Insieme al vostro Vescovo Mons. Martinelli e al Rappresentante del Papa in questo Paese, Mons. Gatti, rivolgo un cordiale saluto a tutti voi, qui riuniti per un incontro con Dio nel sacrificio eucaristico.
Ringrazio Dio grande e misericordioso che mi dà la gioia di incontrarvi e di portarvi il saluto e la benedizione del Santo Padre Giovanni Paolo II, che vi impartirò alla fine della Santa Messa. Ringrazio, poi, le Autorità di questo bel Paese per l'ospitalità che mi stanno riservando in questo mio viaggio apostolico.
Voi vi trovate quasi tutti in questo Paese per lavoro. Avete lasciato la vostra patria, di cui conservate un grande desiderio e nostalgia. E siete venuti in questo luogo sacro per incontrare il vostro Dio e incontrarvi assieme con i vostri fratelli e sorelle nella fede, attorno a Lui, Gesù Cristo, che rinnoverà la sua presenza sacramentale in mezzo a noi. Siete venuti guidati da questa intima "nostalgia di Dio", che si è rivelato nel suo Figlio Gesù Cristo, dal desiderio di "vedere Gesù". Noi siamo qui e Dio è con noi. Ci parla con le parole che abbiamo ascoltato. Per noi Gesù Cristo offre al Padre suo il suo Corpo e il suo Sangue, perché ci ama tutti. Gesù ci offre se stesso come nutrimento nell'Eucaristia.
E che cosa ci dice oggi Dio? Quale è il messaggio della sua Parola appena ascoltata?
1. "Vogliamo vedere Gesù"
Il Vangelo ci presenta Gesù ed il piccolissimo gruppo dei suoi discepoli in mezzo ad una folla. Vi sono anche alcuni Greci, stranieri tra gli Ebrei, probabilmente di una religione differente e presenti solo temporaneamente. Essi sentono parlare di Gesù, dei suoi miracoli, di come ha risuscitato Lazzaro dai morti. Ed allora chiedono di poter vedere questo Gesù. Li spinge la nostalgia di Dio, il desiderio che è profondamente radicato nel cuore di ogni uomo, di venire in contatto quasi tangibile con il misterioso Personaggio che è il nostro Creatore. Cercano di vedere Gesù perché intuiscono che non è un uomo qualsiasi perché ha i poteri straordinari e l'amore straordinario per gli uomini.
Ma chi è questo giovane maestro, Gesù? Egli adesso si presenta in maniera inconsueta. Non vuole onori da re. Lui che ha risuscitato Lazzaro parla della sua morte come di una cosa necessaria perché gli altri possano avere la vita: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo, se invece muore produce molto frutto... Io, quando sarà elevato da terra, attirerò tutti a me. Questo diceva per indicare di quale morte doveva morire" (Gv 12, 24. 32-33). Egli vede persino la sua glorificazione e la gloria del Padre suo in quest'opera.
Come abbiamo ascoltato nella seconda lettura, egli è quindi "causa di salvezza eterna per tutti coloro che obbediscono" (Ebr 5, 9). Egli è Salvatore e Redentore di tutti gli uomini. Egli è quel Figlio di cui parla ancora la Scrittura: "Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Gv 3, 16). Egli è morto anche per i miei peccati perché mi ha amato. Ciascuno di noi ha il diritto e il dovere di mettersi davanti a lui e dire con san Paolo: "Ha amato me ed ha dato la sua vita per me" (Gal 2, 20). "Non c'è maggior amore di colui che dà la vita per l'altro". Con questo amore Egli ama ciascuno di noi, per questo amore Egli si fa presente in questa eucaristia, si offre ancora una volta al Padre per noi e ci offre il suo Corpo e il suo Sangue.
In questa maniera, con la sua morte Egli ha riunito Greci ed Ebrei e tutti gli altri popoli con una nuova alleanza. Ha legato anche noi che proveniamo da tante nazioni in un nuovo popolo, con il quale ha concluso e firmato con il proprio sangue un contratto, un'alleanza, come aveva predetto il profeta Geremia: "Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo. Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò nel cuore" (Ger 31, 33).
Noi siamo questo nuovo Popolo di Dio che è la Famiglia di Dio, la Chiesa di Gesù Cristo. Perciò ci sentiamo così vicini, così fratelli e sorelle fra noi, piccolo gregge ma legati con legami superiori persino a quelli di sangue, di razza, di colore.
Il nostro incontro oggi, ma anche ogni vostro incontro eucaristico ed altro deve essere pieno di gioia e di riscoperta di questa parentela e fraternità in Gesù Cristo. In Lui viene soddisfatta la nostra nostalgia di Dio. Egli è il nostro Emanuele: il Dio con noi. Egli aiuta anche a mitigare la nostra nostalgia legittima della patria.
2. Come vincere la nostalgia della patria
Voi siete qui in gran parte per motivi di lavoro e conservate giustamente nel cuore la vostra patria. Sappiate moderare e vincere la nostalgia della vostra terra con la nostalgia di Dio e di Gesù Cristo.
Voi cercate di fare onore alla vostra patria. Cercate però di fare onore anche al vostro nome di cristiani, di seguaci di Gesù Cristo. Conservate ed approfondite la vostra fede. Fate onore a Gesù Cristo restando fedeli a lui con la vita. Con la vostra vita date testimonianza di fedeltà a Gesù Cristo, al suo amore per tutti, allo spirito di perdono e di riconciliazione. Siate onesti, laboriosi, pacifici, giusti, caritatevoli. Conservate la vostra nostalgia di Dio, cercate "di vedere Dio", di "vedere Gesù Cristo" nella preghiera (e qui potete imparare molto dai nostri fratelli musulmani!) e nella lettura del Vangelo.
"Se uno mi vuole servire, mi segua" dice Gesù. Seguite Gesù Cristo con una vita onesta, coerente, pacifica. Rendete onore al vostro Capo che è Gesù Cristo. Non ci vogliono molte parole ma molti fatti, esempio, coerenza. Tanto più che "l'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri, lo fa perché sono testimoni" (Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 41).
Così potete suscitare, senza troppe parole, anche attorno a voi, il desiderio di conoscere il segreto della vostra gioia e della vostra pace interiore, che è in fondo - come nei Greci del Vangelo - il desiderio di "vedere Gesù", di conoscerlo più da vicino. Come dice l'Apostolo Pietro "rendete ragione della vostra speranza".
Ricordatevi che ciascuno di voi è qui ambasciatore! Non siate sorpresi: davvero ciascuno di voi è ambasciatore di Gesù Cristo, l'ambasciatore che porta il messaggio di pace, di solidarietà, di umanità, di fraternità, di cooperazione, di tolleranza, in una parola: di dialogo di vita.
Il grande Giubileo è per tutti noi occasione di verifica della nostra vita e della conversione a uno stile di vita più coerente con la nostra fede. Poco prima di salire al cielo Gesù ha radunato il suo piccolo gregge ed ha lasciato a questa sua Chiesa un mandato: "Mi sarete testimoni... fino agli estremi confini della terra" (At 1, 8). Questo mandato è più che mai valido per la vostra piccola comunità ecclesiale nella terra di Libia, a distanza di 2000 anni, soprattutto in quest'Anno giubilare. Siate testimoni di Gesù Cristo!