinioni dei cristiani circa la loro Chiesa. Gesù incontra i due discepoli sulla strada di Emmaus. Egli li raggiunge ancora prima che lo riconoscano. Si rivolge a loro, indaga la loro tristezza. Egli spinge i loro cuori a passare dalla chiusa tristezza dell’introversione ad un bruciante desiderio di comprendere come la morte di Gesù, lungi dal rappresentare l’oscurità della fine, è piuttosto il culmine della cura amorosa che Dio ha sempre mostrato per il suo popolo. Gesù li introduce nella comprensione profonda delle Scritture e i loro cuori ardono non nell’isolamento ma nell’attesa e nella speranza. Gesù stesso attraverso la sua spiegazione delle Scritture apre un nuovo cammino di comunione con loro, cammino che raggiunge il suo culmine nel gesto dello spezzare il pane. Lo spezzare del pane diventa così comunione con la presenza salvifica di Gesù il cui proprio corpo fu spezzato per la loro salvezza. Questa comunione raggiunge anche noi non nella solitudine, ma nella condivisione del pane spezzato per tutti. La seconda parte del documento base presenta le diverse parti della Messa come guida al tema del Congresso. Non è mia intenzione proporre un’estesa spiegazione di questa seconda parte. Essa offre un materiale di base per una rinnovata catechesi intorno all’Eucaristia e alla relazione tra Eucaristia e vita e deve essere studiata passo dopo passo attraverso un programma catechistico di rinnovamento eucaristico. L’Eucaristia è celebrata nel quadro di un’assemblea. Il significato dell’assemblea non deve essere trascurato (cfr n. 59) anche perché uno dei primi nomi utilizzati nell’antichità per identificare la celebrazione eucaristica è synaxis, cioè assemblea. Il documento base ricorda la frase di Tertulliano che nota che «un cristiano da solo non è cristiano». Così, una delle reali necessità di oggi è quella di superare l’idea che uno possa essere cristiano senza alcun riferimento alla comunione dei credenti. Un cristiano da solo non è cristiano. Ogni cristiano appartiene ad una comunità eucaristica. Analizzando il tema del Congresso è importante notare che quando parliamo dell’Eucaristia: comunione con Cristo e tra noi, è la comunione con Cristo che rende autentica ed interpreta correttamente il livello della comunione tra noi. C’è una tendenza a sottolineare la dimensione sociale della vita della Chiesa come qualcosa che la definisce e caratterizza. Ma questa non è un’affermazione esatta. È la comunione con Cristo che specifica la vera natura della comunione tra noi. Nell’Eucaristia noi entriamo in comunione con la morte e la risurrezione di Gesù. La nostra risposta deve seguire lo stesso cammino di morte e risurrezione: dobbiamo morire a noi stessi e ai valori dominanti del mondo se vogliamo risorgere a nuova vita. Ho cercato presentare la sostanza del documento base per il Congresso Eucaristico di Dublino 2012 tenendo conto della situazione culturale nella quale esso si celebrerà in Irlanda. Ho parlato della Chiesa in Irlanda come una Chiesa ferita. Avrei potuto parlare di una Chiesa ferita ma chiaramente impegnata in un cammino di guarigione attraverso una spiritualità eucaristica rinnovata. La comunione tra noi sulla quale punta il tema del Congresso è anche un richiamo programmatico a voi ed alle Chiese locali che rappresentate. La Chiesa irlandese, per generazioni e generazioni, ha testimoniato la fede in molte parti del mondo. La mia preghiera è che nella situazione attuale la Chiesa di tanti Paesi si senta ora solidale, in modo particolare, con la Chiesa ferita che è in Irlanda, impegnata in un cammino di rinnovamento. Spero che ciascuna delle vostre Chiese voglia rispondere a questo appello per il sostegno e la solidarietà ecclesiale e faccia del Congresso Eucaristico di Dublino 2012 un momento di vero rinnovamento per la Chiesa universale alla quale tutti noi affidiamo il nostro futuro fiduciosi che, attraverso il rinnovamento eucaristico, la Chiesa possa ritrovare il suo vero posto nella società e nel nostro mondo.
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