Lunedì, 8 maggio 2000
In quest'anno del Grande Giubileo 2000 la consueta Assemblea annuale dei Direttori Nazionali delle Pontificie Opere Missionarie assume un significato del tutto speciale. Quest'anno voi venite da 115 Paesi di tutti i continenti come rappresentanti qualificati del movimento missionario della Chiesa. Ma venite anche come pellegrini del Grande Giubileo per rinnovare il compito che la Chiesa vi ha affidato nei vostri rispettivi Paesi.
L'appuntamento è del tutto speciale perché l'Anno 2000 è del tutto speciale.
Si tratta anzitutto dell'anniversario dell'Incarnazione del Figlio di Dio che è assieme la nascita della missione della Chiesa.
Si tratta poi del passaggio dal secondo al terzo millennio dopo Cristo, passaggio che invita ad una riflessione sulla storia dell'umanità sul ruolo della missione e perciò sui vostri compiti missionari all'inizio del nuovo millennio e del nuovo secolo da cominciare ad attuarsi - per essere molto concreti - già in questo primo anno del nuovo periodo d'attività.
Sotto vari aspetti "ora è il momento della salvezza" ("nunc tempus salutis" cfr 2 Cor 6) per le Ponticie Opere Missionarie chiamate a guidare in prima fila lo sforzo missionario della Chiesa. Ora più che mai abbiamo bisogno di riflettere sull'impegno missionario in tutta la sua ampiezza a 360 gradi, nel tempo e nello spazio, per poter rispondere fedelmente al grande mandato del Signore Risorto che accompagna la sua Chiesa "tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28, 20), per portare la missione "fino agli estremi confini della terra" (Atti 1, 8). Appunto, nel tempo e nello spazio abbracciato dalla missione.
1. Missione radicata nel Mistero dell'Incarnazione
Se il Giubileo è il tempo della memoria, lo è in particolar modo per la missione. La missione è nata "quando venne la pienezza dei tempi" (Gal 4, 4) e nel mistero dell'Incarnazione redentiva si verificò il disegno amoroso del Padre: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3, 16). Il Giubileo è la festa della redenzione offerta a tutta l'umanità dal Figlio unigenito, Inviato-Missionario del Padre per la salvezza dell'umanità: "Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e si è fatto uomo... è morto e risorto", come lo recitiamo nella Professione di fede. Il Giubileo è anche festa missionaria per eccellenza, perché anniversario della nascita della Missione nel tempo, come continuazione delle "missioni" del Figlio e dello Spirito all'interno di Dio Trino.
Infatti, la missione non è finita con la vita di Gesù Cristo su questa terra, anzi, con Lui è solo cominciata. Egli ha inviato, prima di ascendere ai cieli, la sua Chiesa a continuare la missione: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Gv 20, 21). Non è un semplice invito facoltativo, è un solenne mandato in forza della sua autorità: "Mi è stato dato ogni potere (exousia) in cielo e in terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli. Ed ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28, 19-20). Tutti i popoli, fino alla fine del mondo! La missione della Chiesa non è limitata ad un periodo o ad un continente. Non è una missione puramente nostra, umana; non dipende dalle sole nostre forze. La missione della Chiesa è opera dello Spirito. "Avrete la forza dallo Spirito Santo e mi sarete testimoni... fino agli estremi confini della terra" (Atti 1, 8). È un'opera divino-umana, a cui l'assistenza divina è promessa ed assicurata: "Io sono con voi fino alla fine del mondo". Noi cristiani tutti, ma i collaboratori diretti delle Pontificie Opere Missionarie ancor di più, ci dobbiamo sentire molto umili e onorati di essere chiamati a contribuire con le nostre povere forze umane a quest'opera divina, grandiosa, storica; anzi ad entrare in un flusso di attività misteriosa che nel Dio Uno-Trino prosegue attraverso la sua Chiesa fino alla fine dei tempi.
Questo Giubileo della salvezza, Giubileo della Missione, è per noi un evento che ci interroga e ci coinvolge in prima persona ed è allo stesso tempo la sorgente di una nuova ispirazione e di un nuovo slancio per una generosa dedizione all'opera di animazione e di cooperazione che la Chiesa e lo Spirito Santo ci affidano.
È molto significativo che Giovanni Paolo II nella sua qualità di Pastore Supremo della Chiesa Cattolica, ha voluto rivolgere dalla Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme, nel momento che egli stesso ha indicato come "culmine del suo pellegrinaggio", un accorato invito a tutta la Chiesa, a rinnovare l'obbedienza al mandato missionario del Signore. Egli ha detto: "Da questo luogo, dove prima alle donne e poi agli Apostoli fu fatta conoscere la Risurrezione, esorto tutti i membri della Chiesa a rinnovare la loro obbedienza al comandamento del Signore di portare il Vangelo sino ai confini della terra. All'alba di un nuovo millennio c'è un grande bisogno di gridare dai tetti la buona novella che "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3, 16)" (L'Osservatore Romano, Lunedì-Martedì 27-28 marzo 2000 p. 5).
Che cosa significa per le Pontificie Opere Missionarie e, in concreto, per i Direttori nazionali rinnovare l'obbedienza al mandato del Signore? In che situazione si trova oggi, dopo duemila anni, la missione? Qual è il campo in cui dobbiamo agire per essere fedeli al mandato?
2. Missione nel mondo odierno
Quando Giovanni Paolo II pubblicò l'Enciclica "Redemptoris missio", ha suscitato una certa sorpresa la sua affermazione collocata allo stesso inizio di questo importante documento: "La missione di Cristo Redentore... è ancora agli inizi" (RM 1). Alcuni si sono meravigliati: come si può dire questo dopo duemila anni di evangelizzazione?
Eppure, basta considerare le statistiche della popolazione del nostro pianeta che conta 6 miliardi di persone, di cui due terzi non conoscono ancora Gesù Cristo, mentre il numero dei cattolici supera il miliardo e quello di tutti i cristiani è quasi di due miliardi. La crescita demografica dei fedeli cattolici è inferiore al forte aumento demografico dei popoli non cristiani. Nonostante il continuo aumento degli appartenenti alla Chiesa cattolica, la loro percentuale è di circa il 17,4%, con una leggerissima flessione negli ultimi decenni.
Cambia anche la mappa geografica della missione. Con la massiccia immigrazione la missione ad gentes si trova già in varie regioni della vecchia Europa la quale mostra anche il bisogno di una vigorosa ri-evangelizzazione o nuova evangelizzazione. Nello stesso tempo crescono le giovani Chiese in Africa che hanno raggiunto il 15% della popolazione. Per non parlare dell'America Latina che si apre alla missione attiva verso altri continenti. Il movimento missionario non è solo dal Nord al Sud, ma in tutte le direzioni, perché le nuove Chiese nascono con una coscienza missionaria che è sempre più aperta al mondo intero, a tutte le nazioni, come l'ha rilevato già la Redemptoris missio: "Si sta affermando una coscienza nuova: cioè la missione riguarda tutti i cristiani. Nessun credente in Cristo, nessuna istituzione della Chiesa può sottrarsi a questo dovere supremo: annunziare Cristo a tutti i popoli" (RM 2, 3).
È sintomatico che tutti i recenti Sinodi continentali dei Vescovi hanno avuto come unico tema, pur nelle diverse varianti, Gesù da annunciare.
Le Assemblee sinodali (per l'Africa, per l'America, per l'Asia e per l'Oceania) hanno attirato l'attenzione del mondo intero sulle giovani Chiese missionarie, sulla loro vitalità e sui difetti di crescita. La Chiesa intera ne ha guadagnato in comunione più profonda, in universalità più vissuta, in ricchezza culturale più vasta. Le giovani Chiese, pur nella loro povertà economica e di personale cominciano ad inviare i missionari, almeno temporanei, all'interno del proprio paese, nei paesi vicini e persino fuori del loro continente. A fianco dei sempre necessari missionari a vita, che reclutano le vocazioni anche fuori dell'Europa o America, pian piano prendono piede nuove forme di cooperazione missionaria, come per esempio i preti diocesani "Fidei-donum" che si recano in missione per alcuni anni. L'aiuto delle religiose e dei laici è pure prezioso. Ovviamente, questi non possono contare con il sostegno materiale, né portare i sussidi necessari. Spesso, essi sono attirati in misura esagerata dai paesi più ricchi dell'Europa e dell'America del Nord. Se da un lato vi sono già missionari indiani in Africa e in America Latina, quelli latino-americani in Africa e in Asia, sorgono nuovi problemi da considerare sia da parte dei Vescovi come anche da parte delle Pontificie Opere Missionarie. Il nuovo movimento genuinamente missionario deve essere sostenuto dalla cooperazione della Chiesa universale. Ma la massiccia emigrazione di sacerdoti e di suore verso l'Occidente prospero materialmente ma povero di vocazioni, deve essere attualizzata e regolata dai pastori perché non diventi dannosa alle Chiese giovani e un alibi per le Chiese antiche, che sembrano dispensarsi da una più incisiva pastorale vocazionale e familiare, ricorrendo tranquillamente a queste forze, necessarie tuttavia nei paesi d'origine. L'animazione missionaria delle Pontificie Opere può aiutare le comunità più ricche a non chiudersi, né ad accontentarsi con qualche offerta materiale ma a rimanere aperte a donare anche i propri figli e figlie per il Signore sia in patria che fuori.
Oltre a queste osservazioni generali, sulla base di recenti esperienze, vorrei comunicarvi alcuni rapidi cenni sui singoli continenti, utilizzando i dati statistici dell'Annuario Statistico della Chiesa del 1998.
L'Africa ha conosciuto un secolo di rapida evangelizzazione: da due milioni nel 1900 a 116 milioni oggi, il 15% della popolazione, con la gerarchia in grandissima parte locale, con molte vocazioni sacerdotali e per la vita consacrata, con uno sforzo di applicare gli orientamenti del Sinodo e dell'Esortazione post-sinodale "Ecclesia in Africa", cordialmente accettata. Non mancano, tuttavia, le sfide esterne ed interne, l'abbandono da parte dei potenti del mondo, sfruttamento economico e militare, dei dissidi tribali, la mancanza di un'illuminata classe dirigente, ecc. Le regioni più evangelizzate sono le più colpite da sconvolgimenti causati da interessi interni ed esterni, soprattutto nei paesi confinanti ai Grandi Laghi. La Chiesa paga un grande tributo di vite, di oppressione, di limitazioni e di sacrifici. La morte di quattro Vescovi ruandesi e di uno congolese, la prigione di Mons. Misago e il confino di Mons. Kataliko sono segni eloquenti. I pastori del Congo e della Aceac non potevano nemmeno radunarsi per vari anni, per cui la nostra Congregazione è finalmente riuscita, nel novembre scorso, a riunire, fuori della loro rispettiva patria, a Nairobi, tutti i Vescovi del Congo, Rwanda e Burundi. Ma la situazione è ancora drammatica. E non solo in questa zona. Si pensi pure alla Liberia, alla Sierra Leone, a Congo-Brazzaville, all'Angola, allo Zimbabwe, per non parlare delle situazioni di siccità e di fame in Etiopia, Kenya del Nord (dove ho consacrato il nuovo Vescovo a Lodwar, nell'arida savana), di precarietà nei due Congo, ecc. Altra problematica è costituita dalla presenza cattolica negli Stati musulmani del Nord Africa, come ho potuto sperimentare durante la mia recente visita in Libia. Ma la Chiesa locale è sempre più cosciente e pronta, anche se spesso sprovvista di mezzi per affrontare le situazioni.
L'Asia è il continente verso il quale deve rivolgersi sempre di più la missione ad gentes. Con il 60% della popolazione mondiale e l'85% di tutti i non cristiani che vi vivono, è anche il continente meno evangelizzato. La Chiesa Cattolica vi raggiunge appena il 2,9%, e cioè 105 milioni, di cui tuttavia 60 milioni vivono nelle Filippine e 17 milioni in India. In vari Paesi i cattolici battezzati costituiscono una minoranza, dello 0,5% o anche meno. Persistono e aumentano e difficoltà esterne per l'evangelizzazione che sono politiche e ideologiche (Cina, Vîet Nam, Laos), culturali e religiose (fondamentalismo, fanatismo e nazionalismo di alcuni gruppi nelle religioni antiche), economiche e sociali (secolarismo e materialismo crescenti).
Esistono in certi Paesi vere e proprie campagne contro la missione e contro le conversioni, come si è potuto notare nella stampa e alla televisione durante la visita del Santo Padre in India nel novembre 1999 dove l'ho accompagnato. I cattolici hanno subito violenze, attacchi alle chiese e persino morti, in India, Indonesia e Timor Est, mentre l'abusata legge contro la bestemmia sembra ora essere in qualche maniera regolata in Pakistan.
Non sono ancora terminate le tensioni all'interno della Chiesa che sono d'ordine teologico o organizzativo (discussioni su Gesù Cristo unico Salvatore e sulla missione, tensioni inter-rituali, ingerenze nelle nomine dei Vescovi e nel governo delle Chiese locali). Ma la missione continua nelle varie forme possibili, specie per la via del dialogo.
Nell'Asia centrale si è avuta la creazione di ulteriori circoscrizioni ecclesiastiche in Kazakhistan ed in Cambogia. Ci sono stati i primi battesimi di persone locali nell'incipiente comunità della Mongolia Esteriore. Ed intanto aspettiamo l'ora della grande Cina.
Con la pubblicazione dell'Esortazione post-sinodale "Ecclesia in Asia" questa Chiesa ha un programma pastorale che la FABC ha analizzato nella sua Assemblea plenaria del gennaio 2000 a Bangkok a cui ho potuto partecipare. Il compito d'animazione missionaria dei Direttori nazionali in aiuto ai propri Vescovi è quindi vasto e di grande importanza.
L'America Latina, dove vive il 43% di tutti i cattolici del mondo continua a dare soddisfazioni nel campo della missione ad gentes. Nei primi giorni di ottobre del 1999 ha avuto luogo a Paranà, in Argentina, il Congresso missionario, che doveva essere COMLA VI, ma è diventato, secondo le indicazioni di maggiore cooperazione ecclesiale con il Nord America del Sinodo dei Vescovi per l'America assieme, il CAM 1, con la presenza di due delegazioni dagli Stati Uniti d'America e dal Canada. Il prossimo CAM 2 si svolgerà in Guatemala, nell'America Centrale nel 2003. Avendo partecipato, a cominciare dal 1987 a tutti i Congressi missionari come Inviato del Papa, posso testimoniare il notevole contributo di queste assemblee di lavoro e di celebrazione per la crescita della coscienza missionaria delle Chiese che cominciano a "dare dalla propria povertà" e ad "uscire oltre le proprie frontiere" verso altri continenti. C'è da ricordare che nell'America intera esistono ancora sacche di popolazioni pronte per la prima evangelizzazione o per la maturazione nella fede.
La Congregazione di Propaganda Fide è ancora responsabile di nove Diocesi nel Nord America (Canada e Alaska) e, di 74 circoscrizioni nell'America Latina e nei Caraibi. Nel frattempo continua a passare le circoscrizioni più mature alla competenza della Congregazione per i Vescovi, ossia al "diritto comune".
I Direttori nazionali dell'intero continente dovrebbero ora elaborare le linee di una più stretta collaborazione missionaria in cui l'America Latina potrebbe apportare più slancio e fuoco e quella del Nord più efficacia organizzativa per la comune cooperazione per la missione ad gentes.
Il continente fluttuante dell'Oceania, con i suoi 8 milioni di cattolici su 30 milioni di popolazione totale, ha mostrato una problematica missionaria del tutto particolare nel Sinodo dei Vescovi, celebrato nel 1998 e di cui si attendono ora le direttive post-sinodali: distanze enormi, piccole comunità sparse e isolate, mancanza di vocazioni locali, invecchiamento dei missionari, proliferazione delle sette, ecc. Temi importanti per i rispettivi Direttori nazionali.
Ma anche l'Europa ha le sue gravi questioni della missione ad gentes da risolvere, come è apparso almeno in qualche misura nel Sinodo dei Vescovi di questo vecchio Continente. Per il notevole afflusso degli immigrati non battezzati, la missione ad gentes entra in Europa e si aggiunge alle popolazioni appartenenti ad altre religioni che ora sono uscite dal comunismo, come per esempio: Albania, Kosovo, Bosnia-Erzegovina, che sono ancora sotto la giurisdizione di Propaganda. Vi sono poi in certe regioni larghi strati di coloro che "hanno perduto il senso vivo della fede o addirittura non si riconoscono più come membri della Chiesa" (RM 33), talvolta nemmeno battezzati, completamente scristianizzati. Qui possono rientrare i famosi "nuovi areopaghi" della missione di cui parla Giovanni Paolo II nell'Enciclica Redemptoris missio (n. 37). All'Europa in particolare il Santo Padre ha rivolto questo avvertimento: "Anche in Paesi tradizionalmente cristiani ci sono regioni affidate al regime speciale della missione ad gentes con gruppi ed aree non evangelizzate. Si impone, quindi, anche in questi Paesi non solo una nuova evangelizzazione, ma in certi casi una prima evangelizzazione" (RM 37).
Le Chiese dell'Europa debbono rimanere aperte alla missione ad gentes, perché "la missione rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l'identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni; la fede si rafforza donandola! La nuova evangelizzazione dei popoli cristiani troverà ispirazione e sostegno nell'impegno per la missione universale" (RM 2).
I Direttori nazionali dell'Europa Occidentale e Orientale hanno una grande responsabilità in questo risveglio della fede attraverso l'animazione e la cooperazione missionaria. La buona organizzazione è importante, ma la profonda animazione è quella che crea "il fuoco della missione".
3. Compiti delle Pontificie Opere Missionarie
Di fronte a questa rapida panoramica sul mondo missionario appare sempre più provvidenziale ed impegnativo il ruolo che debbono svolgere le Pontificie Opere Missionarie. Alcuni anni fa, visitando alcuni grandi seminari in Africa, come per es. Il Bigard Memorial Seminary in Nigeria, mi ha colpito l'opera delle due laiche appunto Stephanie e Jeanne Bigard, che hanno fondato l'Opera di San Pietro in favore del clero indigeno.
L'anno scorso sono andato a Lione e a Parigi in Francia, alle sorgenti della Pontificia Opera della Propagazione della Fede. Visitando la casa e la cappella di Pauline Jaricot e rileggendo i suoi scritti mi sono reso di nuovo conto, che le Pontificie Opere Missionarie sono veramente carismatiche. Tutte e quattro sono un dono dello Spirito Santo alla Chiesa, ciascuna ha il suo genuino carisma confermato dalla Chiesa. Chi accetta di essere Direttore Nazionale accetta di entrare nello spirito del carisma, di assumerlo, di viverlo e di portarlo a frutto: "Non spegnete lo Spirito" (1 Tess 5, 19). La fedeltà allo Spirito richiede un supplemento di ascolto, di coraggio e di creatività soprattutto in questo passaggio epocale costituito dall'Anno giubilare 2000.
Le Pontificie Opere debbono pertanto riaffermare con chiarezza la propria identità carismatica, in un cammino di novità nella continuità. Oggi sorgono molte iniziative locali o regionali, promosse dalle singole diocesi, associazioni, gruppi e agenzie di aiuto. Uno sguardo anche rapidissimo al carisma fondazionale di ciascuna delle quattro Opere rivela che esse non sono state concepite per una categoria di persone o per uno spazio geografico delimitato, ma sono nate tenacemente ancorate all'universalità e cattolicità della Chiesa. Basta ricordare alcune linee programmatiche, come "Tutte le chiese per tutta la Chiesa. Tutti i bambini per tutti i bambini. Tutti i presbiteri per tutta la Chiesa". Tale caratteristica rimane motivo principale perché le Opere restino anche nelle singole Nazioni Pontificie, oltreché dipendenti dai Vescovi locali.
L'istruzione "Cooperatio missionalis" avverte: "Si faccia attenzione, tuttavia, di non limitare il proprio raggio d'azione ad un solo obiettivo e di non isolarsi rispetto alle altre iniziative generali di cooperazione missionaria, in special modo a quelle delle Pontificie Opere Missionarie, per salvaguardare il principio della equità universale nella distribuzione degli aiuti" (n. 18).
Le Opere debbono avere un carattere popolare ed usare metodi ispirati alla semplicità. La missione attira ancora i fedeli di ogni ceto. Occorre educarli a una preghiera missionaria nello spirito del "Pater noster", reclutare anche bambini, casalinghe, persone anziane ed ammalate, rendersi presenti nei seminari, nei noviziati, nei movimenti e cercare che "le Chiese locali inseriscano l'animazione missionaria come elemento cardine della loro pastorale ordinaria, nelle parrocchie, nelle associazioni e nei gruppi, specie giovanili" (RM 83). La missione non è questione solo della Giornata missionaria mondiale ma è la vita essenziale della Chiesa, missionaria per sua natura! La spiritualità missionaria è in grado di raggiungere tutti i membri del popolo di Dio e troverà anche varie forme associative di animazione. Colpisce lo zelo delle cosiddette "comunità decimali" che Pauline Jaricot ha saputo diffondere rapidamente in vari paesi; esistono vari "circoli missionari" nei seminari, gruppi di zelatori nelle parrocchie, "gruppi di dodici" tra i ragazzi dell'America Latina e l'Unione Missionaria del Clero ha pure conosciuto la sua fioritura in vari paesi.
L'animazione missionaria in tutti i continenti e in tutte le Chiese, di vecchia e di nuova fondazione, deve muoversi su due linee direttrici che però coincidono, e cioè: informare e formare.
L'animazione ha uno scopo ben preciso: orientare tutta la comunità ecclesiale alla cooperazione missionaria e cioè fare sì che ogni Chiesa particolare e ogni soggetto ecclesiale siano non solo di diritto, ma anche di fatto partecipi allo sforzo missionario della Chiesa. E ciò vale - occorre ripeterlo - per tutte le Chiese, anche quelle giovani.
La cooperazione deve essere anzitutto spirituale per mezzo della preghiera e di offerta dei sacrifici in comunione di amore con Cristo e con il piano divino di salvezza. Suscitare le vocazioni missionarie, particolarmente quelle per la vita e collaborare alla formazione del clero e delle vocazioni alla vita consacrata autoctone, è uno dei compiti e dei frutti più belli e più duraturi di questo tipo di cooperazione che non deve essere dimenticato in nessun paese.
L'animazione deve poi suscitare anche la cooperazione materiale, tenendo sempre presente l'avvertimento della Enciclica "Redemptoris missio", che "la generosità nel dare va sempre illuminata e ispirata dalla fede" (RM 81), perché sia allo stesso tempo un ricevere nella crescita spirituale. Occorre insistere sull'obbligo di tutti, pastori e direttori nazionali, di devolvere tutta la raccolta della Giornata Missionaria Mondiale al Fondo centrale che la Santa Sede destina integralmente in favore della prima evangelizzazione e delle sempre crescenti necessità delle giovani Chiese, quasi tutte situate nelle zone povere. Lo richiede il dovere di coscienza di rispettare l'intenzione dei donatori, lo esige il senso di solidarietà ecclesiale e di giustizia distributiva, lo impone il loro diritto alla crescita. Ricordiamoci che il numero di queste Chiese, solo in breve periodo, è aumentato da 877 a 1.045, cioè del 18%, mentre il numero dei seminaristi maggiori sussidiati è cresciuto negli ultimi 25 anni da 8.562 a 29.000 e il numero dei seminari maggiori da 99 a 374, per non parlare di 50.000 studenti nei seminari minori. Non possiamo abbandonare i sussidi ai catechisti che sono più di 400.000 e occorre riattivare il programma di costruzione di piccole chiese, di dispensari con il servizio di pronto soccorso e di altre indispensabili opere sociali ed educative. Le Pontificie Opere in ogni nazione, ma specie in quelle più abbienti, dovrebbero mettersi d'accordo con altri organismi di aiuto per coordinare i sussidi con spirito di vera solidarietà umana, cristiana ed ecclesiale.
Conclusione
Il Grande Giubileo costituisce per tutta la Chiesa un tema forte per ascoltare il richiamo del Signore Risorto a prendere sul serio il suo solenne mandato missionario. A Roma si moltiplicano varie occasioni per far riprendere il "fuoco della missione": il 7 maggio il Santo Padre si è recato al Colosseo per la Commemorazione ecumenica dei testimoni della fede nel ventesimo secolo e dei "nuovi martiri" della nostra epoca; a giugno si aprirà l'Expo missionaria 2000; dal 18 al 22 ottobre si svolgeranno a Roma il Congresso mondiale missionario, sul tema "Gesù, sorgente di vita per tutti" e il Congresso missiologico internazionale, con il lancio dell'attività dell'Associazione missiologica cattolica. Il culmine si avrà il 22 ottobre con la celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale in Piazza San Pietro con la Messa del Santo Padre. Ma le Pontificie Opere Missionarie nelle singole nazioni debbono impegnarsi per fare di questo Giubileo una memorabile festa della missione, una nuova occasione di giubilo "a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del Vangelo" (Fil 1, 5), e di ringraziamento perché "il nostro Vangelo non si è diffuso fra voi soltanto per mezzo delle parole, ma anche con potenza e con Spirito Santo" (1 Tess 1, 5).