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LA FISIONOMIA DEI CONGRESSI EUCARISTICI
TRA STORIA E ATTUALITÀ

INTERVENTO DI S. E. MONS. PIERO MARINI,
PRESIDENTE DEL PONTIFICIO COMITATO PER I CONGRESSI EUCARISTICI INTERNAZIONALI,
ALL’ASSEMBLEA PLENARIA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE D’IRLANDA

 

Maynooth, 9 giugno 2009

 

I.
LA FISIONOMIA DEI
CONGRESSI EUCARISTICI

I Congressi Eucaristici, fin dal loro apparire nell’ultimo quarto dell’Ottocento, assunsero lo scopo di «far sempre più conoscere, amare e servire Nostro Signor Gesù Cristo nel Santissimo Sacramento dell’altare… e di lavorare in tal modo ad estendere il suo regno sociale nel mondo» (Regolamento generale del 1887, art. 1). La radice storica dei Congressi sta, dunque, in questa duplice dimensione rappresentata dalla “pietà eucaristica” e dalla “dimensione sociale dell’Eucaristia”. Essa ha fecondato anche i congressi Eucaristici internazionali, nazionali e diocesani che negli ultimi decenni hanno caratterizzato tante Chiese particolari.

1. Lo sviluppo della “pietà eucaristica”

L’Opera dei Congressi Eucaristici Internazionali nasce in Francia nel 1881, raccogliendo i frutti dell’apostolato eucaristico di San Pierre-Julien Eymard, «apostolo dell’Eucaristia» (1811-1868) e di altre eminenti figure come il Beato Antoine Chevrier (1826-1879), Léon Dupont (1797-1876) e mons. Gaston Adrian de Ségur (1820-1880). Il tutto attraverso l’intuizione e l’impegno della signorina Émilie-Marie Tamisier (1834-1910) il cui progetto di «pellegrinaggi eucaristici» si è trasformato progressivamente nei Congressi delle Opere Eucaristiche chiamati d’allora in poi «Congressi Eucaristici».

Subito posti a disposizione della Santa Sede, i Congressi Eucaristici Internazionali si caratterizzarono come manifestazioni pubbliche destinate a stimolare la fede dei cattolici nella «presenza reale», ad accrescere il loro zelo per la devozione all’Eucaristia fuori della Messa e a proclamare la regalità sociale di Cristo contro il laicismo imperante.

Sarà proprio la devozione all’Eucaristia fuori della Messa a segnare quasi esclusivamente il movimento congressuale legato all’Eucaristia fino agli inizi del Novecento quando esso si impegnerà con forza, sotto la spinta di Pio X, a favore della Comunione frequente e della Prima Comunione ai fanciulli.

Sotto il pontificato di Pio XI i congressi Eucaristici raggiungono per la prima volta paesi extraeuropei (Stati Uniti, Australia, America Latina, Asia…) intrecciando la pietà eucaristica con la dimensione missionaria della Chiesa.

A partire dal secondo dopoguerra, per l’interazione crescente tra Congressi Eucaristici e movimento del rinnovamento liturgico, il senso della “pietà eucaristica” si orienta definitivamente verso la celebrazione. Il primo Congresso a beneficiare in modo significativo della simbiosi con il movimento liturgico è quello di Monaco del 1960. A partire da lì, grazie all’intuizione di Andreas Jungmann, i Congressi Eucaristici assumono ormai la fisionomia di una Statio, Statio orbis o nationis [1].

Negli ultimi decenni, grazie soprattutto all’opera del Concilio Vaticano II, la “pietà eucaristica” è stata ricentrata sulla celebrazione diventando così l’atteggiamento dei fedeli che fanno della celebrazione dell’Eucaristia - sacramento Pasquale del Cristo offerto perché il mondo abbia la vita - il centro della loro esistenza e la fonte della comunione ecclesiale. È in questo senso che anche il Rituale De sacra communione et de cultu mysterii eucharistici extra Missam ha orientato in modo nuovo la “pietà eucaristica” dei Congressi: «I congressi eucaristici, introdotti in tempi recenti nella vita della Chiesa come manifestazione tutta particolare del culto eucaristico, si devono considerare come una “statio” cioè una sosta d'impegno e di preghiera, a cui una comunità invita la Chiesa universale, o una Chiesa locale le altre Chiese della medesima regione o della stessa nazione o del mondo intero, per approfondire insieme un qualche aspetto del mistero eucaristico e prestare a esso un omaggio di pubblica venerazione, nel vincolo della carità e dell'unità» (n. 109).

Per questo, un Congresso Eucaristico, già nella sua fase preparatoria, deve dare importanza

- «ad una più intensa catechesi sull'Eucaristia, specialmente in quanto mistero di Cristo vivente e operante nella Chiesa; tale catechesi sia adatta alla capacità recettiva dei vari ambienti

- «ad una più attiva partecipazione alla sacra liturgia, che promuova il religioso ascolto della parola di Dio e il senso fraterno della comunità (ivi, 111)

Le indicazioni del Rituale precisano anche le modalità celebrative del Congresso:

- «la celebrazione eucaristica sia davvero il centro e il culmine di tutte le varie manifestazioni e forme di pietà;

- «le celebrazioni della parola di Dio, le sessioni di catechesi e le riunioni plenarie siano tutte ordinate a un approfondimento del tema proposto e a una più chiara esplicitazione degli aspetti pratici del tema stesso, per una loro realizzazione concreta;

- «si predisponga un opportuno programma di riunioni di preghiera e di adorazione prolun-gata dinanzi al Santissimo esposto, in chiese determinate, particolarmente adatte a questo esercizio di pietà (ivi, 112)

Insomma, al centro del cammino di preparazione e della celebrazione del Congresso è posta ora la celebrazione Eucaristica e tutti i gesti di culto che tradizionalmente caratterizzano questo avvenimento internazionale (adorazione fuori della messa, processione...) devono fare riferimento ad essa. A questo scopo, i Congressi eucaristici hanno il delicato quanto decisivo compito di indicare nuove forme e nuove modalità di praticare l’adorazione eucaristica, che è indiscutibilmente il simbolo proprio del culto eucaristico della tradizione cattolica.

2. La “dimensione sociale” dell’Eucaristia

L’aspetto cultuale dei Congressi Eucaristici si è sempre coniugato, fin dagli inizi, con la ricerca del “regno sociale di Cristo”, formula con la quale si tentava di aprire degli spazi pubblici per l’affermazione della fede e l’organizzazione di un laicato cattolico spesso mortificato, soprattutto in Francia, dall’anticlericalismo e dal laicismo.

Lo stesso Leone XIII benedisse l’Opera dei Congressi eucaristici internazionali ed appoggiò la celebrazione di quelli nazionali (il primo si tenne in Italia, a Napoli, nel 1891) per dare un impulso efficace al risveglio religioso di fine secolo, ricuperare le tematiche cristiane essenziali e gettare le fondamenta di una nuova presenza di ispirazione cristiana nella società riaprendo la strada all’impegno sociale dei cattolici spesso emarginati dall’imperante cultura laicista.

La copertura semantica della dizione “Regno sociale di Cristo” è oggi affidata alla cosiddetta “dimensione sociale” dell’Eucaristia e all’etica sociale che nasce dalla celebrazione fruttuosa di questo sacramento. Il Corpo di Cristo dato per la vita del mondo è percepito come un invito ad operare all’avvento di un mondo nuovo.

Questo appello è stato pienamente espresso nei Congressi del post-Concilio, a cominciare da quelli di Bombay (1964), di Bogota (1968), di Filadelfia (1976).

Nella Chiesa d’oggi la dimensione sociale del Sacramento è coniugata soprattutto come:

- Persuasione che la Chiesa ha ricevuto nell’Eucaristia il codice genetico della sua identità, il dono pieno che la pone di fronte al mondo come “Corpo di Cristo”, “sacramento di salvezza”.

Da qui nasce la chiamata a trasformazioni non solo morali ed interiori, ma anche sociali e culturali. Per questo è giusto parlare di un vero e proprio ethos eucaristico. Per l’azione dello Spirito santo, la santità dei doni eucaristici è nient’altro che l’epifania della santità di Dio, della santità della Chiesa e della santità dei cristiani rispetto a tutto ciò che è mondano.

- Orientamento di tutte le dimensioni della vita cristiana, ivi comprese quelle sociali, a partire dall’Eucaristia, nel contesto dell’ecclesiologia conciliare e del corretto rapporto Chiesa-mondo secondo lo stile della “forma eucaristica” (Sacramentum caritatis, 70-83)

- Promozione della centralità e della dignità della persona.

Dinanzi al Signore della storia e del futuro del mondo, le sofferenze dei poveri, le vittime sempre più numerose dell’ingiustizia e tutti i dimenticati della terra non possono restare estranei alla celebrazione del mistero eucaristico che impegna i battezzati a operare per la giustizia e la trasformazione del mondo in maniera attiva e consapevole (cf Messaggio del Sinodo dei Vescovi al popolo di Dio, 22 ottobre 2005).

3. La dimensione pastorale

Alla duplice dimensione dei Congressi (pietà eucaristica e impegno sociale) che la storia ci ha consegnato, bisogna oggi aggiungere la valenza pastorale di ogni Statio congressuale chiamata a rilanciare il legame profondo tra Eucaristia e Chiesa e ribadire il ruolo fondamentale di questo Sacramento nell’azione ecclesiale.

Se la Chiesa ha il suo principio e la sua forma nell’Eucaristia, l’Eucaristia deve ritenersi il principio e la forma ispiratrice dell’azione pastorale ecclesiale, di quella “nuova evangelizzazione” che è il marchio distintivo dell’agire della Chiesa in questi ultimi decenni.

 

II.
IL SENSO DI UN CONGRESSO

La “Statio orbis” che la Chiesa irlandese - e Dublino in particolare - sta preparando, è un momento specifico del cammino della Chiesa universale, luogo del “convenire” pellegrinante dei fedeli da ogni parte della terra, segno autentico di fede e di carità nella comunione offerto dai credenti di questo Paese a tutta l’umanità. Tale segno sarà tanto più efficace se si terrà presente quanto segue.

1. Il CEI chiama ad un rinnovamento permanente della vita eucaristica

Il Congresso Eucaristico Internazionale (CEI) non è anzitutto una grandiosa manifestazione di fede, un grande omaggio reso all’Eucaristia, ma una grazia di rinnovamento permanente della vita eucaristica di tutto il popolo di Dio. In questo senso ci vengono in aiuto i documenti conciliari ed i recenti documenti del magistero - l’Istruzione De cultu mysterii eucharistici (1967); la Institutio generalis Missalis Romani (1969); il Rituale Romano De Communione et de Cultu Mysterii Eucharistici extra Missam (1973); la Lettera Enciclica Ecclesia de Eucharistia (2003); l’Istruzione Redemptionis Sacramentum (2004); la Lettera Apostolica Mane Nobiscum Domine (2004) - fino all’ultimo Sinodo sull’Eucaristia e alla conseguente esortazione apostolica di Benedetto XVI Sacramentum caritatis in cui la celebrazione eucaristica con tutte le sue conseguenze (“spiritualità eucaristica”, “forma eucaristica” della vita, “culto spirituale”…) viene affidata al popolo di Dio perché diventi realtà vitale.

2. Il CEI è al servizio al Popolo di Dio

Il CEI non è un privilegio affidato a Dublino ma è un servizio per il cammino del Popolo di Dio. La vita Eucaristica non è un “di più”, qualche cosa che resta a lato delle diverse attività che ogni chiesa particolare è chiamata a svolgere, ma è la fonte e culmine della vita e dell’attività di tutti i battezzati.

3. Il CEI è uno spazio di formazione

La celebrazione di un Congresso non si riduce alla sua settimana conclusiva ma si concretizza in un cammino almeno biennale di preparazione. Lì si approfondisce quanto poi si celebrerà nei giorni conclusivi. Per questo è necessario uno sforzo speciale di formazione dei pastori e dei fedeli attraverso tutti gli strumenti usuali della catechesi diocesana e parrocchiale, attraverso sussidi e contatti mirati, con l’aiuto dei mass-media, affinché il popolo di Dio sempre più si avvicini alla comprensione autentica del Sacramento dato per la vita del mondo.

Non si dimentichi tuttavia che anche la Settimana conclusiva deve assumere una forte valenza formativa con l’offerta di una catechesi solida, di testimonianze coinvolgenti e di celebrazioni esemplari dei divini misteri.

 

III.
L’IMPATTO DEI CONGRESSI EUCARISTICI
SULLA VITA ECCLESIALE

 

1. Nel 50° anniversario del Concilio Vaticano II

Ogni congresso Eucaristico internazionale ha un impatto profondo anche se non sempre misurabile sulla vita della Chiesa. Tanto più lo avrà il Congresso di Dublino, giubilare perché 50° della serie, che cade nell’anniversario (ancora una volta il cinquantesimo!) dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Si tratta perciò di fare memoria di un avvenimento ecclesiale che, in continuità con la tradizione della Chiesa, ha saputo accogliere le istanze positive della modernità vagliandole alla luce del Vangelo, al fine di annunciare la salvezza alle donne e agli uomini del nostro tempo.

Per questo il Congresso del 2012 può diventare, secondo la dimensione internazionale che gli è propria, uno strumento importante per promuovere una celebrazione esemplare e fruttuosa della Liturgia conciliare; una catechesi rinnovata intorno al mistero eucaristico e alle sue ricadute sociali, etiche e culturali; un culto sempre più autentico del Mistero della Fede, fonte e culmine della vita ecclesiale.

Al di là di questo anniversario particolare, i Congressi Eucaristici Internazionali hanno avuto un forte impatto sulla vita della Chiesa. Qui se ne ricordano alcuni aspetti storicamente misurabili.

2. Centralità della celebrazione

Dopo essere stati per i primi trent’anni i Congressi delle opere eucaristiche, cioè del culto eucaristico fuori della Messa e di tutte le attività cultuali ed associative ad esso legate, i Congressi Eucaristici hanno accompagnato gli sforzi del Magistero per un accesso sempre più ampio alla grazia del Sacramento. Così, al tempo di san Pio X, hanno sostenuto l’impegno per abbassare l’età di accesso alla comunione dei fanciulli ed hanno propagato la comunione frequente. Nell’intervallo fra le due guerre mondiali hanno sostenuto l’impegno missionario della Chiesa radunandosi per la prima volta nei continenti extra-europei ed affermando la forza evangelizzatrice dell’Eucaristia.

A partire dal Congresso di Monaco di Baviera nel 1960 e dalla riflessione sviluppata nel Concilio Vaticano II, in una feconda simbiosi con il movimento liturgico, i Congressi Eucaristici hanno fatto progredire la conoscenza del Mistero Eucaristico. Si pensi al loro contributo per la comprensione della comunione come partecipazione piena alla celebrazione dell’Eucaristia; la riscoperta dell’assemblea celebrante; l’approfondimento del rapporto tra la mensa della Parola e la mensa del Pane; l’accento sulla dimensione sociale del Sacramento, il rapporto dell’eucaristia con gli altri Sacramenti, il rinnovamento del Culto eucaristico fuori della Messa…

Tra le altre sfide ancora da affrontare si ricorda qui la necessità di coinvolgere ed integrare nel movimento del rinnovamento liturgico e nel cammino della nuova evangelizzazione le forme di pietà popolare legate all’Eucaristia e le associazioni che, a vario titolo, dall’Eucaristia traggono ispirazione (movimenti per l’Adorazione perpetua o notturna, le Confraternite del Ss.mo Sacramento…).

L’impegno per un costante approfondimento nella comprensione del mistero eucaristico continua anche con il prossimo evento di Dublino che avrà al suo centro il riferimento all’Eucaristia come mistero di comunione con Cristo e con i fratelli.

3. Eucaristia ed evangelizzazione

Eucaristia ed evangelizzazione costituiscono due realtà inseparabili nella essenza della Chiesa. E questo non solo nei paesi tradizionalmente destinatari dell’azione missionaria ma anche nei Paesi di antica evangelizzazione. Si pensi, per esempio, al continente Europeo dove i diversi Paesi segnati per secoli da una cultura cristiana sperimentano oggi una distanza progressiva dai valori della fede, un allontanamento dalle radici comuni del cristianesimo ed una frattura sempre più ampia tra Vangelo e cultura.

In questo senso l’inculturazione della fede è uno degli elementi costitutivi della nuova evangelizzazione con cui si intende riportare al centro la persona di Cristo e il suo Vangelo perché la Chiesa resti fedele alla sua missione e continui ad essere seme di futuro e di vita per l’umanità.

A questo fine i Congressi eucaristici possono essere il luogo privilegiato per una migliore e più attenta articolazione tra eucaristia ed evangelizzazione o, detto altrimenti, tra la convocazione della Chiesa in assemblea eucaristica e la missione affidatagli da Cristo stesso di annunciare il vangelo del Regno. In questo senso bisognerà prestare attenzione affinché la convocazione del popolo di Dio non diventi soltanto il presupposto per la sua prerogativa essenziale, cioè l’invio nel mondo. «È di per sé evidente che soltanto un popolo di Dio, che si è lasciato radunare in unità e concordia, è in grado di convincere il mondo» [2].

La nuova evangelizzazione è stata e sarà una sfida permanente per i Congressi Eucaristici. L’annuncio del Vangelo e la celebrazione dell’Eucaristia, infatti, non solo fanno vivere la Chiesa ma costituiscono anche un segno visibile per la società multiculturale di oggi. Inoltre, Vangelo ed Eucaristia restano gli strumenti essenziali per portare la salvezza fino ai confini della terra.

4. Eucaristia, ecumenismo e dialogo interreligioso

Nei primi 37 Congressi Eucaristici Internazionali non si sono affrontati i temi dell’Ecumenismo e del dialogo interreligioso se si eccettua – ma solo in parte e con accenti assai differenti da quelli odierni – il Congresso di Gerusalemme del 1893. L’ora non era ancora giunta, ma è auspicabile che nei prossimi anni venga colto l’essenziale nesso tra eucaristia e comunione delle Chiese. Se infatti, per sua stessa natura, l’eucaristia manifesta e realizza la forma ecclesiae, essa rappresenta non solo il fine ma anche la via e il mezzo per giungere alla comunione visibile tra le Chiese cristiane.

Fu a Monaco nel 1960 che le relazioni ecumeniche cominciarono ad entrare a pieno titolo nei Congressi Eucaristici. I preparativi per il Concilio appena iniziati avevano condotto il beato Giovanni XXIII a creare il Segretariato per la promozione dell’unità dei Cristiani. Da allora in poi, nella prospettiva ecclesiale del Vaticano II, il movimento verso l’unità dei Cristiani diventa parte dei Congressi Eucaristici. Ad esso si è aggiunto, in tempi più recenti, il dialogo interreligioso che tanto spazio ha trovato nella Chiesa a partire dal primo incontro di Assisi voluto da Giovanni Paolo II nel 1986.

I rapporti ecumenici ed interreligiosi di ogni Congresso dipendono dalle caratteristiche del Paese, dall’ambiente socio-culturale e dalle circostanze in cui il Congresso si celebra. È interessante ricordare, per esempio, che l’introduzione delle nuove preghiere eucaristiche nel Messale Romano con le loro epiclesi di consacrazione ha favorito l’avvicinamento teologico con i fratelli ortodossi, così come l’attenzione data alla Parola di Dio nel culto cristiano ha condotto alla presenza ormai normale di rappresentanti delle Chiese riformate nei Congressi Eucaristici a partire dagli anni Settanta. Così, nelle conferenze congressuali, si pongono con libertà i problemi dei rapporti ecumenici in genere, compreso il problema della intercomunione.

In quanto ai rapporti interreligiosi si sono avute riflessioni particolari sul rapporto tra cristianesimo islam e religioni zoroastriane a Bombay nel 1964; a Nairobi nel 1985 Giovanni Paolo II si è rivolto agli hindu e ai musulmani; a Seoul nel 1989 si sono realizzati incontri con buddisti e confuciani.

Dopo la breve presentazione degli influssi più significativi dei Congressi Eucaristici nella vita della Chiesa, si comprende ancor di più che la ricchezza del mistero eucaristico è inesauribile e che i Congressi Eucaristici Internazionali non sono fine a se stessi ma un mezzo perché il mistero eucaristico sia sempre più conosciuto. L’Eucaristia celebrata è il grande tesoro della Chiesa.


 

[1] Cf. E. Vecchi, La dimensione sociale dell’Eucaristia. Storia, radici e tradizione dei Congressi Eucaristici, Ponteranica 2004.

[2] G. Lohfink, Dio ha bisogno della chiesa?, San Paolo, Cinisello Balsamo 1999, p. 78.

 

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