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RIFLESSIONE DI MONS. MARCELLO ZAGO

PENTECOSTE 2000

GIORNATA DI RIFLESSIONE SUI DOVERI DEI CATTOLICI VERSO GLI ALTRI: ANNUNCIO DI CRISTO, TESTIMONIANZA E DIALOGO 

 

La festa della Pentecoste, specie in quest'anno del Giubileo, ci fa prendere coscienza che è nostro dovere far conoscere il Cristo attorno a noi e appoggiare l'opera di evangelizzazione nel mondo.
La Pentecoste, infatti, segna l'inizio della vita pubblica della Chiesa e della sua missione.

Rinnovati e rincuorati dallo Spirito gli Apostoli si mescolano ai pellegrini venuti da diversi paesi per la festa, profetizzano facendosi capire da gente di idiomi diversi, destano la meraviglia tra i presenti, che interpretano diversamente i fatti.

Allora Pietro, circondato dagli undici, spiega quello che è avvenuto e annuncia il Cristo come Salvatore.

Se gli Apostoli profetizzano è perché sono stati ricolmati dello Spirito Santo. Gesù è il Salvatore, attraverso il mistero pasquale. Per essere salvati occorre, quindi, convertirsi. In questo modo gli Apostoli mettono in pratica l'ordine ricevuto in precedenza dal Cristo.

Nel Nuovo Testamento Cristo dà un mandato preciso alla sua Chiesa. Secondo i Sinottici, la comunità dei discepoli è inviata da Cristo ad "ammaestrare e battezzare" (Mt 28, 19), a "predicare il Vangelo e a battezzare" (Mc 16, 15-16), a "predicare la conversione e il perdono dei peccati" ed "essere suoi testimoni" (Lc 24, 47; At 1, 8).

Ogni evangelista sottolinea un aspetto del mandato (cf RM 23). Mentre i Sinottici insistono sulla proclamazione (cf Mc) o sulla costituzione di comunità (cf Mt) o sulla testimonianza (cf Lc), Giovanni, che è il solo a parlare esplicitamente di "mandato", sottolinea che la Trinità è la sorgente e meta della missione (cf Gv 17, 3; 20, 21).

Cristo ha affidato altri compiti alla sua comunità di discepoli:  devono essere sale (cf Mt 5, 13), luce (cf Mt 5, 14), lievito (cf Lc 13, 20-21) per l'umanità alla quale sono inviati o in mezzo alla quale si ritrovano. Queste immagini esprimono un ruolo attivo della Chiesa nel mondo, realizzato con la vita e non solo con le opere.

E poi c'è il comandamento nuovo, il suo comandamento, che è l'amore concreto e prioritario, non solo verso i fratelli (cf Gv 3, 14), ma verso tutti (cf Mt 5, 44), sul modello del Padre (cf Mt 5, 43-48) e di Cristo stesso (cf Gv 15, 12). Si può dire che il Cristo ha lasciato due grandi comandamenti:  quello di amare e quello di annunciare il Vangelo.

Essi non sono antitetici, ma complementari; ambedue conducono alla conoscenza esperienziale di Dio partecipata all'umanità:  "Siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me" (Gv 17, 22-23).

La missione della Chiesa nei confronti del mondo è innanzitutto ricevuta da Cristo. La Chiesa è chiamata ad attuarla, incarnandola.

Le modalità della missione, invece, devono essere cercate; il "come" deve essere sempre inventato secondo le situazioni e le possibilità. Ma il compito di amare e di testimoniare è permanente. Se si nega, in linea di principio e di fatto, uno di questi due comandamenti, la Chiesa non solo è infedele, ma si autodistrugge.

Paolo VI, nella Evangelii Nuntiandi, scriveva:  "L'Evangelizzazione conterrà sempre - come base, centro e insieme vertice del suo dinamismo - anche una chiara proclamazione che, in Gesù Cristo, [...] la salvezza è offerta ad ogni uomo, come dono di grazia e di misericordia di Dio stesso" (EN 27). E Giovanni Paolo II aggiungeva:  "Tutte le forme dell'attività missionaria tendono verso questa proclamazione che rivela e introduce nel mistero nascosto nei secoli e svelato in Cristo, il quale è nel cuore della missione e della vita della Chiesa, come cardine di tutta l'evangelizzazione" (RM 44). In qualche modo si può fare tale annuncio sempre, in tutti i luoghi e da tutti, almeno come testimonianza della propria fede. Non occorre aspettare luoghi o avvenimenti speciali per farlo. La vita ordinaria e i contatti di ogni giorno possono offrire l'occasione per testimoniare la nostra fede. Si tratta, talvolta, di un semplice commento o di una allusione che apra alla realtà cristiana. L'annuncio non è un'impresa né impossibile, né straordinaria. Per poterlo fare in modo quasi naturale occorre essere animati dalla fede e stimare il dono della vita cristiana. Poter annunciare il Cristo, facendo intravedere la sua presenza e la sua azione salvifica, è anche una grazia, che fortifica la nostra identità.

Bisogna quindi chiederla per noi e per la Chiesa, specie in un mondo indifferente e a tante altre cose interessato. Affinché questo annuncio possa realizzarsi ed essere in qualche modo accolto, occorre avere rapporti di amicizia con le persone a cui ci si rivolge, occorre rispettare i loro valori e il loro cammino umano e spirituale, occorre un'atmosfera di dialogo e di fiducia reciproca.

L'annuncio non è il tutto della missione a cui il cristiano è chiamato. C'è la solidarietà per risolvere i problemi comuni della vita, c'è il dialogo per capirsi e camminare insieme, c'è l'impegno per costruire una società più giusta e più umana, c'è il culto a Dio che deve esprimersi anche socialmente, c'è l'approfondimento della fede e lo sforzo per renderla interpellante e adattata alla cultura in cui si vive.

La Pentecoste ci invita a prendere coscienza che la missione è affidata a tutti i cristiani e a ciascuno.

Tutti possiamo e dobbiamo testimoniare il dono più prezioso che ci è stato donato. Lo facciamo con la parola, con il nostro operare e, più ancora, con la nostra vita che porta frutti se inserita nel Cristo.

La Pentecoste ci invita anche a prendere coscienza che, discepoli di Cristo, siamo tutti solidali della missione universale della Chiesa, affinché Cristo sia conosciuto e venga il suo Regno.

Le piccole comunità cristiane, spesso angariate, sospettate e, talvolta perseguitate, hanno bisogno del nostro appoggio e della nostra preghiera. Popoli e gruppi umani ancora estranei alla luce del Vangelo hanno bisogno di apostoli e di fratelli che li aiutino a scoprire Colui che salva, che dà il senso della vita e apre il cammino della piena liberazione.

Siamo solidali a questa missione che è stata affidata alla Chiesa. E la prima forma di solidarietà è la preghiera, affinché lo Spirito Santo scenda su noi tutti, ci faccia ardere dell'amore divino e ci istilli il bisogno di vivere e annunciare Cristo e il suo Regno.

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