All'inizio di questo terzo millennio dell'era cristiana è urgente riflettere insieme, al fine di riconoscere le novità che il Signore della storia ispira oggi alla vita consacrata.
I problemi morali e sociali, tanto numerosi e spesso drammatici, ci interrogano come Chiesa, come Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica. Ci spingono a mantenere viva nel mondo "la forma di vita che Gesù, supremo consacrato e missionario del Padre per il suo Regno, ha abbracciato ed ha proposto ai discepoli che lo seguivano" (1).
Uniti a Cristo nella sua consacrazione al Padre, noi non cessiamo di cercare il suo volto; desideriamo restare con Lui, attingere per mezzo di Lui, come la Samaritana del Vangelo, alla fonte d'acqua viva, per dissetarci con la sua parola e gioire della sua presenza.
Partecipando alla sua missione, siamo colti da compassione nell'udire il "grido dei poveri" che chiedono giustizia e solidarietà, e come il buon Samaritano della parabola, ci impegniamo a dare risposte concrete e generose.
Tuttavia, queste due forze, ovvero il desiderio di restare con Cristo e la compassione che ci spinge verso l'umanità, invece di convergere talvolta tendono a contrapporsi.
Unità di cuore e di spirito
La pressione esercitata dalla cultura dominante, che presenta con insistenza uno stile di vita fondato sulla legge del più forte, sul guadagno facile e allettante, sulla disgregazione dei valori della persona, della famiglia e della comunità sociale, influisce inevitabilmente sul nostro modo di pensare, sui nostri progetti e sulle prospettive del nostro servizio, col rischio di svuotarli della motivazione della fede e della speranza cristiani che li avevano suscitati. Le richieste, numerose e pressanti, di aiuto, di sostegno e di servizio che ci rivolgono i poveri e gli esclusi della società ci spingono a cercare soluzioni che siano nella logica dell'efficacia, dell'effetto visibile e della pubblicità.
La vita consacrata rischia così di essere incapace di esprimere le ragioni forti della fede e della speranza che l'animano. Difficilmente riesce a manifestare i valori evangelici, poiché la sua proposta di autentiche ragioni di vita a di speranza è spesso nascosta.
Il problema evidentemente è soprattutto nel cuore delle persone consacrate. Spesso non riescono a trovare le parole giuste per testimoniare Cristo in modo chiaro e convincente, poiché "accanto allo slancio vitale, capace di testimonianza e di donazione fino al martirio, la vita consacrata conosce anche l'insidia della mediocrità nella vita spirituale, dell'imborghesimento progressivo e della mentalità consumistica. La complessa conduzione delle opere, pur richiesta dalle nuove esigenze sociali e dalle normative degli Stati, insieme alla tentazione dell'efficientismo e dell'attivismo, rischiano di offuscare l'originalità evangelica e di indebolire le motivazioni spirituali. Il prevalere di progetti personali su quelli comunitari può intaccare profondamente la comunione della fraternità" (2).
Occorre riconoscere che troppo spesso non riusciamo a fare una sintesi soddisfacente della vita spirituale e dell'azione apostolica. Tuttavia, ciò è assolutamente necessario se vogliamo affrontare la sfida del "nuovo" al quale Cristo e la Chiesa ci invitano e che l'umanità attende. In un mondo spaccato e in frantumi, si impone a tutti una profonda e autentica unità di cuore, di spirito e d'azione.
Nella luce dell'Eucaristia
Sebbene l'episodio della Samaritana al pozzo di Giacobbe orienti più verso la dimensione spirituale della contemplazione mentre l'episodio del Samaritano fa pensare alla dimensione caritativa dell'assistenza, queste due immagini evangeliche proposte alla nostra riflessione hanno certamente dei legami profondi.
Ponendo in rilievo i collegamenti e concentrando l'attenzione su Cristo, colui che è seduto presso il pozzo di Giacobbe e colui che "non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio" (Fil 2, 6), ma è disceso per curarci con l'olio della misericordia e per guarirci con il suo Sangue, troviamo una fonte unica dalla quale attingere con sicurezza l'acqua viva, un luogo in cui la consacrazione e la missione diventano una sola cosa, una luce e una forza capace di generare il "nuovo" nella vita consacrata. Questa fonte unica, questo luogo evangelico è il Sacramento dell'Eucaristia.
Il Santo Padre l'aveva indicato in modo pressante in occasione della Giornata della Vita Consacrata del 2 febbraio 2001, dicendo: "Incontratelo, carissimi, e contemplatelo in modo tutto speciale nell'Eucaristia, celebrata e adorata ogni giorno, come fonte e culmine dell'esistenza e dell'azione apostolica" (3).
L'Esortazione Apostolica Post-sinodale Vita consecrata ricorda a sua volta che: "L'Eucaristia, memoriale del sacrificio del Signore, cuore della vita della Chiesa e di ogni comunità, plasma dal di dentro l'oblazione rinnovata della propria esistenza, il progetto di vita comunitaria, la missione apostolica. Tutti abbiamo bisogno del viatico quotidiano dell'incontro con il Signore per inserire la quotidianità nel tempo di Dio che la celebrazione del memoriale della Pasqua del Signore rende presente" (4).
È nell'Eucaristia che le esigenze fondamentali della vita consacrata trovano il loro modello e il loro perfetto compimento.
Esigenza di "rinnovamento"
Nonostante il clima di scoramento e di rassegnazione che si osserva in talune comunità, è innegabile che presso le persone consacrate vi è un bisogno profondo di "nuovo", l'attesa di una svolta, di un futuro da vivere e da condividere. Penso anche che perfino chi dice a se stesso: "per me non c'è più nulla da attendere", in realtà custodisca nel cuore la speranza di una possibile novità. Questo vale sia per gli individui, sia per le comunità.
Negli ultimi anni molti Capitoli generali si sono impegnati nella ricerca di nuovi campi d'azione e di nuovi approcci per esprimere l'identità carismatica del loro Istituto. Hanno cercato modi nuovi di vivere la vita fraterna in comunità, si sono dedicati a un ascolto rinnovato e a un impegno più dinamico per rispondere alle numerose richieste d'aiuto provenienti dalle situazioni di povertà morale e materiale che affliggono l'umanità.
Tuttavia, questo impegno nel nuovo non è sempre avvenuto seguendo criteri di discernimento evangelici. Talvolta il "rinnovamento" è stato confuso con l'adattamento alla mentalità e alla cultura dominanti, con il rischio di dimenticare i valori autenticamente evangelici. È innegabile che "la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita" (1Gv 2, 16), proprie del mondo e della sua cultura, hanno esercitato la loro influenza disorientante, generando conflitti gravi all'interno delle comunità e delle scelte apostoliche, non sempre fedeli allo spirito e alle ispirazioni originali dell'istituto.
Come sempre nella storia, la Chiesa si colloca tra il soffio dello Spirito, che apre nuove vie, e le seduzioni del mondo, che rendono il cammino incerto e possono condurre all'errore.
Per questa ragione dobbiamo recarci al "pozzo" dell'Eucaristia. Solo una lettura eucaristica dei bisogni del tempo può aiutarci a interpretare la qualità dei nuovi approcci.
Gesù nell'Eucaristia ci attende e ci chiama: "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò" (Mt 11, 28). Melitone di Sardi commenta così: "Venite, dunque, o genti tutte, oppresse dai peccati e ricevete il perdono. Sono io, infatti, il vostro perdono, io la Pasqua della redenzione, io l'Agnello immolato per voi, io il vostro lavacro, io la vostra vita, io la vostra risurrezione, io la vostra luce, io la vostra salvezza, io il vostro re. Io vi porto in alto nei cieli. Io vi risusciterò e vi farò vedere il Padre che è nei cieli. Io vi innalzerò con la mia destra" (5).
La "passione per Cristo" deve portare le persone consacrate a porre al centro della loro esistenza e delle loro attività Gesù, presente e operante nell'Eucaristia. Intorno al suo tavolo, i nostri orientamenti apostolici avranno maggiore garanzia di fedeltà al suo spirito e una capacità più certa di fare le scelte giuste.
Gesù è venuto annunciando la "Buona Novella" e ci ripete oggi ciò che ha detto all'Apostolo Pietro, rientrato scoraggiato dalla pesca infruttuosa: "Duc in altum" (6).
È la sfida dell'Eucaristia. La vita consacrata ritrova la sua identità quando lascia trasparire nei fatti la "memoria vivente del modo di esistere e di agire di Gesù come Verbo incarnato di fronte al Padre e di fronte ai fratelli. Essa è vivente tradizione della vita e del messaggio del Salvatore" (7).
Questa prospettiva eucaristica ridona vigore alle motivazioni spirituali e una nuova vitalità all'azione apostolica, e porta al suo compimento la consacrazione battesimale, fondamento dell'identità e della missione delle persone consacrate.
In particolare, ritengo che oggi Cristo, la Chiesa e l'umanità lancino alla vita consacrata tre grandi appelli: affermare il primato della santità; rafforzare il senso ecclesiale; testimoniare la forza della carità di Cristo. L'Esortazione Apostolica Ecclesia in Europa fa riferimento a ciò, ricordando che vi è "sempre bisogno della santità, della profezia, dell'attività di evangelizzazione e di servizio delle persone consacrate" (8).
Affermare il primato della santità
Affermare soprattutto il primato della santità nella vita cristiana: è questo il messaggio fondamentale del Santo Padre per il terzo millennio.
La santità, nella ricca varietà delle sue forme e dei suoi cammini, costituisce da sempre l'obiettivo primario di quanti, "lasciata la vita secondo il mondo, cercarono Dio e a lui si dedicarono, "nulla anteponendo all'amore di Cristo"" (9). Soprattutto oggi, nel clima di laicismo in cui viviamo, la testimonianza di una vita interamente consacrata a Dio è un ricordo eloquente che Dio basta a riempire il cuore dell'uomo.
Nella Novo Millennio ineunte, il Santo Padre afferma: "in primo luogo non esito a dire che la prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale è quella della santità" (10). Quindi aggiunge che partire dalla santità "significa esprimere la convinzione che, se il Battesimo è un vero ingresso nella santità di Dio attraverso l'inserimento in Cristo e l'inabitazione del suo Spirito, sarebbe un controsenso accontentarsi di una vita mediocre, vissuta all'insegna di un'etica minimalistica e di una religiosità superficiale" (11).
La vita consacrata, nelle sue diverse forme, in ogni tempo e in ogni luogo, è stata suscitata dallo Spirito Santo proprio per offrire alle comunità cristiane l'immagine della perfezione evangelica.
Occorre rendere più vigoroso il cammino nella sequela di Cristo, che per mezzo dell'Incarnazione si è fatto in tutto simile all'uomo, eccettuato il peccato. In modo analogo, attraverso un'inculturazione condotta con saggezza, la vita consacrata assimila i valori della società nella quale è chiamata a servire, scartando ciò che è segnato dal peccato e inserendovi la forza vitale del Vangelo. Su questo cammino, nella misura in cui un Istituto di vita consacrata riesce a integrare i valori positivi di una data cultura, esso diventa strumento della loro apertura alle dimensioni della santità cristiana per un intero popolo (12).
Costantemente tese a realizzare il "disegno di Dio sull'uomo", le persone consacrate si collocano sulla linea dell'ideale comune cristiano e non al di fuori o al di sopra di esso. "La Chiesa tutta, infatti, conta molto sulla testimonianza di comunità ricche "di gioia e di Spirito Santo" (At 13, 52)" (13). "Se infatti è vero che tutti i cristiani sono chiamati "alla santità e alla perfezione del proprio stato", le persone consacrate, grazie ad una "nuova e speciale consacrazione" hanno la missione di far risplendere la forma di vita di Cristo, attraverso la testimonianza dei consigli evangelici, a sostegno della fedeltà di tutto il Corpo di Cristo" (14).
La vocazione comune alla santità di tutti i cristiani non può mai essere un ostacolo, ma piuttosto uno stimolo all'originalità e al contributo specifico dei religiosi e delle religiose allo splendore della santità di tutta la Chiesa.
Illumina la via
L'Eucaristia illumina la via e dà vitalità al cammino di santità della Chiesa e di tutti i cristiani.
Attraverso l'Eucaristia il sacrificio di Gesù è reso presente in ogni tempo e luogo; è il suo atto di abbandono al Padre, il suo rimettersi totalmente all'umanità a indicarci la via della santità.
L'Eucaristia ripropone, per tutta l'umanità e per ciascuno, il modello secondo il quale Gesù si è "dato" agli uomini e il modo in cui si è "rimesso" al Padre nella sua morte. Nell'Eucaristia egli è eternamente colui che "dà se stesso" e che si dona all'umanità come grazia. In essa, le persone consacrate imparano a dire con Paolo: "Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Gal 2, 20).
Qui l'identità e la missione della vita consacrata si manifestano in tutta la loro chiarezza, come continuità della missione di Cristo e in completa dipendenza da lui. Così, la passione per Cristo si trasforma in energia attiva, in fervore per l'umanità.
Nella celebrazione eucaristica, secondo le caratteristiche proprie delle persone e delle Istituzioni, Gesù insegna a offrire nel tempo presente la sua sofferenza e la sua morte per la salvezza dell'umanità. La sua passione e la sua morte diventano l'evento fondante e ispiratore del modo di vedere e di agire delle persone consacrate, facendo di ogni istante un momento di grazia. Si compie così l'esortazione di san Paolo a portare "sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo" (2 Cor 4, 10).
Nell'Eucaristia si crea uno stretto rapporto tra il nostro corpo e il Corpo di Gesù, Corpo rimesso nelle mani dei peccatori e consegnato alla morte, affinché la gloria eterna del Padre possa risplendere sul volto del Figlio. Parimenti, il nostro corpo, configurato a quello di Gesù, dà il suo contributo al disegno di amore e di salvezza del Padre, sacrificandosi per amore e mostrando la via della salvezza.
Ecco il volto autentico della santità che la vita consacrata è chiamata a rendere presente oggi.
Rafforzare il senso ecclesiale
Il secondo forte appello lanciato alla vita consacrata è di dare un senso più largamente ecclesiale alla sua vita e alle sue opere, donando alle comunità la caratteristica di "case e scuole di comunione" (15).
Il cammino percorso negli ultimi anni nell'ambito dello studio dell'identità della vita consacrata è certamente notevole; tuttavia, i dati contenuti nei documenti del Magistero, in particolare nell'Esortazione Apostolica "Vita consecrata" e nelle due Istruzioni del nostro dicastero, "La Vita Fraterna in Comunità" e "Ripartire da Cristo" non sembrano ancora essere penetrati nella coscienza né delle persone consacrate né delle comunità cristiane.
Nella Chiesa, oggi, la nozione della "comunione" è divenuta il "principio ermeneutico" più importante (16). L'identità dei membri della Chiesa non si definisce più a partire da loro stessi, bensì dai rapporti ecclesiali e i modi specifici di partecipare alla missione unica di Cristo e della Chiesa (17). L'affermazione dell'identità personale è sempre frutto della qualità dei rapporti istaurati con i fratelli e le sorelle nella fede.
Diventa pertanto indispensabile curare la qualità dei rapporti ecclesiali con tutti coloro che, guidati dallo Spirito di Dio e "obbedienti alla voce del Padre [...], camminano al seguito del Cristo povero, umile e carico della croce, per meritare di essere partecipi della sua gloria" (18).
Ciò porterà i consacrati a un'esperienza forte di "esodo". Liberati dalle strettezze dell'io, saranno chiamati a uscire da loro stessi e a cercare insieme il senso della loro esistenza nella comunità e della loro azione apostolica. Solo in una dinamica di rapporti ecclesiali e sociali si rivela e si rafforza l'identità dei doni carismatici propri degli Istituti.
Vi è un'immagine spesso utilizzata dalle famiglie religiose per rappresentare la loro storia: quella dell'albero, di cui il Fondatore rappresenta il tronco e i Superiori Generali o i santi le ramificazioni.
Nel 1586 a Venezia uscì un'opera (19), in cui venne sì ripresa l'immagine dell'albero, ma unita a quella della barca. In questa immagine, la barca rappresentava la Chiesa sulla quale era stato elevato un albero immenso che si ramificava come una pianta. Navigando in un mare agitato, questa barca riceveva l'aiuto dei santi religiosi per raggiungere il porto. L'immagine illustra molto bene come la vita consacrata si sviluppa quando è unita in modo vitale al suo tronco e quando affonda le radici nel terreno fertile della Chiesa.
Le due immagini, ovvero l'albero e la barca, sono indicative di due modi di concepire la vita consacrata. L'albero suggerisce l'idea di stabilità, ma fa sospettare che la famiglia religiosa potrebbe cercare l'autocelebrazione. La barca, al contrario, introduce l'idea di una vita consacrata intesa come un dinamismo e un servizio da rendere alla Chiesa per raggiungere il "porto".
Per una vitalità rinnovata
Un rapporto più dinamico con Cristo e con il suo Corpo che è la Chiesa pone il processo di rinnovamento degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica sulla giusta via. In effetti, non si tratta di "rifondare" nella logica delle "urgenze umane", bensì di farsi accompagnare da Cristo, come i "discepoli di Emmaus" il giorno di Pasqua, lasciando che la sua parola riscaldi il cuore, che il "pane spezzato" apra i nostri occhi alla contemplazione del suo volto. Solo così il fuoco della sua carità sarà abbastanza ardente per spingere ogni persona consacrata a diventare dispensatrice di luce e di vita nella Chiesa e tra gli uomini.
Inoltre, in questa prospettiva, il cammino di rinnovamento non sarà mai un mero ritorno alle origini, ma un recupero del fervore delle origini, della gioia dell'inizio dell'esperienza, per una riappropriazione inventiva del carisma. Un rapporto più aperto e più libero alle origini si traduce, per mezzo di una crescita e di un progresso autentici, nella comprensione e nella messa in opera del dono dello Spirito che ha dato vita a una famiglia di vita consacrata.
Ogni rinnovamento si tradurrà in un dono fatto alla Chiesa per aiutarla a raggiungere il "porto". Le persone consacrate sono chiamate ad affrontare, insieme con i fratelli e le sorelle, i rischi della navigazione, a operare nella barca e a non rimanere sulla sponda delle loro certezze. Esse non sono "fari", bensì marinai nella barca della Chiesa. Il faro non conosce il pericolo, mentre il marinaio lo sfiora ogni giorno, è il suo pane quotidiano, il suo vanto.
La vita consacrata, saldamente radicata nel terreno fertile della Chiesa e innestata in modo vitale sulla teologia e la spiritualità dei consigli evangelici, secondo gli insegnamenti di Vita consecrata (20), troverà luce e vigore per le scelte coraggiose necessarie per rispondere in modo efficace agli appelli che giungono dall'umanità. Confrontandosi con le fonti dei carismi e dei testi costituzionali che le sono propri, essa ripartirà con slancio verso interpretazioni nuove, ma non meno esigenti. Il dinamismo rinnovato di una vita spirituale più ecclesiale e più comunitaria, più generosa e più illuminata nelle sue scelte apostoliche (21), offrirà alle persone consacrate l'occasione per dare nuova vita alle loro radici nel tessuto delle comunità cristiane in cui operano.
In questa ricerca di una vitalità rinnovata, l'Eucaristia è la fonte e la scuola di una formazione conforme alle caratteristiche della fede e del servizio proprie ad ognuno. Il mistero eucaristico educa meravigliosamente a trovare lo spazio e il modo per riaffermare il rispetto delle sane tradizioni e predispone all'ascolto delle voci nuove che si alzano dall'umanità ferita e oppressa del tempo attuale.
Durante la celebrazione dell'Eucaristia, Gesù ripete ancora "fate questo in memoria di me" (Lc 22, 19). Tutta la Sacra Scrittura, in effetti, è costruita sul "fare memoria". "Ricordati" è una delle espressioni fondamentali dell'Alleanza. Dio domanda al suo popolo di avere questa disposizione di "cuore" fondamentale e totale, per cui ci si fida e ci si affida completamente a Lui nell'ascolto obbediente della sua Parola. Senza il ricordo dell'esodo e della pasqua, Israele, il popolo di Dio, non sarebbe esistito e non avrebbe avuto la minima consistenza. La memoria del passato, dei fatti e delle parole, interpreta gli eventi, divenendo fonte di discernimento nel presente e orientando "profeticamente" verso il futuro.
"Fare memoria" non significa ricordare con nostalgia ciò che non è più e che in ogni caso non può essere riproposto. "Fare memoria", in senso biblico, significa memoriale, vale a dire memoria efficace che rinnova, realizza e mette in atto ciò che ricorda, facendosi contemporanea dell'evento.
Imparare a "fare memoria" significa, innanzitutto, ritrovare il senso del "dono", dell'"ascolto". L'Eucaristia, Pasqua di Gesù, sua presenza, sua morte sacrificale, sua resurrezione, per noi è nutrimento, fonte di vita, comunione con tale dono, culmine e centro della nostra vita di battezzati e di consacrati.
L'Eucaristia ci collega agli eventi e al dinamismo delle origini della Chiesa e dei nostri Istituti; li rende attivi nel cuore e nella vita delle donne e degli uomini d'oggi. È la realizzazione del desiderio di Gesù. "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione" (Lc 22, 15).
Ogni Istituto di vita consacrata è una realizzazione nella storia di questo desiderio di Gesù. Solo imparando a "fare memoria" gli Istituti troveranno la via per affrontare la sfida di ritrovare le dimensioni reali della loro identità nella Chiesa e per ravvivare lo zelo missionario, al fine di servire con umiltà e ardore l'opera della nuova evangelizzazione che il mondo si attende dalla Chiesa.
Testimoniare la forza della carità di Cristo
Il terzo appello - o sfida - affrontato oggi è quello di essere "segno della Pasqua del Signore in mezzo agli uomini" attraverso la carità.
L'impegno a trasformare la realtà sociale con la forza del Vangelo è sempre stato una sfida e continua ad esserlo anche adesso, all'inizio del terzo millennio dell'era cristiana.
L'annuncio di Gesù Cristo, "Buona Novella" della salvezza, dell'amore, della giustizia e della pace, non è sempre facile da accogliere nel mondo attuale. Tuttavia, l'uomo, oggi, ha più che mai bisogno del Vangelo, della fede che salva, della speranza che illumina, della carità che si dona (22).
La storia ci pone oggi dinnanzi a tanti nuovi fenomeni che alimentano sia le speranze di una vita più piena, sia la paura della sofferenza e della morte; fenomeni che parlano di progresso e di libertà, cercando di nascondere i segni profondi delle nuove schiavitù e le lotte tra gli uomini, i popoli e le nazioni. In questo "habitat" i consacrati corrono il rischio che la giusta presa di posizione a favore dei poveri e degli oppressi venga guastata dalla logica dei contrasti e della lotta senza pietà, e spinga verso un "orizzontalismo" limitato, pieno di amarezza e svuotato di una speranza autentica, che allontana invece di avvicinare a Cristo, unico Salvatore dell'uomo.
Oggi, la grande maggioranza delle persone, sempre meno aperte a un futuro escatologico, vivono nell'assenza della speranza. La vita presente appare loro come l'unica occasione per trarne tutto il possibile: sempre di più, sempre più velocemente. In questo atteggiamento vi è qualcosa di disperato, soprattutto quando la realizzazione dei desideri appare impossibile, come avviene quasi sempre.
Questa situazione interpella in modo particolare le persone consacrate, che hanno fatto del futuro la loro professione di fede e della speranza escatologica il motore della loro esistenza.
Qui la missione profetica della vita consacrata assume un rilievo particolare. Essa svolge, in questo ambito, un ministero specifico che, per analogia, potremmo in un certo senso definire "sacerdotale". Nell'Istruzione "Ripartire da Cristo", in effetti, leggiamo: "Ad imitazione di Gesù, coloro che Dio chiama alla sua sequela sono consacrati ed inviati nel mondo per continuarne la sua missione. Anzi, la stessa vita consacrata, sotto l'azione dello Spirito Santo, diventa missione. Più i consacrati si lasciano conformare a Cristo, più lo rendono presente e operante nella storia per la salvezza degli uomini. Aperti alle necessità del mondo nell'ottica di Dio, mirano ad un futuro con sapore di risurrezione, pronti a seguire l'esempio di Cristo che è venuto fra noi a dare la vita e darla in abbondanza (cfr Gv 10, 10)" (23).
Anche per la carità è l'Eucaristia il luogo in cui le persone consacrate possono attingere nuovo vigore profetico per la vita comune e il servizio agli uomini. Essa rende contemporanea la croce sulla quale Cristo si consuma, "scende agli inferi", si fa solidale con tutti coloro che furono, che sono e che saranno prigionieri del peccato e della morte, affinché, in Lui, quanti sono lontani possano diventare fratelli e avvicinarsi al Padre. A questa scuola, le persone consacrate imparano lo zelo autentico per l'umanità e ascoltano l'invito a vivere la loro missione come condivisione della morte che caratterizza il corpo e l'anima degli uomini e delle donne, per aprirli a una speranza oltre la morte.
Illuminata dalla celebrazione eucaristica, la vita consacrata imparerà a farsi "buon Samaritano" nella maniera di Cristo e, con lo Spirito di Cristo, saprà proporre cammini di speranza a tutti gli uomini che incontrerà sulla sua strada. Nella celebrazione eucaristica, il fare memoria della morte violenta di Gesù si trasforma in "non violenza", in dono spontaneo di sé. Gesù non viene sacrificato; egli si sacrifica. Il principio dell'opposizione lascia il posto al principio della solidarietà.
L'Eucaristia è allo stesso tempo, e inscindibilmente, sacrificio, memoria, nutrimento. Il Verbo che si fa carne si offre in sacrificio. Chi aderisce con fede a tale mistero entra in comunione con questo dono di Cristo e diviene a sua volta "dono", poiché nella celebrazione eucaristica la comunione è legata al sacrificio di Cristo (cfr Gv 6, 49-58). Quando non si accetta questo dono, questo affidamento di sé al Signore nell'Eucaristia, si fa rivivere il dramma e la lacerazione del tradimento di Giuda; si fa come la gente che, nella sinagoga di Cafarnao, all'annuncio del dono della carne e del sangue per la vita del mondo, rinunciano a seguire Gesù (cfr Gv 6, 64-70).
Al contrario, ogni attività pastorale, ogni servizio ai piccoli, ai poveri, ai malati, agli abbandonati sul bordo della via, laddove partono da una partecipazione profonda al Mistero Eucaristico, diventano la realizzazione del comandamento di Gesù: "Fate questo in memoria di me". Il fuoco della carità di Cristo avvolge tutto e diviene impegno e dono di sé. La vita consacrata trova la forza per uscire dai "blocchi", per superare le barriere, per vincere la chiusura in se stessi, per illuminare le letture unilaterali della realtà.
Il "sacrificium laudis" delle persone consacrate si esprimerà così con un nuovo ardore per l'umanità e le spingerà a completare nella loro carne "ciò che manca alle sofferenze di Gesù". Il servire, l'essere piccoli, l'essere gioiosi avranno sempre come radice e fondamento la Pasqua del Signore, accolta, amata e supportata per la salvezza di tutti.
Verso una Pasqua universale
Non sono solo i religiosi ad essere toccati da questa energia eucaristica che tutto rinnova, ma l'intero universo. La vita che Cristo trasmette, questo dono di sé, per mezzo dell'Eucaristia va ben oltre. La sua influenza raggiunge ogni dimensione materiale, l'intero cosmo. Tutto il creato è, in un certo modo, presente nel pane e nel vino dell'Eucaristia, elementi della natura, coltivati dall'uomo. Nell'Eucaristia, la creazione e il lavoro dell'uomo sono profondamente uniti nella storia della salvezza. L'intero creato attende con impazienza la rivelazione del figlio di Dio (cfr Rm 8, 19) e l'uomo, trasformato dall'Eucaristia, lavorerà per rendere nuovo l'intero universo, portandolo con sé verso la pienezza della vita. La vita consacrata trova così nell'Eucaristia la luce per accompagnare nella verità il cammino di coloro che cercano un rapporto più fecondo con la natura, senza idealizzazioni né strumentalizzazioni, dando a ogni cosa il giusto valore nella logica del "dono" e del "servizio".
Ripartire dalla formazione
Vi è un ultimo punto di fondamentale importanza. In tutti i settori della vita ecclesiale la formazione rappresenta un elemento decisivo. Ciò vale in particolare per le persone consacrate. Sin dalla formazione iniziale sarà importante educare le persone a impegnare tutte le loro energie, le loro potenzialità e le loro forze affettive nella sequela radicale di Cristo, scoperto progressivamente come l'"unico", il "solo necessario", Colui che è fonte di vita e che può colmare, al di là di qualsiasi parola, il cuore di un uomo o di una donna.
Dall'incontro con Colui che "pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio" (Fil 2, 6), ma che si è abbassato fino alla morte, la morte sulla croce, per comunicare la sua divinità e rendere l'uomo più simile a sé, nascerà il "proposito", vale a dire il progetto di una vita permeata della presenza di Cristo, di un'esistenza polarizzata su di Lui, imparando a coltivare "gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù" (Fil 2, 5).
L'esperienza dell'amore del Signore, forte e intenso, porterà i giovani consacrati a ricambiare questo amore, in modo esclusivo e sponsale, cosicché gli altri amori e gli altri valori scompariranno progressivamente dall'orizzonte della loro vita. "Ma quello che poteva essere per me un guadagno - spiega san Paolo con parole che potrebbero esser lette come la sintesi di un progetto di vita consacrata - , l'ho considerato una perdita a motivo di Cristo. Anzi, tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui" (Fil 3, 7-9).
La profondità e la totalità di questa passione per Cristo diventerà, quasi spontaneamente, una partecipazione totale e incondizionata alla sua passione per l'umanità. I giovani consacrati proveranno il bisogno irresistibile di annunciare il Vangelo delle Beatitudini a tutte le persone povere, scoraggiate, oppresse; saranno spinti a farsi loro compagni nel difficile cammino della vita secondo lo stile discreto e forte di Gesù; apriranno il loro cuore alla speranza, seguendo il percorso esigente dell'amore che si offre.
Occorre rivedere la formazione delle persone consacrate, che non potrà più limitarsi a un solo periodo della vita. Sarà fondamentale, in una realtà che cambia a ritmi sfrenati, sviluppare la disponibilità a imparare per tutta la propria esistenza, a ogni età, in ogni contesto umano, da ogni persona e da ogni cultura, al fine di potersi istruire partendo da ogni frammento di verità e di bellezza che ci circonda. Occorrerà però soprattutto imparare a lasciarsi formare dalla realtà quotidiana, dalla propria comunità, dai propri fratelli e sorelle, dalle cose di ogni giorno, ordinarie e straordinarie, dalla preghiera e dal lavoro apostolico, nella gioia e nella sofferenza, fino al momento della morte (24).
Conclusione
Che l'esperienza della Vergine Maria, Madre di Gesù e Madre della Chiesa, che si è lasciata formare da tutti gli eventi della vita del suo Figlio divino - "serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2, 19) - guidi anche la vita consacrata, affinché perseveri nella dedizione al suo Signore e percorra i cammini della nuova evangelizzazione con carità generosa e libera.
(1) Vita consecrata, n. 22; cfr Mt 4, 18-22; Mc 1, 16-20; Lc 5, 10-11; Gv 15, 16
(2) Ripartire da Cristo, n. 12
(3) Giovanni Paolo II, Omelia, 2 febbraio 2001: L'Osservatore Romano, 4 febbraio 2001; cfr Ripartire da Cristo, n. 26
(4) Ripartire da Cristo, n. 26; cfr Vita consecrata, n. 95
(5) Melitone di Sardi, Omelia sulla Pasqua, 2-7
(6) Novo Millennio ineunte, n. 1; cfr Lc 5, 4
(7) Vita consecrata, n. 22
(8) Ecclesia in Europa, n. 37
(9) Vita consecrata, n. 6
(10) Novo Millennio ineunte, n. 30
(11) Ibidem, n. 31
(12) Cfr Ecclesia in Africa, n. 87
(13) Vita consecrata, n. 45
(14) Ripartire da Cristo, n. 13
(15) Cfr Novo Millennio ineunte, n. 43; cfr Ripartire da Cristo, n. 25, 28 e un po' tutta la terza parte.
(16) Cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Comunionis notio, Vaticano, 28 maggio 1992, n. 3; cfr Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi degli Stati Uniti d'America, 16 settembre 1987, n. 1
(17) Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Christifideles laici, n. 8; Pastores dabo vobis, n. 12; Vita consecrata, n. 16 e ss; Pastores gregis, n. 22; Synodos Episcoporum - X Coetus Generalis Ordinarius, Il Vescovo servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo, Lineamenta, Introduzione
(18) Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 41
(19) Pietro Rodolfi da Tossignano, Historiarum seraphicae religionis...; v. DIP 4, 518
(20) Cfr Vita consecrata, n. 20-21
(21) Cfr Ripartire da Cristo, n. 20
(22) Cfr Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, Compendio della dottrina sociale della Chiesa, Vaticano, 2004, Presentazione
(23) Ripartire da Cristo, n. 9
(24) Cfr Ripartire da Cristo, n. 15